magro (macro)
Compare una sola volta nelle Rime e sette volte nella Commedia, per lo più in rima. La forma latineggiante ‛ macro ' è usata solo in rima, mentre quella con velare sonora si registra anche nel corpo del verso.
Nel senso proprio di " denutrito ", " macero ", " consunto " per mancanza di cibo o per pene e ansie spirituali, l'aggettivo è riferito a persona in Rime LXVIII 18 de la doglia diverrò sì magro / de la persona; Pd XXV 3 'l poema sacro / ... m'ha fatto per molti anni macro (cfr. Pg XXIX 37-38; il Vandelli rimanda a Giov. VII 29 " ut signus venias hederis et imagine macra "); If XXVII 93 quel capestro / ... solea fare i suoi cinti [cioè i frati francescani da esso cinti] più macri, per l'astinenza (ancora la locuzione ‛ farsi m. ', " dimagrire ", in Pg XXV 20 Come si può far magro / là dove l'uopo di nodrir non tocca?); Pd XXI 128 magri e scalzi, attributi riferiti a s. Pietro e a s. Paolo, a significare la povertà e la pratica dell'astinenza proprie della Chiesa nell'età apostolica, in polemica con la mondanizzazione del clero all'epoca del poeta.
In If XXXIII 31 l'aggettivo è riferito alle cagne fameliche, probabile metafora dei Pisani, del " popolo minuto che comunemente è magro e povero " (Buti), aizzate dall'arcivescovo Ruggieri contro il conte Ugolino (se il riferimento non va alle minori famiglie nobili di Pisa).
Detto della rupe Tarpea, che rimase macra (Pg IX 138), " priva ", " spogliata " dell'erario di Roma: D. allude alla depredazione delle casse pubbliche compiuta da Cesare a Roma dopo il passaggio del Rubicone (cfr. Lucan. Phars. III 154 ss.).
Il termine si trova anche usato, con valore di sostantivo, nel senso di " parte magra dell'organismo ", contrapposta a grasso (Pd II 77 sì come comparte / lo grasso e 'l magro un corpo).