MAREMMA (A. T., 24-25 26 bis)
Con questo nome, usato a indicare genericamente le zone costiere paludose e malsane, si distingue in particolar modo la regione marittima della Toscanai che si estende dalla foce della Cecina a quella del Chiarone a sud dell'Argentario, e secondo alcuni anche sino a Civitavecchia. Limitandoci qui a considerare la Maremma Toscana entro i limiti amministrativi della regione, è da avvertire come si usi distinguere in questa la parte settentrionale sino al promontorio di Piombino, detta Maremma pisana, da quella meridionale, detta Maremma grossetana e già senese, assai più vasta della prima e che meglio conserva i caratteri originali e specifici della regione. La Maremma non si limita alla sola zona costiera, ma per analogia di condizioni igieniche e demografiche si estende nell'interno sino alle pendici occidentali della Catena Metallifera, per una profondità che in qualche punto supera anche i 40 km. abbracciando un'area di circa 5000 kmq., dei quali i 9/10 sono rappresentati dalla provincia di Grosseto. Essa non è quindi una regione interamente pianeggiante; e pur escludendo tutto il versante orientale dell'Amiata, che non si può far rientrare nella Maremma, in alcuni punti, come alle Cornate di Gerfalco e al Poggio di Montieri, si toccano e si superano i 1000 m. La costa, in generale bassa e talvolta palustre, orlata di dune (tomboli), è interrotta nella sua uniformità da aggetti montuosi, come alla punta della Troia, o da isole saldate al continente, come al promontorio di Piombino e all'Argentario. Riguardo alla sua costituzime il territorio della Maremma risulta formato da sedimenti antichi, riferibili al Paleozoico, con addossati arenarie e scisti eocenici, in più luoghi intramezzati da rocce eruttive, tanto antiche quanto recenti (graniti, serpentine, trachiti) che formano come delle isole prominenti e degli affioramenti più o meno estesi, collegati da aree argillose o marnose di recente origine, fortemente incise da corsi d'acqua che le solcano, trasportando quantità considerevoli di materiali erosi. Di questi i principali sono, procedendo da nord verso sud, il Cecina, il Cornia, il Bruna, l'Ombrone, l'Albegna. Tutti questi corsi d'acqua furono e sono largamente utilizzati per la bonifica dei terreni paludosi, che è riuscita a trasformare notevole parte della Maremma in una regione assai ricca e produttiva.
Il clima della Maremma è dolce e risente dell'influenza mitigatrice del mare su cui si affaccia. A Grosseto la temperatura media è più elevata di un grado rispetto a Firenze. Scarsa ne è la piovosità che nella valle dell'Ombrone sta fra i 600 e gli 800 mm. (687 mm. a Grosseto) e ancora più scarsa la frequenza, onde si hanno in media a Grosseto solo 90 giorni piovosi all'anno, contro i 120 di Firenze. Prolungata perciò è la siccità estiva, che talvolta riesce di notevole danno alle coltivazioni. La malaria costituisce ancora un flagello che colpisce i lavoratori dei campi nell'Agro grossetano, mentre si può dire scomparsa del tutto nelle città e in generale nella Maremma pisana, quasi totalmente bonificata. La vegetazione spontanea, che ricopre ancora parte del litorale e vaste estensioni nell'interno, è fornita da specie sempreverdi, proprie della macchia mediterranea, con prevalenza, fra le piante arboree, dei lecci. Ma le coltivazioni, estendendosi sempre più col progredire della bonifica, tendono a distruggerla. Ricche pinete orlano in varî tratti il litorale, come si riscontra lungo altre coste basse della penisola.
Il nome di Maremma non può ancora dissociarsi, nonostante le subite trasformazioni, dall'immagine di una zona desolata e malarica. E tale era infatti finché nei primi decennî del secolo decorso non venne affrontato, attraverso difficoltà assai grandi che ne ritardarono l'efficacia, il problema della bonifica. Per ragioni di carattere fisico, ma soprattutto per cause storiche che si produssero a partire dalla caduta dell'impero romano, si determinò nella regione maremmana un forte spopolamento, onde venne lasciato libero corso alle forze della natura. La Maremma, già regione fiorentissima, disseminata di città ricche e potenti, si ridusse a grado a grado nelle condizioni di desolazione, di spopolamento e di malsania in cui la troviamo sul finire del Medioevo e nei tempi moderni. I tentativi a più riprese fatti per migliorarne le condizioni non sortirono buon esito. Il granduca Pietro Leopoldo vi si applicò con provvedimenti amministrativi, sociali e tecnici; tali furono il distacco della Provincia inferiore o grossetana da quella senese, l'abolizione dei residui di giurisdizione feudale e dei privilegi nonché di ogni vincolo che inceppava l'agricoltura e finalmente le opere idrauliche che tendevano al prosciugamento delle aree palustri. Giovandosi del consiglio e dell'opera di Leonardo Ximenes, si costrinse entro potenti arginature il corso dell'Ombrone, venne ripristinato il canale navigatorio che staccandosi dall'Ombrone stesso metteva al mare e furono scavati varî canali di scolo. Non si credette peraltro di affrontare íl problema del prosciugamento del lago e padule di Castiglione, l'antico Prelio formatosi nei tempi storici per l'insabbiamento della costa, determinato dalle alluvioni dell'Ombrone, e nel Medioevo trasformato un lago d'acqua dolce e sfruttato per la pesca. Tale problema apparve invece urgente a Pio Fantoni, succeduto allo Ximenes nella direzione dei lavori di bonifica; ma lo trattenne la vastità dell'impresa. Gli eventi politici della fine del sec. XVIlI e dei primi del XIX distolsero l'attenzione dei governanti dal problema maremmano alla cui soluzione si applicò poi il granduca Leopoldo II sino dal 1828. Era allora opinione diffusa che la causa della malaria risiedesse nella commistione delle acque dolci con quelle salse, onde il Giorgini, sostenitore di questa teoria, propose un piano di lavori inteso, soprattutto, ad ottenere questa separazione. Il Fossombroni, cui tanto si doveva per il felice compimento della bonifica della Valdichiana, pur non avversando la teoria della commistione, insisteva sulla necessità di prosciugare, mediante colmate tratte dalle torbide dell'Ombrone, il Lago di Castiglione, alle cui esalazioni si attribuiva la malaria del Grossetano. Secondo le previsioni che si facevano, basate soprattutto sull'errata determinazione della percentuale dei materiali terrigeni trasportati dalle piene del fiume, la colmata si sarebbe ottenuta in soli 8 anni, secondo il Fossombroni; in 22 secondo le più prudenti previsioni dell'ing. Manetti che assunse la direzione dei lavori. Nonostante il più energico impulso dato all'opera di bonifica da parte del Manetti, l'unificazione del regno trovò il problema della Maremma ben lungi ancora dalla soluzione. Dei 62.000 ha. cui si faceva ascendere l'area dei terreno da prosciugare, appena 5500 si potevano considerare prosciugati. Dopo il 1861 il governo italiano continuò blandamente nei lavori intrapresi finché nel 1872, sui piani studiati da A. Baccarini, s'iniziarono nuovi lavori intesi soprattutto a meglio utilizzare le piene. Venne così ampliato, il primo canale diversivo della destra dell'Ombrone e costruito un edificio di presa che avrebbe consentito di portare alle casse di colmata 300 mc. di acque torbide al secondo. Ma alle ingenti spese sostenute e al gran numero di vittime umane che i lavori intrapresi costarono, non corrisposero i frutti, anche perché già si avvertivano gli effetti del costipamento che tendeva a riabbassare i terreni colmati. Un nuovo e più rapido sviluppo ebbero i lavori di bonifica a partire dal 1905 allorché ne ebbe la direzione l'ing. Botto. Venne ampliato il diversivo accrescendone la portata a 580 mc. e costruito un grandioso edificio di presa a Ponte Tura sull'Ombrone, 3 km. a levante di Grosseto, dotandolo di potenti meccanismi atti al suo facile funzionamento. La guerra interruppe questi lavori, che ripresi a pace conclusa e spinti con rinnovata energia dal governo fascista poterono essere condotti a termine nel 1924. Venne allora riattivata l'immissione delle torbide nelle casse di colmata mentre si dava inizio all'altro grandioso lavoro per scavare un nuovo alveo al fiume Bruna per uno sviluppo di 10 km. allo scopo di condurne le acque che già si scaricavano nelle terre da bonificare, nel porto-canale di Castiglione della Pescaia: opera che determinerà la bonifica di una vasta zona a nord-ovest di Grosseto. A questi lavori, che hanno trasformato e restituito alle colture un'estesa parte del territorio grossetano, altri minori sono da aggiungere. Tali quelli compiuti nella tenuta dell'Alberese, già possesso privato dei granduchi lorenesi, vasto 7000 kmq., concesso all'Opera nazionale per i combattenti, la quale ha dissodato una grande estensione di terreni boschivi, incolti e paludosi, trasformandola in poderi con case comode che già accolgono parecchie decine di famiglie di agricoltori veneti; così quelli nella tenuta adiacente di Collecchio dovuti all'opera personale del proprietario e quelli del padule di Talamone prosciugato mediante macchine idrovore.
La Maremma Toscana si va così riducendo gradatamente in una regione ricca e produttiva la cui popolazione si accresce abbastanza rapidamente sia per l'incremento naturale, sia per l'immigrazione interna da cui la ricchezza agricola, pastorale e mineraria viene messa costantemente in valore. Per maggiori particolari demografici, economici e statistici v. argentario; grosseto; massa marittima; orbetello; piombino; ecc.