Scorsese, Martin
Regista e produttore cinematografico statunitense, di origine italiana, nato a New York il 17 novembre 1942. Esordiente negli anni Sessanta, S. si è presto imposto come uno fra i maggiori autori del cinema contemporaneo, capace di mettere in relazione efficace alcuni rilevanti modelli del cinema di epoca 'classica' con stilemi e umori legati alla modernità e al cosiddetto postmoderno. Attraverso uno sguardo acuto e una tecnica impeccabile, S. ha narrato vicende ambientate sia in epoca contemporanea sia in fasi storiche più remote, stabilendo un costante legame con alcuni generi, dal noir al musical fino alla commedia, e mettendo in scena aspri scontri e conflitti, con toni sovente riconducibili agli esiti della migliore tradizione tragica e melodrammatica. Oltre a numerosi premi ricevuti dalle associazioni internazionali della critica e alcune nominations all'Oscar, S. ha vinto al Festival di Cannes la Palma d'oro per Taxi driver (1976) e il premio per la migliore regia nel 1986 con After hours (1985; Fuori orario), i Bafta Film Awards per il miglior film, la migliore regia e la migliore sceneggiatura non originale per Goodfellas (1990; Quei bravi ragazzi), un David di Donatello speciale nel 2001, e i Golden Globe per la migliore regia e il miglior film con Gangs of New York (2002).
Figlio di una coppia di italoamericani, a loro volta figli di siciliani emigrati all'inizio del Novecento negli Stati Uniti, S. crebbe a Little Italy, ricevendo un'educazione religiosa cattolica e seguendo per un breve periodo un seminario preparatorio alla carriera ecclesiastica. Dopo aver compiuto studi alla Cardinal Hayes High School, nel 1962 si iscrisse alla New York University, orientandosi ben presto verso il cinema. E proprio all'interno dei corsi universitari, nel 1963 realizzò un cortometraggio dal titolo What's a nice girl like you doing in a place like this?, debitore dello stile delle comiche televisive di Mel Brooks. Nel 1965 diresse un altro corto, The big shave, che a uno sguardo retrospettivo costituisce un esempio significativo dello stile forte e dello sguardo arguto del regista. In esso, nel volgere di pochi minuti, l'inquadratura si sposta dal mezzo busto di un giovane che si sta radendo al lavabo dove scorre copioso il sangue: un effetto scioccante che sarebbe poi tornato molte volte nel suo cinema. Nel frattempo S. preparava l'esordio nel lungometraggio che avvenne con Who's that knocking on my door? (1968; Chi sta bussando alla mia porta?). Il film, pur di produzione indipendente, è da considerarsi uno dei primi titoli della cosiddetta New Hollywood e racconta il girovagare di un giovane di Little Italy (interpretato da Harvey Keitel, che si fece notare proprio con i primi film di S.) per le strade e i bar di New York. Attraverso uno stile influenzato dal documentario e dal cinema di Jean-Luc Godard e di John Cassavetes, S. avviò con questo film una sorta di grande romanzo cinematografico sulla propria città e sulla storia di un 'universo-mondo' quale quello americano, un 'ciclo' visivo-narrativo che si è poi snodato tra passato e presente, trovando subito altre tappe esemplari in Boxcar Bertha (1972; America 1929: sterminateli senza pietà), Mean Streets (1973; Mean Streets ‒ Domenica in chiesa, lunedì all'inferno), Alice doesn't live here anymore (1975; Alice non abita più qui) e Taxi driver. Boxcar Bertha è il primo viaggio a ritroso nello spazio e nel tempo di un Paese, un road movie ambientato al tempo della Grande depressione, che mette in scena un bel personaggio di donna (interpretato da Barbara Hershey) e i primi duri e scatenanti conflitti sociali e culturali di cui è ricca la filmografia del regista. Mean Streets torna al 'qui e ora' della metropoli e costituisce una sorta di 'secondo tempo' del suo primo lungometraggio. Ancora una volta lo sguardo del regista si posa su uno spaccato di marginalità, dischiudendo con più forza i temi dell'amicizia (qui raffigurata dai personaggi interpretati da Harvey Keitel e da Robert De Niro, emergente in questo film e poi attore simbolo di S.) e della famiglia (intesa sia in senso proprio sia come clan mafioso), che insieme a quelli del denaro e della coppia dicotomica, ma anche complementare, di 'virtù' e 'peccato', sono fra i più ricorrenti nell'opera del regista newyorkese. In Alice doesn't live here anymore, anch'esso assimilabile al genere road movie, la protagonista è di nuovo una donna, Alice (la splendida Ellen Burstyn), una delle più belle figure femminili del cinema contemporaneo, coraggiosa e mai domata dall'incuranza e dalla violenza degli uomini. Una violenza che scoppia in misura più determinante in Taxi driver, basato su una robusta sceneggiatura di Paul Schrader e rilevante sia come 'discesa negli inferi' metropolitani sia come ritratto di una consapevole e sistematica 'follia' (quella del protagonista, magistralmente resa da Robert De Niro).
Dopo questa prima 'serie' di narrazioni, che hanno già la valenza di un saggio di antropologia storica, S. ha avviato un percorso dal quale è emerso uno stile sempre più raffinato e talora sontuoso, ma costantemente legato alle storie e agli ambienti via via rappresentati. New York, New York (1977) è un musical, che rivisita con altrettanta ricchezza di 'numeri' e canzoni i fasti della stagione classica del genere, ambientando la storia proprio nel periodo (il secondo dopoguerra) in cui attraversò la sua seconda importante fase. Ancora musicale, ma di tecnica documentaria, è il successivo The last waltz (1978; L'ultimo valzer), cronaca dell'ultimo concerto del gruppo The Band, al quale è seguito uno dei capolavori di S., Raging bull (1980; Toro scatenato), tratto dall'autobiografia del pugile Jake La Motta. Lungo un ampio asse spazio-temporale si sviluppa la storia ‒ di forte impianto melodrammatico ‒ di ascesa e caduta di un grande pugile (reso ancora una volta con straordinaria capacità di trasformazione da Robert De Niro), in uno splendido bianco e nero che evoca uno dei modelli di riferimento fondamentali del cinema di S., l'opera di Luchino Visconti (e nel caso specifico Rocco e i suoi fratelli, 1960). La complessa e articolata struttura narrativa ‒ su più livelli temporali ‒ di questo film trova un eccellente supporto nel ritmo di montaggio, ormai affidato all'intelligenza di Thelma Schoonmaker, premio Oscar proprio per Raging bull. Dichiaratamente legato a più stili ‒ fra i quali anche quello della coppia Michael Powell-Emeric Pressburger ‒ il cinema di S. appare nella sua quintessenza come rimeditazione della lezione neorealista e magistrale combinazione della sobrietà 'rosselliniana' con la sontuosità 'viscontiana'.
Uno stile che ha amato i cambiamenti costanti e il confronto con i generi, come si rileva anche da un improprio trittico di commedie, ancorché di tono aspro, costituito da The king of comedy (1983; Re per una notte), After hours e The color of money (1986; Il colore dei soldi). Ovvero, nell'ordine: la fascinazione che diviene perversa ossessione verso il mondo dello spettacolo, l'avventura straniata e surreale nel ventre della grande città, il confronto, tutto maschile, fra un vecchio (Paul Newman) e un giovane (Tom Cruise) nel mondo del biliardo, inteso come aperta allusione al virtuosismo del gioco in senso lato, con i suoi trucchi e le sue trappole, ma anche dichiarato omaggio a un certo cinema del passato, nel porsi come seguito del famoso The hustler (1961) di Robert Rossen. Dei tre, After hours si rivela il più affascinante e colto sul piano visivo, con i molteplici riferimenti allo stile pop e iperrealista, mentre The color of money rappresenta una sorta di 'prima incursione' in un mondo, quello del gioco, poi analizzato a suo modo in Casino (1995; Casinò), una delle opere più complesse e articolate di S., sia sul piano visivo sia su quello narrativo, grazie agli incastri relativi alle vicende dei diversi personaggi. Con The last temptation of Christ (1988; L'ultima tentazione di Cristo), film discusso e in parte discutibile, S. ha fatto emergere, in una veste sontuosa ma antihollywoodiana, il tema cristologico come una delle sue personali ossessioni già individuata nella sua filmografia precedente, per es. in Taxi driver. Il confronto con la pittura, e la riflessione su gesto pittorico e sguardo cinematografico, è stato poi al centro del mediometraggio Life lessons (Lezioni di vero), episodio di New York stories (1989), diretto anche da Woody Allen e Francis Ford Coppola. In un altro capolavoro, Goodfellas, S. è poi tornato a raffigurare, con virtuosismi della macchina da presa e un impeccabile senso del ritmo, il coté mafioso, visto come un'espressione della 'banalità del male'. Il viaggio a ritroso nella storia e nell'antropologia americane ha toccato alte vette con The age of innocence (1993; L'età dell'innocenza), tratto dal romanzo omonimo di E. Wharton, che gareggia con il Visconti di Senso (1954) e di Il Gattopardo (1963) in magniloquenza di immagini e accuratezza rievocativa. Sempre più il cinema di S. ha mostrato uno stile tra manierista e barocco, evidente anche in un film non pienamente riuscito quale Cape fear (1991; Cape fear ‒ Il promontorio della paura), remake dell'omonimo thriller diretto nel 1962 da J. Lee Thompson, uno stile alternato a scelte improntate a sobrietà documentaristica, resa comunque, rispetto al passato, con una voluta accentuazione di luci e colori. Si pensi all'emozionante, ma sottovalutato, Bringing out the dead (1999; Al di là della vita), nuova e intensa perlustrazione notturna nell'inquietudine urbana. Un film volutamente minore rispetto alla grandiosa e 'griffithiana' ricostruzione storica costituita da Gangs of New York, che al di là di una maggiore o minore acribia storicistica, vale quale potente riflessione sulla 'nascita di una nazione' nel segno del sangue, dei clan e del denaro.
Notevole importanza, infine, va attribuita anche a due 'viaggi' nel cinema americano e in quello italiano, rappresentati rispettivamente dai film di montaggio A personal journey with Martin Scorsese through American movies (1997; Un secolo di cinema ‒ Viaggio nel cinema americano di Martin Scorsese), diretto insieme a Michael Henry Wilson, e Il mio viaggio in Italia (2001), veri e propri saggi visivi sui modelli del cinema del regista. Nel 2003 ha prodotto la serie di documentari The blues, dirigendo il frammento The blues: feel like going home (2003; The blues: dal Mali al Mississippi).
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