MAURITANIA.
– Demografia e geografia economica. Storia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato dell’Africa nord-occidentale, affacciato sull’Oceano Atlantico. La popolazione (3.984.457 abitanti, secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economic and Social Affairs, del 2014), per il 51% sotto i 19 anni, è cresciuta del 2,7% annuo (periodo 2005-10), poi del 2,5% (2010-15). Quella urbana (59%) si distribuisce soprattutto nella capitale, Nouakchott (899.887 ab.). Con una speranza di vita di 61,6 anni (2013) e un tasso di alfabetizzazione del 52% (161° posto dell’Indice di sviluppo umano), la popolazione è ancora afflitta dalla povertà (66%). Dopo il 2009, la sostenuta crescita economica (PIL +6-7%) e la ritrovata stabilità politica, hanno permesso alla M. di inserirsi tra i Paesi a reddito medio-basso: PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto (PPA) di 3379 $ (2014). Secondo esportatore di ferro (11,2 milioni di t, 2012) dell’Africa, la M. produce, con buone prospettive, anche oro, rame e gas. La pesca, poi, per i recenti accordi con l’Unione Europea, risulta tra i settori con i più significativi potenziali di crescita.
Storia di Arturo Varvelli. – Nel primo quindicennio del 21° sec., governi civili e militari si alternarono alla guida della Mauritania.
Dopo la caduta del regime militare di Maaouya Ould Si-d’Ahmed Taya (Ma῾āwiya wuld Sīdī Aḥmad aṭ-Ṭāya῾) nel 2005 – che mise fine a un trentennio di guerra civile a bassa intensità – due anni dopo si tennero elezioni presidenziali, giudicate libere dagli osservatori internazionali. Tuttavia, dopo un nuovo colpo di Stato nell’agosto 2008, il generale Mohamed Ould Abdel Aziz (Muḥammad wuld ῾Abd al῾Azīz) diventò presidente nell’agosto del 2009 a seguito di una nuova tornata elettorale che il suo partito (Union Pour la Répu blique, UPR) vinse con circa il 53% dei voti. Da allora il partito di governo stabilì un sistema che – limitatamente democratico e pluralista – era istituzionalmente debole, estremamente corrotto e clientelare. Assolutamente preponderante era poi il ruolo delle forze armate, che, a loro volta divise in correnti e bande, di fatto tacitamente controllavano il governo e il Paese. In questo contesto, le preesistenti tensioni etniche tra le componenti di lingua araba della popolazione (Haratin e Bidan), e le minoranze africane (Fulani, Wolof, Soninke, Bamana) – polarizzatesi durante la lunga dittatura di Ould Taya – continuarono a minare alla base la stabilità della M., sommandosi (e contribuendo) alla fragilità e alla scarsa crescita economica del Paese. Nel 2011 l’ondata riformatrice delle primavere arabe arrivò anche in Mauritania. Ampi settori della società si mobilitarono in tutta la nazione, chiedendo il ritiro dei militari dalla politica, più trasparenza e democrazia, ma a lungo andare emersero numerose fratture interne al variegato movimento di protesta, prontamente sfruttate dall’UPR per spegnere la fiamma riformatrice.
L’insieme di questi fattori trasformò la società mauritana in terreno fertile per l’infiltrazione di gruppi salafiti e jihadisti, affluiti in gran numero nel Paese anche grazie alle sue vaste dimensioni, che rendevano i confini desertici difficili da controllare e quindi oggetto di traffici internazionali di armi e droga, al centro delle reti del terrorismo islamista transnazionale. Il processo di radicalizzazione giovanile ebbe così modo di rafforzarsi, anche grazie a copiose donazioni dal Golfo e all’arabizzazione forzata dell’educazione nazionale, che causò l’importazione di predicatori islamici salafiti dall’Egitto e dal Vicino Oriente.
Sebbene i principali movimenti islamisti mauritani non rappresentassero in questa fase storica un pericolo dal punto di vista del terrorismo (i loro leader rigettarono a più riprese la violenza), di contro si rafforzò nel Paese AQMI (Al-Qā῾ida nel Maghreb Islamico), anche a seguito della guerra in Libia e della crisi nel vicino Mali, oltre che attraverso i rapimenti e i traffici illeciti regionali.