GUARANO, Marino
Nacque il 1° apr. 1731 a Melito (oggi Melito di Napoli) nella diocesi di Aversa. I genitori, Michele e Geronima Gentile, "di condizioni mediocri", morirono nello stesso giorno, quando il G. aveva solo undici anni. Un cugino della madre, Stefano Lombardo, si prese cura di lui, dei fratelli Giovanni e Michele e della sorella Agnese.
Nel 1743 lo zio fece entrare il G. nel seminario diocesano di Napoli, dove questi rimase fino a diciannove anni, uscendone con una solida conoscenza della letteratura e delle lingue classiche e un'abilità non comune nello scrivere componimenti in latino e in greco. Negli anni successivi studiò filosofia, teologia e diritto, si familiarizzò con i principali testi della cultura illuministica e frequentò alcuni protagonisti della vita intellettuale napoletana di metà Settecento. Lesse G.W. Leibniz e J. Locke, ebbe come maestri nell'Università G.P. Cirillo e A. Genovesi (del quale divenne amico e ammiratore; una testimonianza preziosa del rapporto fra i due è il sonetto del G. De auctoris mente, incluso nei De iure et officiis epitome in usum Tironum libri II, Neapoli 1765, del Genovesi).
Divenuto prete, verso il 1760 il G. insegnò in privato teologia e diritto canonico e cominciò a stampare le sue opere, mentre sperava di intraprendere la carriera universitaria. I primi concorsi ebbero esito negativo per la partecipazione di studiosi più anziani e affermati di lui. Nel 1776 vinse, infine, il concorso per la seconda cattedra di istituzioni civili e nel 1777 per la prima. Nel 1781, con C. Fimiani, D. Cavallari, C.S. Minervini, A. Pelliccia e F. Conforti, entrò a far parte del gruppo di canonisti che doveva formare il cosiddetto nomocanone, "una unione di leggi e di canoni riguardanti la purità della disciplina ecclesiastica o la polizia del Regno" (Chiosi). In seguito tenne le cattedre di diritto del Regno (1782-85), diritto canonico (1785-89), diritto civile (1785-99), diritto feudale (1789-99).
Il G. pubblicò le proprie opere giuridiche a Napoli, tra 1768 e 1794: Syntagma Romani iuris ac patrii, concinnatum auditorio suo, secundum seriem institutionum imperialium (1768-73); Epitomarum libri quatuor (s.d.); Praelectio ad Friderici constitutionem: ut de successionibus… [1782]; Ius Regni Neapolitani novissimum (1774, con una seconda edizione molto accresciuta nel 1782 e una terza nel 1787-88), dedicato a Marcantonio Colonna principe di Stigliano, dal 1774 viceré di Sicilia; Praelectiones ad institutiones Iustiniani in usum Regni Neapolitani (1778, rist. 1779); Ius modernum pandectarum in usum Regni Neapolitani (1788); Ius feudale Neapolitanum ac Siculum (1792-94).
Queste opere, che ebbero un notevole successo di pubblico e di critica, attestavano una profonda conoscenza della storia del Regno e della diplomatica. Vanno segnalati, in particolare, la Praelectio ad Friderici constitutionem, nella quale il G. mostrò come le norme introdotte nella successione civile da Federico II avessero regolato poi anche la successione feudale, e lo Ius feudale Neapolitanum ac Siculum, in tre volumi, considerato da R. Trifone "il miglior trattato di diritto feudale nostrano" (Feudi e demani, p. 15 n. 3). Quest'opera si inseriva nell'accesa discussione in corso da qualche decennio nel Regno sul problema dell'eversione della feudalità, che vedeva contrapposti da un lato personaggi come D. Di Gennaro, M. Delfico, G.M. Galanti e L. Targioni, dall'altra uomini vicini alla corte come G. Dragonetti, S. Simonetti, N. Vivenzio e lo stesso Guarano. I primi, sostenitori di una linea politica radicale, intendevano abrogare del tutto la feudalità per poter poi diffondere la proprietà privata e liberalizzare la produzione e il commercio; i secondi, espressione del vecchio ceto forense, pensavano a soluzioni giuridiche interne al sistema, quale limitare gli abusi dei baroni facendo loro rispettare le norme del diritto feudale.
Nello Ius feudale il G. diede una interpretazione della nascita dei feudi secondo cui i beni dati ai signori non erano altro che "publicum patrimonium: beneficia autem ab initio non privatum quidem, sed politicum patrimonium constituebant" (I, p. 29) e il feudo era una "publici patrimonii delibatio per principem immediate aut mediate facta" (p. 86). Perciò il feudo risultava, in sostanza, una concessione pubblica in cambio di un servizio pubblico. I cittadini rimanevano sempre i veri e legittimi soggetti del dominio sul territorio nel quale risiedevano.
Se lo Ius feudale fu accolto positivamente tra i togati, tanto che all'inizio del 1796 l'avvocato fiscale N. Vivenzio, per aumentare le entrate dello Stato, volle tradurre in pratica il suggerimento del G. sull'aumento dell'importo dell'adoa, fu invece criticato dagli economisti (Di Gennaro, Targioni), che manifestarono il loro dissenso nel Giornale letterario di Napoli per servire di continuazione all'analisi ragionata de' libri nuovi. Nel 1794, all'uscita del terzo volume dello Ius feudale, nel numero di settembre del periodico (pp. 70-73) una recensione anonima criticò proprio la proposta del G. sull'aumento di importo dell'adoa. Il Giornale prospettava una diversa soluzione: l'acquisto delle rendite pubbliche alienate mediante il danaro ricavato dalla "redenzione" dell'adoa.
Come avvenne per molti altri intellettuali riformatori, il G. maturò in seguito un progressivo distacco dalla monarchia borbonica, fino a pubblicare nel gennaio 1799 un'ode elogiativa per l'entrata in Napoli del generale J.-É. Championnet (18 genn. 1799), cantandovi la vittoria della ragione sulla superstizione (De Championnetae Neapolitana expeditione. Paraenesis ad cives, ut eum gratanter excipiant, s.n.t.).
Dopo la caduta della Repubblica questa pubblicazione gli procurò l'arresto, la carcerazione e la condanna alla "pena perpetua" (24 genn. 1800), tramutata poi in esilio per l'intervento di un giudice suo vecchio allievo. Il 31 gennaio partì per la Francia. Andò prima a Marsiglia e poi a Parigi, dove rimase fino al 1802, quando, in base a una clausola del trattato di pace tra Francia e Napoli (marzo 1801) che imponeva il rientro in patria dei fuorusciti, il G. partì per tornare a Napoli. A Firenze fu per qualche giorno ospite di un altro suo ex allievo e amico, L. Cagnazzi De Samuele.
Ripreso il viaggio, in data imprecisata fu assassinato e derubato, forse dal suo stesso vetturino.
Ascritto dal 1785 all'Accademia Mergellina, colonia dell'Arcadia, il G. vi recitò molte rime e fu autore di versi per la morte di Carlo III nel 1788 (Marini Guarani in Universitate Neapolitana iuris civilis primarii professoris temporarii tituli in funere Caroli III regis Hispaniarum scripti iussu Caietani Verrusii popoli Neapolitani tribuni, s.n.t.), per la promulgazione delle leggi di San Leucio nel 1789 (in Componimenti poetici per le leggi date alla nuova popolazione di Santo Leucio da Ferdinando IV re delle Sicilie, Napoli 1789, pp. 77 s.) e per il matrimonio di Francesco di Borbone con Maria Clementina d'Austria nel 1797 (In nuptiis Francisci Borboni et M. Clementinae carmina).
Fonti e Bibl.: Il G. compare in documenti dell'Arch. di Stato di Napoli (Cappellano Maggiore, Università, vol. 1178, inc. 14; Rei di Stato, ff. 19, 51, 67, 72, 75, 76, 240, 243) e della Società napoletana di storia patria (Mss., XXV.C.4., cc. 414-418). L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 151 s.; Filiazioni de' rei di Stato condannati dalla Suprema Giunta di Stato, e da' visitatori generali, in vita, e a tempo ad essere asportati da' reali domini, Napoli 1800, p. 63; N. Morelli di Gregorio, M. G., in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli…, VIII, Napoli 1812, pp. n.n.; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 162; G. De Nicola, Diario napoletano 1789-1825, a cura di G. De Blasiis, I, Napoli 1906, p. 416; R. Trifone, Feudi e demani. Eversione della feudalità nelle provincie napoletane. Dottrine, storia, legislazione e giurisprudenza, Milano 1909, pp. 9 n., 15 n., 21 n., 23 s. n., 36 n., 43 n., 70-77; L. Marrone, Della vita e delle opere di P.M. G. vittima del 1799, Napoli 1913; M. Schipa, Il secolo decimottavo, in Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, p. 457; A. Zazo, L'ultimo periodo borbonico, ibid., p. 556; A. Simioni, Le origini del risorgimento politico dell'Italia meridionale, II, Roma-Messina 1925, pp. 153, 203, 261 s.; G.M. Monti - A. Zazo, Da Roffredo di Benevento a F. De Sanctis. Nuovi studi sulla storia dell'insegnamento superiore a Napoli, Napoli 1926, pp. 78 s., 180, 139; F. Scandone, La facoltà giuridica nella Università dei r. studi in Napoli nel Settecento, in Irpinia. Rassegna di cultura. Rivista mensile illustrata del Corriere dell'Irpinia, 1929-30 (poi in F. Cammisa, L'Università di Napoli nella seconda metà del '700. Documenti e profilo delle riforme, Napoli 2001, pp. 236, 318-320, 335-340, 353-355, 372-374, 382, 392, 399, 407, 419, 422); R. Trifone, L'Università degli studi di Napoli dalla fondazione ai giorni nostri, Napoli 1954, pp. 87, 89; L. De Samuele Cagnazzi, La mia vita. Memorie inedite, a cura di A. Cutolo, Milano 1964, pp. 3-5, 52; G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1964, pp. 402, 439; R. Feola, Dall'Illuminismo alla Restaurazione. D. Tommasi e la legislazione delle Sicilie, Napoli 1977, pp. 40, 53; A. Jossa Fasano, Melito nella storia di Napoli: uno studio, una ricerca, Napoli 1978, pp. 101-104; A.M. Rao, L'"amaro della feudalità". La devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli alla fine del '700, Napoli 1984, pp. 123-125, 156, 164, 214 n.; E. Chiosi, Lo spirito del secolo. Politica e religione a Napoli nell'età dell'Illuminismo, Napoli 1992, pp. 177 n., 189 n.; N. Ronga, Il 1799 in Terra di Lavoro. Una ricerca sui Comuni dell'area aversana e sui realisti napoletani, Napoli 2000, pp. 270-274.