BIROLI, Marco
Nacque a Castelnovetto (Pavia), il 16 giugno 1884, da Carlo e da Lavinia Strada. Laureatosi a Pavia in chimica farmaceutica, vi gestì dapprima la farmacia paterna, ricoprendo contemporaneamente il posto di assistente all'istituto universitario di chimica, e poi si impiegò presso lo stabilimento pavese della Cines seta artificiale.
La ditta, sotto la guida del barone A. Fassini, fiduciario del francese Comptoir des textiles artificiales, dal settembre 1907 aveva iniziato in Italia la fabbricazione di raion alla nitrocellulosa, ed era arrivata - unitamente alla filiale di Padova - tra il 1909 e il 1912 ad una produzione di 120-150 mila kg annui.
Raggiunto in breve tempo il posto di vicedirettore, tra il 1913 e il 1915 il B. si dedicò allo studio dei processi di fabbricazione delle fibre artificiali, riuscendo a elaborare (brevetto U.S.A. n. 1226178, del 15 maggio 1917, riconosciuto anche in Italia) una sostanziale modifica, relativamente ai procedimenti per bagni di filatura, dei sistemi Müller, che erano alla base dell'industria europea del settore. Ritornato (1917) dal fronte, iniziò a Milano le pratiche per costituire un'azienda, scegliendo, per l'impianto dello stabilimento, Châtillon in Val d'Aosta, dove confluivano numerosi fattori favorevoli.
L'appoggio determinante della Banca commerciale italiana rese possibile la costituzione, il 9 ag. 1918, della società anonima La Soie de Châtillon, con capitale di 5 milioni, sottoscritti dal B. (800.000 lire), dalla Banca commerciale (1.800.000), dalla Banca Zaccaria di Pisa (1.500.000), dalla Bombrini Parodi Delfino (700.000), ecc. Il B. assunse la direzione dello stabilimento che, iniziato nel 1919, entrava in produzione l'anno dopo. Fin dall'inizio impostò un'efficiente organizzazione a integrazione verticale, affiancando al complesso valdostano due altri stabilimenti, a Ivrea ed a Vercelli, il primo dei quali destinato alla sperimentazione di nuove fibre (la "Seris" e la "Châtilaine") che preludevano allo sviluppo del fiocco. Nel 1926 la Banca commerciale diventava la principale azionista della società, e il B. diveniva amministratore delegato e direttore generale.
A differenza degli altri settori tessili, colpiti dalla depressione economica del dopoguerra, la produzione italiana di seta artificiale attraversava in quegli anni una fase di crescita particolarmente vivace: emancipatasi dal controllo del capitale francese e raggiunta nel 1926-27 una consistenza quattro volte superiore a quella del 1923 (16-17 milioni di kg), che la poneva al primo posto nella graduatoria europea, essa stava più che compensando, con la rapida conquista dei più interessanti sbocchi commerciali internazionali, la mediocre capacità di assorbimento del mercato interno. All'incremento dell'esportazione appare sostanzialmente votata anche l'attività del gruppo Châtillon, con la ricerca in particolare di favorevoli condizioni di penetrazione sul mercato statunitense e su quelli asiatici, e con una maggiore attenzione verso la domanda tedesca, destinata presto a supplire la flessione dei tradizionali traffici in direzione dell'Inghilterra e della Svizzera. Ai maggiori oneri, determinati dall'acquisizione e dalla conservazione di nuove e più lontane piazze di collocamento, la società - assicuratasi una più solida struttura finanziaria con un maggiore ricorso al mercato mobiliare - faceva fronte nei primi anni con l'adozione di una più razionale suddivisione del lavoro e la standardizzazione dei prodotti.
Su iniziativa del B. nuovi comparti di lavorazione sussidiari, ad alta specializzazione tecnologica, venivano aggregati fra il 1926 e il 1927 sotto un'unica gestione: gli stabilimenti di Rho e di Parabiago per la torcitura, quello di Pogliano Milanese per la tintura e la confezione del filato, il laboratorio della consociata De Sigis per la produzione di acido solforico e di solfuro di carbonio, elemento base quest'ultimo per la dissoluzione della cellulosa secondo il processo al viscosio. Nello stesso tempo il B. aveva portato avanti anche lo studio del processo di fabbricazione all'acetato di cellulosa, così che poteva venire intrapresa sin dal 1928, presso un reparto dello stabilimento di Vercelli (il primo del genere in Italia), la nuova produzione di raion acetato. A quella data la Châtillon (il cui capitale s'aggirava nel 1929 sui 300 milioni di lire) si allineava, accanto alla Snia-Viscosa e prima della Società generale italiana della viscosa, come il secondo massimo produttore di seta artificiale in Italia. La sua produzione, salita fra il 1920 e il 1929 da 50.000 a 8.370.000 kg, era arrivata a rappresentare il 25% della quantità fabbricata su scala nazionale, il 4% circa dell'intera produzione mondiale.
Difficili problemi erano andati tuttavia sorgendo all'interno e sui mercati esteri, per la rapida dilatazione degli impianti e l'eccedenza della capacità di produzione su quella del consumo. Nell'aprile del 1929 il B. accedeva a un'intesa di massima con i gruppi dirigenti della Snia-Viscosa, della Società generale italiana della viscosa e della Seta artificiale di Varedo, per la costituzione di un sindacato (la Società anonima produttori italiani viscosa, con sede a Milano) diretto - sulla falsariga del cartello internazionale concordato nel 1927 fra le tre maggiori società europee (la Courtauld's Limited, la Glanzstoff Fabriken e la stessa Snia) - al contingentamento delle vendite, alla disciplina della concorrenza e alla stabilizzazione dei prezzi, in forte ribasso dal 1925 per l'esuberanza dell'offerta. D'altra parte, il B. aveva cercato di rafforzare la posizione della Châtillon di fronte al progressivo predominio della Snia in campo interno e nei canali di negoziazione internazionali, assumendo nel 1928 il controllo della Tubize e della società svizzera Viscose Rheinfelden.
Nel tentativo di salvaguardare i forti interessi commerciali della Châtillon sul mercato nordamericano, minacciati, dopo il '27, dall'inasprimento delle tariffe doganali sull'importazione di seta artificiale, e di stabilire nel contempo un collegamento di carattere tecnologico con la rinnovata industria dell'America settentrionale, che già deteneva il primo posto nella produzione mondiale, nel 1928 il B. riusciva a formare una società mista italoamericana, la American Châtillon Corporation (di cui assumeva la presidenza) con un capitale (di prevalente sottoscrizione americana) di 10 milioni di dollari, e a dare il via l'anno dopo, in un grande stabilimento eretto a Rome in Georgia, alla produzione di raion acetato e alla viscosa.
Il rallentamento del consumo mondiale e il livello estremamente basso dei prezzi realizzati al collocamento interrompevano tuttavia la marcia ascensionale dell'industria serica artificiale. Né l'allineamento dei prezzi di vendita all'esportazione per far fronte all'accentuata competitività a spese del consumatore nazionale - sancito, sotto il patrocinio della Confederazione generale fascista dell'industria, dall'accordo fra i quattro grandi del settore con un sistema di prezzi manovrati e discriminati - bastava ormai a reggere alla fase di recessione. Alla pesantezza del mercato internazionale il B. aveva cercato di reagire puntando più decisamente sulla produzione di seta all'acetato, suscettibile (con filati a titolo fine e multibave) di più immediate utilizzazioni sul mercato interno da parte di tessiture, maglifici e calzifici. Ma presto anche questa soluzione doveva rivelarsi inadeguata. Lo stabilimento di Corsico della Tubize, associato al gruppo piemontese quale nucleo produttivo complementare dello stabilimento di Vercelli, rimarrà in effetti quasi del tutto inattivo.
Ai fattori negativi di carattere dimensionale (dilatazione troppo rapida degli impianti, ingenti immobilizzazioni, ecc.), e alle conseguenze degli eccessi speculativi, si vennero ad aggiungere, d'altra parte, i contraccolpi assai più gravi della mutata congiuntura economica. La grande crisi del 1929, stava infatti imponendo la smobilitazione dell'American Châtillon Corporation; il B., abbandonata la direzione del gruppo italiano (passato sotto il controllo del nuovo amministratore delegato, Furio Cicogna, e più tardi della gestione finanziaria Sofindit-Iri) per dedicarsi interamente alla riorganizzazione dell'impresa americana in cui aveva finito per investire gran parte del patrimonio personale, tentò all'ultimo momento una fusione con la Tubize, onde venne a costituirsi nel 1930 la nuova società Tubize Châtillon Corporation. Una grave malattia gli impose, l'anno successivo, il ritorno in patria e il progressivo disimpegno dall'opera intrapresa di rinnovamento del grande complesso statunitense, destinato ad essere assorbito di lì a poco per ragioni politiche dal capitale americano.
Con l'uscita del B. dal campo attivo della speculazione industriale e finanziaria, contemporanea all'abbandono della Snia-Viscosa da parte dell'altro grande protagonista dell'espansione di quegli anni, Riccardo Gualino, si chiudeva, alla vigilia dei nuovi indirizzi produttivi dettati dal corporativismo e dalla politica autarchica del fascismo, una delle fasi di sviluppo più intense, e certo la più tumultuosa, della nuova industria tessile artificiale.
Il B. aveva esteso i suoi interessi oltre il ramo chimico-tessile, investendo capitali nel settore delle applicazioni elettriche con gli stabilimenti di proprietà personale della C.L.E.N. di Pavia e Novi Ligure (produzione di 25.000 lampadine al giorno), ceduti poi nel 1930 alla Osram, e aveva tratto profitto dalla speculazione immobiliare e fondiaria con vastissime tenute in Lomellina e nel Ferrarese. L'attività del B. permette, d'altra parte, di cogliere una delle espressioni del moderno capitalismo industriale italiano del dopoguerra: l'assiduità dell'aggiornamento tecnologico, la più aggressiva e spregiudicata capacità di controllo del mercato interno, la più consumata abilità di manovra nel movimento d'affari e nel mercato finanziario internazionale.
Il B. morì a Bergamo il 26 ag. 1933.
Fonti e Bibl.: Movimento economico dell'Italia, a cura della Banca Commerciale Italiana, XIX, Milano 1930, pp. 571 ss.; XX, ibid. 1931, pp. 431 ss.; XXI, ibid. 1932, pp. 435 ss.; M. Biroli,Storia dell'industria della seta artificiale, in I progressi dell'industria chimica italiana, Roma 1932, pp. 131-140; E. Viviani,Necrologio del B., in Giornale di chimica industriale ed applicata, XV (1933), n. 8, p. 413; A. Fossati,Lavoro e produzione in Italia, Torino 1951, pp. 512 ss., 596; p. Rossi,Dall'Olona al Ticino. Centocinquant'anni di vita cotoniera, Varese 1954, pp. 150-152.