LAGO, Mario
Nacque a Savona il 27 apr. 1878 da Eugenio, magistrato, ed Enrichetta Castellacci. Completò gli studi giuridici all'Università di Genova, laureandosi nel dicembre del 1901. Un anno dopo entrò, tramite concorso, nella carriera diplomatica. Per oltre un decennio rimase in servizio a Roma, al ministero degli Affari esteri, dove la sua carriera progredì regolarmente. La prima sede in cui prestò servizio all'estero fu Tangeri, dove venne inviato nel dicembre del 1914 come agente diplomatico con funzioni di console generale.
In Marocco seguì attentamente i delicati sviluppi della situazione politica locale, e, in particolare, le trattative tra la Francia e gli Stati Uniti per il riconoscimento del protettorato francese. Fu inoltre incaricato dal ministro degli Esteri, S. Sonnino, di "studiare gli ordinamenti indigeni in relazione all'azione francese che quegli ordinamenti ha fatto, con utili modificazioni, strumenti di governo e penetrazione" (Archivio pol. ordinario e di gabinetto, 1915-18, Marocco, b. 1: rapporto 121/21, 6 febbr. 1917). La strategia di assimilazione delle popolazioni locali osservata in Marocco avrebbe poi ispirato la condotta del L. quando ricoprì la carica di governatore a Rodi.
A Tangeri rimase fino al 1918, quando tornò in Italia, trascorrendo buona parte dell'anno in aspettativa per motivi di salute. Nel gennaio del 1919 fu nominato incaricato d'affari a Praga, dove rimase fino all'inizio del 1920, contribuendo al consolidamento della rete dei rapporti diplomatici italiani con i nuovi Stati nati dalla dissoluzione dell'Impero austro-ungarico. Nominato ministro plenipotenziario, alla fine del 1920 fu incaricato delle funzioni di direttore generale per gli Affari politici, commerciali e privati di Europa e Levante.
Ma la svolta decisiva della sua carriera si ebbe nel 1922, quando partecipò, come delegato aggiunto, alla conferenza di Losanna per la pace con la Turchia; contestualmente, nel novembre 1922, mese in cui si apriva la conferenza di pace, fu nominato governatore del Dodecaneso (dal 1930, Isole italiane dell'Egeo). La sua nomina, dunque, coincise con la linea politica promossa dall'appena insediato governo Mussolini, nettamente orientata all'affermazione della sovranità italiana sulle isole dell'Egeo. Il L. fu figura centrale di questo processo, svolgendo un duplice ruolo: a Losanna, contribuì a raggiungere un accordo soddisfacente per l'Italia e, a Rodi, fu "il primo rappresentante dell'Italia che riceveva direttive precise di impiantare nel Dodecanneso le basi della concreta sovranità nazionale" (O. Pedrazzi, Il Levante mediterraneo e l'Italia, Milano 1925, p. 39).
La conferenza di Losanna si protrasse per oltre sette mesi. A ostacolare il raggiungimento di un accordo non furono tanto le resistenze della Turchia, che ancora possedeva la sovranità nominale sul Dodecaneso, quanto quelle della Grecia, sostenute dai dubbi di Francia e Gran Bretagna. Il trattato fu firmato il 24 luglio 1923: la Turchia ottenne il riconoscimento del nuovo Stato nato dalla fine dell'Impero ottomano; contemporaneamente cedeva all'Italia le isole di Stampalia, Rodi, Calchi, Scarpanto, Caso, Psicopi, Nisiro, Calino, Lero, Patmo, Lisso, Simi e Coo. I nomi italiani con cui le isole vengono citate vennero ripresi e corretti in uno dei primi provvedimenti del neogovernatore L., il quale, nello stesso luglio 1923, propose a Mussolini, ministro degli Esteri, la nuova toponomastica, prontamente accettata.
Il L. mantenne la carica di governatore fino al 1936, quando fu sostituito da C.M. De Vecchi. Nel frattempo ottenne anche le nomine ad ambasciatore (1927) e senatore (1928). I dati macroeconomici, l'andamento dell'ordine pubblico e le testimonianze raccolte recentemente nell'indagine condotta da M. Doumanis fra gli abitanti del Dodecaneso sono tutti elementi utili a sostenere la tesi, costante nella pur scarsa storiografia sull'argomento, che egli governò con un pragmatismo e un equilibrio che mancò al suo successore. Accolse insomma le indicazioni provenienti dal governo centrale e lavorò nella prospettiva di una italianizzazione e fascistizzazione delle isole, ma non dimenticò le soluzioni suggeritegli a suo tempo dallo studio del comportamento del governo coloniale francese.
In un telespresso a Mussolini del 1926, il L. riassunse così le realizzazioni e gli obiettivi del suo governo: "Il programma tracciato da Vostra Eccellenza va attuandosi rapidamente in Egeo. Quest'anno l'attività costruttiva del governo è stata meno edilizia che stradale e di preparazione agricola. Lavoro straordinario importante è stata la ricostruzione dei villaggi colpiti dal terremoto; opera questa adeguatamente apprezzata dalle popolazioni. Infine due problemi fondamentali per l'assetto di queste isole sono stati affrontati e in parte risolti: l'Ordinamento scolastico e la Autocefalia della Chiesa Ortodossa" (telespr. 31678, 13 dicembre, Affari politici, 1919-31, Dodecanneso).
Il controllo del governo centrale sull'attività del L. era in realtà piuttosto scarso. Il regime fascista, fino ai primi anni Trenta, si contentava di consegnare i suoi possedimenti a una corretta e fidata amministrazione, senza coinvolgerli particolarmente nel processo di costruzione dello Stato totalitario. Nel telespresso si legge anche che il governatore era solito venire in Italia una volta all'anno per incontrare Mussolini, ma si trattava in genere di una sua iniziativa e non di una convocazione da Roma. La volontà di assimilare gli abitanti dell'arcipelago alla cultura degli occupanti, con l'obiettivo finale di una radicale italianizzazione, fu un elemento fondamentale dell'azione di governo del L.; ma, nei fatti, non portò a comportamenti molto diversi da quelli tenuti dalle più grandi potenze coloniali nei loro possedimenti. Mancò, insomma, alla sua azione di governo quella specificità fascista, che avrebbe, al contrario, caratterizzato il periodo di De Vecchi.
Sul piano amministrativo il L. concesse significativi, ma mai determinanti, spazi di autonomia alle popolazioni locali. I tradizionali governi locali ("demarchie") rimasero in vita presso la maggior parte delle Comunità rurali e in gran parte delle città. Subivano però pesanti interferenze da parte dell'amministrazione italiana, a partire dalla nomina dei vertici, che spettava al governatore.
L'ambito in cui l'azione del L. apparve più decisa fu quello della politica religiosa. Egli puntava a staccare i vescovi del Dodecaneso dal patriarcato di Costantinopoli, giungendo a creare un sistema ecclesiastico autonomo, guidato da un vescovo indipendente ("autoképhalos"). L'autocefalia non spiaceva a importanti autorità della Chiesa dodecanesina, a partire dal vescovo di Rodi, Apostolos. Incontrò, però, una forte opposizione nelle élites locali, nelle organizzazioni degli emigrati, nelle chiese locali e rurali e, infine, anche nelle popolazioni. Il progetto, trascinatosi negli anni, non arrivò mai a completa realizzazione.
Il processo di italianizzazione passava principalmente attraverso la progressiva riforma dell'ordinamento scolastico. Fin dal 1926, il L. introdusse una serie di misure che sottoponevano tutti gli istituti scolastici alle autorità coloniali, introducendo, tra l'altro, l'obbligo dell'insegnamento della lingua italiana. Veniva preservata, però, la parziale autonomia delle scuole private dipendenti dalle demarchie rispetto alle scuole regie e alle scuole sussidiate. Altro obiettivo del L., mai realizzato, fu la creazione di una università italiana di Rodi in grado di rivaleggiare con le università francese e americana di Beirut.
Nei tredici anni del suo governo il L. non dovette scontrarsi con una resistenza forte e organizzata. Prevalsero episodi isolati di protesta, spesso inscenati da donne, che nascevano da movimenti locali di breve respiro. Mancava un collegamento interclassista: la dissidenza filoelennica delle élites e della media borghesia acculturata ("morphoméni") non trovava seguito fra le masse popolari; mancava anche un coordinamento fra le varie isole e prevaleva lo spontaneismo locale. Gli scontri più violenti avvennero quando alcuni vescovi, appoggiati dalle autorità italiane, cercarono di accelerare l'approvazione dell'autocefalia. La debolezza dell'opposizione al governo italiano derivava anche da ragioni socioeconomiche; infatti, nel periodo in cui il L. fu governatore l'economia delle isole dell'Egeo conobbe un periodo di sviluppo e di crescita dell'occupazione.
Gli investimenti italiani coinvolsero in particolare il sistema delle infrastrutture e l'agricoltura. I ceti penalizzati furono i mercanti greci, sottoposti a un rigido controllo fiscale e burocratico che mirava a favorire le aziende italiane, e i grandi e medi proprietari di terre, vittime di espropri.
La funzione principale che l'Italia riconosceva ai possedimenti dell'Egeo era però militare. E probabilmente fu anche per questo che, mutato completamente il clima internazionale, il ministro degli Esteri G. Ciano decise di richiamare il L. e sostituirlo con De Vecchi.
Alla fine del 1936, il L. tornava in Italia con il titolo di ambasciatore e la nomina a senatore, ma la sua carriera politico-diplomatica poteva considerarsi chiusa. In Senato ottenne incarichi minori: dal 17 apr. 1939 al 25 genn. 1941, fu segretario della commissione degli Affari dell'Africa Italiana; successivamente partecipò ai lavori della commissione Forze armate; presentò, come relatore, alcuni disegni di legge che toccavano aspetti tecnici dell'amministrazione delle colonie. In questi anni visse a Capri.
Nell'isola scrisse due romanzi, Tiberio a cavallo: romanzo di Capri (Napoli 1939), e E intanto lavoriamo (Milano 1941). Quest'ultimo è interessante non tanto per la cifra stilistica (una malriuscita commistione di prosa d'arte e cronaca enfatica), ma per gli elementi autobiografici presenti nel testo a livello consapevole (il richiamo all'esperienza rodina) e inconsapevole: l'opera, in bilico fra un ridondante estetismo e la celebrazione del fascismo e del duce, finisce col trasformarsi nell'involontario ritratto di un funzionario di regime.
Decaduto, all'inizio del 1944, dalla carica di senatore, il L. morì a Capri il 27 apr. 1950.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. storico-diplomatico del Ministero degli Affari esteri, Arch. politico ordinario e di gabinetto, 1915-18, Marocco; Affari politici, 1919-31, Dodecanneso; Atti parlamentari, Senato, legisl. XXVIII, XXIX, XXX, ad indices; I documenti diplomatici italiani, s. 5, vol. IV, n. 636; s. 6, vol. II, nn. 182, 299, 310, 469, 501; s. 7, voll. I, nn. 93, 717; III, nn. 440-443, 468, 507; V. Buti, L'Italia e le isole Egee, in Nuova Antologia, 16 giugno 1929, pp. 497 ss.; R. Sertoli Salis, Le isole italiane dell'Egeo dall'occupazione alla sovranità, Roma 1939, pp. 29, 294, 299, 315, 325, 333, 338, 349 s.; C. Marongiu Buonaiuti, La politica religiosa del fascismo nel Dodecanneso, Napoli 1979, p. 39; N. Doumanis, Una faccia, una razza. Le colonie italiane dell'Egeo, Bologna 2003, pp. 19, 65 s., 69, 71 s., 75-80, 107, 110 ss., 117, 138, 141, 157 s., 176, 186 s., 191, 221, 226 ss., 256; Ministero degli Affari esteri, Annuario diplomatico, 1931; La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915), Roma 1987, sub voce.