FONTANA, Marco Publio
Nacque il 18 genn. 1548, non si sa se nel Bergamasco (a Palosco) o nel Bresciano.
Sappiamo di un suo primo maestro, Pietro Rossi, che lo guidò negli studi letterari, facendogli acquisire una perfetta conoscenza del greco e del latino. Ebbe comunque attenzione anche per le scienze matematiche e si applicò particolarmente alle "medicinali speculazioni", coltivando numerosissime piante medicinali in un orto botanico con oltre trecento specie allevate, sulle orine del naturalista Melchiorre Guilandino, che viveva a Padova e con il quale ebbe una controversia a proposito dell'assenzio pontico di Plinio e di Dioscoride.
Tra i testi scritti dal F., ma perduti, figura un Tractatus de plantibus (Vaerini), mentre il Tessier sostiene di avere posseduto un raro opuscolo pubblicato a Venezia ("apud Dominicurn Nicolinum") nel novembre 1585, intitolato Publii Fontanae Imago, sive diva Magdalena a Titiano depicta, ad excellenti ss. Melchiorem Guilandinum, cuius de nardopistica, ad eundem pub. font. lucelentissima extat epistula.
Prendendo lo spunto dal dipinto della Maddalena di Tiziano, e utilizzando un breve scritto del Guilandino sul nardo, il F. avrebbe dissertato, in un componimento in esametri diretto proprio al Guilandino, dell'erba dalla quale si ottiene il prezioso balsamo usato per detergere il capo e i piedi di Cristo.
Il F. ebbe anche interessi di chiromanzia e fisiognomica; conobbe e praticò musica vocale e strumentale, suonando il clavicembalo; fu pittore e scultore, ma, soprattutto, fu compositore di poesia latina. Queste molteplici qualità gli spalancarono le porte delle accademie, prime fra tutte quella dei Rapiti e dei Vertunni, che egli frequentò col nome di Vago.
Ebbe relazioni epistolari con Cesare Ridolfi, Geremia Freddi, Achille Muzio, Giovan Battista Marino; fu molto vicino ai vescovi del suo territorio, come i bresciani G. Bollani, G.B. Morosini, D. Dolfin e M. Zorzi, il bergamasco G.B. Milani, il cremasco G.G. Diedo, e in grande amicizia con M. Gambara di Tortona. In particolare la frequentazione del Morosini resta documentata in una sua opera intitolata Il sontuoso apparato fatto dalla magnifica città di Brescia nel felice ritorno del sig, card. Morosini con la sposizione di sensi simbolici che in essa si contengono (Brescia, V. Sabbio, 1591), dimostrazione della poliedricità intellettuale del F., capace di organizzare anche rappresentazioni spettacolari. Nel 1569 divenne curato di Palosco, in territorio bergamasco ma nella diocesi di Brescia, e per tutta la vita svolse la funzione di parroco, rinunciando anche ad allettanti opportunità che la sua fama gli aveva procurato.
Nell'ottobre del 1609 sì era portato a Desenzano, presso la residenza di Francesco Olmo; l'amabilità del luogo e del clima ben si coniugava all'affettuosa amicizia che lo legava a costui. Alla fine di ottobre venne colpito da un malessere che gli impedì di tornare a Palosco, dove aveva vissuto per quarant'anni; la malattia si rivelò talmente grave da portarlo in pochi giorni alla morte, avvenuta il 10 nov. 1609. Fu sepolto nella sua parrocchiale di S. Lorenzo.
Il Vaerini dà un lungo elenco di opere (alcune delle quali già da allora perdute) del Fontana. Si tratta di egloghe, carmi dedicati a Bartolomeo Fenaroli, patrizio bresciano, poesie da accademico (Carmina, Brixiae, apud I. Britannicum, 1578). Del 1582 è il Delphinus, poema in tre libri, dedicato all'omonimo vescovo di Brescia; un discorso recitato il 22 giugno 1595 nell'Accadernia dei Rapiti di Brescia "colla somma di essi in versi latini eroici" è intitolato Dafne, ovvero Dell'onore (Brescia, presso V. Sabbio, 1595). Certamente interessante appare un'opera stampata a Bergamo per C. Ventura nel 1601: Quattro discorsi... ne' quali con varia dottrina si hanno di molte considerazioni intorno al misterio de' numeri ternario et quaternario: et intorno all'honore, et alla imitazione. Per quanto riguarda l'onore il testo di riferimento è la Dafne, mentre il discorso che riguarda l'imitazione è intitolato "Proteo" e nasconde un rinvio all'Asclepio di Ermete Trismegisto: un collegamento certo originale, con riferimenti alla letteratura esoterica e un sapore mediceo-ficiniano non troppo comune in un'area e in una cultura come quella del Fontana. Gli stessi interessi numerologici sono presenti nei primi due discorsi, intitolati "Homero" e "Pitagora".
Dopo la sua morte fu pubblicato il trattato Del proprio et ultimato fine del poeta (Bergamo 1615). Le sue poesie latine, raccolte da M.A. Foppa, furono edite con il titolo Poëmata omnia, da P.A. Serassi a Bergamo nel 1752, insieme con una Vita di M. P. F. del cardinale G.A. Furietti.
Fonti e Bibl.: D. Calvi, P. F., in Scena letteraria degli scrittori bergamaschi, Bergamo 1659, pp. 450-455; L. Cozzando, Libreria bresciana nuovamente aperta, Brescia 1694, pp. 189 ss.; A. Vaerini, P. E, in Giornale di erudizione, III (1890-91), pp. 72-76; A. Tessier, P. F., ibid., pp. 101-107; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo 1959, ad Indicem.