MARTINI, Mario Augusto
– Nacque a Firenze il 20 dic. 1884 da Dario, chimico farmacista, e da Zelinda Linari. Compì gli studi liceali nelle Scuole pie fiorentine, caratterizzate in quegli anni, decisivi per la sua formazione, dalla presenza di docenti di particolare carisma sia sul piano pedagogico sia su quello spirituale, da G. Manni a M. Ricci, da G. Giovannozzi, che nell’Osservatorio Ximeniano esprimeva la tradizione scientifica calasanziana, a E. Pistelli. Studiò poi a Pisa nella facoltà di giurisprudenza, dove fu allievo di G. Toniolo – da lui ricordato come «maestro di azione sociale fra i cattolici, il migliore elaboratore moderno, in Italia, del pensiero sociale-cristiano» (L’opera di G. Toniolo, Firenze 1923, p. 3) – e dove si laureò, il 12 dic. 1906, con una tesi su «Gli eccessi della produzione».
Fece le sue prime esperienze associative nel Circolo universitario cattolico e nell’ambiente cattolico fiorentino attraversato allora da tensioni e lacerazioni profonde, diviso da antichi contrasti innestatisi su una società in trasformazione.
Lo animavano gli intransigenti dell’Opera dei congressi, il gruppo dei cattolici liberali riuniti intorno alla Rassegna nazionale, il gruppo della democrazia cristiana, al quale il M. aderiva, attivo nelle iniziative di carattere economico-sociale e nell’organizzazione professionale, che nel capoluogo toscano affidava la diffusione del programma di R. Murri al settimanale La Bandiera del popolo. In un clima antimodernista, esasperato dagli intransigenti, le posizioni del M. vennero ingiustamente confuse con il movimento modernista che a Firenze si esprimeva nella rivista Studi religiosi di S. Minocchi.
Il M. fu tra i promotori della rinascita della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), della quale divenne presidente nazionale nel 1905-06.
Nel nuovo statuto la FUCI venne dichiarata indipendente da ogni altra associazione, con cariche elettive per superare la fase di quasi inesistente vita associativa degli anni precedenti dovuta «alle condizioni dell’ambiente, all’aver[la] voluta legare all’organizzazione dei cattolici italiani, […] alla mancanza di un programma, o meglio di un criterio direttivo» (cfr. la relazione del M. al congresso di Milano, 26-29 ag. 1906, poi in Studium, I [1906], pp. 35-45).
Il M. fu inoltre fondatore e redattore capo, fino all’aprile 1907, della rivista Studium con il programma di «non restringersi in un campo di partito come semplice organo di istituzioni cattoliche, ma di entrare in un campo di cultura, ben più vasto e aperto dell’altro» (Incominciando, ibid., p. 1). Nell’aprile 1907, in un difficile periodo di contrasti anche per la vicenda modernista e i relativi dibattiti, dette le dimissioni dalla presidenza della FUCI, ma continuò a impegnarsi nelle organizzazioni cattoliche.
Nel 1903 aveva tenuto, al II congresso nazionale degli studenti cattolici, una relazione sulla «Scuola libera»; nel 1909 una lezione su «La mezzadria toscana nel momento presente» alla IV Settimana sociale, svoltasi a Firenze il 18 settembre (cfr. La settimana sociale fiorentina, in La Verna, VII [1910], pp. 321-331).
Già sindaco dal 1912 al 1919 di Casellina e Torri (dal 1929 comune di Scandicci), nel primo dopoguerra svolse un’intensa attività politica: fu tra i fondatori della sezione fiorentina del Partito popolare italiano (PPI), della quale divenne, il 6 apr. 1919, il primo presidente, quindi, dopo il I Congresso provinciale, segretario. Fu poi eletto deputato nelle liste del PPI nel collegio di Firenze alle elezioni politiche del 6 e 13 nov. 1919. Presente nel consiglio di amministrazione del Piccolo Credito toscano, carica dalla quale si dimise nell’ottobre 1921, lavorò soprattutto nella organizzazione locale della Federazione nazionale mezzadri e piccoli affittuari e, insieme con F. Bacci ed E. Frascatani, nella direzione delle lotte mezzadrili per la definizione dei nuovi patti colonici firmati fra il luglio e l’ottobre 1919.
Tali patti sancirono alcune importanti conquiste per i mezzadri (riconoscimento della Federazione, obbligo del patto scritto, nuove regole per la direzione del fondo, più equa ripartizione delle spese) sulle quali si basarono le richieste (relative alla «giusta causa» per le disdette, alla durata del contratto, al diritto di prelazione in caso di affitto o di vendita) del periodo successivo.
Al II congresso del PPI (Napoli, 8-11 apr. 1920) il M. presentò una relazione su «Provvedimenti sociali agrari e organi di decentramento» che tracciò le linee della politica agraria dei popolari.
Venivano richiesti un largo decentramento e Camere regionali di agricoltura per favorire una migliore rispondenza dei provvedimenti alle condizioni effettive delle diverse regioni. Sostenendo il principio dell’«utilità sociale» della proprietà della terra, il M. proponeva, inoltre, di «estendere il principio di espropriazione per causa di pubblica utilità alla causa di utilità sociale, al fine conseguenziale della cessione immediata o mediata della terra ai lavoratori dei campi» (cfr. Il Corriere d’Italia, 10 apr. 1920). Le altre richieste – sintetizzate in un ordine del giorno che suscitò riserve da parte della minoranza di sinistra, ma che venne approvato dal Congresso – riguardavano, fra l’altro, l’obbligatorietà a carico dei proprietari delle spese di bonifica e delle trasformazioni colturali, la concessione delle terre espropriate ai coltivatori diretti – prevalentemente in proprietà o in enfiteusi redimibile o con il sistema del riscatto –, la riforma dello stato giuridico ed economico della piccola proprietà coltivatrice, il riconoscimento del diritto di prelazione ai coloni in caso di affitto o di vendita del suolo, contratti-tipo obbligatori che garantissero la «giusta causa» nella loro risoluzione e nuove normative per il credito e i tributi in modo da favorire lo sviluppo della piccola proprietà coltivatrice anche mediante il superamento del sistema mezzadrile. Il M. ribadì e motivò queste tesi nella relazione presentata, con Frascatani, al II congresso colonico di Senigallia, nei suoi interventi parlamentari e sulla stampa.
Anche durante la seconda fase della vertenza mezzadrile toscana, iniziata nell’estate 1920 in seguito al tentativo, promosso dall’Associazione agraria, di unificare i contratti esistenti nelle otto province della regione, il M. cercò di far prevalere questi indirizzi.
Le richieste delle unioni aderenti alla Confederazione italiana dei lavoratori (CIL) – riguardanti il passaggio dalla mezzadria all’affittanza, il diritto di prelazione, la «giusta causa» – non vennero accolte e ciò portò a un’esasperazione della lotta, sfociata, nel dicembre 1920, nell’occupazione dei poderi in vaste aree della provincia fiorentina, mentre si svolgevano le prime spedizioni squadriste.
Nonostante varie iniziative del M. e di G. Gronchi, la vertenza non ebbe, quindi, esito positivo e la nomina di una commissione arbitrale da parte del ministro dell’Agricoltura, G. Micheli, portò, in Toscana, solo a un periodo di tregua. Quando nell’autunno 1921 ripresero le trattative, gli equilibri politici erano sostanzialmente mutati.
La violenza squadrista si era ulteriormente diffusa e di conseguenza gli agrari mostrarono una maggiore intransigenza, nonostante i risultati dell’inchiesta della commissione arbitrale fossero in gran parte favorevoli alle richieste avanzate dalla Federmezzadri, la forza della CIL fosse ancora consistente, importante il ruolo delle Casse rurali aderenti alla Federazione pistoiese e attiva la Federazione toscana delle Cooperative di produzione e lavoro, della quale il M. era allora presidente.
Rieletto alla Camera il 15 maggio 1921 e nominato sottosegretario ai Lavori pubblici nei due ministeri Facta (dal 26 febbr. 1922 al 31 ottobre successivo), il M. continuò a svolgere attività nel partito come esponente di una tendenza di «centro» di cui fu rappresentante anche dopo l’ascesa al potere di B. Mussolini. Confermato nelle elezioni del 6 apr. 1924, dopo il delitto Matteotti aderì all’Aventino, ma sin dall’autunno sostenne l’opportunità del ritorno in aula. Dissenziente rispetto alle posizioni assunte dal gruppo dirigente del partito, dette le dimissioni dal PPI, poi ritirate, e il 15 dic. 1925 anche da segretario del gruppo parlamentare.
Il M., sostenitore di una linea «possibilista», riteneva si dovesse procedere nella ricerca di un modus vivendi con il fascismo che garantisse ai popolari una qualche presenza politica e organizzativa; nel corso del V, e ultimo, Congresso del PPI (Roma, 28-30 giugno 1925), svolse una relazione su «Riforma e libertà costituzionali», criticata da F.L. Ferrari, in quanto difendeva l’ordinamento politico vigente, fondato sullo statuto e sulla monarchia.
Decaduto dal mandato parlamentare come «aventiniano», il M. fu radiato dall’albo degli avvocati al quale fu poi riammesso dopo il ricorso alla commissione reale straordinaria. Durante gli anni del regime fascista continuò a frequentare i circoli cittadini di Azione cattolica, ma si dedicò prevalentemente all’esercizio dell’avvocatura e all’approfondimento di temi e di vicende di storia religiosa e politica, in particolare sul cattolicesimo nei periodi risorgimentale e postrisorgimentale.
Membro del Comitato interpartitico costituito a Firenze alla fine del luglio 1943, il M. fece parte del Comitato toscano di liberazione nazionale (CTLN), come rappresentante della Democrazia cristiana (DC).
Nel periodo clandestino si impegnò per la fondazione della DC nella sua città e in Toscana, collaborando, fra l’altro, ai nove numeri (clandestini) de Il Popolo pubblicati a Firenze fra il novembre 1943 e l’agosto 1944 e poi, con G. La Pira, alla rivista San Marco; a proprio nome, nel giugno 1944, pubblicò le linee programmatiche del nuovo partito: La missione sociale e politica della Democrazia cristiana (s.l. né d.).
Dopo la liberazione di Firenze (11 ag. 1944), fu presidente dell’Amministrazione provinciale fino al 1945, quindi venne nominato ambasciatore in Brasile dove rimase fino al 1953 (con l’eccezione del periodo trascorso a Parigi nel 1946 in occasione della conferenza di pace) affrontando, fra l’altro, il negoziato per la restituzione dei beni italiani. Rientrato in Italia, fu nominato presidente della casa editrice Le Monnier e nel marzo 1953 consigliere della Banca toscana di cui fu poi, dal marzo 1955 alla morte, presidente del consiglio di amministrazione.
Durante la sua presidenza l’istituto – che dal 1930 aveva il Monte dei Paschi di Siena come azionista di riferimento – conseguì un notevole rafforzamento della struttura patrimoniale ed economica.
Il M. morì a Firenze il 18 giugno 1961.
Tra le sue opere si ricordano: Cenni sul problema della piccola industria contemporanea (a proposito di un libro di Victor Brants), Roma 1904; La mezzadria toscana nel momento presente, Firenze 1910; Le agitazioni dei mezzadri in provincia di Firenze, ibid. 1921; I popolari avanti il IV Congresso nazionale del partito, ibid. 1923; La vita di s. Giovanni Gualberto in una antica laude inedita, ibid. 1926; Il fascismo e la provincia, in Questo era il fascismo. Venti conferenze alla Radio Firenze, ibid. 1945; Discorsi in San Paolo e Santos (agosto 1951), Rio de Janeiro 1951; Discorso… in commemorazione dei fucilati in Firenze al Campo di Marte il 23 marzo 1944, Firenze 1954; Aspetti e necessità economico-sociali della vita montana nella provincia di Firenze, in Atti del II Convegno della montagna… 1954, a cura del Centro provinciale della montagna, ibid. 1955, pp. 14-29; I giorni dell’emergenza. Diario… (3-11 ag. 1944), in La Resistenza in Toscana, 1968, n. 7, pp. 4-14; Felice Bacci: il deputato contadino, introd. di P.L. Ballini, note storico-biografiche di P. Pellegrini, Firenze 1988.
Fonti e Bibl.: Firenze, Ist. stor. della Resistenza in Toscana, Fondo del Comitato toscano di liberazione nazionale, Verbali; Carte Mario Augusto Martini, bb. 1-2; Scandicci, Arch. stor. del Comune, Carte Mario Augusto Martini (per le quali si veda Inventario delle Carte Martini: M.A. e Roberto sindaci a Scandicci nel Novecento, a cura di M. Dell’Anno, Firenze 2005); G. De Rossi, Il Partito popolare dalle origini al congresso di Napoli, Roma 1920, passim; S. Jacini, I popolari, Roma 1923, passim; G. De Rosa, Storia del Partito popolare, Bari 1958, ad ind.; M.A. M., Città di Castello 1962; F. Berti, M.A. M. nella Resistenza, in Atti e studi dell’Ist. stor. della Resistenza in Toscana, 1962, n. 4, pp. 3-6; L. Radi, I mezzadri. Le lotte contadine nell’Italia centrale, Roma 1962, ad ind.; Gli atti dei congressi del Partito popolare italiano, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, ad ind.; P.L. Ballini, Il movimento cattolico a Firenze (1900-1919), Roma 1969, ad ind.; G. Fanello Marcucci, Storia della Federazione universitaria cattolica italiana, Roma 1971, ad ind.; C. Rotelli, Lotte contadine nel Mugello: 1919-1922, in Il Movimento di liberazione in Italia, XXIV (1972), pp. 39-64; C. Caponi, Leghe bianche e lotte agrarie nel Pratese 1918-1922, Prato 1974, passim; V. Camerini, Il Partito popolare italiano dall’Aventino alla discesa nelle catacombe (1924-1926), Roma 1975, ad ind.; Dall’intransigenza al governo. Carteggi di G. Micheli (1891-1926), a cura di C. Pelosi - M. Belardinelli, Brescia 1978, ad ind.; M. Toscano, Lotte mezzadrili in Toscana nel primo dopoguerra (1919-1922), in Storia contemporanea, IX (1978), pp. 877-950; P.L. Ballini, La Democrazia cristiana, in La ricostruzione in Toscana dal CLN ai partiti, II, I partiti politici, a cura di E. Rotelli, Bologna 1981, pp. 21-248; Il modernismo toscano. Variazioni e sintomi, a cura di L. Bedeschi, in Fonti e documenti del Centro studi per la storia del modernismo di Urbino, X (1981), pp. 155 s.; M.C. Giuntella, Le origini della rivista «Studium», in Studium, LXXVIII (1982), pp. 301-309; L. Bedeschi, Il modernismo italiano. Voci e volti, Cinisello Balsamo 1995, pp. 215-232; La Libreria editrice fiorentina: da oltre un secolo cenacolo di fede e di scienza in mezzo alla città (catal.), a cura di R. Maini - M. Zangheri, Firenze 2004, ad ind.; F. Berti, Diario di un anno. Cattolici e Resistenza in Toscana, a cura di P.L. Ballini, Firenze 2005, ad ind.; Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, II, sub voce.