MAROCCO.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato dell’Africa nord-occidentale. La popolazione del M., in base al censimento del 2004, contava 29.475.763 ab.; nel 2014, secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), è stata di 33.492.909 ab., con un ritmo di crescita, negli ultimi dieci anni, dell’1,4% annuo, in calo rispetto al 2,1% del decennio precedente. Ai residenti in patria vanno inoltre aggiunti i circa 4.500.000 marocchini all’estero. La maggior parte degli abitanti (60%) si concentra nelle aree urbane: superano, o quasi, il milione di abitanti la capitale Rabat (1.932.000 ab., stima 2014 UNDESA), Dar-el-Beida (Casablanca, 3.491.000 ab.), Marrakech (1.100.000 ab.), Fès (1.149.000 ab.), Tanger (948.000 ab.); e superano i 300.000 ab. le città di Safi, Kénitra, Oujda, Tétouan, Agadir, Meknès. Le condizioni di vita sono progressivamente migliorate, anche se in parte permangono disuguaglianze (tra regioni e aree urbane e rurali) e sacche di povertà (13%): la speranza di vita è di 70,9 anni (2013); l’alfabetizzazione è al 72% (contro il 57% del 2004); l’accesso all’acqua potabile all’84%. Con PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto (PPA) di 7666 $ (2014), il M. si situa tra i Paesi a medio sviluppo umano (129° posto) e tra quelli a reddito medio-basso.
Condizioni economiche. – Nonostante la crisi mondiale, in particolare nell’eurozona (nella quale ricadono i principali partner del Paese), il M. ha mantenuto, in media, negli ultimi dieci anni, una crescita annua del 4-5%, continuando anche nel programma di riforme intrapreso su fiscalità, sussidi, pensioni, assistenza e protezione sociale. Nel 2011 (anno della primavera araba), il M. ha adottato anche una nuova Costituzione. Il principale settore nell’economia è quello primario (15% del PIL e 45% della forza lavoro), con l’attività agricola innanzitutto, ma anche con l’allevamento (soprattutto ovini ed equini) e la pesca (1.099.000 t, 2012), che beneficiano di specifici investimenti pubblici. Altro settore importante è quello manifatturiero (15% del PIL e 20% della forza lavoro), che negli ultimi anni, con le giovani industrie automobilistica (uno stabilimento della Renault è stato inaugurato nel febbraio 2012) e aeronautica (molto dinamica e diversificata, con oltre 100 compagnie), ha conosciuto incrementi dell’export rispettivamente del 20% e del 14%. L’export di automobili ha di fatto sorpassato quello storico del tessile. Questo comparto, insieme a quello immobiliare, delle costruzioni e del cuoio, ha risentito in maniera significativa del calo della domanda europea. In calo anche la produzione nello storico settore dei fosfati, sebbene il M. risulti sempre tra i maggiori produttori mondiali (3° posto, con 28 milioni di t nel 2013). Nel terziario, sono soprattutto telecomunicazioni, commercio e turismo (9.375.000 ingressi, 2012) a conoscere i tassi di crescita più alti. Sono importanti anche le rimesse dei marocchini all’estero (7,3% del PIL). La disoccupazione (9,1%, 2014) rappresenta uno dei principali problemi socioeconomici: quella tra i giovani delle aree urbane raggiunge il 35,4%.
Storia di Silvia Moretti. – Modernizzazione pilotata dall’alto, lotta senza quartiere al terrorismo e contenimento del fondamentalismo religioso costituirono per tutto il primo decennio del 21° sec. il filo conduttore dell’azione di re Mohammed VI (Muḥammad VI) del Marocco. Tra il 2007 e il 2008, mentre si intensificavano le operazioni di intelligence nel Paese e all’estero per scongiurare nuovi attentati, l’appuntamento elettorale del settembre 2007 faceva registrare la vittoria del Partito dell’indipendenza (PI, Parti de l’Istiqlal), partito laico e conservatore, dalle forti radici nazionaliste.
Nel 2011 il M. veniva appena lambito dalle proteste della primavera araba e tra gennaio e febbraio si registravano alcune manifestazioni nelle piazze, mentre cresceva la richiesta di democrazia in tutti i Paesi arabi. Per scongiurare il dilagare della rivolta, Mohammed VI decideva di accelerare il processo interno di democratizzazione che aveva portato la monarchia ad avviare una lenta ma costante apertura verso le opposizioni e un significativo, seppur limitato, rinnovamento della classe dirigente. Mentre nel Paese continuavano sporadiche proteste, represse dalla polizia, nel mese di marzo si avviava una revisione costituzionale che contemplava in primo luogo una limitazione dei poteri assoluti del sovrano e un riconoscimento delle funzioni del Parlamento e del primo ministro.
Il 1° luglio 2011 il 73% dell’elettorato approvava a schiacciante maggioranza, con un referendum, le variazioni introdotte alla Costituzione, mentre una parte dell’opposizione (islamisti radicali, sinistra e liberali indipendenti) boicottava il voto ritenendo di poco conto le innovazioni introdotte. A pochi mesi di distanza, le elezioni legislative del mese di novembre venivano vinte dagli islamici moderati del Partito per la giustizia e lo sviluppo (PJD, Parti de la Justice et du Développement), che costituivano un nuovo governo con Istiqlal. Nell’estate 2013, tuttavia, mentre nel Paese incalzavano la crisi economica e la disoccupazione, Istiqlal abbandonava l’esecutivo e veniva rimpiazzato, dopo diversi mesi di crisi, dal Raggruppamento nazionale degli indipendenti (RNI, Rassemblement National des Indépendents), formazione molto vicina alla monarchia, terzo partito nel Paese.
Nel corso del 2013 e del 2014, dopo lunghi anni di silenzio, si tornava a parlare della questione del Sahara Occidentale, il territorio conteso sul quale Rabat rivendicava la propria giurisdizione e nel quale dal 1976 il Frente Polisario aveva proclamato la nascita della Repubblica araba democratica sahrawi. Riconosciuta dall’Unione Africana tra i suoi Stati membri, la Repubblica cercava una sponda internazionale per denunciare la mancata attuazione del referendum per l’autodeterminazione del popolo sahrawi e le costanti violazioni dei diritti umani compiute dalle forze marocchine. Preoccupato per le eventuali ricadute internazionali di questa irrisolta e delicata questione, il M. cercava di promuovere sulla scena mondiale la sua immagine di Paese moderato, garante della pace e dell’ordine nella regione sahariana, impegnato in primo piano nel processo di pacificazione nel Mali (2014) e in Libia (colloqui di Rabat, 2015).
Letteratura di Monica Ruocco. – La letteratura marocchina contemporanea è costituita da diverse anime che coincidono, intrecciandosi, con le differenti espressioni linguistiche del Paese, l’arabo, l’amazigh, ovvero il berbero, e il francese. Nel 20° sec. il ricco patrimonio classico si è mescolato con le avanguardie, e l’eclettismo del panorama letterario è rimasto intatto anche nel 21° secolo. Sebbene il M. non abbia vissuto, nel 2011, una ‘primavera’ simile a quelle che hanno sconvolto altri Paesi arabi, non sono mancate ondate di protesta e manifestazioni pubbliche, oltre alla nascita di movimenti come Ḥarakat 20 fibrāyr/Mouvement du 20 février, una coalizione che ha saputo concentrare tra le sue fila dissidenti, ma anche forze politiche e associazioni provenien ti dalla società civile. Un’abile politica anticipatrice del sovrano Mohammed VI è riuscita, comunque, ad arginare le proteste conservando il potere, anche se molti intellettuali continuano a mantenere una posizione critica nei confronti del governo.
È il caso di Abdellatif Laâbi (n. 1942) il quale, nonostante sia esiliato in Francia, seguita a essere molto presente nella vita pubblica del suo Paese. Poeta, romanziere, drammaturgo francofono, tra i fondatori negli anni Sessanta della storica rivista «Souffles», è stato insignito nel 2009 del premio Goncourt per la poesia e, nel 2011, del Grand prix de la francophonie dell’Académie française. Tra le sue raccolte, i cui temi principali sono la lotta per la giustizia e la libertà, Écris la vie (2005), Mon cher double (2007), Tribulations d’un rêveur attitré (2008), Zone de turbulences (2012). Laâbi è anche autore di alcuni romanzi come Le livre imprévu (2010) e dell’autobiografia Le fond de la jarre (2002). Tra i maggiori esponenti della poesia in lingua araba si annovera Muḥammad Bannīs (n. 1948), rappresentante dell’avanguardia poetica e sostenitore dell’innovazione e della sperimentazione, il quale teorizza la necessità di versi che siano occasione di contestazione, ma anche momenti di dialogo non solo tra Oriente e Occidente, ma anche tra le diverse nature della civiltà arabo-islamica, quella del Mashreq, il Vicino Oriente, e quella maghrebina. Le sue pubblicazioni più recenti comprendono le raccolte Sab ῾at ṭuyūr (2011, Sette uccelli), Haḏā al-azraq (2015, Questo blu), e il saggio critico al-Ḥaqq fī᾽l-ši῾r (2006, Il diritto alla poesia). Alla successiva generazione appartiene un gruppo di poeti che ha introdotto il genere della poesia in prosa in M. caratterizzandolo con un linguaggio e uno spirito postmoderni: del gruppo fanno parte Ǧalāl alḤakmāwī (n. 1957), Maḥmūd ῾Abd al-Ġanī (n. 1967), ῾Abd al-Ilāh Ṣalḥī (n. 1968), Ḥasan al-Wazzānī (n. 1970), Yāsīn ῾Adnān (n. 1970). A questi poeti si aggiungono le voci di Būǧum῾ah al-῾Awfī (n. 1961), autore di una poesia dappri ma visionaria poi maggiormente interessata alla dimensione quotidiana dell’esistenza, oltre a Ḥasan Naǧmī (n. 1959), Muḥammad Baškār (n. 1969), e alle poetesse Fātiḥah Muršīd (n. 1958), Wafā᾽ al-῾Umrānī (n. 1960) e Amīnah alBakūrī (n. 1969).
La narrativa in lingua araba, dopo la scomparsa di Mu ḥammad Zafzāf (1943-2001), presenta personalità di spicco tra cui Muḥammad Barrādah (n. 1938), scrittore e teorico della letteratura, il quale elabora un romanzo sperimentale in cui una particolare attenzione è rivolta, più che alla trama, alle singole scene, a momenti descrittivi, alle riflessioni personali dell’autore sui concetti di tempo e memoria, e sulla natura dell’esperienza creativa. Tra i suoi ultimi lavori Imra ᾽at al-nisyān (2002, La donna dell’oblio),Ḥayawāt mutaǧāwirah (2009, Vite vicine), incentrato sulle contraddizioni della società contemporanea, e Ba῾īdan min al-ḍawḍā᾽, qarīban min al-sukāt (2014, Lontano dal clamore, vicino al silenzio) in cui ripercorre la storia del M. dall’indipendenza attraverso le vicende di quattro personaggi appartenenti a generazioni diverse. Filosofo, narratore e poeta, Binsālim Ḥimmīš (n. 1948), ministro della Cultura tra il 2009 e il 2012, intreccia nei suoi romanzi la storia del pensiero arabo alle riflessioni sulla società contemporanea. È arrivato alla notorietà con al-῾Allāmah (1997; trad. it. Il romanzo di Ibn Khaldun, 2005), la storia romanzata del filosofo Ibn Ḫal dūn (1332-1406). A questo sono segui ti Zahrat al-Ǧāhiliyyah (2004, Il fiore dell’epoca preislamica), Haḏā al-andalusī (2007, Quest’andaluso), sulla vita del mistico musulmano Ibn Sab῾īn (1217-1269), Mu῾aḏḏibatī (2010, La mia torturatrice), in cui l’autore ripro duce l’esperienza di un uomo innocente in una prigione americana. Ḥim mīš è anche autore dei saggi al-῾Arab wa al-islām fī marāyā al-istišrāq (2011, Gli arabi e l’islam nello specchio dell’orientalismo), ῾An sīratī: Ibn Baṭṭūṭah wa Ibn Ḫaldūn (2014, Sulla mia autobiografia: Ibn Baṭṭūṭah e Ibn Ḫaldūn). Muḥammad al-Aš῾arī (n. 1951) ha ricevuto, nel 2011, l’International prize for Arabic fiction (IPAF) per il romanzo al-Qaws wa al-farāšah (2010; trad. it. L’arco e la farfalla, 2012), in cui tratta il tema del terrorismo di matrice islamica e presenta una rilettura dei cosiddetti anni di piombo segnati da una forte repressione politica, il cui picco è il decennio Sessanta-Settanta. A questi si aggiungono Yūsuf Fāḍil (n. 1949), ῾Abd al-Raḥīm Laḥbībī (n. 1950), Layla Abū Zayn (n. 1950), oltre ai francofoni Anouar Benmalek (n. 1956), Rajae Benchemsi (n. 1957), Mahi Binebine (n. 1959), Youssouf Amine Elalamy (n. 1961), Abdellah Taïa (n. 1973). Gli scrittori più noti di lingua amazigh sono i poeti Ali Azaykou (1942-2004), Mohamed el-Moustaoui (n. 1943) e Mohamed Akounad (n. 1950).
Bibliografia: G. Fernández Parrilla, La literatura marroquí contemporánea. La novela y la crítica literaria, Cuenca 2006; A. Laabi, La poesia marroqui. De la independencia a nuestros dias. Antología, Santa Cruz de Tenerife 2006; A. Baïda, Au fil des livres. Chroniques de littérature marocaine de langue française, Paris-Casablanca 2011.
Cinema di Giuseppe Gariazzo. – La cinematografia marocchina – che si sviluppò alla fine degli anni Sessanta e trovò una pluralità di voci per rappresentare questioni sociali e storiche sia dal punto di vista di un cinema d’autore sia da quello di un prodotto attento a esigenze commerciali – si è arricchita, dall’inizio del 21° sec., di opere significative di cineasti emergenti come di registi affermati.
Il principale esponente del nuovo cinema marocchino è stato Faouzi Bensaïdi, inventore di una poetica dello spaesamento e della solitudine e di una rigorosa esplorazione dello spazio e dei generi. L’originalità espressa nel film d’esordio Mille mois (2003; Mille mesi) è stata confermata nei successivi WWW - What a Wonderful World (2006), amore e morte a Casablanca con riferimenti a Jacques Tati, e Baya al maut (2011, noto con il titolo Mort à vendre), noir e melodramma per le strade di Tetouan. Conosciuto anche per la sua attività di attore, Bensaïdi ha recitato nei suoi film e in lavori altrui, fra cui Goodbye Morocco (2012) del connazionale Nadir Moknèche e Saint Laurent (2014) di Bertrand Bonello.
Laïla Marrakchi e Leila Kilani hanno raccontato personaggi femminili e gli anni vivaci e tormentati dell’adolescenza e della giovinezza rispettivamente in Marock (2005), dove il titolo fonde le parole Marocco e rock, e in Sur la planche (2011). In precedenza, Kilani aveva girato due pregevoli documentari: Tanger, le rêve des brûleurs (2003), sui giovani che tentano la fuga in Europa, e Nos lieux interdits (2008), sui dissidenti scomparsi negli anni Settanta e Ottanta. La musica, il metal suonato da una band condannata con l’accusa di satanismo, è al centro anche di Malaykatou chaytan (2007, noto con il titolo Les anges de Satan) di Ahmed Boulane.
Pur con risultati meno convincenti rispetto ad altre sue opere, Jillali Ferhati ha continuato a descrivere personaggi legati da intense relazioni in Des l’aube (2010) e Sarirou al assrar (2013, noto con il titolo Pillow secrets). Nomi storici sono anche quelli di Daoud Aoulad-Syad e Nabil Ayouch. Il primo ha costruito una personale riflessione sul cinema con Fi intidar Pasolini (2007, Aspettando Pasolini) e A jamaâ (2010, La moschea). Il secondo, prima di Les chevaux de Dieu (2012), sugli attentati suicidi a Casablanca nel 2003, aveva girato il sensuale dramma musicale Whatever Lola wants (2007). Con Much loved (2015), film intimista e al tempo stesso politico, censurato in M., Ayouch ha parlato di prostituzione e maschilismo.
Nuovi registi dotati di talento hanno diretto film coraggiosi pur se talvolta irrisolti. Di Saïd C. Naciri è il western avventuroso e postmoderno Kanyamakan (2014). Con l’autobiografica opera prima L’armée du salut (2013) Abdellah Taia ha parlato di omosessualità, mentre la scrittrice e fotografa Tala Hadid ha esordito con Itar el-layl (2014, noto con il titolo The narrow frame of midnight), percorso esistenziale nel mondo arabo odierno dal Maghreb al Medio Oriente.
Bibliografia: M. Chouika, Le cinéma marocain, thèses et expériences, Rabat 2008; S. Gayle Carter, What Moroccan cinema? A historical and critical study, 1956-2006, Lanham 2009; V.K. Orlando, Screening Morocco. Contemporary film in a chang ing society, Athens (Ohio) 2011.