MASSALIANI (o messaliani; dall'aramaico mĕṣallīn "i preganti"; gr. εὐχῖται da εὐχή "preghiera" donde anche "euchiti")
Settarî, detti così perché per essi la preghiera era il mezzo per eccellenza, se non l'unico mezzo, per vincere il demonio, che è in ogni uomo a seguito del peccato di Adamo, e per porsi in comunione con Dio. In conseguenza di questa loro convinzione tenevano in poco o nessun conto l'organizzazione e la prassi ecclesiastica non assegnando grande valore agli stessi sacramenti. Furono per questo condannati dal sinodo di Side (Panfilia) verso il 390 e quindi dal sinodo di Efeso. Provenienti dalla Mesopotamia, nella seconda metà del sec. IV, si diffusero largamente - per quanto non disciplinati in un'organizzazione ecclesiastica - in tutta l'Asia Minore fino all'Armenia, in Siria e anche in Egitto.
Possedevano un loro libro (Asceticon) condannato al sinodo di Efeso (?) e oggi perduto; studî recenti assegnano ad autori massaliani la maggior parte degli scritti che ci sono giunti sotto il nome di Macario l'Egiziano (v.). Questi scritti attenuano notevolmente le tinte fosche con le quali la tradizione eresiologica ha dipinto la setta e ci mostrano l'importanza della mistica massaliana per lo studio della mistica orientale. Influenze massaliane sono state riscontrate anche nella mistica musulmana (v. sufismo). I massaliani, che sopravvissero in alcune regioni dell'Asia Minore fino al sec. X furono anche detti entusiasti, pneumatici, coreuti, adelfiani, lampetiani, marciani.
Bibl.: Oltre quella citata da G. Bareille, in Dictionnaire de théologie catholique, V, coll. 1454-1465 (articolo peraltro anteriore agli studî sulla letteratura pseudomacariana) e alla voce macario l'egiziano, v. A. Jülicher, Geheiligte Ketzer, in Protestantische Monatshefte, XXV (1921), p. 58 seg.; R. Hartmann, Zur Frage nach der Herkunft und den Anfängen des Sufismus, in Der Islam, VI (1916), p. 56 segg.; G. L. Marriott, The Messalians and the discovery of their ascetik book, in Harvard theolog. rev., XIX (1916), p. 191 segg.