STROZZI, Matteo
– Nacque a Napoli nel novembre del 1471 da Lorenzo di Matteo di Simone Strozzi e da Antonia Baroncelli. I primi anni della sua vita lo videro ben inserito nella famiglia; l’anno di nascita, 1471, si evince dal Libro dell’età dell’ufficio delle Tratte (ma contrasta con la dichiarazione riportata al Catasto in cui egli risultava avere 6 anni nel 1480). Dopo la morte del padre, avvenuta a Napoli il 9 ottobre 1479, conformemente a quanto stabilito da questi nel suo testamento, fu affidato alla tutela dello zio e nella casa di Filippo Strozzi appunto, nel quartiere di S. Maria Novella, gonfalone Leon rosso, Matteo risultava risiedere nel 1480 assieme alla madre, al fratello minore Carlo e ad altre cinque sorelle.
Avviato alla pratica del commercio secondo la tradizione di famiglia, di questa formazione mercantile piuttosto che di uomo di lettere conservò i tratti distintivi nella sua usuale scrittura, marcatamente mercantesca. Nel 1495-96 era a Venezia intento a seguire attività imprenditoriali. La sua appartenenza a uno dei principali lignaggi fiorentini costituiva una precondizione fondamentale per l’ingresso nella vita pubblica di Firenze, ma fu soprattutto il matrimonio (1499) con Maddalena, figlia di Alamanno Salviati, una delle figure chiave della Repubblica postsavonaroliana, ad avviare il suo inserimento nella ristretta cerchia degli uomini di governo. E proprio agli esordi del regime soderiniano favorito inizialmente da Salviati, nel 1503, Matteo fece parte dell’ambasciata inviata da Firenze a rendere omaggio al nuovo papa Pio III, incarico di grande prestigio, indicativo di un acquisito rilievo tanto nella compagine familiare di appartenenza quanto nel ceto ottimatizio fiorentino. In città i primi uffici da lui ricoperti furono quelli di ufficiale del Monte (1505) e di massaro della Camera delle armi (1508).
Ben presto, tuttavia, il progressivo raffreddamento dei rapporti tra Alamanno Salviati e Piero di Tommaso Soderini segnò per Strozzi un mutamento di tendenza politica. Non risulta che, a differenza dei cugini Lorenzo e Filippo, abbia frequentato la cerchia degli Orti Oricellari, da cui probabilmente lo teneva distante anche un’indole pragmatica e non speculativa; egli piuttosto optò per lo schieramento favorevole a una restaurazione medicea. In questa scelta e nel suo successivo percorso di uomo politico crescente influenza ebbero le posizioni di Francesco Guicciardini cui fu legato anche da colleganza familiare (nel 1508 Guicciardini aveva sposato un’altra figlia di Alamanno Salviati, Maria). Al ritorno dei Medici, nel 1512, Strozzi fu inviato nuovamente ambasciatore a Roma, assieme a Jacopo Salviati, presso il papa Giulio II ed è da quell’anno che iniziarono a susseguirsi i suoi incarichi pubblici: fece parte della Signoria nel 1513 (fu allora priore come anche nel 1526), del Consiglio dei settanta e della Balìa del 1514 e fu membro degli Otto di guardia. Nel 1515 come ambasciatore fiorentino assisté all’incoronazione del papa mediceo Leone X. Ancora nel 1515 fu ufficiale del Monte di pietà e membro dei Dodici procuratori.
La sua adesione alla causa medicea, tuttavia, agli inizi non dovette essere priva di incertezze se nel 1516, inviato a fianco di Lorenzo de’ Medici nell’impresa di Urbino, a Forlì trovò nella grave infermità della moglie il pretesto per fare ritorno a Firenze. Ma nel 1517 ottenne da Leone X il delicato incarico di riportare ordine nella città di Reggio Emilia al cui governo fu poi insediato Guicciardini. Ancora nel 1517 fece parte dei Sei di mercanzia e nel 1519 assurse alla massima carica fiorentina di gonfaloniere di Giustizia. Se i rapporti tra Matteo e il cugino Filippo fino a questa data si erano mantenuti vivi e robusti, essi registrarono in seguito un progressivo deterioramento.
Nel 1522, in occasione dei tumulti contro l’elezione a papa di Clemente VII, Matteo, allora degli Otto di pratica, tentò di sedare i disordini, scontentando entrambi gli schieramenti. Nel 1527, all’avvento del regime repubblicano antimediceo seguito al sacco di Roma, Strozzi, nominato oratore a Venezia, rifiutò la missione e fu pertanto ammonito e multato. Al tempo del gonfalonierato di Niccolò Capponi che pur lo ritenne «de’ suoi più confidenti cittadini» (Segni, 1723, p. 36), la sua partecipazione alla vita politica fiorentina si fece tiepida e trattenuta. Nel 1529 l’ascesa al potere di Francesco Carducci, capo degli Arrabbiati e fautore del ritorno a un pieno regime popolare di impronta savonaroliana, gli impose una decisa presa di distanze. Egli tuttavia non poté esimersi dal partecipare alle consulte dell’agosto di quell’anno, nel momento drammatico in cui si profilò la possibilità di una trattativa con Carlo V a Genova, e di un ravvicinamento al Papato, per scongiurare l’attacco delle armate imperiali. E il 16 agosto, assieme a Niccolò Capponi, Tommaso Soderini e Raffaello Girolami sostituito poi da Alfonso Strozzi, fu incaricato della delicatissima missione diplomatica presso l’imperatore, fallita la quale egli preferì prendere la strada di Venezia dove rimase fino al 1530. Inutilmente richiesto dai fiorentini di un aiuto quantomeno finanziario a sostegno della città assediata, fece ritorno a Firenze solo dopo la definitiva sconfitta del regime repubblicano.
Da quel momento determinante si fece il suo intervento nella politica cittadina in deciso sostegno all’affermazione del Principato mediceo: fu tra gli ottimati fiorentini inviati a incontrare a Prato Alessandro de’ Medici, cui prestò giuramento di fedeltà. Nello stesso 1530 fece parte della Balìa e il 4 aprile 1532 fu nominato, con i massimi esponenti dell’aristocrazia fiorentina quali Guicciardini, Francesco Vettori, Matteo Niccolini, Roberto Pucci, Palla Rucellai, dei Dodici riformatori incaricati di elaborare la riforma costituzionale poi pubblicata con le Ordinazioni del 27 aprile 1532 che avrebbero disegnato le strutture del Principato mediceo. Nel nuovo assetto, Strozzi fu inserito nel Senato dei quarantotto, e partecipò nello stesso anno alle repressioni degli uomini di governo dell’ultima Repubblica fiorentina. Nel 1533 fu degli Otto di pratica e nel 1534 dei Conservatori di leggi. Ancora nel 1534 fu inviato un’altra volta in missione a Roma per rendere ubbidienza a papa Paolo III; quindi, con Vettori, Roberto Acciaiuoli, Guicciardini, Ottaviano de’ Medici e Francesco Campana, fece parte del consiglio segreto di Alessandro (come riportato da Bernardo Segni, 1723, p. 177). Ancora nel 1534 fu eletto tra i riformatori delle arti minori. Nelle registrazioni fiscali di quello stesso anno, redatte ai fini dell’imposizione della decima granducale, egli risultava possedere un cospicuo patrimonio immobiliare che aveva il suo centro nella casa di piazza Strozzi, e assommava botteghe, vari poderi e case nei dintorni di Firenze (Novoli, Antella, Lucardo ecc.).
La rottura definitiva che si venne a consumare con Filippo Strozzi, diventato acerrimo nemico del duca Alessandro de’ Medici e capo dei fuorusciti fiorentini, ebbe pubblica manifestazione l’anno seguente allorché i due cugini si presentarono davanti all’imperatore a Napoli, schierati su opposti fronti politici. Tra la fine del 1535 e il 3 gennaio 1536 Filippo sostenne di fronte a Carlo V la sua querela contro il duca fiorentino accusato di avere instaurato un regime tirannico; Matteo invece, assieme a Guicciardini e Vettori, si presentò in difesa di Alessandro, convocato dall’imperatore per rispondere a tali accuse.
Morto Alessandro, Matteo Strozzi si adoperò per la successione di Cosimo e il 9 gennaio 1537 presenziò alla seduta del Consiglio dei quarantotto in cui il diciassettenne figlio di Giovanni dalle Bande Nere fu eletto duca legittimo, in quanto erede di Alessandro e conformemente al decreto di Carlo V del 28 ottobre 1530. Non tutti i senatori furono concordi nella decisione, come è noto; Matteo fu tra coloro (assieme a Guicciardini, Acciaiuoli, Niccolini, Vettori, Iacopo Gianfigliazzi, Raffaello de’ Medici e Giuliano Capponi) che sottoscrissero l’atto. L’evento fu raffigurato da Giorgio Vasari in un dipinto di Palazzo Vecchio nella sala dedicata a Cosimo I, nel 1559: Strozzi figura a fianco di Guicciardini, Vettori, Acciaiuoli e di altri ottimati (tredici dei Quarantotto), ciascuno identificato da una iscrizione riportante nome e cognome, tutti immortalati come principali sostenitori del Principato mediceo. Negli ultimi anni della sua vita egli continuò a partecipare attivamente alla vita politica fiorentina: nel 1538 fu, assieme a Niccolini, Guicciardini e Ottaviano de’ Medici, dei Quattro commissari incaricati di provvedere «soppra le cose e occorrentie di Pistoia» (Archivio di Stato di Firenze, Carte strozziane, Serie prima, 115 b, cc. 172, 170, 161). E con Guicciardini partecipò alla repressione del dissenso politico, in particolare all’interrogatorio del prigioniero Biagio di Bartolomeo Pesci speziale alla Campana, nel 1539.
Morì a Firenze il 7 marzo 1541, dopo che già si erano spenti coloro che più da vicino ne avevano condiviso incarichi e scelte politiche: Vettori (1539) e Guicciardini (1540). Ebbe numerosi figli: Alessandro, Carlo, Lucrezia, Lorenzo, Margherita, Alamanno, Roberto, Francesco, Antonia, Camillo, Filippo.
Fonti e Bibl.: Personalità di grande rilievo, seppure in seguito dimenticata all’interno della grande compagine degli Strozzi, scarse tracce documentarie della sua traiettoria esistenziale si ritrovano nel grande archivio familiare istituito a testimonianza di una secolare fedeltà alla tradizione repubblicana di Firenze, ora conservato come fondo dell’Archivio di Stato di Firenze con la denominazione di Carte Strozziane. Non figura infatti nelle Vite di uomini illustri della famiglia Strozzi (Carte Strozziane, Serie terza, 75, I e II), né in altre memorie domestiche strozziane (s. V, 1264 e 1265); documenti che lo riguardano si trovano ibid., s. III, 106, c. 225 (anno ante 1479); s. I, 293, cc. 78-97 (1495); s. III, 136, c. 18 (1499), 235, c. 488r (1499), 133, cc. 186, 190, 184, 178, 194, 179, 192 (1496-1500), 145, c. 101 (1505), 126, cc. 38-51 (1507), 106, cc. 201-208 (1510), s. I, 369, cc. 92-93 (1513), s. III, 134, cc. 95, 4, 2, 3, 5, 10, 43, 36, 38, 94, 91, 131 (1501-1514), 143, cc. 13-15, 8-9 (1519-1524), 145, c. 113 (1525), s. I, 37, n. 15 (1534); 95, n. 43 (1539); s. III, 104, c. 3 (1537); s. I, 115 b, c. 172, 170, 161 (1538). Nello stesso Archivio di Stato di Firenze vedi inoltre: Tratte, 80, c. 148v; 905, 906, 907, 932, 711, 61; Catasto, 1011, c. 314; Decima repubblicana, 23, c. 141v; Decima granducale, 3618, cc. 28-31; Mediceo avanti il principato, 116, 285; Consulte e pratiche, 71, cc. 63 e 71; Signori, legazioni e commissarie, 27, c. 53r; Mediceo del principato, 639, cc. 22-24v; Senato dei 48, 1, c. 1v; Arte dei medici e speziali, 250, c. 119; Raccolta Sebregondi, 5083; Ceramelli papiani, 451.5.
B. Segni, Storie fiorentine, Augusta 1723, pp. 6, 18, 36, 129, 146, 150, 177, 189-191, 212, 248; P. Litta, Famiglie celebri di Italia, V, Milano 1819, parte II, c. 152, tav. XIX; B. Varchi, Storia fiorentina, a cura di L. Arbib, I-III, Firenze 1843-1844, I, pp. 72, 124, 135, 155, 447, 455, 495, 461, 476, 545, II, pp. 34, 37, 38, 361, 537, 556, 568, 573, 583, 589, III, pp. 122, 203, 241, 253, 271, 322; P. Guicciardini, Il ritratto vasariano di Luigi Guicciardini, Firenze 1942, p. 14; R. von Albertini, Firenze dalla Repubblica al Principato. Storia e coscienza politica, Torino 1970, pp. 120, 194, 202, 206, 208 nota, 216 nota, 217, 285; M. Bullard, Filippo Strozzi and the Medici. Favour and finance in sixteenth-century Florence and Roma, London-New York-New Rochelle-Melbourne-Sydney 1980, pp. 46 s., 51, 55, 66, 69, 70 s., 76, 78, 79 s., 135; A. Cecchi, In difesa della dolce libertà, Firenze 2018, p. 18; A. Pallini-Martin, Banque, négoce et politique. Les florentins à Lyon au moment des guerres d’Italie, Paris 2018, pp. 43, 51, 170.