LEPIDO, Marco Emilio (M. Aemilius Lepidus)
Figlio di Quinto, amministrò la Sicilia come propretore nell'80 a. C., dando prova di grande avidità e accrescendo così le ricchezze procacciatesi nelle proscrizioni sillane, sicché al ritormo poté costruirsi una casa magnifica e restaurare la basilica Emilia. A quanto pare fu anche accusato di malversazioni, ma il processo non ebbe seguito per il favore popolare di cui egli godeva. Nominato console per il 78 a. C., con l'appoggio di Pompeo, mostrò ancor prima della morte di Silla i suoi sentimenti contrarî al regime ottimate, ponendosi in contrasto con il collega Q. Lutazio Catulo. Morto il dittatore, si fece autore del ripristino delle distribuzioni frumentarie, e quando le sue promesse di restituire agli antichi proprietari le terre confiscate nelle proscrizioni turbarono i coloni che Silla aveva stanziato in Fiesole, e scoppiarono disordini, egli e il collega levarono truppe, e già sino da allora si sarebbe aperta la guerra tra loro, se il senato non si fosse interposto paciere. Scaduto l'anno di carica, L. mantenne il comando come proconsole, nonostante l'opposizione del senato. Essendo state naturalmente respinte le sue proposte per la restaurazione della potestà tribunicia e per il ritorno degli esuli, egli marciò su Roma, ma fu sconfitto dinanzi alle porte della città da Lutazio Catulo, mentre Pompeo avanzava contro il legato Decimo Bruto in Modena e lo faceva uccidere in Reggio. Imbarcatosi a Cosa per la Sardegna con l'intenzione di annodare intese con Sertorio, fu sconfitto dal governatore dell'isola, e poco di poi morì.
Bibl.: C. Neumann, Gesch. Roms während des Verfalles der Republik, II, Breslavia 1884, p. 14 seg.; W. Ihne, Röm. Gesch., V, Lipsia 1879, p. 542; VI, ivi 1886, p. 7 seg.; Neunheuser, De Aemilio L., Münster 1902; E. Klebs, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 554 segg.; cfr. XV, col. 1564; B. Niese, Röm. Geschichte, 5ª ed., curata da E. Hohl, Monaco 1923, p. 208.