CACCINI, Matteo
Nacque a Firenze il 15 apr. 1573, secondogenito di Giovanni di Alessandro e di Maddalena di Paolo Corsini vedova Baroncelli, e fu tenuto a battesimo dal cardinale Ferdinando de' Medici, poi granduca di Toscana. I familiari lo vollero avviare dapprima alla mercatura, ma i suoi interessi prevalenti si indirizzarono ben presto, oltre che alla musica (divenne un discreto suonatore di liuto), all'orticoltura e floricoltura, dapprima soltanto nell'orto della casa paterna a borgo Pinti, poi anche in un terreno da lui preso in affitto dall'arte della lana dietro la chiesa della S. Annunziata; qui si dedicò alla coltivazione di piante rare, e, senza abbandonare mai la sua originaria destinazione al commercio, pure unita a questa aristocratica passione per l'orto, intrecciò traffici che gli permisero di avere semi e piante esotiche dalla Virginia e di farne oggetto di scambio con botanici di tutta Europa. A questi traffici gli giovarono molto i buoni rapporti con casa Medici: era un agente del granduca di Toscana in Olanda. il Bartoletti, a procurargli fiori e sementi della Virginia, che egli mandava poi ai suoi corrispondenti in Italia e all'estero.
Fra i corrispondenti italiani vanno ricordati in particolare Leo Lazzaro Galler, direttore del giardino ducale di Piacenza, e il napoletano Giuseppe Acquaviva; tra gli stranieri il principe di Arenberg e Charles de l'Escluse (oQusius, Clusio), celebre botanico belga, cui il C. fu presentato dal cappuccino fra' Gregorio da Reggio, in una lettera del 1606, come un buon dilettante, "non molto esperto nella professione". In effetti, anche agli occhi della storia della scienza recente, il C. si presenta non come un botanico ma piuttosto come un fitognoste e un appassionato coltivatore e collezionista di piante, la cui attività fu peraltro di giovamento al progresso della scienza, come riconobbero gli eredi del de l'Escluse quando, nel 1611, dedicarono a lui la pubblicazione dell'opera postuma (Curae posteriores)del maestro, che aveva avuto col C. una frequente e proficua corrispondenza fra il 1606 e il 1609.
Nel 1605 un grave episodio che avrebbe potuto costargli caro si risolse a suo vantaggio grazie alle sue alte protezioni: a seguito di screzi verbali con un contraddittore in Accademia, il C. reagì con un colpo di pugnale che colpì l'avversario al viso ferendolo gravemente. Fatti pochi giorni di carcere, gli appoggi a corte e le testimonianze amiche gli resero la libertà, e il C. (che da questa data in poi scriverà più di una volta al fratello Alessandro di essere "disgustato" di Firenze) prese la via di Roma, a tempo per potere assistere all'incoronazione papale di Alessandro de' Medici (Leone XI). A partire da questo periodo il C. entra in una cerchia di più alte e ampie relazioni, soprattutto prelatizie, introdottovi dai Salviati e da altri nobili fiorentini. Dopo un viaggio d'affari a Napoli, che gli servì per assestare i rapporti commerciali con i banchieri Scarlatti, e dopo più di un viaggio a Firenze, dove riuscì finalmente a chiudere, nel 1608, la causa pendente per il ferimento di quel suo avversario, si stabilì a Roma, e divenne assiduo frequentatore della corte del cardinale milanese Pompeo Arrigoni, che risiedeva a Frascati e che nel 1607 era stato eletto da Paolo V arcivescovo di Benevento. Il C. entrò nel 1610 al servizio dell'Arrigoni, in qualità di coppiere, e da allora risiedette per lo più a Roma, con frequenti visite a Benevento e a Napoli. Molto sollecito del patrimonio e del buon nome della sua famiglia, il C. si valse dei suoi addentellati romani per procurare al fratello Alessandro ogni aiuto nella trattativa per il matrimonio con Francesca di Gherardo Peruzzi; al priore di S. Simone, che faceva da mediatore, inviava da Roma in compenso indulgenze e reliquie. Nello stesso periodo intratteneva in Roma rapporti con diversi amici di Galileo, quali i monsignori fiorentini Piero Dini e Vincenzo Ciampoli, e il romano Virginio Cesarini, ed ebbe modo di rendersi conto dell'alto prestigio cui era giunto il Gablei quando questi venne a Roma nel 1611 a presentare il Nuncius sidereus e a raccogliere autorevolissimi plausi anche in ambienti di Curia.
Si sviluppa in questo contesto la trista vicenda della campagna di attacchi e denunce mossa dal fratello del C., fra' Tommaso, contro Galileo Galilei. A questa campagna il C. fu sempre avverso, tanto che qualche storico (il Ricci Riccardi) è stato indotto a vedere in questo amatore di piante uno strenuo e cosciente difensore della scienza galileiana. In realtà, come ha dimostrato con solidi argomenti il Favaro, l'avversione del C. alle intemperanze del fratello non trasse origine da motivi di ordine ideale, bensì da preoccupazioni di carattere familiare: dal carteggio con l'altro fratello, Alessandro, emergono con chiarezza il disappunto prima, poi la collera, per la volgarità e l'improntitudine delle prediche e degli intrighi di fra' Tommaso, suscettibili di compromettere da un lato la propria carriera ecclesiastica, cui tutti e tre i fratelli tenevano molto, e dall'altro il buon nome della casata, trascinata così malamente in una bega di frati contro un uomo di scienza, e contro posizioni speculative che erano al vaglio di uomini di ben altro sapere e autorità. Fra il 1615 e il 1616 il C. fece di tutto, come testimoniano le lettere a lui e all'altro fratello, Alessandro (ora tutte pubblicate nell'edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei) per distogliere fra' Tommaso dalla sua malaugurata impresa. Egli conosceva infatti gli umori di Curia, soprattutto attraverso il cardinale Arrigoni, presso il quale non era riuscito a sistemare il fratello proprio a causa delle risapute propensioni antigalileiane e retrive in materia di scienza che dominavano gli ambienti domenicani.
Fra l'altro, il C. era divenuto a Roma agente diplomatico segreto del granduca di Toscana, e la proposta a "non voler più predicare", che rivolgeva al fratello, esprimeva l'esigenza che da un membro di famiglia fiorentina, imparentata con le più influenti casate, non venissero attacchi maldestri e improvvisati contro lo scienziato pisano; ancora ai primi del 1615 sembrava infatti che questi dovesse aver partita vinta in polemiche di questo genere. Per questo, il C. fece di tutto per indurre il fratello a lasciare la vita del predicatore e ad entrare in quella di corte, più sicura. Ma le alterne vicende della carriera di fra' Tommaso, pure ambiziosissimo, non corrisposero mai ai desideri del Caccini.
è assente comunque da tutto il carteggio del C., sia in quello rivolto a fra' Tommaso, sia in quello rivolto ad Alessandro, una valutazione relativa ai contenuti della polemica con Galileo, nonché del significato storico delle scoperte e del pensiero di Galileo. Nel 1616, in una lettera ad Alessandro dai toni piuttosto ambigui, il C. dà notizia dell'abiura di Galileo: "Il giorno poi di S. Tommaso d'Aquino, la Sacra Congregatione dell'Indice, d'ordine del Papa, pubblicò il decreto contro la opinione del Galileo, dicendo essere omnino adversa alla Sagra Scrittura, doppo essersi consultata nella Congregatione del Santo Officio, coram Summum Pontificem, ed in questa Congregatione il S.or Galilei fece l'abiuratione". La notizia è data in modo impreciso e sbrigativo; il fatto è che dopo questa prima sconfitta galileiana, il C. continuerà ad occuparsi assiduamente di fra' Tommaso e dei suoi errori politici, ma sembrerà dimenticare del tutto lo scienziato, ormai non più in auge presso la Curia romana.
Il C. sposò Ortensia Acciaiuoli nel 1624. Fu seppellito in S. Croce il 20 sett. 1640.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. nazionale centrale, ms. II, IV, 16 (Magl.cl. VII, n. 302): canzonetta del C., "Se pezzato di stelle"; G. Galilei, Opere, ed. naz., XII, p. 265; XVIII, pp. 416-423; XX, p. 407; P. Ginori Conti, Lettere inedite di Charles de l'Escluse (Carolus Clusius) a M. C. fioricultore fiorentino. Contributo alla storia della botanica, Firenze 1939; Id., Miscell. di lettere ined. pertinenti alla storia della botanica, in La Bibliofilia, XLI(1939), pp. 249-258; A. Ricci Riccardi, G. Galilei e fra' Tommaso Caccini, Firenze 1902, passim (recensione di A. Favaro, in Arch. stor. ital., s. 5, XXXI [1903], pp. 217-229); G. Gabrieli, Per la storia della botanica nel secolo XVII: M. C. e Gregorio da Reggio, in Rendiconti della R. Acc. naz. dei Lincei, cl. di scienze morali, stor. e filos., s. 6, XV (1939), pp. 304-313; A. Targioni Tozzetti, Notizie sulla storia delle scienze fisiche in Toscana, Firenze 1852, p. 279; G. B. De Toni, Il carteggio degl'italiani col botanico Carlo Clusio, in Memorie dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, XV(1911), p.37.