MENTORE
. Toreuta assai famoso, anzi, per i Romani, il più famoso dell'antichità. Non sappiamo con precisione l'epoca in cui visse: sembra prima della metà del sec. IV a. C., poiché, a detta di Plinio, alcuni suoi vasi andarono distrutti nel 356 nell'incendio dell'Artemisio di Efeso; altri suoi vasi perirono in un incendio del tempio di Giove Capitolino. Cicerone, Properzio, Plinio, Luciano ricordano con grande onore le opere sue, le quali erano assai rare, specie quelle autentiche. Sembra che la sua attività si esercitasse soprattutto nel decorare tazze d'argento. Crasso ne aveva comprate due per centomila sesterzî, e le aveva così care che aveva riguardo di servirsene per bere. L'unico accenno al carattere della sua arte lo abbiamo in Properzio, che contrappone M. a Mys, dicendo che la forza del primo era nei soggetti della rappresentazione, quella del secondo nella finezza della decorazione.
Un'idea della perfezione e del buon gusto che gli antichi avevano raggiunto nella toreutica si deduce dai tesori di Taranto, di Boscoreale, di Hildesheim e della casa del Menandro a Pompei.
Bibl.: G. Lippold, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, Stoccarda 1931, col. 965 segg.; M. Bieber, in Thieme-Becker, Künst.-Lex., XXIV, p. 399.