BARRILE (Barrili), Manno
Condottiero napoletano (egli stesso si firma sempre "Mannus Barrilis de Neapoli"), nacque tra il 1379 e il 1383- Militò sin dall'età giovanile al servizio degli Sforza, formandosi alla scuola di Muzio Attendolo, cui fu sempre fedele e attaccatissimo; sotto lo Sforza combatté a lungo per sovrani e principi, ma in particolare per la regina Giovanna II d'Angiò. Tra i fatti d'arme in cui si segnalò è ricordato l'attacco, condotto con Muzio Attendolo, Foschino Sforza e pochi altri, contro il Tartaglia a Toscanella nel 1417. Nel 1419, nello scontro tra gli Sforzeschi e Braccio da Montone presso Viterbo, fu fatto prigioniero insieme con Foschino e, nonostante che lo Sforza, per riaverli, avesse subito restituito i propri prigionieri, il B. fu confinato nell'isola di Martana nel lago di Bolsena e solo più tardi liberato.
Dopo la morte di Muzio Attendolo Sforza il B. restò al servizio del figlio Francesco ed ebbe anzi una parte notevole nell'assicurare il successo della sua carriera militare, contribuendo valorosamente alla vittoria nella battaglia dell'Aquila (2 giugno 1424), che fu la prima e decisiva impresa dello Sforza appena ventiduenne. Il B. d'allora in poi fu tra i suoi migliori consiglieri e capitani: lo seguì nelle sue imprese e corse, per vari anni, da una città all'altra del Piceno per assicurare, contro le rivendicazioni pontificie e le signorie locali, il dominio sforzesco in quella regione. Nel 1435 condusse contro il Fortebracci un'energica impresa in aiuto di alcune città della Marca, per impedire che defezionassero: unitosi alle truppe di Alessandro Sforza nel Camerinese, costrinse il Fortebracci a battaglia campale; battutolo, lo inseguì sinché l'avversario non fu mortalmente ferito per mano di Cristoforo da Forlì.
Tra la fine del 1436 e i primi del 1437 il B. era a Macerata, ove svernò con la sua squadra di 210 cavalli; nella stessa località passò con le sue truppe anche l'invemo dell'anno seguente. In una battaglia tra F. Sforza e Nicolò Piccinino nel 1440 egli ebbe un pericoloso scontro con Giacomo da, Caivano. L'anno successivo passò in Lombardia, alla difesa di Chiari assalita dalle truppe del Piccinino; nel 1442 partecipò alla battaglia dell'Amandola, presso Ascoli Piceno.
All'inizio del 1443 il B., abbandonato improvvisamente ed inspiegabilmente lo Sforza, che ne rimase assai rattristato, passò dalla parte di re Alfonso d'Aragona, il quale lo accolse con tutti gli onori e lo prese al proprio servizio per una proficua condotta. La diserzione sollevò molta meraviglia, perché - caso unico nella storia delle compagnie di ventura - il B. dall'adolescenza sino ad allora "sub Sfortia merens militiae tirocinia exercuisset et abinde per omnem aetatem Franciscum filium secutus sfortianum nomen sancte observasset" (I. Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae..., p.121). L'anno successivo, con Cesare Martinengo, altro condottìero passato dallo Sforza ad Alfonso d'Aragona, ebbe il comando delle truppe inviate dal re di Napoli in aiuto di Eugenio IV per tentare il recupero di Iesi e delle altre terre sotto il dominio sforzesco. Ma mentre, oltrepassato il confine del Regno di Napoli presso il Tronto, si accingeva a porre l'assedio a Fermo, il B. si riconciliò con lo Sforza e ritornò a lui con tutta la sua cavalleria. Non si conosce il motivo di questa improvvisa resipiscenza; forse non vi fu estranea la sua avversione al Piccinìno, che in quel momento era anche tra i maggiori avversari dello Sforza e contro fl quale ambedue combatterono poco dopo nella battaglia di Montolmo, presso Macerata (19 ag. 1444).
Nella pace conclusa il 21 nov. 1444 tra Eugenio IV e lo Sforza il B. si sottoscrisse tra gli aderenti di questo e fu riconosciuto come tale dal papa. Il 15 marzo 1446 sottoscrisse il trattato di alleanza tra la città di Ancona e lo Sforza e l'8 marzo dell'anno successivo firmò la tregua conclusa a Pesaro con Sigismondo Malatesta. Quando nel 1447 furono avviate le pratiche per l'assegnazione a Francesco Sforza di una condotta da parte del duca di Milano Filippo Maria Visconti, minacciato dai Veneziani, con il finanziamento del re di Napoli e del papa, il B., con l'oratore milanese Marcolino Barbavara, ebbe una parte decisiva nel rimuovere gli ostacoli che si eran frapposti alla firma dell'accordo, ostacoli che provenivano dalla riottosità del nuovo pontefice Niccolò V a mantenere gli impegni presi dal predecessore e dalla riluttanza dello Sforza a cedere Iesi alla Chiesa: comunque, concluso l'accordo, il B. venne incaricato della consegna della città al papa.
Dopo la morte di Filippo Maria Visconti (13 ag. 1447) il B. seguì lo Sforza nell'Italia settentrionale alla conquista del ducato di Milano. Nell'ottobre del 1447 venne inviato a Cremona a sventare il tentativo dei Veneziani di tagliare il ponte sul Po; nel 1448 presidiò Lodi insieme con Roberto Sanseverino, e da lì tornò di nuovo in aiuto di Cremona, assediata dall'armata veneziana, che venne sconfitta dagli Sforzeschi (17 luglio 1448). Partecipò poi alla battaglia di Caravaggio, ove fu fatto prigioniero: era ormai quasi settantenne, e il Simonetta (p. 237) annota, a questo proposito, che i soldati nemici si presero gioco del vecchio capitano, pieno ormai quasi solo di loquace fierezza. Fu tuttavia liberato, ma poco dopo, nel luglio dei 1449, mentre con lo Sforza si recava all'assedio di Sant'Angelo nel Lodigiano, cadde nel Lambro annegando. Lo Sforza lo pianse vivamente e gli fece tributare solenni onoranze.
Il Simonetta (pp. 302 s.), nel tesserne l'elogio, lamentò che lo Sforza non gli avesse dato mai alcun beneficio; in realtà da alcuni documenti dell'Archivio di Stato di Milano (Conte F. Sforza, Cart. Generale, C. 21) si ha notizia di terre date in feudo al Barrile. Qualche documento ricorda anche "Madonna Angela", moglie del condottiero, che il B. nel 1447 aveva potuto, su licenza dello Sforza, "cavare del Reame" e che, rimasta vedova, ebbe una pensione dal duca di Milano "per substentatione de la vita"; la pensione le fu pagata fìno al 27 marzo 1458, poi fu sospesa essendo passata a nuove nozze.
Fonti e Bibl.: L. Cribelli, De rebus gestis Sfortiae bellicosissimi ducis... commentarius, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Scriptores, XIX, Mediolani 1731, pp. 682, 696; L. Osio, Documenti tratti dagli Archivi milanesi, III, Milano 1872, pp. 329, 396, 502, S12, 582;A. Giannandrea, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie dell'Archivio Fabrianese, in Arch. stor. ital., s.s, 11 (1888), p. 187; G. vittani, Gli Atti cancellereschi Viscontei. Parte I: Decreti e carteggio interno, in Inventari e Registri del R. Archivio di Stato di Milano, II, 1, Milano 1920, p. 193; P. C. Decembrii, Annotatio rerum gestarum in vita Francisci Sfortiae IV Mediolanensium ducum, in P. C. Decembrii, Opuscula historica, in Rer. Ital. Scriptores, 2 ediz., XX, i. a cura di A. Butti, F. Fossati, G. Petraglione, pp. 528, 530, 541, 556-s58, ssq ss.; I. Simonetac Rerum gestarum Francisci Stortiae... commentarii, ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 17, 54, 121 s., 141 s., 146, 203, 218, 236 S., 239, 265, 302 S.; B. Corio, Storia di Milano, II, Milano 1856, pp. 540, 550, 574; A. Minuti, Vita di Muzio Attendolo Sforza, in Miscellanea di storia italiana, VII, Torino 1869, pp. 21S, 239 ss.; G. Benaducci, Della signoria di Francesco Sforza nelle Marche, Tolentino 1892, passim; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, pp. 141, 302; B. Belotti, Vita di Bartolomeo Colleoni, Bergamo 1923, p. 142; P. Collenuccio, Compendio de le istorie del Regno di Napoli, Bari 1929, pp. 275 s.; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, Milano 1936, 1, pp. 71-72.