MAROCCO
(XXII, p. 388; App. I, p. 825; II, II, p. 269; III, II, p. 39; IV, II, p. 403)
Nel 1990, secondo una stima dell'ONU, la popolazione ammontava a 25.009.000 ab., distribuiti su di un'area di 458.730 km2, esclusi i territori dell'ex Sahara occidentale, annessi nel 1976, e quelli dell'ex Rio de Oro (amministrati per un breve periodo dalla Mauritania) occupati nel 1979. Il tasso annuo d'incremento della popolazione risulta ancora elevato (2,6% nel periodo 1985-90), soprattutto ove rapportato alle risorse disponibili. La speranza media di vita alla nascita è di 59 anni per i maschi e 63 per le femmine. L'elevato tasso di analfabetismo (51% nel 1990) e il notevole addensamento della popolazione nei centri urbani (48,5% nel 1990) costituiscono gravose ipoteche per un moderno ed equilibrato sviluppo del paese. Ben 15 città contano oltre 100.000 ab., mentre quattro agglomerati urbani (Dar-el-Beida, Rabat-Salé, Fès e Marrakech) hanno superato il traguardo del mezzo milione. Dar-el-Beida (Casablanca) emerge fra tutti raccogliendo quasi un decimo della popolazione dell'intero stato. Il M. è una monarchia costituzionale: il governo risponde del suo operato al sovrano, Ḥasan ii ben Muḥammad, e alla Camera dei rappresentanti, costituita da 306 membri, di cui 204 eletti a suffragio diretto e i rimanenti da organismi locali e organizzazioni professionali.
Condizioni economiche. − L'economia del M. ha evidenziato negli ultimi anni un equilibrato contributo dei diversi settori produttivi. Così l'agricoltura ha fornito, nel 1990, il 16% del PIL, l'industria il 33% (con un'incidenza del settore manifatturiero pari a circa il 18%), mentre il restante 51% viene fornito dal settore dei servizi. Fra questi ultimi il commercio concorre con un 15%, rilevante è il peso della pubblica amministrazione e un ruolo nel complesso marginale è giocato dalla finanza, dai trasporti, ecc. Gli indirizzi previsti dalla politica di piano per la seconda metà degli anni Ottanta hanno messo in luce un minor impegno diretto dello stato nei settori produttivi. Nel 1991 il PIL pro capite si era assestato attorno ai 1000 dollari statunitensi, a quanto risulta da una stima della Banca mondiale.
Fatta eccezione per le annate particolarmente favorevoli, in cui la produzione di cereali copre quasi l'intero fabbisogno interno, il M. deve ancora importare parte di quanto necessita per l'alimentazione della popolazione. Tra i cereali (86,5 milioni di q nel 1991) i più diffusi sono il frumento, l'orzo e il mais. Un eccellente contributo è fornito, anche alle esportazioni, dalle primizie (9.400.000 q di pomodori prodotti nel 1990), dagli agrumi (7,7 milioni di q di arance e 3,2 milioni di q di mandarini e clementine) e dai legumi secchi (4,4 milioni di q nel 1991). Dalla viticoltura orientata alla vinificazione, fiorente in un passato ormai lontano, si sono ottenuti nel 1991 soltanto 300.000 hl di vino, pari a un quarto di quanto si produsse nel 1975, quando già il settore risentiva in misura massiccia delle minori esportazioni verso la Francia, non compensate dalla domanda interna, praticamente inesistente a motivo dei divieti imposti dalla religione islamica nell'uso delle bevande alcoliche. La produzione della barbabietola continua a mantenersi sostenuta (31 milioni di q nel 1991), nell'intento di contenere il ricorso al mercato estero per l'approvvigionamento dello zucchero. Di qualche interesse anche la produzione dei datteri (1 milione di q nel 1991) e delle olive (4,4 milioni di q nel 1991). Complessivamente la produzione agricola e alimentare nel 1991 ha fatto registrare un incremento in valore assoluto (rispetto alle medie annue calcolate per il periodo 1979-81) pari all'87%.
Il patrimonio zootecnico è ancora importante, grazie alla presenza, nel 1991, di 19,3 milioni di capi fra ovini e caprini e di 3,4 milioni di bovini (nel 1990). La pesca, che alimenta una fiorente industria conserviera, ha manifestato vistosi progressi nell'ultimo decennio, passando da una produzione annua di 280.000 t, nel 1979, a 520.000 t, nel 1989. L'industria estrattiva può contare sempre sui fosfati (18,7 milioni di t nel 1989), che pongono il M. al terzo posto della graduatoria mondiale del settore. Ḥūribka, Yūsūfiyya, Ben Ǧarīr e Masqala sono i maggiori centri di provenienza del minerale. Si estraggono, inoltre, ferro, piombo, che nel 1990 ha fornito 66.900 t di metallo, manganese (16.400 t nel 1989), cobalto, zinco, antimonio, ecc. L'assenza di risorse energetiche in quantità significative costringe il M. a destinare a tale settore il 15% circa della sua spesa verso l'estero. La produzione di energia elettrica ha raggiunto, nel 1989, 9056 milioni di kWh; la potenza idroelettrica installata è pari al 27% della totale. Nel settore manifatturiero si distingue l'industria alimentare (zuccherificio e oleificio), seguita da quella chimica, tessile e delle pelli. Nel 1990 l'indice della produzione industriale aveva raggiunto il valore di 133, posto 100 quello del 1980. Casablanca è il centro che monopolizza almeno la metà dell'attività del paese. Anche a ciò si deve l'elevata quota di popolazione che si è concentrata nella città, malgrado i provvedimenti restrittivi messi in atto dall'amministrazione. Il suo porto ha raggiunto un movimento di tutto rispetto, espresso, nel 1990, dai 16 milioni di t di merci movimentate, di cui 9,7 milioni all'imbarco.
Il commercio con l'estero soffre per una cronica situazione deficitaria aggravata nell'ultimo decennio da ricorrenti siccità e dalla flessione dei prezzi dei fosfati: nel periodo 1988-90 le esportazioni hanno pagato soltanto il 65,6% delle importazioni. Le maggiori spese riguardano i prodotti industriali semilavorati e finiti, il macchinario e i combustibili. Le esportazioni sono costituite per il 63% da prodotti dell'industria manifatturiera seguiti a distanza, da quelli provenienti dai settori tessile, agricolo ed estrattivo. La CEE (a cui il M. è legato da rapporti di libero scambio) ha assorbito, negli ultimi anni, il 60% circa delle esportazioni e ha fornito il 47% dei prodotti importati. Francia, Spagna e Stati Uniti sono i migliori fornitori; Francia, Spagna, Germania e Italia i migliori clienti. Un cespite di rilievo è costituito dal turismo (3.353.000 arrivi nel 1992), favorito dal clima favorevole in ogni stagione dell'anno, da alcuni centri balneari di grande richiamo, come Agadir, e dal fascino delle città imperiali.
Bibl.: D. Guerraoui, Agriculture et développement au Maroc, Casablanca 1985; Maroc: Direction de la Statistique, Analyses et tendences démographiques au Maroc, Rabat 1986; Id., Situation démographique au Maroc, ivi 1988; A. Kadmiri, Economie et politique industrielle au Maroc, Casablanca 1988; D. Khrouz, L'économie marocaine. Les raisons de la crise, ivi 1988; Z. Bel Hamdounia, Performances et perspectives des entreprises industrielles exportatrices, in Etudes économiques et statistiques, 9 (1989), pp. 53-85.
Storia. - Dopo le elezioni del 1977, la crisi economica cominciò a creare delle ripercussioni nella vita politica del Marocco. Nel 1980, a seguito della decisione governativa di ridurre sensibilmente le spese per l'istruzione pubblica, gli studenti protestarono energicamente con una serie di manifestazioni e di scioperi. La situazione si aggravò nel giugno 1981, allorché almeno 66 persone rimasero uccise a Casablanca nel corso di uno sciopero generale, indetto per protestare contro l'aumento dei prezzi dei generi alimentari. Nel frattempo le elezioni politiche, che avrebbero dovuto tenersi entro l'anno, vennero rinviate al 1983, in base a un emendamento costituzionale (approvato tramite referendum) che portava il periodo intermedio fra due elezioni da quattro a sei anni. Una volta giunta la nuova scadenza, le elezioni furono ulteriormente rimandate di un anno, in attesa del referendum per il Sahara Occidentale; tuttavia, essendo scaduto nel novembre 1983 il mandato della precedente legislatura, re Ḥasan ii decise di nominare nel frattempo un governo di unità nazionale, capeggiato da M. K. al-Amrānī (Lamrani) e composto da rappresentanti dei sei principali partiti politici.
Agli inizi del 1984, a seguito degli aumenti di prezzo di alcuni generi alimentari e delle tasse scolastiche, scoppiarono numerose sommosse in varie città del paese. L'esercito in alcune occasioni aprì il fuoco sui dimostranti e fonti ufficiose parlarono di 110 civili uccisi. Le elezioni legislative vennero infine tenute nel settembre 1984, con una nuova vittoria dei partiti di centro-destra fedeli alla Corona (206 seggi su 306), anche se notevole fu l'incremento ottenuto dall'Unione Socialista delle Forze Popolari (USFP), che conquistò 36 seggi.
Nonostante le avvenute elezioni, il governo di unità nazionale rimase in carica, e solo nell'aprile 1985 il re decise di nominare una nuova compagine governativa, guidata ancora una volta da al-Amrānī e composta dai quattro partiti del centro-destra, con esclusione quindi sia dell'Istiqlāl che dell'USFP. Nel settembre 1986 al-Amrānī fu costretto ad abbandonare l'incarico per motivi di salute e fu rimpiazzato dal vice primo ministro e ministro dell'Educazione, ῾Izz al-Dīn al-῾Irāqī. Il nuovo governo dovette affrontare con decisione le opposizioni interne, rappresentate dai movimenti dell'estrema sinistra e soprattutto dai gruppi organizzati del fondamentalismo islamico. Nei processi che vennero istruiti furono comminate numerose condanne a morte e pesanti pene detentive, ma nel biennio 1987-88 la Corona intervenne più volte per concedere amnistie, con il dichiarato intento di migliorare la situazione dei diritti umani nel paese.
La questione del Sahara Occidentale e le complesse relazioni con gli altri paesi del Maghreb hanno dominato per anni la politica estera del Marocco. L'annessione, operata dal M. nel 1976, di parte del Sahara Occidentale provocò la rottura delle relazioni diplomatiche con l'Algeria, che sosteneva il Frente Polisario (Frente Popular para la Liberación de Saguia el Hamra y Rio de Oro) e ospitava entro i propri confini il governo in esilio della Repubblica Democratica Arabica Saharawi (proclamata il 27 febbraio 1976). I continui scontri fra le forze armate marocchine e l'esercito di liberazione del Polisario rischiarono d'isolare politicamente il M. nell'area del Maghreb. Fu così che nell'agosto 1984 re Ḥasan ii e il colonnello Gheddafi firmarono un trattato di cooperazione fra M. e Libia. Ma anche le relazioni con l'Algeria andarono gradualmente migliorando: già nel 1983 Ḥasan ii e il presidente algerino Šadhilī Ben Ǧadīd si erano incontrati allo scopo di avviare una politica di pacificazione; le relazioni fra i due paesi registrarono un ulteriore miglioramento nel maggio 1987, allorché i due capi di Stato s'incontrarono nuovamente per cercare di risolvere il problema del Sahara Occidentale. Il 16 maggio 1988 M. e Algeria ristabilirono piene relazioni diplomatiche, e nello stesso anno si registrarono reiterati interventi delle Nazioni Unite per risolvere pacificamente la questione del Sahara.
All'interno, nel dicembre 1990, uno sciopero generale per ottenere salari adeguati all'aumento dei prezzi finì in una strage (20 morti a Fès). Nel marzo 1992 Ḥasan ii annunciò alcuni emendamenti alla Costituzione che furono sottoposti a referendum il 4 settembre 1992 e furono approvati con il 99,9% di sì. La riforma prevedeva un maggior equilibrio tra il potere legislativo e quello esecutivo, ma fu considerata del tutto insufficiente dai partiti di opposizione riunitisi in un ''Blocco democratico'' nel maggio 1992. Nelle elezioni politiche dirette (elezione dei due terzi dei parlamentari) tenutesi il 25 giugno 1993 i partiti di opposizione si aggiudicarono la maggioranza dei seggi, ma grazie alle elezioni indirette del 17 settembre (un terzo dei deputati eletti da un collegio di rappresentanti dei consigli comunali, degli ordini professionali e degli impiegati) i partiti di governo si assicurarono la maggioranza dei seggi. In campo internazionale il M. ha svolto un importante ruolo di mediazione nel dialogo tra OLP e Israele che ha portato al reciproco riconoscimento nel settembre 1993.
Bibl.: Oriente Moderno, voll. lv-lx, Roma 1975-80; Sh. Kay, Marocco, Londra 1980; M. Barbier, Le conflit du Sahara Occidental, Parigi 1982; J.-C. Santucci, Chroniques politiques marocaines, 1971-1982, ivi 1985; O. Bendourou, Le pouvoir executif au Maroc depuis l'indépendance, ivi 1986; A. Aknush, Histoire politique du Maroc, Casablanca 1987, S. Faath, Marokko: die innen- und aussenpolitische Entwicklung seit der Unabhangigkeit: Kommentar und Dokumentation, Amburgo 1987; M. Majid, Les luttes de classes au Maroc depuis l'indépendance: première partie, 1955-1983, deuxième partie, depuis janvier 1984, Rotterdam 1987; J.P. Entelis, Culture and counterculture in Moroccan politics, Boulder 1989.
Letteratura. - Come gli altri paesi maghrebini che hanno subito più o meno accentuatamente l'influenza della Francia, anche il M. conosce un problema linguistico. La popolazione parla arabo o berbero, ma molti letterati si esprimono in francese, qualcuno anche in spagnolo. Aḥmad al-Ṣifriwī (n. 1915), di famiglia berbera, esordisce nel 1954 con il romanzo scritto in francese La bo^ite à merveilles. Sempre nel 1954 Idrīs al-Šarāybī (n. 1926) pubblica Le passé simple, in cui attacca i principi tradizionali e religiosi della società marocchina, e un anno dopo Les boucs, una critica, invece, alla società occidentale vista con gli occhi dei lavoratori maghrebini trapiantati a Parigi. Dopo una parentesi narrativa in cui si allontana dal particolare ambiente marocchino (Un ami viendra ce soir, 1967; Mort au Canada, 1974), al-Šarāybī riprende i toni polemici dei primi romanzi − venati però ora anche di verve comico-ironica − per descrivere i problemi della sua terra (Une enquête au pays, 1981; La Mère du printemps, 1982). Nel suo romanzo più recente, Naissance à l'aube (1986), lo scrittore cerca di risalire alle proprie origini attraverso le gesta di Ṭāreq, il capo berbero che portò la civiltà islamica in Spagna.
Tra gli scrittori che si esprimono in arabo spiccano i nomi di ῾Abd al-Maǧīd ben Ǧallūn (1915-1981), autore, tra l'altro, di un'interessante opera autobiografica in due volumi, fi al-Ṭufūla ("Sull'infanzia"); e quello di ῾Abd al-Karīm Gallāb (n. 1919), autore del romanzo Dafannā al-māḍī (1966, "Abbiamo sepolto il passato"), che mette in luce le contraddizioni di carattere sociale e religioso all'interno di una famiglia tradizionale di Fès. Per questo romanzo Gallāb nel 1968 ha ottenuto un premio statale.
Gli echi del conflitto arabo-israeliano toccano anche la produzione letteraria marocchina: lo scrittore Mubārak Rabī con il romanzo Rifqat al-silāḥ wa al-qamar (1976, "La compagnia d'armi e la luna"), evidenzia la presenza di truppe marocchine sulle alture del Golan nel 1973. ῾Abd al-Laṭīf al-La῾bī (n. 1942), "poeta ed editore di poeti", una delle personalità di maggiore spicco nell'ambito della cultura maghrebina, nel 1966 fonda la rivista Souffles che, oltre a offrire una panoramica della poesia del Maghreb, tratta di problemi sociali e politici non solo del M., ma di tutto il mondo arabo.
La rivista, che esce anche in arabo (Anfās), dopo ventidue numeri in francese e otto in arabo, cessa la pubblicazione nel 1972, e al-La῾bī, accusato per reati politici, viene arrestato. Condannato a dieci anni di prigione, esce (1980) grazie a una campagna internazionale di solidarietà. Sulla sua esperienza carceraria scrive un'autobiografia, Le chemin des ordalies, pubblicata nel 1982 a Parigi, dove ora risiede. Nel 1989 ha pubblicato un altro romanzo, Les rides du lion. Va anche ricordato per le raccolte di liriche Le règne de Barbarie (1976), Sous le bâillon, le poème (1981), e Histoire des sept crucifiés de l'espoir (1983).
Un posto a parte merita lo scrittore Idmūn ῾Umrān al-Māliḥ (Parcours immobile, 1980, e Aïlen ou la nuit du récit, 1983), i cui scritti riflettono le vicende storiche della comunità ebraica marocchina. Degni di menzione anche i poeti Muṣṭafā al-Nīsābūrī (Plus hautes mémoires, 1968; La Mille et deuxième nuit, 1975) e Muḥammad Luqīra (Marrakech, 1975; Moments, 1981); gli scrittori Muḥammad H̱ayr al-Dīn (Agadir, 1967; Ce Maroc, 1975; Résurrection des fleurs sauvages, 1981) e ῾Abd al Kabīr al-H̱aṭībī, che, dopo il famoso saggio Le roman maghrébin (1968), ha pubblicato i romanzi La mémoire tatouée (1971), Vomito blanco (1974), Le lutteur de classe à la manière taoïste (1976), Le livre du sang (1979), Amour bilingue (1983) e il lavoro teatrale Le prophète voilé (1979). Tra i nomi prestigiosi della cultura marocchina spicca quello di al-Ṭahīr ben Ǧallūn: dopo due raccolte di poesie (1971 e 1972), s'impone sul panorama mondiale per i suoi romanzi, di cui uno, La nuit sacrée, vince nel 1987 il premio Goncourt. Collaboratore di Le monde, vive a Parigi. Diversi suoi romanzi, tra i quali Moha le fou - Moha le sage (1978) e L'enfant de sable (1985), sono tradotti in italiano (1988 e 1990); ben Ǧallūn è anche traduttore dall'arabo: ha il merito di aver fatto conoscere in Europa un altro scrittore marocchino, Muḥammad Šukrī (o Choukri), nato nel 1935 e autore del libro-denuncia autobiografico al-ẖubz al-ḥāfī (1973, "Il pane nudo"), in cui descrive la sua vita violenta, di figlio d'assassino nel M. dei diseredati. Nel 1992 Šukrī pubblica la seconda parte di questo romanzo, Zamān al-Aẖṭā ("Il tempo degli errori"). Degli emarginati marocchini ci parla anche Muḥammad Mrabet che, in collaborazione con lo scrittore americano P. Bowles, ha pubblicato nel 1989 The big mirror. Tra i poeti della nuova generazione completamente arabizzata, si segnala la poetessa Wafā al-῾Amrānī, autrice, tra l'altro, di una raffinata raccolta di poesie, al-Inẖāb (1991, "La scelta").
Bibl.: La rivista beirutina al-Ādāb nel marzo del 1978 ha dedicato un intero fascicolo alla letteratura marocchina. U. Rizzitano, Il racconto (giṣṣah) nella narrativa araba contemporanea del Marocco, in Atti del terzo congresso di studi arabi e islamici, Ravello 1967; I. Yetiv, Le thème de l'aliénation dans le roman maghrébin d'expression française (1952-1956), Sherbrooke 1972; Encuesta sobre la literatura maroqui actual, Madrid 1975; Le rose del deserto (Saggi e testimonianze di poesia magrebina contemporanea d'espressione francese), a cura di G. Toso Rodinis, Padova 1978; Literatura y pensamiento marroquíes contemporáneos, Madrid 1981; M. Gontard, Violence du texte. La littérature marocaine de langue française, Parigi 1981; Le rose del deserto 2 (Antologia della poesia magrebina contemporanea d'espressione francese), a cura di G. Toso Rodinis, Padova 1982; G. Toesca, Itinéraires et lieux communs, poésie du Maghreb, Parigi 1983; J. Déjeux, Dictionnaire des auteurs maghrébins de langue française, ivi 1984; A. Memmi, Ecrivains francophones du Mahgreb, ivi 1985; AA.VV., Les littératures francophones depuis 1945, ivi 1986; M. Lahsen, Le roman marocain de langue française, ivi 1987; J. Madelain, L'erranza e l'itinerario. Lettura del romanzo magrebino contemporaneo, a cura di G. Igonetti, Genova 1990; capitolo Littérature, in L'état du Maghreb, a cura di C. e Y. Lacoste, Parigi 1991.
Architettura. - Il periodo tra le due guerre mondiali ha prodotto in M. episodi non trascurabili, a testimonianza di una sincera preoccupazione d'integrazione architettonica tra le correnti occidentalizzanti e il contesto della tradizione locale. Nelle colonie e nei protettorati francesi, durante il governatorato generale del maresciallo Lyautey, vi fu un grande sforzo per integrare la cultura marocchina con quella europea. Soprattutto a Fès vi fu una grande rivalutazione e conservazione degli antichi edifici e delle intere medine.
Lyautey era un grande ammiratore dell'architettura marocchina, come testimoniano la casa che si fece costruire a Rabat (A. Laprade, 1918-20), gli uffici postali a Rabat (J. Laforgue, 1920) e il municipio di Casablanca (M. Boyer, 1931), che, con i loro risplendenti cortili arcati, echeggiano tipi edilizi arabi. Gli anni successivi dal 1939 al 1945 debbono essere ricordati solo per l'attività urbanistica tesa a risolvere il problema dell'immigrazione rurale nelle città, dovuto a un timido tentativo d'industrializzazione del paese. Nelle città sorsero le bidonvilles, sotto la spinta di un forte aumento demografico.
Dal 1939 al 1942 il francese H. Prost fu alla direzione dell'urbanistica; la sua opera si caratterizzò per la sollecitudine nel rispettare il patrimonio tradizionale promuovendo la conservazione delle medine, e nello stesso tempo la realizzazione di nuovi centri d'insediamento urbano. Nel 1945, capo dell'urbanistica divenne M. Ecochard, un urbanista francese che s'ispirava ai principi della Carta d'Atene (1931) e dei CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne), e che si circondò di una équipe di giovani architetti dando impulso con queste nuove forze agli studi di urbanistica per una nuova politica di pianificazione dei centri urbani. Durante questo periodo si realizzarono importanti programmi di costruzione per abitazioni popolari, allo scopo di eliminare le bidonvilles e di fronteggiare il sempre crescente problema dell'immigrazione.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale si assistette a un notevole sviluppo dell'edilizia. Le opere di architettura di questo periodo testimoniano una volontà di rottura molto netta con la tradizione, che aveva caratterizzato gli anni Trenta, favorendo l'apparire dell'architettura ''moderna''.
L'influenza di Le Corbusier si afferma chiaramente negli edifici per abitazioni di Casablanca di A. Studer (1953) e nella più tarda opera di E. Azagury (1968), comprendente le case e il centro civico di Rabat. Qui, le forme di derivazione europea sono tuttavia temperate dalla presenza di cortili e terrazze più vicini alla tradizione dell'architettura nordafricana. Al tempo stesso le scelte figurative degli architetti nella progettazione delle opere pubbliche si basavano ancora su criteri analoghi a quelli francesi. Ne è testimonianza, tra la fine della seconda guerra mondiale e l'indipendenza (1956), l'opera di J. Chemineau e di J. Delaporte: in particolare nell'ospedale di Avicenna a Rabat. Va inoltre notato come, a meno di una o due eccezioni, la presenza di architetti marocchini è in questo periodo pressoché nulla.
Al contrario, dall'indipendenza in poi, l'urbanistica fu diretta e animata dalla presenza degli architetti marocchini, che affiancarono l'attività degli stranieri. Scomparse le strutture rigidamente conservatrici degli ultimi anni del protettorato, un gruppo di giovani architetti marocchini si trovò proiettato alla ribalta, vedendosi affidare realizzazioni importanti in un contesto di libertà e di ricerca espressiva, che è opportuno sottolineare. La dimostrazione più rilevante di questo nuovo clima è la ricostruzione di Agadir, dopo il terremoto del 1961, alla quale essi contribuirono in maniera essenziale. Ricerche espressive molto diverse portarono così alla definizione di una vera scuola di architettura contemporanea del M., basata su una tecnologia e su materiali tradizionali, e tendente a un linguaggio costruttivista. Ne è risultata un'architettura con caratteristiche plastiche ed effetti chiaroscurali, come nei centri educativi di Til Mellil e Ben Slīmān e nelle scuole di Casablanca, Agadir e Warzāzāt realizzate da F. Zevaco negli anni Sessanta. Oltre a Zevaco i maggiori architetti operanti in M. nell'ambito di questa tendenza sono: H. Tastemain (Villa di Salé e Banca Nazionale a Rabat), E. Azagury (per le abitazioni ad Agadir), ῾Abd al-Salām Farwī e P. Demazières.
Negli ultimi trent'anni l'industria alberghiera ha offerto agli architetti molte opportunità di sperimentazione commiste a forme ed elementi tradizionali, come in due realizzazioni di Farwī e Demazières: l'Holyday Village Resort, nella provincia di Tetouan (con gruppi di stanze articolate intorno a giardini e cortili), e l'Hotel Būmān Dādis, che insieme alla ripresa della tradizione arabo-marocchina introduce elementi berberi.
Risale circa al 1980 uno dei progetti più interessanti non solo del M. ma forse di tutto il continente africano, quanto meno per l'audacia della realizzazione. Si tratta del Comunity Housing a Dār al-Amān, Casablanca, opera degli architetti marocchini A. Charai e A. Lazrak, che ha vinto l'Aga Khan Award for Muslim Architecture nel 1986. Il progetto prevedeva abitazioni per 4000 famiglie ed è stato realizzato in soli 30 mesi con elementi di cemento armato prefabbricato. Malgrado l'uso di materiali non tradizionali, ha riscosso un grande successo, da un punto di vista sia ambientale che sociale, e ciò in virtù della sua organizzazione spaziale, che si basa sul modello degli insediamenti tipici marocchini. Le opere maggiori negli anni Ottanta sono: l'Ospedale Civico a Marrakech per 300 letti, ispirato al linguaggio architettonico marocchino, opera dell'architetto Ch. Boccara, completato nel 1982; il restauro del villaggio costiero di Aṣīla sulla costa atlantica del M., che ha vinto l'Aga Khan Award nel 1989; la grande moschea di Ḥasan ii a Casablanca, cominciata molti anni fa e non ancora finita.
Infine vanno citati per la loro attività pubblicistica, ῾Abd al-Qādir ben Sālim, A. Charai, M. Buret, i quali, oltre a essere attivi nel campo professionale, sono tra gli animatori della rivista marocchina a+u di architettura e urbanistica: forse l'unica del genere in Africa.
Bibl.: U. Kulterman, New architecture in Africa, Londra 1963; M. Fry, J. Drew, Tropical architecture, New York 1964; U. Kulterman, New directions in African architecture, Londra 1969; S. Abdullak, P. Pinon, Maisons en Pays Islamiques. Architecture du soleil, in Architecture d'aujourd'hui, 167 (mai-juin 1973); R. W. July, A history of African people, New York 19803; B. Huet, The modernity in a tradition, in MIMAR, 10 (1983); U. Kulterman, Contemporary Arab architecture, ibid., 9 (1983); B. B. Taylor, Demythologising colonial architecture, ibid., 13 (1984); A. Charai, A. Lazrak, Dar Lamane, housing community, Casablanca, in The Architectural Review, 1077 (novembre 1986); A. Mazrui, The Africans. A triple heritage, Londra 1986; Sir B. Fletcher, A history of architecture, ivi 1987; Mourad Ben Embarek, Architettura e Urbanistica nel Marocco, in Edilizia Moderna, 89-90 (s.d.).
Cinema. - La storia del cinema del M. è caratterizzata da un costante afflusso di cineasti e produttori stranieri, che consentì al paese di dotarsi, fin dalla fine degli anni Trenta, delle strutture e infrastrutture più avanzate di tutta l'area maghrebina, anche se la produzione nazionale stentò ad avviarsi. Nel 1944 venne istituito il Centre Cinématographique Maroquin (CCM), che produsse soprattutto cortometraggi, mentre la distribuzione e l'esercizio rimasero ai privati, che fornirono prevalentemente film di genere egiziani e francesi.
Soltanto all'inizio degli anni Settanta si può parlare della nascita di un vero cinema nazionale, che trova il suo film-manifesto in Wašma ("Tracce", 1970) di A. Binānī, caratterizzato da un'interessante ricerca linguistica. Sulla stessa linea, che i critici marocchini definiscono "intellettualistica", troviamo anche i film di al-Smī῾ī (El Chergui ou le Silence Violent, del 1975, drammatica storia di una donna che ricorre alle pratiche magiche per recuperare il marito; Quarantaquatre, ou les Récits de la nuit, del 1981, che racconta, ricorrendo alla struttura narrativa delle Mille e una notte, la vita di due famiglie, una araba e una berbera, dal 1912 al 1956), di J. Farḥātī (Une brêche dans le mur, 1978; La plage des enfants perdus, 1991) e del poeta A. Bū ῾Anānī (Mirage, 1980, un racconto fantastico). A una tendenza più sociologico-politica appartengono invece le opere di L. Laḥlū (Soleil de printemps, 1969; La compromission, 1986), di Akim Npury (Le facteur, 1980), di A. Ma῾nūmī (al-Ayam al-Ayam, "Oh, i giorni!", 1978) e soprattutto di S. Ben Barka, che nel 1972 riscuote un successo internazionale con Les Milles et une mains, storia di un misero artigiano di tappeti sfruttato dai commercianti, e poi con Amok (1982) esalta i valori morali del suo paese, avvalendosi di un'ottima protagonista, la cantante M. Makeba.
Sempre carente dal punto di vista quantitativo, ma vivace da quello qualitativo, la produzione degli anni Ottanta offre ancora qualche nome di rilievo come A. ῾Ašūba, autore di Tarounja (1980), che si avvale della collaborazione di un popolare gruppo musicale marocchino (nāss al-ġiwān). A M. ῾Abd al-Raḥmān al-Tāzī si deve Le grand voyage (1981), sulle disavventure di un giovane camionista; Poupées de Roseau (1981) di Farḥātī è una denuncia della condizione della donna marocchina; il contrasto fra tradizione e tempi nuovi è il tema conduttore di al-Zaft (1984), diretto da T. Saddīri; più improntati a un cinema d'avanguardia sono Ḥāda di M. Abū al-Waqār e Chams di N. al-Ṣifrīwī, ambedue del 1986.
Bibl.: G. Sadoul, Les cinémas des pays arabes, Beyrouth 1966; Cinema dei paesi arabi, Quaderno informativo della xii Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro 1976; A. el Maanouni, Le cinéma marocain, in Cinémarabe, 1978, 10-11.