COMACINI, MAESTRI
. La regione dell'Alta Lombardia, compresa fra il Lario e il Verbano, e costituente all'incirca l'antica diocesi di Como, presentò, fin dal più remoto Medioevo, una singolare fioritura di maestranze edili, capi muratori e scalpellini. Maestranze che i re longobardi disciplinarono in corporazioni e collegi, perpetuando forse schemi di classici sodalizî preesistenti. Editti di Rotari (634) e di Liutprando (713) si occupano infatti di questi maesiri comacini, consacrando in tal modo anche il titolo loro, sebbene taluni autori abbiano affacciato l'ipotesi che tal nome sia una generica designazione di maestranze di muratori.
Fenomeno iniziale e diffuso di tali maestranze fu l'emigrazione sistematica, collegiale o isolata, verso la Borgogna, la Svizzera e la Valle del Reno. Lavorando dapprima nell'Alta Lombardia e in quei paesi d'oltralpe, i Comacini si diffusero poi dovunque. Essi contribuirono così efficacemente alla diffusione di un'architettura romanica: architettura che, da comacina, andava diventando veramente lombarda. Dalle fabbriche più semplici - chiese benedettine di Civate del sec. XII, chiese del lago di Como e di Val d'Intelvi, chiostri di Piona e di Voltorre, San Carpoforo di Como (1040) e Sant'Abbondio (1013-95), per citarne solo alcune, si giungerà alle complesse basiliche di Pavia S. Michele (1155), San Pietro in Ciel d'Oro (1132), S. Teodoro (fine del sec. XII), al Sant'Ambrogio di Milano (sec. XII) dove concorsero tutte le precedenti esperienze, per arrivare al perfetto grado di stile e di tecnica. Ma i comacini non soltanto han lavorato, pure in sotto ordine, a queste basiliche di Pavia e Milano. Capimaestri, scalpellini, mutatisi in architetti e scultori, sciamano in cerca di lavori a Trento, a Bergamo, a Modena, a Ferrara, Ancona, Pistoia, Arezzo; poi, anche a Verona, dove lavorano a San Zeno; poi a Venezia; maestri comacini si trovano, alla fine del Duecento, a Siena, a Orvieto, perfino ad Assisi, dove la basilica di S. Francesco richiama un gran numero di artefici; poi, fin giù nella Terra di Bari. E, con il gusto elementare degli ornati, vi diffondono la buona tecnica costruttiva. Tra i più famosi esempî, bisogna citare almeno l'opera di due architetti - scultori: Benedetto degli Antelami (v.), luganese, che, trasferitosi a Parma vi crea lavorando alla cattedrale e al battistero, la maggior scuola del Medioevo romanico; poi, Guidetto da Como, il vero rinnovatore delle chiese di Lucca.
Il singolare fervore seguiterà anche per tutto il Trecento. Purtuttavia, almeno in parte, muta il più generico appellativo di comacini, e si fa strada l'altro di maestri campionesi, dal nome di una terra del lago di Lugano. Appunto i maestri campionesi fanno argine in Lombardia alla nuova tendenza tedesca. Ben agguerriti, il loro campo principale di azione è il Milanese. Un Bonino da Campione (1357-1375) è lo scultore prediletto di Bernabò Visconti, che gli affida il proprio mausoleo, sormontato da una statua equestre: poi, ecco Simone da Orsenigo, Iacopino da Tradate, Matteo da Campione (fine del '300) che lavorano al duomo di Milano, al duomo di Como, al duomo di Monza, alle tombe scaligere di Verona. E, accanto a costoro, pur senza esser disciplinati da collegi, v'è una bella schiera di pittori, da Giovanni da Como a Michelino da Besozzo.
Più tardi anche l'appellativo di maestri campionesi si va perdendo; ma la regione dei laghi seguita a produrre artefici valorosi e squisiti, che sempre diffondono in patria e fuori la secolare tradizione. Ricorderemo, tra i più famosi, i Briosco, scultori da Briosco in Brianza (fine del sec. XV); Andrea Fusina, scultore, da Campione (1506-1526); Agostino Busti, detto il Bambaja, scultore, da Busto (1480-1548); Cristoforo Lombardo, scultore, comacino; i Rodari, architetti e scultori, da Maroggia (fine del sec. XV, princ. XVI); i Solari stessi, la inestinguibile famiglia che signoreggiò in tutte le arti, a cavaliere del '500, son forse del lago di Lugano; poi giù, fino a Leone Leoni (1510-1592), il famoso scultore, da Menaggio; Pellegrino Tibaldi, l'architetto aulico di S. Carlo Borromeo, nato in Valsolda nel 1527. E, accanto, sempre un gruppo serrato di pittori, Donato Montorfano, Bernardino Luini, Marco d'Oggiono, il Lomazzo, il Morazzone ed altri.
Molti lavorano fuori di casa. A Venezia, Pietro e Tullio Lombardi, metà del '500, da Carona, tengono lo scettro dell'architettura e della scultura per lunghi anni; Baldassarre Longhena, da Bissone, in pieno '500, lavora a Venezia, a Genova, in Sicilia, a Roma. Nella Roma papale non pochi fra i migliori architetti sono comacini; Carlo Maderno, è, infatti, da Bissone; Martino Longhi da Viggiù; i Fontana da Melide; Francesco Borromini da Bissone. Ricordiamo infine quelli che emigrarono addirittura oltralpe in epoca anche tarda: Leone Leoni e Pellegrino Tibaldi che lavorarono all'Escuriale di Madrid; i Solari al Cremlino; il Quarenghi a Pietroburgo; i Fossati a Costantinopoli, dove assicurarono la saldezza di Santa Sofia.
Bibl.: F. De Dartein, Étude sur l'architecture lombarde et sur l'origine de l'architecture byzantine, Parigi 1865-1882; G. Merzario, I maestri comacini, Milano 1893; G. T. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda, 2ª ed., Milano 1908.