MASSARO
. Il termine massarius, che ricorre nei documenti medievali, deriva (non senza influsso di massa per alcuni dialetti italiani, specie centro-meridionali) da mansus, divisione agraria, che indica l'appezzamento di terreno affidato a una famiglia colonica (v. manso). Il massaro o coltivatore del manso (che si ritrova nel masué piemontese e nel massar friulano, ambedue adoperati nel senso di colono), può essere libero o servo. Originariamente questo portava a differenze notevoli, perché il massaro libero, per quanto non potesse abbandonare il suolo che coltivava e gli si opponessero difficoltà a disporre dei beni mobili da lui acquistati con i suoi guadagni, aveva però diritto d'essere giudicato dal tribunale pubblico; il suo coniugio era un vero matrimonio, ecc. Più tardi, però, quando si formarono le grandi immunità patrimoniali, servi e liberi furono giudicati dal tribunale padronale, gli uni e gli altri avevano circoscritta la propria sfera patrimoniale al complesso di beni signorili al quale appartenevano, e tutti godevano il diritto, garantito da consuetudini secolari e da leggi imperiali, che non fossero aumentate le prestazioni di derrate o di lavoro alle quali erano tenuti; soltanto i livellarî erano estranei a tale condizione. Nel corso dei secoli XII e XIII, in buona parte d'Italia la condizione dei massari si altera per effetto dell'evoluzione economica che spezza le grandi proprietà feudali e le fa cadere in mano dei mercanti cittadini, i quali non riconoscono questi diritti secolari e sostituiscono i massari con piccoli affittuarî o mezzadri o anche tengono le terre in diretta economia.
Bibl.: L. Cibrario, Economia politica nel Medioevo, 2ª ed., Torino 1862; P. S. Leicht, Studi sulla proprietà fondiaria nel Medioevo, I, Padova 1903; M. Bloch, Les caractères originaux de l'hist. rurale française, Oslo 1931.