MANUZIO, Aldo, il Giovane
Nacque a Venezia il 13 febbr. 1547 da Paolo e da Caterina Odoni; il destino di rampollo di una gloriosa famiglia è già in cifra nella scelta del padrino di battesimo, Pietro Carnesecchi.
I primi anni, trascorsi a Venezia, si svolsero sotto il segno di una precocità straordinaria, di una salute cagionevole e di un carattere autonomo, fermo fino all'indisciplina. Per iniziativa del padre ottenne alcune rendite ecclesiastiche e fu posto a studiare sotto la guida di diversi precettori: undicenne, in visita a Padova, impressionò un erudito del calibro di Marcantonio Mureto. Pochi mesi dopo continuò da solo gli studi, cominciando a collaborare con il padre nelle attività della stamperia e nella fittissima corrispondenza con i letterati del tempo. Già nel 1556 uscì, per le edizioni di Paolo, la raccolta delle Eleganze, insieme con la copia, della lingua toscana e latina, scielte da Aldo Manutio, utilissime al comporre nell'una e l'altra lingua. La dedica, del 30 giugno, era indirizzata a L. Beccadelli e l'opera, che aveva l'obiettivo di accompagnare le "propie figure toscane con le propie latine" (c. *2v), avrebbe incontrato larghissima fortuna editoriale, più volte ristampata e incrementata dal Manuzio.
Dopo la partecipazione, nel 1559, alla correzione delle epistole ciceroniane nell'edizione curata dal padre, nel gennaio 1561 il M. pubblicò l'Orthographiae ratio, ab Aldo Manutio, Pauli f. collecta, con una lettera di dedica a Francesco Morando, nella quale le prime parole sono spese a ricordare il nome fatto illustre dagli avi con l'eccellenza negli studi umanistici, e il proprio impegno a perpetuarne la fama.
Sulla base della giovanissima età del M., Renouard ipotizza che a queste prime prove avesse largamente contribuito Paolo, ma l'opera rimane comunque un segno notevole di precocità. Le varie forme dell'ortografia latina sono comprovate con iscrizioni e testimonianze antiche ("libri et lapides" è una delle formule più frequenti). Al termine dell'elenco, strutturato secondo progressione alfabetica, si leggeva una Ratio interpungendi, di poche carte, ancora diretta a Morando.
Negli anni successivi il M. indirizzò le sue ricerche alla riscoperta e alla collezione di iscrizioni latine, man mano allargando l'impianto documentario dell'Ortographia. Una cospicua testimonianza di queste indagini, da ritenere tuttavia largamente parziale, si trova nei manoscritti Vat. lat. 5234-5244 della Biblioteca apostolica Vaticana (risultano come Inscriptiones veteres variae vol. X nell'inventario della biblioteca manuziana, su cui infra), che contengono anche lettere inedite del e al Manuzio. Significativi al riguardo i contatti con eruditi del calibro di Giovan Vincenzo Pinelli e Fulvio Orsini (cfr. Lettere di Paolo Manuzio, p. 204, 3 giugno 1570).
Il 22 febbr. 1561 il padre, in una lettera al fratello Manuzio, descrive il M. come impaziente nello studio ("Aldo impara benissimo, ma è un poco impaziente alla lunga fatica e quello che ha da fare lo fa presto", ibid., p. 53), in occasione del trasferimento di Paolo a Roma per la costituzione della Stamperia del Popolo Romano; nel maggio il M. ottenne da Pio IV un'entrata di 150 scudi, ma soprattutto sostituì per qualche mese il padre nella tipografia. In ottobre si trasferì a Roma, prendendo a lavorare e a vivere con questo: nel biennio successivo curò una serie di edizioni mentre, sul versante privato, rimase incerto tra l'ipotesi di un matrimonio (Pastorello, Epistolario, p. 208) e l'opzione di benefici ecclesiastici con cui garantirsi un futuro evidentemente percepito come incerto. Alla fine del 1563 giunse l'edizione di C. Sallustio (Coniuratio Catilinae et Bellum Iugurthinum fragmenta eiusdem historiarum, e scriptoribus antiquis ab Aldo Manutio, Pauli f. collecta) pubblicata per le edizioni di Paolo sia a Venezia sia a Roma, in questo caso con lettera dedicatoria al Collegio romano.
Si tratta della prima delle numerose edizioni commentate di classici che il M. confezionerà (cfr. Renouard, Annales…), più volte ristampandole e aggiornandole, incontrando sovente accuse di pratiche filologiche disinvolte, se non esplicitamente di plagio. L'immagine del M. è dunque quella di un giovane cresciuto in ambiente erudito, impegnatissimo negli studi e, quasi per conseguenza, affetto da una passione per i libri e le antichità cui allude, preoccupato, il padre in una lettera del giugno 1565 (Ceruti, p. 13).
Nell'ottobre 1565 il M. lasciò Roma per accompagnare la madre a Venezia e, dopo pochi mesi trascorsi ancora a Roma, si stabilì a Venezia: nel giro di breve tempo pubblicò l'edizione commentata delle opere di Caio Giulio Cesare (Commentariorum De bello Gallico, libri IIX. Civili Pompeiano, lib. III. Alexandrino, lib. I. Africano, lib. I. Hispaniensi, lib. I… Io. Michaelis Bruti scholia quibus loci plurimi obscuriores explicantur. Corrigente Aldo Manutio Paulli f., Venetiis, In Aedibus Manutianis, 1566; cfr. de Nolhac, pp. 40 s., per il plagio che il M. avrebbe messo in atto nella successiva stampa del 1570 ai danni del commento di Johannes Rhellikan [Rhellicanus], a stampa ad Anversa, per C. Plantin, nello stesso anno); quindi un'opera ricavata da studi ulteriori su iscrizioni e grammatici: De veterum notarum explanatione quae in antiquis monumentis occurrunt Aldi Manutii Paulli f. commentarius (1566); ancora, una nuova edizione dell'Ortographia. Lavorò inoltre alla ristampa del suo commento a Sallustio, nel 1567 curò una ristampa di Delle lettere volgari di diversi nobilissimi huomini, et eccellentissimi ingegni scritte in diverse materie con l'aggiunta di un Libro terzo e soprattutto si occupò della propria raccolta di iscrizioni latine.
In quel periodo, probabilmente già padre di una figlia naturale sulla quale non si hanno notizie precise, il M. si mostra nuovamente incerto tra continuare la collaborazione con il padre, entro un rapporto nel quale non mancavano le tensioni, e avviare una propria tipografia a Roma. Improvvisa giunse la decisione di riprendere lo studio delle leggi nell'autunno 1568 (ma già testimoniata in una lettera di Carlo Sigonio del giugno 1565) e approvata a denti stretti da Paolo. Il conseguente trasferimento a Padova ebbe però breve durata: nel novembre, in occasione della morte dello zio Manuzio Manuzio, il M. si spostò ad Asola e vi si trattenne per diversi mesi, vagliando l'ipotesi di stabilirvisi ed entrando persino nel governo della città. Mentre si infittivano le lettere di protesta e lamentela da parte di Paolo, il M. attraversò un periodo di malattia; tornò a Venezia solo nel maggio 1570. I mesi successivi furono però ancora segnati da cattive condizioni di salute e da contrasti con il padre, che raggiunsero toni molto aspri.
Dal 1568 la stamperia manuziana era stata affidata da Paolo in affitto a Domenico Basa con un contratto quinquennale che concedeva a Basa l'uso della marca aldina ed esonerava il M. dagli impegni concreti di gestione, lasciando a suo carico la correzione dei testi. In quegli anni, segnatamente tra 1569 e 1570, le edizioni promosse dai fratelli Torresano, sotto l'insegna "Ex bibliotheca Aldina" rappresentavano una minaccia, tanto per la possibilità di usare la marca e i caratteri aldini, quanto per le critiche esplicite che indirizzavano alla decadenza delle stampe manuziane, a loro dire trascurate nella fattura e scorrette nei testi, con riferimento diretto appunto alla scarsa perizia del Manuzio.
Nel 1571 apparve l'edizione di Velleio Patercolo (Historiae Romanae… ab Aldo Manutio, Paulli f. Aldi n. emendati, et scholiis illustrati), ricca di note erudite ma sospetta di plagio (Cicogna, III, pp. 66 s.). Nel marzo dell'anno successivo il M. sposò repentinamente Francesca Lucrezia Giunti (Giunta), figlia di Bortolo e appartenente alla famiglia dei tipografi, trasferendosi a vivere presso la loro bottega libraria, in S. Giuliano in Piscina. Sempre nel 1572, segno di pubblica considerazione, il M. pronunciò dinanzi del Senato un Discorso intorno all'eccellenza delle republiche, poi edito nel 1575, interessante per una prima trattazione di questioni di teoria politica di area machiavelliana a partire dall'esame accurato della storia romana.
Pochi mesi dopo diede vita a una compagnia di tipografi, dalla quale ottenne per contratto, in cambio dell'utilizzo della marca aldina, la somma di 25 ducati mensili. Già alla metà dell'anno successivo, si mostrò insoddisfatto dell'iniziativa, e alla fine del 1573 progettò l'acquisto della bottega libraria di Ludovico Avanzi, per incrementare le riserve della propria bottega. Dello stesso anno è il volume sulle Locutioni dell'epistole di Cicerone, scielte da Aldo Manutio: utilissime al comporre nell'una, e l'altra lingua, nel quale confluivano e venivano riutilizzate in chiave manualistica le cure che il M., seguendo la scia del padre, da anni aveva dedicato all'epistolario ciceroniano (un volume analogo a partire dalle opere di Terenzio sarebbe apparso nel 1585), mentre sulla possibilità del M. di accedere a ogni tipo di libri in grazia di una licenza concessagli da Pio V cfr. Pastorello, Epistolario, p. 290.
Sono mesi di continui dissapori con Paolo, che spesso disapprova le iniziative del M., tanto personali quanto editoriali, e gli invia lettere amareggiate prima, quindi minacciose: "sono sforzato a negotiar da qui in avanti da mercadante, e non da padre" (Lettere di Paolo Manuzio, p. 301, ottobre 1573). Nello stesso periodo, nello sconsigliare la stampa di un'antologia di lettere, Paolo lascia cadere un'allusione a trascorsi non proprio piani del M. rispetto ai divieti inquisitoriali: "sai quel che una volta è occorso circa i fatti tuoi, et ogni piccolo errore potrebbe svegliar la memoria del passato" (ibid., p. 303, e anche p. 181, febbraio 1570).
Pochi mesi dopo, il 6 apr. 1574, Paolo m0rì, senza che il M. riuscisse ad arrivare in tempo a Roma per rivederlo. Ripartì in luglio verso Venezia, ma già in maggio la compagnia tipografica era stata sciolta. Nel febbraio 1575 nacque la figlia Paolina (probabilmente destinata a vivere per poco: il M. si descrive privo di figli in una dedicatoria del marzo 1580) e, mentre ancora versava in cattive condizioni di salute, cercò di attivare contatti con Giulio Giacoboni e Mureto per essere chiamato a Roma. Nel contempo, a partire dal 1574-75, riprese a curare le edizioni, con il marchio "Alla testa di Aldo", promuovendo le opere di Mureto stesso, una nuova raccolta di lettere volgari e soprattutto la pubblicazione dei lavori filologici inediti del padre. Nel corso del 1576 pubblicò un commento all'Ars poetica di Orazio e il De quaesitis per epistolam, una raccolta dove questioni erudite venivano trattate e illustrate in forma di epistole indirizzate ad amici e sodali: Mureto, Sigonio, Pinelli, ma anche cardinali come G. Sirleto e A. Farnese (un'edizione postillata dal M. si conserva nella Bibl. apost. Vaticana, Aldine, III.219).
Nell'autunno 1576 abbandonò la casa della moglie, distacco cui sembra non fossero estranee le difficoltà economiche; alla fine dell'anno fu assunto nell'Ordine dei segretari della Repubblica e poco più avanti fu nominato lettore della Cancelleria, evitando la normale trafila concorsuale. Fu nominato notaio straordinario il 28 marzo 1576 e ordinario il 17 dic. 1577. Nel giugno 1577 annunciò di avere iniziato una biografia di Cosimo I de' Medici, mirando per questa via all'appoggio mediceo. Sono i segnali del tentativo di un'affermazione pubblica per dedicarsi in via esclusiva agli studi, attenuando l'impegno nella stampa. In questo senso va l'accordo, già del 1577, con cui affidò a Nicolò Manassi la gestione della tipografia, pur conservandone la proprietà, accordo quinquennale poi rinnovato nel 1584 per un ulteriore decennio: il contratto aveva in appendice un prezioso inventario della libreria dei Manuzio all'altezza della metà degli anni Ottanta e altri registri sulla vendita dei libri nel decennio precedente. Agli inizi degli anni Ottanta frequentò i capitoli dell'arte della stampa veneziana.
All'estate del 1580 risale la prima testimonianza del progetto di una guida d'Italia, per il quale il M. scrisse alle amministrazioni di varie città richiedendo informazioni sui luoghi e i personaggi più rilevanti, con il fine di realizzare una "descrittione perfetta e intera di tutta Italia" (Magherini Graziani, pp. 285-287).
La Descrittione d'Italia doveva evidentemente esemplarsi sull'omonima e fortunata opera di Leandro Alberti, stampata per la prima volta a Bologna nel 1550 e più volte fino alla fine del secolo, tre delle quali da Ludovico Avanzi, tipografo molto vicino ai Manuzio. Incurante dell'ampiezza del disegno, il M. nel giro di pochi mesi ottenne sostegni finanziari e attestati di stima. Una ponderosa Manfrediorum historia si conserva manoscritta in Biblioteca apost. Vaticana (Chigi, G.V.36), probabilmente connessa al disegno complessivo della Descrittione; così anche per una Historia domus Piae usque ad annum 1556, manoscritta nella British Library (Add. Mss., 12034).
In una lettera a Vespasiano Gonzaga Colonna del 5 dic. 1580 la menzione del nuovo progetto è accostata alla promessa della dedica del commento sul De officiis ciceroniano (stampato l'anno dopo, con dedica del maggio, caratterizzato da un'esegesi abbondante, con larghe digressioni); il 20 dic. 1580 sottoscrisse la dedica a Ferrante Gonzaga, signore di Guastalla, dell'editio princeps dell'Aminta, stampata a Venezia l'anno dopo senza l'approvazione di Tasso, che si sarebbe lamentato dell'ennesima scorrettezza editoriale ai suoi danni. Nel 1581 il M. pubblica l'edizione commentata di Censorino (De die natali liber… ab Aldo Mannuccio, Paulli f. Aldi n. emendatus, et notis illustratus, Venetiis, Apud Aldum). Nella seconda parte dell'anno fu in Dalmazia per conto della Repubblica; nei mesi successivi sono attestati diversi suoi viaggi in Italia settentrionale: a Parma, a Cremona, a Milano nel 1582, dove fu ospite del cardinale Carlo Borromeo, infine a Ferrara, dove visitò il Tasso recluso a S. Anna (note manoscritte del M. su testi tassiani si trovano ora nella British Library, C.45.E.22: una preziosa stampa parmense del 1581 della Gerusalemme; G.10772: esemplare postillato dell'aldina delle Rime del 1581). Accanto ad altri opuscoli, come per esempio la Relatione fatta da Aldo Mannucci al duca di Sora adì X Ottobre 1581 sopra le ammirabili qualità del nobilissimo giovane scozzese Iacomo di Crettone (Venezia, presso Aldo, 1582), racconto delle eccezionali capacità di James Crichton, il M. avviò in quei mesi l'edizione completa delle opere ciceroniane, apparsa tra 1582 e 1583. Interessante, ma affetto anch'esso da pesanti sospetti di plagio (ai danni di F. Sansovino, e prima ancora di B. Tomitano), il tentativo del M. di tracciare una figura ideale in Il perfetto gentil'huomo (Venezia, Aldo, 1584; al riguardo una feroce testimonianza ai danni del M. si legge in una lettera di L. Salviati a Francesco de' Medici, datata 10 febbr. 1584, in Inedita manuziana, p. 529).
Negli ultimi mesi del 1583, in virtù della sua riconosciuta competenza letteraria, fu nominato lettore pubblico nella Scuola di S. Marco, ma non rimase soddisfatto e si attivò per una sistemazione a Roma. Solo nell'ottobre 1584 ottenne però di lasciare Venezia con la nomina alla cattedra bolognese che era stata di C. Sigonio. Nella primavera successiva giunse a Bologna, dove tentò anche di organizzare delle stampe aldine, ma nell'estate passò a Roma, dove si adoperò ancora per ottenere una cattedra: nel maggio aveva composto e pubblicato un'orazione per celebrare il nuovo pontefice (Ad Sixtum V Pont. Opt. Max. Oratio, Bononiae, Apud Ioannem Rossium, 1585). In ottobre avviò la lettura bolognese, ma nel marzo 1586 offrì la sua biblioteca, ricchissima, a Francesco Maria II Della Rovere, duca di Urbino in cambio di una sistemazione a corte. Nel maggio, ancora a Bologna, mandò a stampa un De laudibus vitae rusticae ode Horatii, epodon secunda explicata ab Aldo Manutio (una copia con correzioni d'autore nella Biblioteca apost. Vaticana, Aldine, II.113); in agosto fu chiamato dal granduca di Toscana alla cattedra pisana, anche in virtù della biografia di Cosimo I de' Medici che, dopo un lavoro decennale, aveva appena mandato a stampa.
In settembre fu nominato alla cattedra di Roma, ma non riuscì a sottrarsi all'impegno preso con i Medici e rimase a Pisa, sebbene intervallando numerosi spostamenti, per tutto il 1587: vi pubblicò una Oratio de Francisci Medices magni Etruriae ducis laudibus, pronunciata alla fine dell'anno. Solo a metà del 1588 ottenne di potersi spostare a Roma, dove giunse in luglio, portandosi dietro, con grave dispendio, la sua enorme biblioteca, che aveva già condotto a Bologna e a Pisa. Di quell'anno anche un paio opuscoli di taglio filologico, persino errati nell'attribuzione: Lepidi Comici veteri Philodoxios fabula ex antiquitate eruta ab Aldo Manuccio (Lucca 1588); Asinii Cornelii Galli Elegia nunc primum e tenebris eruta ab Aldo Manuccio (Firenze 1588). Sono gli ultimi prodotti di una lunga carriera condotta tra le prime file di quel secondo umanesimo ormai al tramonto in area italiana, successivo all'ultima grande stagione di P. Vettori e di Paolo Manuzio.
La sistemazione a Roma, a lungo agognata, si rivelò precaria e la lettura non gli guadagnò il prestigio sperato, seppure contornata da amicizie come quelle di I. Mazzoni, G. Talentoni, A. Rocca (una testimonianza nella breve epistola Ill.mo viro Camillo Palaeotto Pisas a stampa, Roma 1590). Alla fine del 1590 uscì, sempre a Roma, Le attioni di Castruccio Castracane degli Antelminelli signore di Lucca con la genealogia della famiglia estratta dalla Nuova Descrittione d'Italia (Eredi Gigliotti).
L'opera rispondeva, oltre che a una prossima ragione encomiastica verso la famiglia lucchese, all'istanza di correggere alcune delle forzature della biografia machiavelliana, e insieme di anticipare una sezione della Descrittione d'Italia, la cui uscita era ribadita come prossima.
La Descrittione non vide però la luce, confinata nei manoscritti del M., il quale trascorse gli ultimi anni in un ripiegamento evidente: si firma "Aldus reliquus familiae Manuciae" in una lettera indirizzata a stampa a Silvio Antoniano e nel 1592 mandò a stampa una raccolta di Lettere volgari, con dedica a Ludovico Riccio, inserendovi missive inviate ad amici e protettori, che ragguagliano sulle pratiche man mano messe in atto per lasciare Venezia verso Bologna, Pisa e infine Roma e aggiungono alla sua figura un marcato velo di disillusione.
Nel 1595, dopo l'insegnamento alla Sapienza, il M. fu nominato correttore della Stamperia Vaticana al posto del defunto Angelo Rocca, e si affiancò nuovamente a Domenico Basa, che della Stamperia aveva assunto la guida. Stampò nel gennaio la Calligenia Fabella Mellita incerti scriptoris… e tenebris eruta, ancora a Venezia, ma gli ultimi passaggi significativi avvennero sul versante privato: l'annullamento, il 19 luglio 1596, del matrimonio con Francesca Lucrezia Giunti (secondo Rossi, Pinacotheca, p. 184, con la speranza di ottenere una rendita ecclesiastica), l'invito rivolto ai nipoti Giovan Pietro e Paolo Onori, figli della sorella, di assumere il nome dei Manuzio, nell'estremo tentativo di dare continuità alla dinastia (cfr. Transilvaniae olim Daciae dictae descriptio a Io. Petro et Paulo Manuciis, Romae, ex typographia Accoltiana, 1596).
Con una lettera di dedica indirizzata al vescovo Agostino Valier, del 15 febbr. 1597, a margine delle Vitae beatorum apostolorum Petri et Pauli descriptae a Paullo Aemilio Sanctorio Casertano, Romae, Ex Typographia Antonij Zannetti, 1597, il M. stilò un bilancio: "Septennium enim ipsum, molestissimis curis implicitus, ita Romae fui, vix ut umquam Romam vel a limine salutaverim. Sic sunt humana" (c. a2v).
Il M. morì a Roma il 24 ott. 1597.
Nel 1601, a Roma, presso G. Facciotti e a cura dei due nipoti Onori, furono sorprendentemente alle stampe Venticinque discorsi politici sopra Livio. Della seconda guerra cartaginese del M.: progetto che sin dal titolo, e anche nel merito, riprendeva da vicino la lezione machiavelliana, in una stagione in cui l'antimachiavellismo era moneta prevalente (al riguardo da menzionare la cura del M. di una Instruttione politica di Cicerone scritta in una pistola a Quinto il fratello, Roma, presso li Santi e Compagni, 1588). Se è indubbio il radicamento dei Discorsi nelle vastissime letture di storici latini condotte dal M., risulta difficile ancorarli a una data precisa, e la stampa postuma dice della percezione dell'autore di muoversi su terreno rischioso. I Discorsi vennero riediti nel 1624, in stagione di ancora più imperante tacitismo.
Un discorso specifico merita la biblioteca dei Manuzio che, incrementata dalla bibliofilia del M., ma anche deposito di carte più antiche, era divenuta assai celebre. Solo una parte minima della prestigiosa raccolta è riportata nell'inventario dei libri prelevati da Marino Ranaldi entro la collezione manuziana per sanare il debito lasciato dal M. alla morte, e si tratta di manoscritti e stampati confluiti nella Biblioteca apostolica Vaticana. L'inventario si trova nel ms. Vat. lat., 7121, cc. 1r-48v; Bignami-Odier (pp. 81, 95 s. n. 100) ipotizza la confluenza dei codici manuziani nel fondo Vat. lat., prima del gruppo Cabrera (Vat. lat., 5009-5042), mentre altri si collocano dopo, fino al Vat. lat., 5400. Per quanto riguarda gli oltre 1500 libri a stampa, alcuni controlli hanno consentito di individuarli nel fondo Raccolta prima della Biblioteca Vaticana, quella di più antica formazione, e in quello specifico delle Aldine.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Camerale I, 935, cc. 223r, 225r; Londra, British Library, Add. Mss., 12038, 12054; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 5225-5227 (ricchissime raccolte di poesie in latino e in volgare); Roma, Biblioteca Angelica, Mss., 2436 (una Oratio in diem Cinerum non pronunciata a causa della morte); E. Pastorello, L'epistolario manuziano, Firenze 1957 e poi Id., Inedita manuziana 1502-1597. Appendice all'Inventario, ibid. 1960; Lettere di Paolo Manuzio copiate sugli autografi esistenti nella Biblioteca Ambrosiana, Parigi 1834, passim; A. Ceruti, Lettere inedite latine e italiane di A. M. il Giovane, in Archivio veneto, XII (1882), pp. 169 s.; G. Aquilecchia, Autografi tassiani tra gli stampati del British Museum, in Studi tassiani, IX (1959), pp. 25-49; T. Tasso, Rime, a cura di B. Basile, Roma 1994, pp. 818-820; G.V. Rossi, Pinacotheca imaginum illustrium doctrinae vel ingenii laude virorum, Coloniae Agrippinae 1645, pp. 184 s.; A. Zeno, Notizie letterarie intorno a i Manuzi stampatori e alla loro famiglia, in Le Epistole famigliari di Cicerone, già tradotte, et hora in molti luoghi corrette da A. Manutio, Venezia 1736, pp. I-LXXI; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, pp. 63-71; V, ibid. 1842, pp. 513 s.; VI, ibid. 1853, pp. 773 s.; Di A. Mannucci… scritti due rarissimi, a cura di E.A. Cicogna, Venezia 1831; A.A. Renouard, Annales de l'imprimerie des Alde ou histoire des trois Manuces et de leurs éditions, Paris 1834; P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, pp. 76, 243-245; L. Magherini Graziani, Un documento di A. M. il Giovane, in La Bibliofilia, III (1902), pp. 285-287; A. Neri, Intorno al matrimonio di A. M., in Giorn. stor. letterario della Liguria, V (1904), pp. 277 s.; L. Dorez, Alde le Jeune et Nicolò Manassi, in Revue des bibliothèques, VI (1906), pp. 380-386; XII (1912), pp. 400-419; R. Hirsch, The art of selling books. Notes on three Aldus Catalogues 1586-1592, in Studies in bibliography, I (1948-49), pp. 83-101; E. Pastorello, La genealogia e la discendenza dei Manuzi, in La Bibliofilia, LIX (1957), p. 213; T. Gasparrini Leporace, Le "provanze" di A. M. il Giovane per essere ammesso nell'ordine dei cavalieri di S. Stefano, in Contributi alla storia del libro italiano. Miscellanea in onore di Lamberto Donati, Firenze 1969, pp. 165-186; J. Bignami Odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI…, Città del Vaticano 1973, pp. 81, 95 s. n. 100; P.F. Grendler, The Roman Inquisition and the Venetian press 1540-1605, Princeton 1977, pp. 151 n., 318; F. Barberi, Paolo Manuzio e la Stamperia del popolo romano 1561-1570…, Roma 1986, pp. 60, 79-81; H.G. Fletcher, New Aldine studies. Documentary essays on life and work of Aldus Manutius, San Francisco 1988, pp. 68-71; V. Bramanti, Per la genesi di due biografie di Cosimo I: Filippo Cavriani e A. M. il Giovane, in Rinascimento, XXXII (1992), pp. 291-309; S. Marcon, La formazione della raccolta aldina, in A. M. e l'ambiente veneziano, a cura di S. Marcon - M. Zorzi, Venezia 1994, pp. 183-204; A. Cataldi Palau, Gian Francesco d'Asola e la tipografia aldina. La vita, le edizioni, la biblioteca dell'Asolano, Genova 1998, pp. 367-385; E. Russo, Un contratto nel registro di bottega di A. M. il Giovane, in Accademie e Biblioteche d'Italia, LXVI (1998), pp. 5-20; Id., Il mercato dei classici: la presenza della letteratura volgare nella bottega di A. M. il Giovane, in Nuovi Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, XV (2001), pp. 21-54; Id., "Materia da altri assai bene discorsa". Machiavelli negli scritti di A. M. il Giovane, in Italianistica, XXX (2001), pp. 241-272; P.O. Kristeller, Iter Italicum, ad indicem.