MARAGALL i GORINA, Joan
Scrittore catalano, nato il 10 ottobre 1860 a Barcellona, dove morì il 20 settembre 1911. Diplomatosi in leggi (1884), ma abbandonato l'esercizio dell'avvocatura per una più libera vita spirituale, si diede al giornalismo. Dalle colonne del Diario de Barcelona, dove entrò come segretario di redazione (1890), in ogni campo dell'attività politica e dell'arte si fece l'interprete e l'esaltatore delle grandi ore di Catalogna. Per la ricca vena di sentimenti generosi che gli fluiva dal profondo dell'anima e che lo trascinava con impeto a comunicare con tutti gli entusiasmi popolari, egli fu nella storia della rinascita regionale, ai primordî del sec. XX, la figura rappresentativa che diede luce alle oscure tendenze e alle aspirazioni confuse.
Il catalanesimo che palpita nella sua produzione giornalistica e nella sua poesia, egli lo sentì come problema di vita entro la politica spagnola: attualità di uno spirito locale che ritrova sé stesso e ricostituisce la sua storia, e che per un cammino di ribellione, attraverso a disordini e confusioni, vendicandosi della libertà repressa, raggiungerà la pienezza dell'amore. La patria catalana il M. non la concepiva politicamente in opposizione con la patria spagnola; l'umanitarismo che lo animava negava le antitesi e affermava le individualità; ma, artista che anelava all'adeguazione perfetta del sentimento con la parola viva, egli poneva al centro della sua estetica, che si conciliava col più appassionato tradizionali smo, il culto della lingua nativa attinta alle fresche sorgenti popolari, accettata nella molteplice e divergente spontaneità delle sue forme, nelle quali gli pareva vibrasse ancora "il puro spirito del verbo creatore". Con questa concezione mistica del linguaggio, che lo fece studioso della parola volgare più per un intimo bisogno di concretezza plastica che per sentimento archeologico e folkloristico, il M. cooperò efficacemente come poeta a sublimare nell'arte il catalano tradizionale nelle sue espressioni secolari non anche stremate dall'astratto intellettualismo della cultura.
Il premio conseguito ai Giuochi Floreali (1894) lo segnalava al pubblico, al quale la prima raccolta delle sue liriche (Poesies, Barcellona 1895) parve la rivelazione di un artista che per sincerità di tono nel tradurre sentimenti casti e pudichi (Novial, Conjugal) e per vigoria espressiva nel fermare le linee di una rappresentazione (La vaca ceca) s'era già conquistata una decisa personalità, rompendo i consueti stampi della retorica e della pura letteratura. Con Visions i. cants (Barcellona 1900) il M. riprende i motivi leggendarî il cui sentimento ispiratore, con note d'intimità psicologica, spazia solenne nelle parti di diretta coloritura scenica (El comte Arnau, La fi d'en Serralonga). I canti della guerra, dove per la prima volta l'elegia patriottica cede alla rappresentazione di una Catalogna fiera e dignitosa (Oda a Espanya), segnano l'ascesa del poeta verso una più luminosa sfera spirituale con un sentimento che inneggia in ogni cosa e in ogni memoria alla patria catalana e insieme canta l'amore che affratella i popoli iberici (Himne ibèric).
Ingegno nutrito di cultura svariata, dotato di un gusto squisito e sicuro, studioso di Omero a cui s'ispira la tragedia Nausica, traduttore non infelice degli Inni omerici e della I Olimpica di Pindaro, devoto ugualmente a Novalis e a Goethe, delle opere dei quali diede saggi frammentarî di versione, il M. seppe tenersi immune da tutte le influenze che in certo modo violentassero la nativa spontaneità del suo temperamento poetico. La sua arte si svolse misurata e calma entro una pacata atmosfera di delicatezza morale e di chiarezza sentimentale (Les Disperses, 1904; Enllá, 1906; Sequències, 1911). Anche nei canti che fermano con un senso panico la gioia di un grandioso spettacolo naturale (Les muntanyes) o esprimono il fremito del divino dinnanzi alla sovrana bellezza del mondo (Cant espiritual), il M., come nei quadretti di colore o nelle brevi notazioni di paesaggio, non perde mai il dominio delle emozioni violente, perché conosce e apprezza la serena saggezza del dio della forma. La sua estetica, che sta conchiusa negli Elogios, non è che la giustificazione teorica della sua arte; la quale per virtù propria, sorgendo in opposizione alla stanca e accademica poesia dei Giuochi Florali, instaurò il concetto della poesia pura e fu culto della bellezza come "rivelazione dell'essenza attraverso la forma, che è l'impronta del ritmo della vita nella materia". Poeta lirico di non largo respiro, il M. misticamente teorizzava un'arte rivelatrice frammentaria dello spirito divino che palpita nell'universo e che nell'uomo prende coscienza di sé; ond'egli volle la poesia attualità di sentimento, che aderendo intimamente all'ispirazione si conquistasse la sua foma nella vergine immediatezza dell'espressione. ll fascino della sua personalità morale e della sua arte fu tale che suscitò entusiasmi, specie nei più giovani poeti che per le vie da lui tracciate mossero verso più complesse esperienze culturali e verso nuovi valori.
Ediz.: Obres completes d'en J. M., Barcellona 1912-13 (serie catalana, voll. I-V; serie castigliana, voll. I-VI).
Bibl.: J. M. De Sucre, J. M., Barcellona 1921; R. Grossmann, Katalanische Lyrik der Gegenwart, Amburgo 1923; J. Estelrich, Entre la vida i els llibres, Barcellona 1925, p. 221 segg.