NASCIMBENE, Mario
– Nacque a Milano il 28 novembre 1913 da Guido e da Emma Spasciani.
Perso precocemente il padre, un avvocato torinese, a occuparsi della sua educazione furono la madre e la nonna (appartenenti all’alta borghesia milanese), figure che catalizzarono la sensibilità dell’inquieto adolescente – nell’autobiografia, un consuntivo umano e professionale pubblicato alla vigilia degli ottant’anni, dedica alla madre numerose pagine, mentre del padre non fa neppure il nome – e radicarono in lui un forte ascendente femminile, non sempre emotivamente risolto: dopo i cinquant’anni entrò in terapia psicanalitica proprio per liberarsi di taluni sogni ricorrenti incentrati sulla figura materna. Tuttavia, alla inclinazione musicale, oltre alla madre – musicofila e pianista dilettante – dovette contribuire anche la vaga memoria del padre, amatore di violino.
In parallelo alla musica la grande attrazione, fin dall’adolescenza, fu il cinematografo: una forma espressiva allora quasi pionieristica, cui pochi accordavano dignità d’arte. Tra i ricordi indelebili di fanciullezza ci furono i commenti pianistici (dal vivo) sentiti nelle sale cinematografiche, frequentate assiduamente a partire dalla metà degli anni Venti. L’avvento del sonoro, intorno al 1930, aprì nuovi orizzonti: e proprio allora il giovanissimo Nascimbene, con un amico ancor più giovane (Gigi Galeazzi), diede vita a un’associazione produttrice di film amatoriali che, unendo l’inesperienza all’entusiasmo, realizzò alcuni lavori d’un certo interesse, in particolare La sua vittoria, diretto e musicato nel 1933 da Nascimbene stesso.
Fervente ammiratore di Arturo Toscanini (era a Bologna la sera del 14 maggio 1931, quando il maestro fu schiaffeggiato dai fascisti per essersi rifiutato di far suonare Giovinezza all’inizio di un concerto, e fu tra i promotori dell’immediato volantinaggio con la scritta «Viva Toscanini!»), appassionato di jazz (un’altra scelta sottilmente antifascista), nel 1933 avviò – accanto alla formazione tradizionale del giovane di buona famiglia: maturità classica, facoltà di giurisprudenza – gli studi di direzione d’orchestra e composizione al Conservatorio di Milano; ebbe per docenti Renzo Bossi e Ildebrando Pizzetti. Nello stesso periodo esordì come compositore: la sua Meditazione per archi ebbe il vanto di un’esecuzione pubblica a Como diretta dallo stesso Bossi.
Una prima occasione per debuttare a livello professionale nel cinema andò a vuoto: nel 1938 Mario Camerini gli propose di scrivere le musiche per un suo film, ma Nascimbene, impegnato nel servizio militare, declinò. Richiamato alle armi per l’entrata in guerra dell’Italia, nel 1940 poté comunque, approfittando d’una licenza, frequentare i corsi di musica per film tenuti a Roma da Enzo Masetti, compositore pioniere (e importante teorico) di tale genere musicale, dai quali uscì corroborato nell’idea che la musica per film richiedesse un lessico musicale non già neutro, bensì dotato di una propria specificità linguistica. Nel 1941 esordì infine con L’amore canta di Ferdinando Maria Poggioli (debuttante, in quella circostanza, era pure il direttore di produzione, a sua volta destinato a entrare nella storia del cinema: Dino De Laurentiis).
Il film ebbe successo anche grazie alla colonna musicale – incentrata su un valzer suadente e orecchiabile – che gli valse tre contratti per l’anno successivo, tra cui Se io fossi onesto di Carlo Ludovico Bragaglia con Vittorio De Sica. Prendeva dunque avvio una carriera che avrebbe imposto Nascimbene tra i nuovi compositori di musica per il cinema, eredi di una prima generazione culminata in Ezio Carabella, Nuccio Fiorda e, appunto, Masetti. Una carriera, peraltro, cui non mancarono battute d’arresto, soprattutto nei primi tempi.
La difficile affermazione iniziale sul mercato lo indusse nel 1950 a fondare – memore dell’esperienza adolescenziale come produttore di film amatoriali – la Meridiana Film, società specializzata in cortometraggi (musicati da Nascimbene stesso) che furono la palestra di registi principianti come Dino Risi e Valerio Zurlini: con quest’ultimo, in particolare, si creò un sodalizio umano e professionale che avrebbe poi dato frutti preziosi. Altrettanto importante fu il rapporto con Franco Ferrara, iniziato nel 1951 con un gruppo di film comici per la regia di Mario Soldati: direttore d’orchestra di grande talento, costretto da una malattia nervosa a rinunciare alle esecuzioni pubbliche, Ferrara si dedicò alla didattica e alla musica registrata e diresse gran parte dei lavori di Nascimbene. Il primo grande successo arrivò nel 1952 con Roma ore 11 di Giuseppe De Santis, che valse al compositore il Nastro d’argento.
Ricostruzione d’un fatto di cronaca – il crollo di una scala che travolge alcune dattilografe –, il film trovò nella colonna sonora l’elemento più icastico: il ticchettio della macchina da scrivere venne inserito nella partitura, acquistando un’imprevedibile valenza ritmico-espressiva; e siccome il lavoro di De Santis, per tensione civile e taglio documentaristico, fu visto come una ‘coda’ ideale della grande stagione neorealista, si volle vedere in Nascimbene il primo compositore capace di tradurre in musica – sia pur tardivamente – la poetica del cinema neorealista. La medesima strada imboccarono di lì a poco altre colonne sonore, che lo consacrarono definitivamente come ‘reinventore di suoni’: dai rumori delle officine – incudini, catene, martelli pneumatici – in Cronaca di un delitto di Mario Sequi (1953) al battito dell’orologio in Cento anni d’amore di Lionello De Felice (1954).
Nella sua filmografia compaiono, dalla metà degli anni Cinquanta, alcune grandi produzioni internazionali: La contessa scalza (1954) e Un americano tranquillo (1957) di Joseph L. Mankiewicz; Alessandro il Grande (1956) di Robert Rossen; Addio alle armi (1957) di Charles Vidor; I Vichinghi (1958) e l’ancor più ambizioso Barabba (1962) di Richard Fleischer. Anche in questi casi poté talvolta sfoggiare il proprio virtuosismo sperimentale: nei Vichinghi il corno vichingo altro non fu che un corno d’orchestra registrato a doppia velocità e riprodotto a un’ottava più bassa, mentre in Barabba Nascimbene tentò più che in ogni altro lavoro il ricorso a sonorità costruite in laboratorio, ora onomatopeiche ora evocative. Proprio con questo film elaborò il cosiddetto Mixerama, sorta di ‘biblioteca di suoni’ (voci bianche, femminili, maschili, strumenti dell’orchestra sinfonica e della più inusitata musica etnica: il tutto archiviato nota per nota) che, registrati su nastro magnetico, potevano poi venir alterati, frantumati, riprodotti alla rovescia o ad altra velocità.
Tecnologia e arte, insomma, presero a dialogare come mai prima d’allora nella musica da film italiana. Fu tuttavia il cinema italiano a suggerirgli le partiture più ispirate, anche perché poté contare su grandi solisti, Severino Gazzelloni flautista, Dino Asciolla violista, Mario Gangi chitarrista. Innanzitutto il sodalizio con Zurlini: Estate violenta (1959, suo secondo Nastro d’argento), La ragazza con la valigia (1960, con ballate provenzali eseguite da clavicembalo e chitarra), Le soldatesse (1965), La prima notte di quiete (1972). Importanti anche gli altri film con De Santis (Giorni d’amore, Uomini e lupi, La garçonnière) e Il processo di Verona di Carlo Lizzani (1962), dove il confine tra musica e non musica è così esile che la fucilazione di Galeazzo Ciano è commentata dal mero ronzio della macchina da presa che filma la scena.
In pieno Sessantotto un film leggero di Massimo Franciosa (Pronto… c’è una certa Giuliana per te) gli valse il terzo Nastro d’argento. Nel frattempo maturava l’ultimo grande incontro, con Roberto Rossellini, per Nascimbene un mito dagli anni del Neorealismo. La collaborazione riguardò opere televisive a sfondo didattico, come Atti degli apostoli (1968), Socrate (1970) e Cartesius (1973), e film antispettacolari come Announo (1974) e IlMessia (1975): lavori scarni, didascalici, corredati di musiche di egual tenore.
Oltre che per il cinema lavorò a tratti per il teatro in musica. L’esperimento più ambizioso fu l’opera Faust a Manhattan, presentata nel 1964 al Premio Italia e registrata l’anno dopo per la televisione con la direzione di Ferrara e la regia di Sandro Bolchi. Seguirono SOB!, «fumetto lirico per voce visiva, voce recitante, cantanti, mimi e strumenti» (1968); la cantata scenica Anch’io sono l’America (1969); un lavoro affatto inclassificabile come Lettere dal domani (lettere scritte e lette da bambini di varie etnie su un delicato sfondo musicale, 1974); il balletto Psychoreos (1986), dove, su una traccia letteraria di Giuseppe Berto, tornò sulle sue mai sopite inquietudini psicanalitiche.
Con gli anni Ottanta la sua produzione si diradò; nel contempo manifestò la volontà di elaborare un testamento professionale e nel 1983 fece pubblicare una selezione discografica delle migliori registrazioni di colonne musicali. Nel 1992 pubblicò un’autobiografia d’ampio respiro pur sotto un titolo minimizzante (Malgré moi, musicista), costruita come un trattamento cinematografico (le pagine in cui descrive la Scala distrutta dopo i bombardamenti del 1943 sono uno straordinario racconto per immagini); e fino alla morte lavorò a un volume didattico, L’impronta del suono. La mia musica per il cinema, che compendia il credo poetico d’una vita dedicata alla musica e al cinema: uscì postuma (Ravenna 2002) ed ebbe ridottissima circolazione.
Morì a Roma il 6 gennaio 2002.
In quello stesso anno fu istituito un premio internazionale alla sua memoria (Mario Nascimbene Award) per autori di colonne musicali; venne anche creata un’orchestra sinfonica a lui intitolata. La definitiva consacrazione risaliva già al 1991, quando gli fu conferito il David di Donatello alla carriera: conclusione di una parabola artistica durata mezzo secolo, che come poche altre scandì il passaggio della musica da film dalla dimensione artigianale a quella tecnologica.
Fonti e Bibl.: G. Rondolino, Cinema e musica, Torino 1991, p. 116 s.; E. Comuzio, Colonna sonora. Dizionario ragionato dei musicisti cinematografici, Roma 1992, pp. 403-406 (ed. ampliata Musicisti per lo schermo, ibid. 2004, pp. 629-632); The new Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVII, p. 645; M. Ranaldi, Impronta Nascimbene, in Il Manifesto, 8 gennaio 2002, p. 14; L. Bandirali, M.N.compositore per il cinema, Lecce 2004; S. Miceli, Musica per film, Milano 2009, pp. 342, 353, 355 s.