PIERBENEDETTI, Mariano
PIERBENEDETTI, Mariano. – Nacque a Camerino nel 1538, da Carlo e Caterina Meluzi (non Dommelusi come riportato nella maggior parte delle biografie). Apparteneva a una famiglia nobile, di rilievo locale e tradizioni militari, impegnata nel servizio della Santa Sede e nell’esercizio di cariche politiche e amministrative in provincia. Tra i suoi fratelli si ricordano Alessandro, cavaliere di Malta, Falchetto, cavaliere dell’Ordine di S. Stefano, e Roberto, che fu vescovo di Nocera Umbra.
Intorno al 1555-56 si trasferì a Roma, presso lo zio Battista, familiare di Ugo Boncompagni, futuro Gregorio XIII, e compì i suoi studi presso i gesuiti del Collegio romano. Avvicinatosi all’ambiente oratoriano, decise di abbracciare la vita religiosa, come fece pure il fratello Roberto. Ricevette diversi benefici sia a Roma sia a Camerino e, il 30 gennaio 1577, fu nominato vescovo di Martirano, una piccola diocesi della Calabria. Fu consacrato dal cardinale Felice Peretti, il futuro Sisto V, a cui lo legavano rapporti di amicizia e, probabilmente, anche di lontana parentela.
Pur non risiedendo continuativamente nella diocesi, si impegnò per una effettiva guida pastorale, promuovendo l’applicazione dei dettami tridentini e compiendo una visita pastorale. Di qualche rilievo fu pure la sua azione per la ricostruzione degli edifici sacri della diocesi.
Pochi mesi dopo la sua elezione al papato, il 20 agosto 1585, Sisto V lo nominò alla carica di governatore di Roma, uno degli uffici più importanti dell’amministrazione temporale, poiché implicava la sovrintendenza sull’ordine pubblico e la polizia di Roma. La nomina era probabilmente legata alle comuni origini marchigiane di Sisto V e di Pierbenedetti, ma valorizzava soprattutto la fama di competenza ed energia del prelato. La situazione dell’ordine pubblico era infatti divenuta molto difficile, a causa di una forte recrudescenza del banditismo, e Sisto V si era proposto come priorità il ristabilimento di un governo forte, anche a costo di scontrarsi con le famiglie nobili che spesso alimentavano il disordine. Pierbenedetti resse il governo di Roma durante quasi tutto il pontificato sistino, fino al dicembre 1589, operando con misure straordinarie, come il divieto di ingresso a Roma dei forestieri che non fossero in possesso di documentazione che ne attestasse l’estraneità al banditismo.
Il 20 dicembre 1589 Sisto V lo nominò cardinale. Dopo la morte del suo protettore (agosto 1590), partecipò ai tre conclavi che caratterizzarono la convulsa fase tra il 1590 e il 1592. Dopo l’effimero pontificato di Urbano VII (settembre 1590), nel corso del conclave del settembre-dicembre 1590 si schierò apertamente contro la candidatura del cardinal Giovanni Ludovico Madruzzo, ritenendolo eccessivamente filospagnolo. In seguito, durante il pur breve pontificato di Gregorio XIV (dicembre 1590-ottobre 1591), guidò l’opposizione del collegio cardinalizio contro il pontefice riguardo al conferimento dell’investitura sul Ducato di Ferrara a Cesare d’Este, membro di un ramo collaterale della famiglia, in nome della difesa dei diritti della Santa Sede. Negli ultimi giorni del pontificato di Gregorio XIV, il 12 ottobre 1591 ricevette, insieme ai cardinali Antonmaria Salviati e Alessandro Peretti Montalto, una sovraintendenza sul governo temporale dello Stato della Chiesa, che esercitò anche durante la successiva sede vacante.
Con l’elezione di Clemente VIII, Pierbenedetti mantenne un ruolo di grande rilievo nel governo dello Stato della Chiesa. Il nuovo pontefice, infatti, lo pose al vertice dell’amministrazione temporale, sempre insieme ai cardinali Salviati e Montalto, «come farebbero se Sua Beatitudine havesse un nipote», come annotò un avviso del febbraio 1592 (Fattori, 2004, p. 21). Anche in seguito, quando emerse progressivamente il ruolo dei due cardinali nipoti di Clemente VIII, Pietro e Cinzio Aldobrandini, Pierbenedetti rimase uno dei più stretti collaboratori del pontefice.
Il 30 ottobre 1592, Clemente VIII lo nominò, di nuovo insieme ai cardinali Salviati e Montalto, come esecutore della bolla Pro Commissa (15 agosto 1592), che aveva stabilito un organico sistema di controlli sulle finanze dei comuni dello Stato della Chiesa.
Sulla base dell’incarico ricevuto i tre cardinali avviarono una complessiva risistemazione delle finanze locali, duramente provate dalla crisi agricola che aveva colpito l’Italia nei primi anni Novanta del Cinquecento, che fu alla base della trasformazione del loro mandato in una vera e propria congregazione cardinalizia stabile, la congregazione del Buon governo, che per tutta l’età moderna costituì una delle strutture fondamentali dell’amministrazione pontificia. Nell’ambito della congregazione Pierbenedetti assunse rapidamente un ruolo di guida, in virtù della sua grande competenza amministrativa, mantenendolo fino alla morte. In connessione con le sue funzioni nel governo dello Stato della Chiesa, Pierbenedetti fu anche uno degli autori di una importante ‘istruzione’ per i governatori (1593), che costituì un momento rilevante nella riorganizzazione dell’amministrazione locale.
Negli anni del pontificato clementino, Pierbenedetti fu anche membro della congregazione per la Visita pastorale di Roma, istituita nell’estate 1592, con il fine di promuovere una generale riforma ecclesiastica della città, e della congregazione per l’Esame dei vescovi. In entrambi i casi, si trattava, di un riconoscimento del suo impegno religioso nel solco della spiritualità oratoriana.
Nel corso degli anni Novanta del Cinquecento, Pierbenedetti rimase una figura centrale del governo pontificio, ma il suo ruolo si ridimensionò, in conseguenza dell’affermazione dei cardinali nipoti di papa Clemente VIII, Pietro e Cinzio Aldobrandini.
Era comunemente ritenuto dagli ambasciatori filofrancese, ma si tratta di una visione limitativa. In realtà, apparteneva a quel gruppo piuttosto ampio di cardinali che, dall’inizio del Seicento, ritenevano che una buona intesa con Enrico IV di Francia potesse controbilanciare il predominio spagnolo in Italia. Ritenuto «di natura violenta e impetuosa» (Seidler, 1996, p. 225), non rappresentò mai un candidato forte nei conclavi, pur venendo annoverato tra i ‘papabili’. Nel conclave del marzo 1605 appoggiò la candidatura dell’oratoriano Cesare Baronio, poi bloccata dalla Spagna, unendosi in seguito alla maggioranza che elesse l’anziano Leone XI. Con la morte di quest’ultimo, dopo meno di un mese di pontificato, e l’elezione di Paolo V, Pierbenedetti assunse nuovamente un ruolo di guida della congregazione del Buon governo, formalmente sotto la direzione del cardinal nipote Scipione Borghese e, tra il 1605 e il 1607, giocò un ruolo importante nell’elaborazione della politica pontificia in occasione della crisi dell’interdetto di Venezia.
Morì a Roma il 21 gennaio 1611.
Modesta fu la sua committenza artistica, al di là dell’imponente palazzo familiare di cui promosse la costruzione a Camerino, e della tomba che si fece costruire nella basilica di S. Maria Maggiore. Possedette inoltre una villa suburbana sulla via Nomentana (villa Paganini), che rimase ai suoi eredi fino all’inizio del Settecento.
Fonti e Bibl.: Bandimenta omnia sub Pontificatu S.mi D. N. Sixti Quinti Pontificis Opt. Max. per Reverendiss. Episcopum Marturan. Almae Urbis Gub. et Vicecam. hucusque promulgata…, Romae 1588; Il primo processo per San Filippo Neri nel codice vaticano latino 3798 e in altri esemplari dell’archivio dell’oratorio di Roma, a cura di G. Incisa della Rocchetta - N. Vian, Città del Vaticano 1957-63, ad ind.; S.M. Seidler, Il teatro del mondo: diplomatische und journalistische Relationen vom römischen Hof aus dem 17. Jahrhundert, Frankfurt am Main 1996, p. 225.
F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae, IX, Venetiis 1721, p. 284; C. Eubel - G. van Gulik, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 53; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, X, Roma 1928, XI, 1929, XII, 1930, ad ind.; N. Del Re, Monsignor governatore di Roma, Roma 1972, p. 93; R. De Mattei, Villa Alberoni e non Villa Paganini, in Studi romani, XXII (1974), pp. 475-480; S. Corradini, La madre di Sisto V e la statua camerinese del pontefice, in Sisto V, II, Le Marche, a cura di M. Fagiolo - M.L. Madonna, Roma 1992, pp. 292-317; A. Gardi, Lo Stato in provincia. L’amministrazione della Legazione di Bologna durante il Regno di Sisto V (1585-1590), Bologna 1994, ad ind.; Legati e governatori dello Stato Pontificio: (1550-1809), a cura di C. Weber, Roma 1994, ad ind.; M.T. Fattori, Clemente VIII e il sacro collegio: 1592-1605. Meccanismi istituzionali ed accentramento di governo, Stuttgart 2004, ad ind.; S. Tabacchi, Il Buon Governo: le finanze locali nello Stato della Chiesa, secoli XVI-XVIII, Roma 2007, ad indicem.