MECCA
(La Mecca; arabo Makka)
Città dell'Arabia Saudita, situata nella regione dello Ḥijāz. Già citata nel sec. 2° d.C. come Macoraba da Tolomeo (Geographia, VI, 7), sembra derivare il nome dal sudarabico mikrab 'tempio'; più raramente essa è menzionata come Bakka (Corano III, 96).La storia preislamica della città è poco nota; di certo il culto della Ka῾ba ('cubo'), che ospita la pietra Nera e che è nota anche come Bayt Allāh ('casa di Dio') e meta del pellegrinaggio rituale dei musulmani, era preesistente all'avvento dell'Islam: si trattava probabilmente di una di quelle 'edicole sacre' di cui esistevano altri esempi, come una χααβου a Petra in Giordania (Wensinck, Jomier, 1978, p. 336; Lo Jacono, 1995, p. 20, n. 14). Prima di Maometto, infatti, alla M. esisteva un complesso pantheon religioso, la cui venerazione veniva solo parzialmente contrastata da ebraismo e cristianesimo (Lammens, 1926; Fahd, 1968; Lüling, 1977). Con la caduta dello stato himyarita nell'Arabia meridionale per mano abissina all'inizio del sec. 6° e con il succedersi dei conflitti tra l'impero bizantino e quello sasanide, M. divenne un centro importante, tra i principali nodi commerciali del Medioevo.Nulla è rimasto dell'impianto urbano relativo a quest'epoca e anche le pochissime notizie sulla città desumibili dalle fonti appaiono contraddistinte da un'aura leggendaria, come nel caso di quella relativa a un tale Bāqūm, probabilmente un bizantino o forse un copto, al quale si dovrebbe un restauro della Ka῾ba. Nel periodo omayyade la città subì delle trasformazioni considerevoli, tra cui quelle disposte dal califfo al-Walīd I (705-715), che avrebbe chiamato artigiani cristiani per abbellire l'area della Ka῾ba. Ben poco si sa degli interventi abbasidi, consistenti prevalentemente in ampliamenti; nel corso del loro regno, i Càrmati, appropriandosi della M. nel 930, trafugarono la pietra Nera, che fu restituita solo nel 950. Con la decadenza degli Abbasidi, alla metà del sec. 10°, il governo della città passò a varie famiglie di sceriffi ῾alidi: essi ebbero il rappresentante più significativo in Qatāda b. Idrīs, che governò nella prima metà del 13° secolo. I restauri condotti nel 1956 all'interno dell'area sacra ne hanno reso definitivamente illeggibile l'antico assetto.L'unica parte sopravvissuta, grazie al suo carattere sacro, è certamente la Ka῾ba, rimasta sostanzialmente inalterata dall'epoca di al-Ḥajjāj, governatore dell'Iraq dal 693 per conto del califfo omayyade ῾Abd al-Malik. La pietra Nera che vi è conservata è forse residuo di antichi culti litolatrici, come testimonierebbe anche la presenza di una meno nota pietra Felice (al-ḥajar al-as῾ad), inserita a S-E dell'edificio: all'interno, due file di tre pilastri ciascuna sostengono il tetto, cui si può giungere attraverso una scala.Importante è lo studio degli arredi destinati all'area sacra: delle kiswa medievali - drappeggi che rivestivano il muro esterno della Ka῾ba - rimane solo la testimonianza delle fonti (Gaudefroy-Demombynes, 1954); anche delle grondaie (mīzāb al-raḥma), disposte su un angolo della Ka῾ba corrispondente allo Ḥijr (la zona circondata da un muro semicircolare dove secondo la tradizione sarebbero sepolti Ismaele e sua madre Agar), non restano che esempi tardi (Deny, 1959, pp. 3-4). Una testimonianza molto interessante è invece fornita da numerose chiavi e serrature di committenza regia, destinate alla porta della Ka῾ba. La maggior parte di esse è conservata a Istanbul (Topkapı Sarayı Müz.) e attesta un lavoro di altissima qualità; il più antico esemplare datato tra quelli noti risale al 1160, come documenta un'iscrizione che fornisce anche il nome dell'artigiano che lo eseguì, Ilyās b. Yūsuf b. Aḥmad al-Makkī (Sourdel-Thomine, 1971). Vanno inoltre ricordate le portantine (maḥmal) che dal 1266 accompagnavano i pellegrini egiziani alla M.; tra gli esemplari conservati il più antico risale però solo al sec. 16° (Istanbul, Topkapı Sarayı Müz.; Jomier, 1953).L'impossibilità di eseguire scavi archeologici, o anche semplici ricognizioni nell'area, non consente uno studio approfondito dei suoi vari elementi, come il maqām Ibrāhīm ('stazione di Abramo'), posto non distante dalla Ka῾ba, nel quale è conservata una pietra incassata in un contenitore ligneo la cui epigrafe ha fatto discutere; trascritta infatti da Ibn al-Fākihī nell'870, tale iscrizione è stata in seguito interpretata sulla scorta di quell'antica notizia prima come ebraica, poi come sudarabica (Dozy, 1864; Jomier, 1964; Kister, 1971, pp. 479-481).Molto significativa è l'iconografia della M. nel corso del Medioevo. Tra le opere più antiche in cui è rappresentata la città va ricordata una lastra in marmo proveniente dal santuario dell'imām Ibrāhīm a Mossul (Iraq), conservata a Baghdad (Iraq Mus.). L'esemplare, databile, a giudicare dall'iscrizione, tra il 486 e il 498 a.E./1093-1104 (Strika, 1976; 1979), costituiva probabilmente una sorta di ricordo della visita al luogo santo: in esso compaiono alcuni dei tratti peculiari di molte rappresentazioni successive, quali la prospettiva 'schiacciata' e topografica, con le indicazioni didascaliche dei luoghi principali del pellegrinaggio, che variano nelle dimensioni a seconda dell'importanza.A questo tipo di iconografia va riconnessa certamente quella dei rotuli di pellegrinaggio, che certificavano il compimento del viaggio alla M., probabilmente concepiti per essere esposti (Zwemer, 1947; Sourdel-Thomine, 1964-1965). A Istanbul (Türk ve İslam Eserleri Müz.) se ne conservano centoottantacinque provenienti dalla Grande moschea di Damasco, settantotto dei quali datati: dal sec. 13° compaiono i primi esemplari con raffigurazioni dei luoghi santi, come quello del 1285 (inv. nr. 4104), in cui appaiono le città di M. e Medina unite in un binomio molto significativo (Sourdel-Thomine, 1964-1965; Tanindi, 1983, p. 409, n. 12). Questo tipo di iconografia si può trovare anche in pitture murali, come nel Masjid-i Gunbad di Āzādān (Iran), del 1364-1365, dove M. e Medina appaiono affiancate (Cuneo, 1986, p. 18, fig. 9). Agli stessi modelli sembrano ispirate le più rozze raffigurazioni presenti in manoscritti destinati all'identificazione della qibla, ovvero all'orientamento per la preghiera.La rappresentazione della M., e quindi della Ka῾ba, in compilazioni storiche compare già nel 1307 nel Jami῾ al-tavārikh dello storico Rašīd al-Dīn, dove è raffigurato l'episodio storico-agiografico in cui Maometto trentacinquenne ricolloca all'interno della Ka῾ba la pietra Nera, ponendola su un telo tenuto ai quattro angoli dai rappresentanti dei maggiori clan della città (Edimburgo, Univ. Lib., Arabic 20, c. 47r; Rice, 1976). È a questo modello iconografico, ben distinto da quello topografico, che si riferiscono più tarde raffigurazioni della Ka῾ba presenti in opere come una copia dello Shāhnāma di Firdūsī (sec. 10°) eseguita a Shirāz (Iran) intorno al 1330, durante il regno degli Inju῾, in cui è descritta la visita della Ka῾ba da parte di Alessandro Magno (Iskandar) dopo la vittoria su Dario e il matrimonio con Rossana (Istanbul, Topkapı Sarayı Müz., H.1479, c. 170v; Norgren, Davis, 1969).
Bibl.:
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Letteratura critica. - R.P.A. Dozy, Die Israëliten zu Mekka von Davids Zeit bis in's fünfte Jahrhundert unserer Zeitrechnung, Leiden 1864; A.J. Wensinck, The Ideas of the Western Semites Concerning the Navel of the Earth (Verhandelingen der Koninklyke Akademie van Wettenschappen te Amsterdam. Afdeeling Letterkunde, niewe Reek, 17, 1), Amsterdam 1916; M. Gaudefroy-Demombynes, Le pèlerinage à la Mekke. Etude d'histoire religieuse, Paris 1923; H. Lammens, Les sanctuaires préislamiques de l'Arabie occidentale, Mélanges de l'Université Saint-Joseph 11, 1926, pp. 39-173; id., L'Arabie occidentale avant l'Hégire, Beirut 1928; E. Rutter, The Holy Cities of Arabia, London-New York [1930]; R. Ettinghausen, Die bildische Darstellung der Ka῾ba im islamischen Kulturkreis, Zeitschrift der deutschen morgenländischen Gesellschaft 87, 1934, pp. 111-137; S.M. Zwemer, al-Haramain: Mecca and Medina, Muslim World 37, 1947, pp. 7-15; G.C. Miles, Mihrāb and ῾Anazah: a Study in Early Islamic Iconography, in Archaeologia Orientalia in Memoriam Ernst Herzfeld, New York 1952, pp. 156-171; J. Jomier, Le Maḥmal et la caravane égyptienne des pèlerins de La Mecque (XIIIe-XXe siècles), Cairo 1953, pp. 154-156; M. Gaudefroy-Demombynes, Le voile de la Ka῾ba, Studia islamica 2, 1954, pp. 5-21; J. Deny, La gouttière d'or (mīzāb) de la Kaaba et le sultan ottoman Ahmed Ier, Die Welt des Islams, n.s., 6, 1959, pp. 1-12; K. Erdmann, Ka῾bah-Fliesen, Ars orientalis 3, 1959, pp. 192-197; E. Esin, Mecca the Blessed, Madinah the Radiant, London 1963; J. Jomier, La figure d'Abraham et le pèlerinage de la Mekke, in Mélanges Eugène Tisserant (Studi e testi, 235), Città del Vaticano 1964, I, pp. 229-244; J. Sourdel-Thomine, Nouveaux documents sur l'histoire religieuse et sociale de Damas au Moyen Age, REI 32, 1964, pp. 1-25; 33, 1965, pp. 73-85; T. Fahd, Le panthéon de l'Arabie centrale à la veille de l'Hégire, Paris 1968; U. Monneret de Villard, Introduzione allo studio dell'archeologia islamica, Venezia-Roma 1968; J. Norgren, E. Davis, Preliminary Index of Shahnameh Illustrations, Ann Arbor 1969; M.J. Kister, Maqām Ibrāhīm, a Stone with an Inscription, Le Muséon 84, 1971, pp. 477-491; J. Sourdel-Thomine, Clefs et serrures de la Ka῾ba, REI 39, 1971, pp. 29-86; D.T. Rice, The Illustrations of the ''World History'' of Rashīd al-Dīn, Edinburgh 1976; V. Strika, A Ka῾bah Picture in the Iraq Museum, Sumer 32, 1976, pp. 195-201; G. Lüling, Der christliche Kult an der vorislamischen Kaaba, Erlangen 1977; A.J. Wensinck, J. Jomier, s.v. Ka῾ba, in Enc. Islam2, IV, 1978, pp. 331-337; V. Strika, A Ka῾ba Picture from Mosul, Studies in the History of Arabia 1, 1979, pp. 145-148; G.R. Hawting, The Origins of the Muslim Sanctuary at Mecca, in Studies on the First Century of Islamic Society, a cura di G.H.A. Juynboll, Carbondale-Edwardsville 1982, pp. 23-47; Z. Tanindi, İslam resimde kutsal kent ve yöre tasvirleri [Raffigurazioni dei luoghi e delle città sante nella pittura islamica], Journal of Turkish Studies 7, 1983, pp. 407-437; P. Cuneo, Storia dell'urbanistica. Il mondo islamico, Roma-Bari 1986; G.R. Hawting, Ḥudaybiyya and the Conquest of Mecca: a Reconsideration of the Tradition about the Muslim Takeover of the Sanctuary, Jerusalem Studies in Arabic and Islam 8, 1986, pp. 1-23; K.A.C. Creswell, A Short Account of Early Muslim Architecture Revised and Supplemented by James W. Allan, Aldershot 1989; G.R. Hawting, The ''Sacred Offices'' of Mecca from Jāhiliyya to Islam, Jerusalem Studies in Arabic and Islam 13, 1990, pp. 62-84; s.v. Makka, in Enc. Islam2, VI, 1991, pp. 142-170; R. Hillenbrand, Islamic Architecture. Form, Function and Meaning, Edinburgh 1994; C. Lo Jacono, Maometto l'inviato di Dio, Roma 1995.M. Bernardini