MAURIZIO E LAZZARO, Ordine dei santi
L'attuale ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, risulta dall'unione, avvenuta nel 1572, dei due ordini di S. Maurizio e di S. Lazzaro. Antichissimo l'ordine dei cavalieri di San Lazzaro, nato come ordine ospitaliero, a Gerusalemme, in un ospedale di lebbrosi e al tempo del primo regno latino dei crociati. Meno celebre dell'ordine di San Giovanni, era tuttavia molto rigoroso: vi si seguiva la regola di Sant'Agostino, e i cavalieri restavano obbligati alla vita d'ospedale in perpetuo. Nei Regesta Regni Hierosolymitani, compilato dal Röhricht, i fratres dell'ospedale di S. Lazzaro compaiono verso l'anno 1100, e sono poi spesso menzionati. Anche in Europa i lebbrosarî erano spesso serviti dai cavalieri di S. Lazzaro; ad es., in Francia, la casa di S. Lazzaro, dove poi sorsero i lazzaristi con un ospedale di tal genere. L'ospedale di S. Lazzaro in Gerusalemme fu arricchito da sovrani e papi; e nella seconda metà del sec. XIII, trasferitosi in Acri, cominciò ad armare soldati per la difesa dei Latini in Oriente: nacque così l'Ordine militare. Col sec. XIV scomparve del tutto, solo restando in Occidente i commendatarî, a godere i benefici che l'ordine possedeva in Europa.
L'ordine di S. Maurizio è collegato con il culto per l'eroe cristiano (v. maurizio, santo), tenuto vivo nella località di Agauno nel Chiablese, dove il re di Borgogna Sigismondo eresse nel 515 un'abbazia intitolata al santo martire. Molti re di Borgogna ebbero ivi l'investitura con la tradizione della lancia e dell'anello di S. Maurizio. Per venerare le reliquie di lui, frequenti e numerosi accorrevano i pellegrini: fra questi, nel 1064, Sant'Aimone, arcivescovo di Colonia, che ebbe il favore di portare con sé parte di quel prezioso deposito.
Il Chiablese passò nel 1032 sotto il dominio dei Savoia; e nel 1250 Pietro di Savoia detto "il piccolo Carlomagno" chiese e ottenne in dono dall'abate Rodolfo l'anello di S. Maurizio, con l'obbligo che fosse tenuto in perpetuo dal principe di casa Savoia, regnante su quelle terre.
L'anello di San Maurizio fu usato in seguito dai principi di Savoia nelle solenni cerimonie, nei casi di gran pericoli in guerra e nell'investitura del regno sino al 1798, quando fu involato: l'oro ne venne fuso e la pietra - uno zaffiro su cui era intagliato un guerriero a cavallo con la lancia abbassata - venduta a un russo. Re Carlo Alberto, da un'impronta del primo anello conservata nel medagliere di casa Savoia, ne fece eseguire un facsimile.
Amedeo VIII sul principio del secolo XV fece erigere a Ripaglia, presso Thonon sul Lago Lemano, una chiesa dedicata a S. Maurizio e un convento sotto la dipendenza dei canonici di Agauno. Dopo la sua rinuncia al governo (v. amedeo viii), lasciò la reggia e si ritirò da prima a Pierre-Chatel e poi a Ripaglia con cinque cavalieri già suoi fedeli consiglieri, con i quali fondò la sacra milizia di S. Maurizio.
Presso il monastero si erano fabbricate sei torri, fortificate, che ne circondavano una settima più grande: in questa dimorava il principe, nelle altre i cavalieri; le sei erano tutte collegate per mezzo di cunicoli interni alla settima, nella quale si radunavano per dare pareri al principe intorno alle cure più importanti dello stato. Così Amedeo VIII assisteva l'inesperienza del figlio Lodovico, al quale aveva ceduto il trono.
I primi cavalieri di San Maurizio furono: Arrigo di Colombier, Claudio di Saix, Nycodo di Menthon, Umberto di Glerens e Francesco di Buxy. Tutti erano vedovi e, come il duca di età avanzata. Portavano un cappuccio e un mantello di panno grigio, avevano i capelli lunghi e la barba, un bastone ricurvo in mano e al collo la croce di San Maurizio d'oro.
La data dell'ingresso di Amedeo VIII nell'eremo di Ripaglia, 16 ottobre 1434, deve ritenersi quella della fondazione dell'ordine.
Nel testamento dell'anno 1439, Amedeo VIII spiega chiaramente quale fine avesse avuto nell'istituire i cavalieri romiti di San Maurizio, cioè una milizia religiosa che, mentre serviva a Dio nella solitudine, servisse al principe con i consigli della matura esperienza; comanda al suo erede, che i nuovi cavalieri vengano eletti col consiglio dei già esistenti e siano "uomini egregi, d'età provetta, lungamente e laudabilmente esercitati in onorate militari fazioni.... ed in ardui maneggi di stato, di provata integrità, netti d'ogni macchia di misfatto e d'infamia e disposti per finir bene la vita a rinunciare volontariamente al cavalierato ed alle pompe mondane...".
Poco dopo Amedeo VIII veniva eletto antipapa e assunto il nome di Felice V, lasciò la solitudine di Ripaglia seguito dai suoi cavalieri. Pare che così andasse estinta, almeno per allora, quella milizia, perché da quel momento non se ne ha più notizia.
Più di un secolo dopo, Emanuele Filiberto di Savoia richiamò a nuova vita l'ordine di S. Maurizio, ma con altre regole e con altri fini: e cioè: purgare il mare dai pirati, combattere i nemici della fede, esercitare l'ospitalità e avere a sua disposizione una milizia nobile devota a lui, non solo per sudditanza, ma anche per voto di religione. Gregorio XIII con bolla del 16 settembre 1572 riconosceva l'ordine approvandone i nuovi statuti e lo sottoponeva alla regola cisterciense. Ma il compimento di quest'ordine doveva venire dall'unione con quello di S. Lazzaro.
Fin dall'anno 1571 Giannetto Castiglioni, gran maestro dell'ordine di San Lazzaro, avendo spontaneamente rinunciato alla carica a favore del duca Emanuele Filiberto di Savoia, questi aveva aperte trattative col pontefice per ottenere la riunione dell'ordine di San Lazzaro, con quello già confermato di San Maurizio, ciò che in fine poté ottenere da Gregorio XIII con bolla del 13 novembre 1572, nella quale veniva nominato gran maestro lo stesso duca e i suoi successori in perpetuo.
Ottenuta l'approvazione pontificia, Emanuele Filiberto ne notificò l'organizzazione ai suoi sudditi con regie patenti del 22 gennaio 1573; dotò l'ordine di beni che fruttassero annualmente quindicimila scudi, statuì le norme per l'ammissione dei cavalieri, ordinò le insegne, i manti, le regole per la riunione dei capitoli; dichiarò che la chiesa conventuale dell'ordine sarebbe stata nel castello di Torino, che esso avrebbe avuto due case conventuali: una a Torino per il servizio di terra e l'altra a Nizza per il servizio di mare; ordinò che i cavalieri dovessero servire in convento per cinque anni, fare tre carovane e possedere quattro quarti di nobiltà. Nello stesso anno ottenne pure dal pontefice Gregorio XIII che l'ordine fosse sottoposto, anziché alla regola cisterciense, a quella di Sant'Agostino, e nel maggio deputò ai servigi della religione le due galere la Piemontesa e la Margarita, che innalzarono la bandiera dell'ordine, inviandole al servizio del pontefice contro i Turchi.
Successo Carlo Emanuele I nel ducato di Savoia, questi, in ricordo della vittoria riportata nel giorno festivo di San Maurizio contro i Bernesi e Ginevrini, ottenne dal pontefice e prescrisse che tale giorno fosse dichiarato festivo nei suoi stati. Domandò per la chiesa di Agauno, e nel 1603 ebbe di fatto, gran parte del corpo di San Maurizio e la spada di lui, che poi furono con grandissima solennità collocati nella cattedrale di Torino. Inoltre modificò l'abito e le insegne dei cavalieri e prescrisse che la croce di San Maurizio prevalesse su quella di San Lazzaro, ridotta a minori dimensioni: la croce si portava allora di seta, cucita sopra l'abito.
Altre modificazioni a quest'ordine apportarono Madama Reale reggente e Vittorio Amedeo II; ma dopo l'occupazione francese del Piemonte l'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro sparì nel naufragio di tutte le antiche istituzioni. Vittorio Emanuele I, nel 1814 rientrato nei suoi stati di terraferma, il 27 dicembre 1816 raccolse in tre volumi e promulgò le leggi e gli statuti dell'ordine prima inediti e sparsi, riconfermò per l'ammissione le prove di nobiltà dei quattro quarti, ammise però che vi potessero essere ricevuti anche cavalieri per grazia "per rimunerazione dei servizî resi allo stato" che possedessero però certe condizioni. I cavalieri della SS. Annunziata erano dispensati dall'obbligo delle prove. Fissò pure i manti dei varî gradi. Con regie patenti del 9 dicembre 1831 re Carlo Alberto modificò nuovamente gli statuti. I componenti dell'ordine furono divisi in tre classi: cavalieri, commendatori e grandi ufficiali; la classe dei cavalieri, il cui numero era illimitato, si divideva in due categorie: cavalieri di giustizia e cavalieri di grazia, i primi dovevano provare la nobiltà duecentale dei quattro quarti, i secondi venivano nominati dal re par servizî resi allo stato. Nel 1842 con regio viglietto del 7 gennaio veniva modificata pure l'uniforme. Vittorio Emanuele II il 20 febbraio 1868 stabilì per l'ammissione nell'ordine le regole che vigono tuttora; esso veniva così semplicemente destinato a ricompensare le benemerenze nelle carriere civili e militari. Fu diviso in cinque classi: cavalieri di gran croce, grandi ufficiali, commendatori, cavalieri ufficiali e cavalieri.
La decorazione consiste in una croge trifogliata d'oro, smaltata di bianco, accollata a una croce biforcata, smaltata di verde. Il nastro è verde ondato.
Bibl.: B. Giustinian, Histoire cronologiche degli ordini militari e di tutte le religioni cavalleresche, ecc., Venezia 1792; L. Cibrario, Breve storia degli Ordini di San Maurizio e di San Lazzaro avanti e dopo l'unione dei medesimi, Torino 1844; id., Descrizione storica degli ordini cavallereschi, Torino 1846; Decreto del re gran maestro del 20 febbraio 1868, Firenze 1868; R. Cuomo, Ordini cavallereschi antichi e moderni, voll. 2, Napoli 1894; L. Cappelletti, Storia degli ordini cavallereschi, Livorno 1904; L. Pullé, Dalle crociate ad oggi, Milano 1905; L'Ordine Mauriziano, Torino 1917; R. E. Ceschina, Gli ordini equestri del regno d'Italia, Milano 1925; L. Rangoni-Machiavelli, Onorificenze e medaglie nazionali, in Bollettino dell'Ufficio storico del Com. del Corpo di stato maggiore, Roma 1927; Guadagnini, Origine degli ordini cavallereschi, Venezia 1925. Per l'ordine di S. Lazzaro, v. anche R. Röhricht, Regesta Regni Hierosolymitani (1907-1191), Innsbruck 1893; Archives de l'Orient, II, Parigi 1884; L. Cibrario, Dei Templari, Torino 1868.