MARCOLA (Marcuola)
Famiglia di pittori attiva a Verona e nel territorio circostante lungo il corso del secolo XVIII. Capostipite ne fu Giovanni Battista, nato nel 1704 - come si desume dal certificato di morte, e non nel 1711 (Zannandreis, p. 390) - probabilmente in Trentino (Romin Meneghello, p. 21 n. 1) e divenuto pittore alla scuola di S. Brentana, "nell'ambito di una cultura figurativa che ruotava intorno ad un certo accademismo elaborato dal Balestra e rivissuto dal Cignaroli" (ibid., p. 17). Il ruolo assegnato a Brentana dagli antichi biografi andrà forse ridimensionato ed egli andrà considerato soltanto come colui che avviò all'arte il giovane Giovanni Battista. (Ruggeri, p. 38). L'esame della sua produzione grafica ha infatti evidenziato referenti ben più illustri: G.B. Castiglione, S. Ricci e il G.B. Tiepolo della prima maturità. Giovanni Battista giunse ben presto al successo, tanto da essere annoverato tra i fondatori della locale Accademia di pittura e, secondo una tradizione non documentata, addirittura tra i docenti dell'istituzione (Zannandreis, p. 391). Egli fu autore di opere sacre per le chiese veronesi, di composizioni a carattere giocoso e di decorazioni di tipo artigianale; una prerogativa, questa, che in seguito avrebbe trasmesso soprattutto al figlio Marco. Di Giovanni Battista restano però pochissime opere, al punto che rimane una figura ancora inesplorata. Senza dubbio è di sua mano il Martirio di s. Eurosia (1743) collocato sull'altare della cappella di villa Dionisi Tacoli a Ca' del Lago.
Si tratta di una scena sacrificale dominata dalla figura di un nerboruto saraceno che, a fil di scimitarra, mozza entrambe le mani alla giovane santa. Dato il tema, ci si aspetterebbe maggior pathos nella raffigurazione dell'episodio; ma l'attenzione del pittore è rivolta al riempimento accurato della tela, con una lucidità di intenti che ha escluso il dramma senza però evitare qualche esito grottesco, come nel caso di Eurosia, che sembra guardarsi più le pieghe della veste che non le braccia monche. Le fisionomie e gli atteggiamenti in qualche caso occhieggiano ai grandi maestri del Cinquecento veneto, in particolare al Veronese (P. Caliari), senza ovviamente raggiungerne le medesime vette espressive. A Giovanni Battista si riconduce anche l'episodio con Mosè che fa scaturire le acque, dipinto su tela conservato a villa Perez Pompei Sagramoso, a Illasi; è firmato e datato 1748 e se ne conosce anche il disegno preparatorio (Bergamo, collezione privata), che andrà espunto definitivamente dal catalogo del figlio Marco. Anche in questo caso l'episodio risulta costruito sull'affollamento di personaggi, che sembrano quasi ruotare attorno alla figura centrale della rappresentazione, Mosè, collocato all'apice di una roccia e in atto di percuotere i sassi. Echi manieristici sono ravvisabili nel disegno delle singole posture, alcune delle quali suggeriscono a ogni costo la visione in prospettiva; poco diversificate risultano le espressioni, la cui gamma si riduce al consueto repertorio di occhi rivolti al cielo, bocche appena dischiuse, volti immobili. È forse l'opera in cui più palese è l'influsso dello stile di A. Balestra (Ericani, 1984).
Tra le scarne tracce documentarie utili a testimoniare l'attività di Giovanni Battista dev'essere considerato l'incarico (1757) di decorare la carrozza del conte R. Campagna con un Sacrificio di Ifigenia.
In mancanza dell'originale, è lecito avanzare in questa sede l'inedita ipotesi che tale ornamento potesse essere simile al bozzetto a olio d'analogo soggetto oggi presso il Museo di Castelvecchio a Verona, del quale è però discussa l'attribuzione all'interno della famiglia. Ulteriori avanzamenti nella definizione del catalogo delle opere di Giovanni Battista potranno provenire proprio da un approfondito esame del suo corpus di disegni, nonostante alcuni interessanti tentativi in tal senso siano già stati intrapresi negli scorsi decenni.
Giovanni Battista morì a Verona il 22 sett. 1776.
Primogenito della seconda generazione dei M. fu Nicola, nato a Verona il 30 ag. 1736. Egli, dotato "di tutte quelle prerogative che formar possono un eccellente pittore" (Zannandreis, p. 475), morì giovanissimo dopo un'attività intensa ma oggi scarsamente analizzabile. Anche per lui è comunque certa la partecipazione alla fondazione dell'Accademia veronese (Romin Meneghello, p. 31, n. 3).
È stato recentemente attribuito a Nicola il piccolo olio con il Sacrificio di Ifigenia (Verona, Museo di Castelvecchio), probabile bozzetto di una versione attualmente non ancora rintracciata. Il momento prescelto dal pittore è il ratto di Ifigenia, prossima a divenire sacerdotessa di Diana in Tauride. La particolare soluzione delle movenze e una certa plasticità delle figure accreditano l'ipotesi formulata, soprattutto se si considerano la tela con Melchisedec che offre il pane e il vino ad Abramo (1766), coeva al bozzetto e conservata nell'abside della parrocchiale di S. Biagio a Bovolone, e le pitture per villa Dionisi Tacoli, posteriori di un anno. Queste ultime, richieste nel 1767 dal nobile Gabriele Dionisi per glorificare il casato, sono collocate in due stanze della villa familiare di Ca' del Lago, presso Cerea. Insieme con il quadraturista G. Montanari, Nicola raffigurò l'Incoronazione di un personaggio della famiglia Dionisi sul soffitto del salone; mentre alcuni medaglioni dell'Albero genealogico e l'Apoteosi della famiglia Dionisi si trovano ancora oggi sulle pareti e sul soffitto della loggia al piano superiore. Per Precerutti Garberi i "colori freddini e aciduli si adattano allo stile ammanierato dell'affresco che […] indugia in atteggiamenti accademizzanti" (p. 418); mentre per Ruggeri (pp. 45 s.) la paternità dell'Apoteosi spetterebbe quasi integralmente a Marco. Nel medesimo luogo Nicola intervenne per dipingere le specchiature esterne della villa (1765), quasi tutte disperse, e una tela - risalente al 1757 - che rappresenta Giovanni Dionisi fa erigere nel 1375 le mura della città. Nonostante si noti il riferimento a soluzioni paterne (il fanciullo con cane, sulla destra, è un calco desunto dal Mosè che fa scaturire le acque di Giovanni Battista), lo stile è profondamente diverso e rivela una migliore padronanza della costruzione anatomica unita a una personale caratterizzazione delle espressioni e a una notevole abilità ritrattistica.
Nicola morì a Verona nel 1770.
Del terzo dei fratelli, Francesco, documentato come quadraturista, non si conoscono gli anni di nascita e di morte. Dopo l'avviamento presso la bottega paterna, si specializzò nella raffigurazione di architetture in prospettiva e fu tra i pochi allievi del celebre F. Maccari. In qualche caso, tuttavia, Francesco fu collaboratore del fratello Marco nelle imprese decorative delle ville gentilizie; a lui è stato attribuito l'apparato architettonico dipinto in villa Canossa a Grezzano (Precerutti Garberi, p. 427). L'unica opera figurativa a lui spettante sarebbe la decorazione del soffitto presbiteriale nella parrocchiale di S. Michele Extra, in una data compresa tra 1769 e 1771 (Finetti).
Di Angela, pittrice di quadri devozionali, si sa soltanto che visse a lungo, ma in precarie condizioni, pur essendo stata acclamata "accademico d'onore" nel 1771 (Zannandreis, pp. 482 s.). Sembra che, al pari dei fratelli, anch'ella sia stata avviata all'arte dal padre.
Fonti e Bibl.: D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1891, pp. 390 (per Giovanni Battista), 475 s. (per Nicola e Francesco), 482 s. (per Angela); B. Finetti, Monografia della chiesa parrocchiale, oratori e campanile di S. Michele Extra, Verona 1894, p. 15 (per Francesco); U. Middeldorf, A drawing by Giovanni Battista M., in Print Collector's Quarterly, XXVII (1940), pp. 88-97; M. Precerutti Garberi, Affreschi settecenteschi delle ville venete, Milano 1968, pp. 417 s., 425-427; U. Ruggeri, Disegni dei M., I, in Critica d'arte, 1970, n. 110, pp. 35-50; n. 112, pp. 49-61; L. Romin Meneghello, Marco Marcola pittore veronese del Settecento, Verona 1983, pp. 17, 21, 31 e passim; G. Ericani, Una monografia per Marco Marcola, in Arte veneta, 1984, n. 38, p. 246; Id., in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 781 s. (per Giovanni Battista e Nicola); A. Tomezzoli, in Cento opere per un grande Castelvecchio (catal., Verona), a cura di P. Marini - G. Peretti, Venezia 1998, p. 108; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 75 s.