malinconia
La parola, sentita come tecnica, perché appartenente al linguaggio medico (" collera nera "), è esclusiva nel Due-Trecento del linguaggio comico-realistico (in Cavalcanti soltanto nel sonetto della " scrignatuzza ", dunque in area realistica). In Rime LXXII 1, la m. è personificata: Un dì si venne a me Malinconia; la personificazione era frequente ai tempi di D. (Angiolieri, Cino, testi francesi).
Nel sonetto dantesco M. è una " larva metafisica bonaria e innocua "; la scena " è troppo alla mano per poter essere assunta nel rarefatto clima della Vita Nuova " (Confini). Più in generale, pare assai probabile che l'intero sonetto debba essere collocato fuori dell'area stilnovistica. Il termine ricorre anche in Fiore LV 12 Ell'enterrà in sì gran malinconia / che no lle dimorrà sopr'osso carne, e, ancora con il verbo ‛ entrare ', in CXLI 8.
Bibl. - M. Marti, Cecco Angiolieri e i poeti autobiografici tra il '200 e il '300, Galatina 1945-46 (poi in Cultura e stile nei poeti giocosi del tempo di D., Pisa 1953, 94-95); G. Petronio, Malinconia, in " Lingua Nostra " IX (1948) 7 ss.; Barbi-Maggini, Rime 272; G. Contini, introduzione a Rime LXXII; ID., Paralipomeni angioliereschi, in Saggi e ricerche in memoria di E. Li Gotti, Palermo 1962, 370 ss.