ROSSI, Mariano
– Nacque a Sciacca il 9 dicembre 1731 da Francesco Russo e da Margherita Cotone e fu battezzato con il nome di Mario Antonio. In seguito italianizzò la forma latina Russo in Rossi (Mazzè, 1979, p. 51).
Apprese i rudimenti del disegno e della pittura da Gaspare Testone, che lo indirizzò presso Filippo Randazzo. Alla morte di quest’ultimo (1744) Testone riuscì a far ottenere a Rossi una sovvenzione dal Comune di Sciacca per perfezionarsi nell’arte.
Dal gennaio 1748 al novembre 1751 fu a Napoli, dove venne accolto da Antonio Pavone, religioso dei pii operai (Michel, 1989, p. 111). Qui studiò, in contatto con Francesco de Mura, le opere di Luca Giordano, Francesco Solimena, Giacomo Del Po’, Sebastiano Conca e Giuseppe Bonito.
Giunse a Roma alla fine del 1751. Secondo Agostino Gallo studiò presso Marco Benefial e Corrado Giaquinto e sulle opere di Carlo Maratti e Pompeo Batoni (Gallo, 2005, pp. 91 s.). Nel 1754 Rossi partecipò al concorso Clementino dell’Accademia di S. Luca, presentando Elia ordina l’arresto dei falsi profeti, disegno che gli garantì il terzo posto della seconda classe di pittura (Beccarini, 2015, p. 214).
Dal 1757 al 1767 abitò nella parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta (Michel, 1989, pp. 99, 108 nota 7), e verso il 1765 realizzò la pala con l’Ultimo incontro dei ss. Pietro e Paolo per la chiesa di S. Lucia del Gonfalone.
Per volere di Pavone, superiore dei pii operai, iniziò, nel 1764, la decorazione della chiesa e del convento di S. Giuseppe alla Lungara, cantiere che lo vide impegnato sin verso la fine del decennio. Vi realizzò oltre una ventina di opere, tra cui le tre tele del presbiterio raffiguranti il Sogno di s. Giuseppe, l’Adorazione dei Magi (di cui è noto il bozzetto a palazzo Barberini) e la Strage degli innocenti (di cui è nota una versione preparatoria in collezione privata).
In queste opere dimostra una capacità coloristica felice, situandosi «a buon diritto, tra i nuovi esponenti più significativi della pittura romana» (Sestieri, 1980, p. 41).
Nel 1766 inviò in Sicilia le tele con S. Francesca Romana e con il Beato Tolomei aiuta gli appestati (Bisacquino, chiesa di S. Maria del Bosco); il 5 ottobre dello stesso anno fu accolto nell’Accademia di S. Luca (Roma, Archivio dell’Accademia di S. Luca, Registri delle Congregazioni, vol. 56, c. 70). Proprio quell’anno chiese un permesso di esportazione per tre quadri, raffiguranti il Beato Tolomei aiuta gli appestati, il S. Benedetto con tre santi e la Vergine assunta, con Pietro Angeletti e Pietro Paolo Panci, entrambi allievi di Stefano Pozzi (Michel, 1989, p. 110).
Nel 1767 partì per Sciacca, dove realizzò nella chiesa delle Giummare l’affresco raffigurante l’Assunzione di Maria, s. Benedetto e sante e le tele con l’Angelo custode e s. Michele arcangelo, ispirate a quelle di Pozzi a S. Silvestro al Quirinale (Siracusano, 1986, p. 318 e p. 319 nota 15).
Nel luglio del 1768 si recò a Napoli, dove si trattenne sino a ottobre, quando rientrò a Roma (Roma, Archivio storico del Vicariato, Notaio Bernardino Monti, Ufficio I, Positiones 1772, prima parte).
Nel 1770 Rossi giunse, tramite il cardinale Alessandro Albani, a Torino, «ove dipinse molte opere nel Real Palazzo» per Carlo Emanuele III (Fedele da San Biagio, Dialoghi, a cura di D. Malignaggi, 1788, 2002, p. 78). Nell’Allegoria delle arti (1771) l’artista mostrò affinità con le opere eseguite da Gregorio Guglielmi presso la medesima corte; dipinse anche un’Annunciazione (abbazia di Fruttuaria) commissionatagli dal cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze.
Tornò a Roma nel 1771, dove, l’anno seguente, sposò per procura la cugina Rosa Navarra (Michel, 1989, pp. 99, 108 nota 2), da cui ebbe quattro figli: Arcangelo, Tommaso, Giovanni Battista e Teresa. Nel 1773 Tommaso Cantori iniziò le nuove decorazioni della cappella Savelli a S. Maria in Aracoeli. L’incarico fu affidato a Panci, Mariano Caldarari e Rossi, e quest’ultimo realizzò La riparazione del Laterano e La conferma della Regola.
Nello stesso anno fu al servizio di Marc’ Antonio Borghese, per il quale realizzò le cinque tele con le Storie di Venere e Adone (palazzo Borghese, sala di Venere, 1773) e il grande affresco del soffitto del salone di villa Borghese raffigurante Furio Camillo che libera Roma da Brenno (1774-79 circa).
L’affresco di Rossi si colloca nella tradizione della grande decorazione di Pietro da Cortona e Luca Giordano: «The Camillus fresco is a great Baroque macchina – crowded, dramatic, energetic, and illusionistic» (L’affresco di Camillo è una grandiosa macchina barocca – affollata, drammatica, energica e illusionistica; Paul, 1992, p. 304).
Sempre attivo per i committenti del Regno di Napoli e di Sicilia, inviò spesso opere in patria, e verso il 1787 si recò alla reggia di Caserta, dove, per il futuro Ferdinando I, realizzò l’affresco con il Matrimonio di Alessandro e Roxane.
La conquista di Roma da parte dei francesi, nel 1798, segnò un momento di crisi per Rossi, che perse gran parte dei suoi averi (Michel, 1989, p. 107). Il pittore abbandonò la città per recarsi a Palermo cercando la protezione dello stesso re Ferdinando. Così nel 1802, vecchio e cieco da un occhio, realizzò le sue ultime opere nella cattedrale di Palermo, l’Assunzione di Maria nel coro e Roberto il Guiscardo e il conte Ruggero che restituiscono la chiesa al vescovo Nicodemo nel catino absidale.
Rossi fu un prolifico disegnatore e realizzò molti bozzetti e memorie delle sue opere. Un nucleo di questi bozzetti, così come di disegni, è conservato presso palazzo Abatellis a Palermo (Galleria regionale della Sicilia). Altri bozzetti si segnalano in numerose collezioni pubbliche (tra cui la Galleria nazionale d’arte antica-palazzo Barberini e il Louvre) e private (quali la Collezione Lemme e la Fondazione Roma).
Ebbe diversi allievi, tra cui il figlio Tommaso e i siciliani Bartolomeo Ferro, Francesco Matera, Giuseppe Mazzarese e Antonio Ferrara (Gallo, 2005, pp. 229-251). Tornò a Roma nel 1807, dove morì il 24 ottobre.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell’Ac-cademia di S. Luca, Registri delle Congregazioni, vol. 56, c. 70; Memorie per le Belle Arti, I, Roma 1785, p. 187; Giornale delle belle arti, II (1785), 52, pp. 409-410, III (1786), 20, p. 153; Fedele da San Biagio, Dialoghi familiari sopra la pittura (1788), a cura di D. Malignaggi, Palermo 2002, p. 87; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della Romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 23; A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 37; G. Vento, Elogio biografico di M. R., in Giornale di scienze, lettere e arti per la Sicilia, XIX (1841), 75, pp. 204-213; G. Ceci - F. Noack, R. M., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, Leipzig 1935, pp. 67 s.; P.E. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal Seicento al primo Ottocento, Palermo 1940, p. 118; A. Scaturro, La vita e l’arte di M. R., Bologna 1958; F. 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