MĀLIKITI
. Nome dei musulmani seguaci del sistema o rito o scuola (madhhab, v.) di Mālik ibn Anas (v.), nelle pratiche del culto e nel diritto. Il sistema mālikita ebbe subito una rapida diffusione nel Ḥigiāz; poi in Egitto (soprattutto con Ibn al-Qāsim al-‛Utaqī, v.); nell'‛Irāq (con il qāḍī Ismā‛īl ibn Ishāq, m. 282 èg., 896 d. C.); nella Tunisia, ove per opera del qāḍī Saḥnūn (m. 240 èg., 854) sottentrò al sistema hanafita; in tutto il resto dell'Africa settentrionale; nella Spagna, ove intorno al 200 èg. si sostituì al sistema di al-Awzā‛ī (m. 157 èg., 774), e poi in Sicilia; mentre anche nella Persia di nord-est sorgevano importanti centri d'insegnamento delle dottrine mālikite. Dopo la fine del sec. IV èg., ossia dopo il 1010, cominciò la rapida decadenza del sistema mālikita nelle regioni asiatiche, mentre già prima esso ebbe a subire una forte concorrenza al Cairo e nel Basso Egitto da parte della dottrina shāfi‛ita; invece le sue posizioni rimasero salde nell'Africa a occidente e mezzogiorno dell'Egitto, come pure in Sicilia e nella Spagna. Attualmente la scuola mālikita domina sovrana, sia privatamente sia ufficialmente, dal confine occidentale dell'Egitto all'Atlantico: nella Libia italiana, nella Tunisia e nell'Algeria (nelle quali due regioni esiste ufficialmente anche la scuola hanafita, ma con pochissimi seguaci, quale residuo della dominazione ottomana), nel Marocco, in tutta l'Africa Occidentale Francese, nella Nigeria, nel Sudan centrale e in quello anglo-egiziano, nella parte nord-ovest della Colonia Eritrea. In Egitto, ove il sistema ufficiale è il hanafita, circa metà della popolazione del Delta e tutta quella dell'Alto Egitto è mālikita. Nel Ḥigiāz i mālikiti sembrano pochi rispetto agli shāfi‛iti, ma mancano per ciò dati precisi. Nelle regioni arabe costiere del Golfo Persico sono mālikite le isole al-Baḥrein, il territorio di al-Kuweit e parte della Costa dei Pirati; verosimilmente tutti residui degli antichi mālikiti dell'‛Irāq. La penisola di Qatar, sullo stesso Golfo Persico, era mālikita sino a pochi anni fa; ora è divenuta ḥanbalita per influenza dei dominatori wahhābiti.
La scuola mālikita ha avuto una ricchissima produzione letteraria; oltre agli autori menzionati alla voce Mālik ibn Anas, ricordiamo il siciliano al-Māzarī (Muḥammad ibn ‛Alī, morto nel 536 èg., 1141), Ibn Rushd (v.; morto nel 520 èg., 1126) di Cordova e il suo nipote Ibn Rushd al-Ḥafid, ossia Averroè (v.). Per la popolarità grandissima dei loro scritti, ch'ebbero un gran numero di commentatori e di glossatori e che sono tuttora studiati nelle scuole, vanno ricordati Ibn Abī Zaid al-Qairawānī (morto 386 èg., 996), autore dell'ar-Risālah (Il trattatello) che è il testo classico degli scolari nell'Africa Occidentale Francese e nella Nigeria, e l'egiziano Khalīl ibn Isḥāq (v.), morto nel 776 èg., 1374, autore del celebre al-Mukhtaṣar, o compendio. La traduzione italiana di questo, ampiamente commentata da I. Guidi e D. Santillana (Milano 1919, voll. 2; le traduzioni totali o parziali in altre lingue sono da sconsigliare), è il mezzo migliore, per un europeo, di conoscere le dottrine mālikite.
Nell'Africa settentrionale e nella Spagna i mālikiti furono nei primi secoli ostilissimi alla teologia speculativa (kalām), e al ṣūfismo o asceticomistica; l'avversione alla prima si ha ancora in Averroè. Ma all'incirca verso il 1200 la teologia speculativa del sistema di al-Ash‛arī (v.) penetrò in tutta l'Africa settentrionale e s'impose; perciò da qualche secolo tutti i mālikiti egiziani e del resto dell'Africa sono ash‛ariti in dogmatica. Col sec. X èg., XVI d. C., la ascetico-mistica, già largamente penetrata nella vita religiosa del Marocco con le confraternite e con il culto dei santi, venne ad essere trattata, nella sua forma temperata essenzialmente morale, come appendice a libri di diritto.
Bibl.: Prefazione alla trad. italiana di Khalīl ibn Isḥāq, I, pp. v-x e xv-xix; M. Morand, Introduction à l'étude du droit musulman algérien, Algeri 1921, pagine 66-68, 72-93; J. López Órtiz, La recepción de la escuela malequí en España, Madrid 1931 (estr. dall'Anuario de historia del derecho español).