DINAMOELETTRICHE, MACCHINE
. Classificazione e proprietà generali. - Si definisce in generale macchina dinamoelettrica ogni apparecchio atto a trasformare, mediante il movimento di taluna delle sue parti, lavoro meccanico in lavoro elettrico, o viceversa. Nel primo caso la macchina funziona come generatore; nel secondo come motore. In qualche caso la macchina è destinata a convertire energia elettrica di una determinata forma in energia elettrica di altra forma, senza far luogo a una trasformazione intermedia di energia elettrica in energia meccanica o viceversa, e prende il nome di convertitrice; se la conversione è fatta esclusivamente mediante periodico cambiamento o inversione di collegamenti elettrici fra parti diverse di circuito, l'apparecchio viene definito commutatore, e come tale può funzionare indipendentemente da ogni altro apparecchio di produzione o utilizzazione dell'energia, ovvero formare parte di una macchina dinamoelettrica più complessa, la quale riceve in tal caso l'appellativo di macchina a commutazione. Affinché la macchina possa funzionare indefinitamente, è necessario che il movimeuto relativo delle sue parti assuma carattere periodico; praticamente esso avviene sempre in forma di rotazione attorno a un asse, onde la parte mobile prende il nome di rotore e quella fissa di statore.
Le forze elettromotrici, che provocano il passaggio delle correnti, hanno sempre origine nelle macchine dinamoelettriche da fenomeni d'induzione elettromagnetica, ossia dal moto relativo di conduttori elettrici rispetto a campi magnetici; le parti fondamentali della macchina, destinate a produrre il campo, ricevono perciò globalmente il nome di induttore, e quelle in cui hanno sede le forze elettromotrici il nome di indotto. Il flusso d'induzione è sempre provocato attraverso un'adatta ossatura magnetica dal passaggio di correnti elettriche, con essa concatenate, che vengono perciò denominate di eccitazione. A loro volta le correnti sviluppate generano nello spazio circostante campi d'induzione, che hanno per effetto di modificare l'intensità e la distribuzione di quello induttore, e vengono perciò considerati come campi di reazione.
Secondo che le correnti prodotte conservano nel tempo la stessa intensità e direzione, ovvero la mutano periodicamente, le macchine dinamoelettriche si dicono a corrente continua ovvero a corrente alternata. Attesoché per la natura stessa del movimento che dà loro origine, le variazioni di flusso attraverso alle spire indotte e le forze elettromotrici che ne scaturiscono hanno anche nelle macchine della prima categoria carattere alternativo, le differenze di potenziale e le correnti, nel circuito esterno, conservano direzione e grandezza costante per effetto di periodiche inversioni di collegamento, per effettuare le quali è indispensabile un organo commutatore. Nella maggior parte dei casi questo, oltreché per la commutazione, è contemporaneamente adibito anche per la trasmissione delle correnti dai circuiti mobili a quelli fissi o viceversa, e perciò si chiama collettore. I blocchi conduttori, a cui fa capo il circuito esterno e per mezzo dei quali si effettua quella trasmissione attraverso opportuni contatti striscianti, son detti spazzole.
Il passaggio delle correnti elettriche attraverso ai circuiti interni della macchina produce in ogni caso una dissipazione di energia per effetto della resistenza ohmica; la periodica variazione del flusso in talune parti dell'ossatura magnetica dà a sua volta origine ad altre dissipazioni per effetto dell'isteresi e delle correnti parassite. Altre perdite di energia, come in tutte le macchine, sono inerenti alla presenza di resistenze passive, come quelle di attrito dei perni contro i cuscinetti, delle parti in moto contro l'aria esterna, ecc. Ognuna di queste perdite ha per effetto una diminuzione dell'effetto utile, ossia della potenza elettrica o meccanica ricavabile dalla macchina, a parità di potenza meccanica o elettrica spesa per mantenerla in azione; il rapporto della prima alla seconda caratterizza il rendimento della macchina. Siccome d'altronde tutta l'energia dissipata si converte in calore, e questo ha per effetto di sopraelevare la temperatura della macchina rispetto all'ambiente esterno, ai fini della conservazione di essa assume importanza la limitazione del suo sovrariscaldamento, a cui si provvede con opportuni artifizî di refrigerazione.
Ogni macchina dinamoelettrica, sottoposta a un determinato regime, assume un comportamento caratteristico in dipendenza delle sue modalità di struttura e di alimentazione, e ogni parametro, inerente al suo funzionamento, segue una determinata legge di variazione in rapporto agli altri. I legami che intercedono fra i diversi parametri si possono in parte prevedere col calcolo, in parte determinare con misure sperimentali; nella maggior parte dei casi giova riassumerli graficamente in coordinate cartesiane o polari mediante curve, a cui si dà il nome di caratteristiche. Se l'andamento naturale di una di queste non è confacente all'indole del servizio che la macchina deve prestare, esso si può correggere ad arte, modificando la relazione degli elementi interni ed esterni, e le operazioni all'uopo occorrenti prendono il nome di regolazione.
Il tracciamento delle caratteristiche e la misura delle perdite inerenti al funzionamento e delle conseguenti sopraelevazioni di temperatura, insieme con le verifiche del rendimento e della regolazione, formano l'oggetto fondamentale delle prove di collaudo sulle macchine già costruite. Delle macchine nuove il progetto ha come elementi fondamentali i fattori della potenza elettrica, ossia la forza elettromotrice e l'intensità della corrente, a cui devono strettamente subordinarsi i principali elementi elettrici, magnetici e meccanici.
Generatrici di corrente continua.
Principali forme d'indotto. Calcolo della forza elettromotrice. - L'ossatura generale delle macchine a corrente continua ha assunto, soprattutto nei primi tempi del loro sviluppo, forme assai disparate, in dipendenza dei diversi criterî a cui i primi fabbricanti s'ispirarono nelle loro costruzioni (v. elettrotecnica). A. Pacinotti concepì (1860) la forma di indotto ad anello di ferro laminato, sopra il quale il filo era avvolto in unica spirale, così da ricoprire uniformemente tutto il nucleo; le due estremità erano saldate fra loro, e un certo numero di punti intermedî ed equidistanti era elettricamente collegato con altrettanti segmenti metallici isolati, costituenti nel loro insieme un sistema cilindrico, destinato a funzionare da commutatore. L'induttore era in conseguenza foggiato a guisa di un sistema di ganasce polari, abbracciante con interposizione di un breve spazio d'aria o interferro il nucleo indotto, e rilegato mediante braccia radiali a una corona esterna, costituita al pari delle ganasce e delle braccia polari con ferro di buona qualità. Sulle braccia erano avvolte le spirali di eccitazione, percorse dalla corrente della stessa macchina, ovvero da altra attinta a una sorgente esterna. A ogni regione interpolare corrispondeva nel movimento delle spire una posizione di flusso massimo, ossia di forza elettromotrice nulla, e in coincidenza di essa si appoggiavano sul collettore le spazzole per la raccolta della corrente. Questa si distribuiva perciò nell'interno con eguale intensità in altrettanti rami, quante erano le estremità polari, ognuno dei quali era sede di forze elettromotrici concomitanti e simmetriche a quelle degli altri rami, e faceva capo ai due gruppi di spazzole alternativamente positive e negative, onde si dipartiva il circuito esterno. Ogni spirale elementare risultava in tal modo commutata nei riguardi di questo circuito nell'atto in cui oltrepassava la posizione di una spazzola, come mostra la fig. 1. La stessa forma di indotto venne pochi anni dopo adottata da Zenobio Gramme nella costruzione delle prime macchine dinamoelettriche di tipo industriale, di cui un esemplare si ha nella fig. 2.
Hefner Alteneck presso la Casa Siemens ideò l'indotto a tamburo, nel quale il nucleo ha ancora la forma di una corona anulare di ferro laminato, ma viene avviluppato dai fili unicamente alla superficie esterna; essi vengono perciò allogati sulla periferia secondo altrettante generatrici, a costituire le spire elementari, ognuna delle quali deve avere i tratti attivi a tale distanza, da utilizzare le forze elettromotrici indotte dal movimento contemporaneo sotto l'influenza di nuclei contigui di opposta polarità. Nelle macchine multipolari, fornite cioè di due o più coppie polari, questo avvolgimento può essere eseguito con carattere elicoidale (fig. 3) ovvero con carattere ondulato (fig. 4). La prima forma si adatta ai cosiddetti aggruppamenti in parallelo, per i quali la corrente, a somiglianza di ciò che accade negli avvolgimenti ad anello, si fraziona in altrettanti rami interni, quante sono le estremità polari, e in ognuno di questi si sommano le forze elettromotrici sviluppate dal campo di una singola regione polare; la seconda forma caratterizza gli aggruppamenti in serie semplice e in serie parallele, nei quali il numero di rami interni non è più necessariamente eguale a quello dei poli, e ognuno di essi somma in sé forze elettromotrici dovute all'influenza di tutte le facce polari.
Storicamente ebbe una certa diffusione anche un terzo tipo di avvolgimento indotto, detto a disco, le cui spire, a guisa di settori circolari, erano allogate alla superficie di un disco sottile di materiale isolante, mantenuto in rotazione fra una doppia corona di nuclei magnetici, di opposta polarità (fig. 5).
Le macchine moderne a corrente continua sono nella grande maggioranza dotate di armatura cilindrica a tamburo con avvolgimento elicoidale od ondulato e con induttore multipolare; questo, in confronto dell'induttore bipolare, permette a parità di potenza di alleggerire sostanzialmente l'ossatura magnetica, riducendo l'ampiezza angolare e la sezione trasversale dei gioghi, intesi a offrire una riluttanza convenientemente esigua al flusso emanante da ogni coppia polare; non conviene naturalmente esagerare nel numero dei poli, attesoché diminuisce in ragione inversa la distanza delle spazzole alla superficie del collettore, e il numero di lamelle fra cui si suddivide la tensione totale. Si sogliono misurare le distanze dei fili utili, fra loro collegati a costituire la successione delle spire, in parti aliquote della periferia dell'armatura, corrispondenti alla distanza media di due fili contigui; il numero di queste parti o unità, che determina la distanza fra gli estremi anteriori o fra quelli posteriori dei fili predetti, prende il nome di passo, e, con riferimento all'osservatore che guarda la macchina dalla parte del collettore, si suole distinguere il passo anteriore da quello posteriore; la loro somma misura nelle loro stesse unità la distanza fra i punti d'origine di due spire (o spirali elementari) successive, e si denomina passo totale. La distanza che intercede fra i segmenti del collettore, a cui fa capo una medesima spira o spirale elementare, misurata in unità corrispondenti alla distanza di due segmenti contigui, vien detta passo del collettore.
Fra i due passi elementari e il numero totale dei fili utili, il numero di coppie polari e quello dei rami interni dell'avvolgimento devono intercedere per la continuità e simmetria di questo determinate relazioni.
Il calcolo della forza elettromotrice indotta nell'avvolgimento di armatura si può eseguire con estrema semplicità, sempreché il numero dei fili utili, costituenti ognuno dei rami interni, sia così elevato da permettere di considerare quella forza elettromotrice (che s'indicherà col simbolo f. e. m.) praticamente costante nel tempo, ossia di trascurare le piccole differenze che intercedono fra i valori istantanei e quello medio; questo è ammissibile nella maggior parte dei casi, per cui la f. e. m. risultante può ragguagliarsi a quella media, indotta in ognuno dei fili utili, e moltiplicata per il numero dei fili costituenti uno dei rami interni paralleli.
Se l'armatura compie n giri al secondo di fronte a un induttore composto di p coppie polari, e ognuno dei poli dà luogo a un flusso utile di Φ linee unitarie, la forza elettromotrice media, indotta in ogni filo utile, diventa eguale per la legge di Faraday al numero di linee d'induzione, tagliate nell'unità di tempo, ossia a n × 2 Φ p. Se il numero di rami interni dell'avvolgimento è 2 a, ognuno di essi comprende N/2a fili utili, onde la f. e. m. in esso indotta è misurata in unità assolute da nN Φ p/a. In unità pratiche, ognuna delle quali (i volta) ha la grandezza di 108 unità assolute, la f. e. m. di ogni ramo e quella risultante di tutta la macchina prende perciò l'espressione:
Questa formula ha carattere generale e si può applicare anche alle macchine che non hanno un avvolgimento d'armatura chiuso secondo il tipo di Pacinotti e di Hefner Alteneck, ma sono costituite da un ristretto gruppo di spirali interne, aperte alle estremità e rilegate ai segmenti metallici dell'organo di raccolta e di commutazione, come le prime macchine americane adoperate per l'alimentazione delle lampade ad arco in serie; o comprendono un piccolo gruppo di conduttori mobili entro un campo di direzione costante, come le macchine omopolari, di rado adoperate.
Fenomeni di reazione e di commutazione. - Sebbene nel calcolo della forza elettromotrice complessiva figuri unicamente il flusso totale, uscente da ogni polo e intersecato da ogni filo utile due volte in ogni periodo magnetico, ha importanza nel funzionamento della macchina la sua distribuzione nello spazio e ogni modificazione che venga prodotta dalla reazione elettromagnetica dell'armatura. Questa è evidentemente nulla quando la macchina cammina a vuoto, senza che l'armatura sia attraversata da alcuna corrente, e trascurabile quando la corrente prelevata fra le spazzole serve unicamente alla eccitazione e assume di fronte alla corrente normale un'intensità piccolissima; la distribuzione del campo in questi casi è solamente subordinata all'eccitazione esterna e alla configurazione del circuito magnetico. Nella maggior parte dei casi la riluttanza dell'interferro assume la massima entità di fronte a quella degli altri tronchi, e dà luogo alla maggiore caduta di potenziale magnetico in confronto delle scarpe polari e del nucleo di armatura; se l'interferro ha spessore costante, il campo vi assulme perciò una distribuzione uniforme, in assenza dei fenomeni di reazione, come dimostra la fig. 6 A. La distribuzione delle f. e. m. nelle spire risulta allora simmetrica rispetto al piano medio interpolare, e in corrispondenza di questo si devono appoggiare le spazzole sul collettore per la migliore utilizzazione della f. e. m. complessiva.
Se però l'armatura fornisce corrente al circuito esterno, i fili dell'avvolgimento producono nello spazio un campo d'induzione, le cui linee si profilano in senso trasversale a quelle del campo principale come è indicato nella fig. 6 B, e, alterando la distribuzione del campo risultante, obbligano, per la migliore utilizzazione della f. e. m., a spostare le spazzole in avanti nel senso della rotazione. Per questo spostamento, come è indicato nella fig. 7, il fenomeno di reazione si complica ulteriormente, attesoché la parte dei fili utili, sottesa alle facce polari, continua a esercitare la sua azione nel senso trasversale, ma quella contenuta nell'angolo compreso fra il piano delle spazzole e il suo simmetrico è ora attraversata dalle correnti in senso tale, da produrre un campo magnetico contrario a quello dell'induttore.
Dei due fenomeni di reazione il secondo, che ordinariamente si denomina antagonista, ha carattere più pregiudizievole al funzionamento regolare della macchina, poiché ne riduce il flusso a parità di eccitazione e ne abbassa la f. e. m. al crescere del carico; il primo, detto ordinariamente trasverso, non ha in generale altro effetto se non quello di modificare la distribuzione del campo sotto le facce polari, e non altera il flusso complessivo ove non sia particolarmente saturo il circuito magnetico, si che per la nuova distribuzione del campo abbia a subire un sensibile aumento di riluttanza.
Il più semplice artificio per ovviare al campo antagonista è naturalmente quello di mantenere nel piano mediano le linee di appoggio delle spazzole (linee di commutazione). La cosa si rende possibile se, all'ossatura induttrice, si aggiungono altrettanti nuclei magnetici ausiliarî, intercalati fra i poli principali, a cui si conferisce la polarità voluta (concorde a quella dei poli successivi) mediante la corrente stessa del circuito di utilizzazione. Tali nuclei sono schematicamente indicati nella fig. 8, e, sebbene abbiano per effetto di compensare la reazione trasversa nella stretta zona sottoposta alle loro facce polari, producendovi un campo di direzione contraria, non bastano ad annullarla in tutta l'estensione dell'armatura; essi perciò vengono caratterizzati col nome di poli di commutazione.
Ove la compensazione totale del campo trasverso si renda necessaria, è indispensabile ricorrere a un avvolgimento ausiliario, allogato sullo statore della macchina, e possibilmente nell'immediata contiguità di quello d'armatura, rispetto al quale esso dev'essere attraversato dalla stessa corrente in senso contrario, come mostra la fig. 9. Tale aggiunta complica notevolmente la costruzione e aggrava il peso e il prezzo della macchina, per cui non suole realizzarsi se non in caso di necessità, e segnatamente in quelle unità di grande potenza, ove l'utilizzazione dello spazio e dei materiali è spinta al limite estremo, sì che una deformazione apprezzabile del campo nell'interferro potrebbe occasionare inconvenienti intollerabili (eccesso di f. e. m. nei gruppi elementari, di perdite magnetiche nei denti, ecc.). Laddove la conoscenza del flusso risultante basta per il calcolo della f. e. m. complessiva, occorre per le esigenze della commutazione conoscere la distribuzione dei flussi accessorî onde la f. e. m. occorrente dev'essere generata.
Astraendo da tutte le complicazioni inerenti al calcolo dei parametri relativi, la commutazione dei gruppi elementari non può avvenire regolarmente, se non quando alla graduale inversione della corrente si accompagni quella parimenti graduale della f. e. m., si che nessuna differenza eccessiva di potenziale si manifesti fra parti metalliche che stanno per venire a contatto o per separarsi fra loro, capace di stabilire fra esse lo scintillamento, e in nessun istante la densità di corrente attraverso alla superficie di contatto assuma valori esagerati. Teoricamente si richiederebbe per una commutazione perfetta l'applicazione dall'esterno di una f. e. m., la quale facesse in ogni istante equilibrio a quella che si sviluppa nel gruppo di fili in commutazione per la variazione del flusso con esso concatenato. Praticamente può bastare che la f. e. m. media applicata dall'esterno faccia equilibrio a quella mediamente sviluppata nell'interno, la quale è direttamente proporzionale all'induttanza media del gruppo e inversamente alla durata di commutazione. La variazione della corrente si fa in tal caso con legge sensibilmente lineare, ed è accompagnata dalla minima dissipazione di energia al contatto della spazzola col collettore.
L'induttore delle macchine dinamoeletriche. Calcolo della forza magnetomotrice. - I criterî principali a cui si uniforma la costruzione dell'induttore, sono comuni a tutte le macchine destinate a sviluppare flussi costanti, come i generatori e motori per corrente continua e le macchine sincrone per corrente alternata. In ognuna di esse l'induttore può costituirsi di ferro massiccio a guisa di una ossatura periferica, destinata a portare i nuclei sporgenti verso l'indotto, alternatamente eccitati con polarità positiva e negativa mediante altrettante spirali attraversate dalla corrente magnetizzante, che si può derivare dalla stessa macchina, ovvero da una sorgente estranea di forza elettromotrice. Fanno eccezione per la forma le macchine omopolari, il cui induttore, in tutta l'estensione delle facce polari, sviluppa un campo della medesima direzione, e talune macchine moderne di grande velocità, nelle quali l'induttore è a sua volta costituito con corone circolari di ferro laminato, solcate da scanalature analoghe a quelle dell'indotto per accogliere le spirali di eccitazione e, ove occorra, quelle di compensazione del campo trasverso. La distinzione fra induttori bipolari e multipolari non ha importanza fondamentale, attesoché molte macchine moderne, di piccola potenza e velocità limitata, assumono parecchie coppie polari per ragioni di economia costruttiva, laddove molte altre di grande potenza e di velocità angolare elevata ne posseggono una semplice coppia. La considerazione delle perdite magnetiche nell'armatura, unitamente a quelle del peso e della estensione da attribuire alle diverse membrature, subordinatamente all'entità dei fenomeni di reazione e alla distribuzione del potenziale sulla periferia del collettore, forniscono in ogni caso elementi precisi per la scelta delle diverse dimensioni in relazione alla potenza e velocità angolare della macchina.
Il ferro dolce, che fra tutti i materiali magnetici offre la massima permeabilità, è per ragioni costruttive limitato a quelle parti la cui lavorazione al maglio e alla forgia non presenta eccessive difficoltà. La ghisa e l'acciaio dolce si possono indifferentemente adoperare nelle fusioni di pezzi aventi sagome più complicate, ma si differenziano profondamente tra loro in relazione al prezzo e alla permeabilità, per cui la scelta è particolarmente subordinata alle condizioni speciali d'ingombro assegnate a ogni macchina. Materiali di qualità eccezionale, come il ferro elettrolitico e alcune leghe speciali di permeabilità elevatissima, non hanno ancora trovato impiego nelle costruzioni industriali, per ragioni di prezzo e difficoltà di lavorazione.
Nel calcolo dell'eccitazione soccorre il teorema fondamentale dei circuiti magnetici, che stabilisce la proporzionalità fra la circuitazione della forza magnetica e la complessiva forza magnetomotrice commisurata al numero Nm im di amperspire concatenato. Sostituendo ai valori singoli della forza quelli medî dell'induzione magnetica divisi per la permeabilità, e a questi i valori corrispondenti del flusso divisi per la sezione, la forza magnetomotrice assume l'espressione:
Suddiviso il circuito magnetico in tronchi, lungo ognuno dei quali resti sensibilmente costante il flusso nonché la sezione e la natura del materiale, e quindi anche la permeabilità, quell'integrale definito può sostituirsi con la somma di altrettanti integrali parziali, di cui ognuno corrisponde a un tronco, con particolare riferimento alle sue dimensioni e alla permeabilità, nonché al flusso che lo attraversa:
I termini:
sono atti in tal modo a caratterizzare la resistenza magnetica opposta da ogni tronco al passaggio del flusso corrispondente, e vengono anche indicati col nome di riluttanze. A differenza delle resistenze elettriche, le quali dipendono unicamente dalle dimensioni del conduttore e dalla natura del materiale, ma non dall'intensità della corrente, le resistenze magnetiche risultano funzioni della permeabilità e quindi dell'induzione. Ad eccezione del termine relativo all'interferro, cui compete il valore unitario della permeabilità, ognuno degli altri contiene al denominatore la permeabilità, la quale non altrimenti si può ricavare, se non dalla curva di magnetizzazione del materiale di cui il tronco è composto, ossia dalla linea che ha per ordinate i valori medî dell'induzione e per ascisse quelli corrispondenti della forza magnetica. Procedendo sistematicamente in questa guisa, e lasciando variare fra determinati limiti il flusso utile e la f. e. m., si ottiene per ogni tronco una curva di parziale eccitazione, le cui ascisse, sommate con quelle di tutte le altre che hanno riferimento ai medesimi valori dell'ordinata, forniscono le ascisse della curva totale di eccitazione; questa in ogni condizione intermedia permette di determinare senz'altro la forza magnetomotrice da applicare per ottenere la prestabilita forza elettromotrice. Dal nome dell'autore che primieramente ne indicò il tracciamento, tale curva viene anche individuata come caratteristica di Hopkinson. Un procedimento analogo si segue anche nel calcolo dell'eccitazione dei poli ausiliarî, mettendo a base l'intensità del campo che essi devono sviluppare nelle loro regioni d'interferro, per produrre la f. e. m. occorrente alla commutazione.
Dovendo questa crescere nella stessa ragione della corrente d'armatura, l'eccitazione è sempre fatta in serie col circuito esterno, e le dimensioni dei nuclei vengono prestabilite in modo che ne risulti bassa la saturazione e sensibilmente costante la riluttanza al pari di quella dell'interferro. Non perciò risulta piccola in generale la forza magnetomotrice da applicare al circuito magnetico di commutazione, attesoché per esso agiscono in senso antagonista al flusso desiderato tutti gli amperfili trasversi del circuito d'armatura, i quali perciò devono essere rispetto al campo di commutazione completamente controbilanciati, a meno che non intervenga in sede separata un adatto circuito di compensazione.
Diversi modi di eccitazione. Caratteristiche di funzionamento. - Si distinguono quattro modi principali di eccitazione delle macchine a corrente continua: indipendente, in serie, in derivazione, e composta. La prima è fatta da una sorgente estranea alla macchina, e s'intende perciò indipendente dal carico; la seconda è ottenuta con la corrente stessa dell'armatura e del circuito esterno; la terza mediante una corrente derivata fra le spazzole, in parallelo con quella di utilizzazione; la quarta mediante gruppi distinti di spire, attraversati generalmente in senso concorde dalla corrente principale e da una derivata, ma in casi speciali dalle stesse correnti in senso discorde (eccitazione differenziale), ovvero da correnti attinte in parte alla stessa macchina e in parte a sorgenti estranee. Gli schemi delle quattro forme fondamentali sono riportati nelle figg. 10, 11, 12, 13.
La grandezza che si mette a base nello studio del comportamento della macchina è generalmente l'intensità della corrente esterna; a questa si sogliono perciò riferire le curve della forza elettromotrice (caratteristica totale) e della tensione ai morsetti (caratteristica esterna), che sono le più importanti, e quelle della potenza, del coefficiente di rendimento, ecc., le quali si deducono ovviamente dalle prime. Per il tracciamento di queste si parte in ogni caso dalla caratteristica magnetica, la quale stabilisce il legame tra la forza magnetomotrice, ossia la corrente di eccitazione, e la grandezza del flusso, ossia della forza elettromotrice, ammessa costante la velocità.
Non potendosi far luogo in questa sede a uno sviluppo sistematico di questo problema, basterà mostrarne il procedimento nei casi più semplici e importanti. Per una macchina a eccitazione indipendente, supponendo che la caratteristica magnetica abbia l'andamento della linea OE0 nella fig. 14, questa indica il modo di ricavarne per punti la caratteristica totale e quella esterna. Per ottenere le ordinate della prima, basta in verità sottrarre alle ascisse di quella magnetica, come OA, i segmenti che corrispondono alla reazione antagonista b1 c1 onde risulta individuata la forza elettromotrice risultante Ab1: da questa, detraendo la caduta interna di potenziale b1 a1, si ottiene la tensione disponibile ai capi del circuito esterno. Entrambe le ordinate sono riportate nella parte sinistra della figura in corrispondenza dell'ascissa che misura la corrente di carico considerata. L'intensità massima di corrente si otterrebbe a regime con la macchina in corto circuito, nella condizione in cui tutta la f. e. m. è assorbita dalla resistenza ohmica e la tensione esterna si annulla; nelle dinamo di piccola resistenza e reazione tale corrente è peraltro così intensa, da non potersi impunemente sopportare dall'armatura e dal collettore. In un corto circuito istantaneo la corrente può raggiungere intensità anche maggiori, prima che si sia abbassato il flusso in relazione alla reazione antagonista.
Il tratto di caratteristica, entro il quale la macchina a eccitazione indipendente suole utilizzarsi in pratica, è quello superiore, lungo il quale la caduta di f. e. m. e di tensione, subordinatamente alla scelta di opportuni elementi costruttivi, può essere assai piccola, e correggersi, ove occorra, mediante artifizî adatti di regolazione, ossia mediante variazione adeguata della corrente di eccitazione.
La potenza utile e quella totale si possono nella figura ragguagliare alle aree intercette in ogni condizione di carico dagli assi delle ordinate e delle ascisse, e dalle parallele a questi tirate dal punto corrispondente della caratteristica esterna e di quella totale. La potenza totale cresce in continuazione con la corrente; quella utile assume un massimo per quella corrente, in corrispondenza della quale la caratteristica esterna risulta tangente all'estrema iperbole equilatera di potenza costante. Il rendimento elettrico interno è individuato dal rapporto di questa potenza utile a quella totale, ossia delle ordinate della caratteristica esterna a quelle della totale, e raggiunge perciò il valore 1 a vuoto e o in corto circuito. Il rendimento complessivo della macchina varia con legge più complicata in relazione alle perdite di energia inerenti al ferro e all'eccitazione, nonché a quelle meccaniche.
Per una macchina in serie la costruzione si semplifica, in quanto la caratteristica magnetica si confonde con quella totale, in assenza dei fenomeni di reazione, e anche in presenza di questi la seconda si può dedurre dalla prima portando alle rispettive ascisse i supplementi che corrispondono alla forza magnetomotrice antagonista, e che crescono proporzionalmente al carico, se le spazzole restano in posizione fissa (fig. 15). Il passaggio dalla caratteristica totale a quella esterna si fa ancora sottraendo alle ordinate della prima le cadute ohmiche interne, dovute alla resistenza di armatura e a quella del circuito di eccitazione, crescenti a loro volta in proporzione della corrente. Mentre la caratteristica totale continua a salire lentamente oltre al ginocchio, quella esterna raggiunge adunque un punto di ordinata massima, nella contiguità del quale essa conserva per un certo tratto un andamento pianeggiante; ma, oltre questo, essa nuovamente si abbassa, e teoricamente incontra l'asse delle ascisse per quella corrente, che nelle resistenze interne dà luogo al consumo di tutta la f. e. m.
Praticamente non è possibile adoperare la macchina in serie per tensione costante, attesoché l'intervallo pianeggiante in contiguità del punto di ordinata massima della caratteristica esterna è eccessivamente ristretto, e non si può raggiungere se non elevando la corrente per gradi dall'intensità nulla per cui la macchina è diseccitata, ovvero riducendola da quella di corto circuito, che non sempre può essere impunemente sopportata. Non resta dunque utilizzabile la macchina se non nell'ultimo tratto della caratteristica, attesoché il primo non offre la voluta stabilità, e, siccome l'andamento naturale della curva si abbassa molto lentamente verso l'asse delle ascisse, si adatta ad arte la macchina a produrre correnti sensibilmente costanti al variare della tensione, deformandone l'ultimo tratto di caratteristica, in modo da conferirgli un andamento sensibilmente verticale. La cosa si rende possibile ricorrendo a opportuni artifizî di regolazione, i quali possono consistere nella distrazione di una parte della corrente dal circuito di eccitazione mediante una resistenza in parallelo; nella diminuzione del numero di spire magnetizzanti mediante un apposito organo collettore; nello spostamento graduale delle spazzole in modo da utilizzare una parte variabile delle spire d'armatura; e finalmente nella modificazione della velocità della macchina. I due primi artifizî vennero usati in parecchie macchine americane di vecchio tipo, destinate all'alimentazione dei gruppi di lampade ad arco in serie per l'illuminazione stradale; i due ultimi vengono ancora adoperati correntemente nei pochi impianti in serie per la trasmissione dell'energia con corrente costante secondo il sistema dell'ingegnere Thury.
Nelle macchine in derivazione la corrente di armatura ia si fraziona alle spazzole in due parti; una destinata all'eccitazione im l'altra al circuito esterno ie, onde sussiste la relazione:
La stessa differenza di potenziale regna perciò ai capi dei due circuiti derivati, e si può mettere in relazione con le rispettive resistenze e correnti:
Per il tracciamento delle due caratteristiche più importanti, totale ed esterna, conviene ancora qui partire da quella magnetica, la quale, con riferimento alla im assume l'andamento della linea Ob della fig. 16. Le sue ordinate, nella scala dei potenziali, misurano le f. e. m. in assenza dei fenomeni di reazione, e da esse sottraendo le tensioni esterne, le quali sono proporzionali a im e quindi rappresentate dalle ordinate della retta, che ha per angolo d'inclinazione arctang rm, si ottengono per differenza le cadute interne di potenziali ra ia. Questi segmenti, divisi a loro volta per ra, ossia considerati come cateti verticali di altrettanti triangoli rettangoli, le cui ipotenuse hanno per angolo d'inclinazione arctang ra, forniscono come cateti orizzontali la misura delle correnti d'armatura ia. I segmenti, intercetti su quelle orizzontali a destra dell'asse delle ordinate, misurano perciò le correnti esterne ie, e i loro estremi individuano altrettanti punti della caratteristica esterna, i cui corrispondenti della caratteristica totale si ottengono aggiungendo alle ordinate le cadute di potenziale nell'armatura.
Se interviene nella macchina una reazione antagonista, la forza magnetomotrice corrispondente, espressa in unità della corrente magnetizzante im, deve sottrarsi all'ascissa della caratteristica magnetica, e fornisce il valore nuovo della f. e. m., in base al quale si deduce con la stessa costruzione la nuova ascissa della caratteristica esterna e di quella totale. La costruzione riportata in figura indica la forte diminuzione della corrente massima, che la macchina è in grado di sviluppare, e la contrazione che entrambe le caratteristiche subiscono, malgrado l'esiguità della reazione introdotta in confronto della caduta ohmica interna.
Il funzionamento della macchina è instabile nel tratto inferiore delle caratteristiche, ove una diminuzione comunque piccola della resistenza esterna produce una forte diminuzione della differenza di potenziale e della corrente, e tende a diseccitare la macchina. Questa pertanto viene unicamente utilizzata nel tratto superiore, ove le due caratteristiche si vanno tanto più lentamente abbassando al crescere della corrente, quanto più piccole sono la resistenza e reazione di armatura, e forte la saturazione dell'ossatura magnetica, ossia piccola l'inclinazione della caratteristica magnetica. La regolazione della macchina per tensione costante o crescente col carico si effettua, agendo a mano ovvero automaticamente sopra il reostato di eccitazione, e la costruzione grafica, inversa a quella eseguita per il tracciamento della caratteristica esterna, permette di rintracciare senza difficoltà la variazione da attribuire all'eccitazione, per riportare i punti di quella caratteristica a un'altezza prestabilita. Invece di regolare a mano o automaticamente la tensione prodotta da una dinamo in derivazione nella misura richiesta dal servizio di distribuzione agendo sul reostato di campo, è possibile sopperirvi mediante un'eccitazione supplementare, disponendo sopra i medesimi bracci polari un certo numero di spire attraversate dalla corrente totale di armatura ovvero da quella del circuito esterno. Si ha così la macchina a eccitazione composta o compound, di cui lo schema è stato già indicato nella fig. 13, e di cui le caratteristiche totale ed esterna assumono un andamento più complicato di quello delle macchine precedenti.
Nella marcia a vuoto la macchina composta agisce identicamente a quella in parallelo, e la sua condizione è caratterizzata dal punto d'incontro della curva di eccitazione con la retta che forma con l'asse delle ascisse un angolo arctang rm (fig. 16). Al crescere del carico cresce il supplemento di eccitazione, che si rende necessario per mantenere la tensione costante, più rapidamente del carico, in ragione della decrescente pendenza della caratteristica magnetica, e se a esso si vuol provvedere mediante un gruppo invariabile di spire in serie, attraversate dalla corrente principale, il numero di queste si può determinare senza difficoltà in modo da conferire esattamente alla macchina la tensione voluta per un carico singolo; esso però risulta teoricamente esuberante ai fini della regolazione per tutti i carichi minori, e deficiente per quelli superiori al carico fondamentale considerato. In conseguenza di ciò la caratteristica esterna si sopraeleva gradualmente fino a un massimo al variare del carico da zero verso il valore prestabilito, in corrispondenza del quale nuovamente si riabbassa al valore normale, e resta inferiore a questo per tutti i carichi superiori. Le divergenze dal valore normale sono peraltro tanto più piccole, quanto meno la caratteristica magnetica si allontana nell'intervallo considerato da una retta.
Le macchine a eccitazione composta sopperiscono vantaggiosamente alle esigenze dei servizî a potenziale costante, nei quali le variazioni di carico si manifestano così bruscamente, da rendere imipossibile o inefficace la regolazione a mano o automatica, che per altri riguardi potrebbe essere più accurata; esse perciò vengono comunemente usate negl'impianti di trazione e di sollevamento. Se l'impiego deve essere fatto in parallelo con batterie di accumulatori cosiddette a repulsione, con numero di elementi invariabile, la caratteristica esterna orizzontale o saliente col carico male si presta alla giusta ripartizione di questo, alla quale è perciò indispensabile provvedere con gruppi survoltori-devoltori, ovvero con altri artifizî di regolazione.
L'eccitazione supplementare in serie di una macchina composta si può anche predisporre in modo che la sua forza magnetomotrice, anziché sommarsi, si sottragga a quella delle spirali in derivazione, ovvero a quella fornita da sorgenti separate, o ancora si combini variamente con entrambe. Si hanno cosi le macchine a eccitazione differenziale, le cui caratteristiche si possono adattare alle esigenze più svariate dei servizî di distribuzione. Nelle dinamo per illuminare i treni, lasciando agire in senso antagonista a un'eccitazione indipendente una in serie, si ottiene entro un largo intervallo di velocità una tensione quasi costante, e se quella eccitazione indipendente, anziché alla dinamo principale, si conferisce a un'eccitatrice intermedia, la quale rovesci la propria polarità all'invertirsi della marcia, la tensione risulta praticamente indipendente anche dal senso di marcia del treno. Lo schema di un tale collegamento si può riprodurre con diverse varianti, anche fondendo in una macchina unica l'eccitatrice e la macchina principale, come ha fatto il Rosenberg. Lasciando agire un'eccitazione in serie in senso contrario a una indipendente e a una derivata, concordi fra loro, è possibile deformare la caratteristica esterna fra i limiti estremi di quelle che competerebbero alla stessa macchina affetta dalla sola eccitazione in parallelo o dalla sola eccitazione indipendente. Proporzionando convenientemente le tre eccitazioni, si può quindi ottenere una caratteristica esterna quasi perfettamente verticale nell'ultimo tratto, ovvero leggermente concava verso l'origine, quale vantaggiosamente si adatta all'alimentazione degli archi nei proiettori e degli apparecchi per saldatura elettrica secondo il suggerimento di Osnos.
Una questione importante, che si presenta per le macchine dinamoelettriche a corrente continua in dipendenza dal loro diverso modo di eccitazione, riguarda il loro accoppiamento negl'impianti in cui una sola unità non è sufficiente alla produzione di tutta la potenza richiesta. Tale questione si risolve facilmente, considerando le loro proprietà caratteristiche e la singola adattabilità alle esigenze dei diversi servizî. È difatti chiaro che le macchine con eccitazione indipendente, in derivazione, o composta, le quali posseggono caratteristiche pianeggianti e suscettibili di facile regolazione, bene si adattano ai servizî in parallelo con tensione costante; e come tali si possono accoppiare in parallelo, commisurando la potenza del gruppo alla richiesta erogazione. Ciò non vieta che due o più unità di questo genere vengano anche eventualmente raggruppate in serie, ove interessi avere fra i morsetti estremi una tensione multipla di quella di ogni singola macchina, utilizzando le tensioni intermedie in una cosiddetta distribuzione a più fili. Si ottiene in tal modo il vantaggio di potere separatamente regolare ogni macchina per la tensione desiderata col dovuto riguardo al carico parziale rispettivo, ma si perde quello di concentrare tutta la produzione in un'unica unità di tensione e potenza più elevata. Ove questa si voglia adottare, la ripartizione delle tensioni intermedie si può effettuare con gruppi divisori di macchine elementari, montate solidariamente sopra un medesimo asse, e alimentate come motori in serie sotto la tensione principale, così da poter funzionare singolarmente come generatrici di compensazione per le potenze che taluno dei circuiti derivati possa assorbire in eccesso rispetto agli altri. Le macchine con eccitazione in serie si possono dal canto loro normalmente accoppiare in serie, al fine di produrre tensioni più alte di quelle ond'è capace ognuna di esse, restando tutte vincolate a portare la stessa corrente. La regolazione non potrebbe in tali condizioni facilmente effettuarsi, agendo sulle singole eccitazioni, e si fa perciò di preferenza con apparecchi automatici, che spostano in ogni macchina le spazzole o variano solidariamente le velocità. Le macchine a eccitazione differenziale sono quasi sempre predisposte in modo da sopperire mediante una sola unità tutta l'energia occorrente per una singola applicazione.
Perdite di energia. Sovrariscaldamento. Coefficiente totale di rendimento. - Le perdite di energia che accompagnano il funzionamento di una macchina dinamoelettrica sono già state elencate nel capitolo sulle proprietà generali, e comprendono quelle elettriche, quelle magnetiche e quelle meccaniche. Ognuna di esse ha sede in una parte distinta della macchina, alla quale viene pertanto conferita la quantità corrispondente di calore, e in conseguenza una sopraelevazione di temperatura che, per la sicurezza dell'esercizio, deve contenersi entro limiti convenienti. Mentre si conosce con sufficiente approssimazione la distribuzione delle perdite nelle diverse parti della macchina, quella delle temperature risulta in genere più complicata e inaccessibile a un calcolo rigoroso, a causa della disuniforme ripartizione dei materiali, affetti da diversa conduttività, onde la previsione della temperatura media di ogni membratura non può effettuarsi senza ricorrere a ipotesi semplificative.
La prima e più comune è quella che varii uniformemente la temperatura in ogni singola parte di macchina, nella quale è nota la dissipazione complessiva di energia per causa elettrica o magnetica o meccanica. La legge di variazione nel tempo, dopo che la macchina ha iniziato il suo funzionamento, risulta allora particolarmente semplice, e lascia facilmente prevedere la temperatura finale, verso cui la parte di macchina tende al prolungarsi del carico, nella condizione di regime definitivo. Questa dipende unicamente dagli elementi superficiali, e può senz'altro riferirsi alla potenza dissipata, in quanto essa è l'equivalente del calore sviluppato nell'unità di tempo; basta all'uopo misurare nelle unità corrispondenti il coefficiente di trasmissione esterna, il quale a sua volta dipende eminentemente dalle condizioni superficiali di raffreddamento, e in particolare dalla velocità periferica, ove si tratti di parti in movimento. Se la macchina è sottoposta a un funzionamento intermittente ovvero a un carico variabile, la trattazione del problema diventa più complicata, e la previsione della temperatura non può farsi se non con una certa approssimazione. In pratica è frequente il caso in cui gl'intervalli di funzionamento, con e senza carico, si succedono con una certa regolarità. Se restano immutate le condizioni di raffreddamento, la sopraelevazione massima di temperatura può ancora dedursi da un calcolo molto semplice, e risulta tanto più limitata, quanto è più breve l'intervallo di carico rispetto al periodo di funzionamento a vuoto.
Le massime sopraelevazioni di temperatura, compatibili con la buona conservazione delle diverse parti di macchina, sono stabilite dalla Commissione elettrotecnica internazionale, in relazione ai diversi materiali di cui queste sono costituite e al diverso isolamento. Quando la refrigerazione naturale, dovuta al semplice rinnovarsi dell'aria esterna in contatto con le parti stazionarie o in moto, diventa inadeguata, occorre provvedere a intensificarla mediante una circolazione forzata d'aria attivata da un sistema di palette ventilatrici, solidali al rotore, ovvero mediante un impianto esterno di inalazione; in casi speciali può soccorrere una circolazione d'olio o di acqua attraverso a luci convenientemente praticate nelle diverse parti dell'ossatura. Facendo assegnamento sopra una variazione di 25° nella temperatura dell'aria, occorrono praticamente tre a quattro metri cubi di questa per smaltire il calore corrispondente a 1 kilowatt di potenza perduta durante ogni minuto primo. In alcune grandi unità moderne la circolazione dell'aria, ovvero di altri gas inerti come l'idrogeno, si effettua in ciclo chiuso, con separata refrigerazione del fluido per garantire in ogni caso lo smaltimento voluto di calore, senza dare adito alla penetrazione di polvere e umidità dall'esterno. In qualche impianto si pratica la circolazione di aria per la ventilazione regolare, e l'iniezione di gas inerti o di vapore d'acqua, ove si manifesti il pericolo d'incendio. Così per la previsione del riscaldamento, come per quella del rendimento totale della macchina, occorre determinare quantitativamente le perdite di potenza inerenti alle diverse forme di dissipazione già enumerate.
Le perdite elettriche sono inerenti all'effetto di Joule, e proporzionali alla resistenza ohmica dei varî circuiti e al quadrato delle rispettive intensità di corrente: la resistenza è unicamente funzione delle dimensioni dei conduttori e della loro resistenza specifica; questa a sua volta varia linearmente con la temperatura, sì che dalla sua misura può dedursi indirettamente quest'ultima: il metodo è largamente usato in tutte le verifiche sulle macchine limitatamente ai circuiti stazionarî e a quelli ai quali, pur nel movimento, viene addotta corrente continua attraverso organi collettori ad anello, come accade nella maggior parte dei casi per l'eccitazione delle macchine a corrente alternata. Le perdite elettriche ai collettori, ove la resistenza di contatto varia in forma più complicata con la natura delle sostanze, la pressione, temperatura e velocità relativa, e con la densità della corrente, sogliono calcolarsi in base all'intensità di questa e alla caduta locale di tensione, che per le spazzole di diversa qualità è nota con sufficiente approssimazione. Le perdite nel ferro di armatura, e in genere in quei nuclei magnetici, ove il flusso d'induzione è soggetto a una periodica variazione, si distinguono ancora in due parti: una di carattere esclusivamente magnetico, inerente al fenomeno d'imperfetta polarizzazione che prende il nome di isteresi; l'altra di carattere elettrico, inerente alla presenza di correnti interne e parassite, indotte dalla periodica variazione del flusso. La perdita per isteresi si suol calcolare mediante formule empiriche, che ne stabiliscono la relazione coi valori massimi dell'induzione e con le proprietà del ferro in forma monomia, come quella di Ch. P. Steinmetz, che introduce un solo coefficiente caratteristico e una potenza dell'induzione di esponente 1,6; ovvero in forma binomia, come quella di Richter, che introduce due coefficienti caratteristici, e le potenze prima e seconda dell'induzione; in entrambi i casi la perdita di potenza è proporzionale al volume della sostanza e alla frequenza dei periodi di magnetizzazione. La perdita per correnti parassite si può attenuare laminando i nuclei soggetti a variazioni di flusso, ma è ancora proporzionale direttamente al loro volume e inversamente alla resistenza specifica; essa poi varia in ragione dei quadrati della frequenza, dell'induzione massima e dello spessore delle lamine. È questa la ragione per cui tutti gl'indotti delle dinamo a corrente continua o alternata, a eccezione di quelle a disco e di quelle unipolari, hanno i nuclei suddivisi in fogli ortogonali ai fili utili, e talora si laminano anche le scarpe o i nuclei polari, e talora tutta l'ossatura induttrice, se la magnetizzazione assume carattere alternativo, o per lo meno subisce variazioni periodiche di una certa entità.
Altri metalli conduttori, facenti parte dei circuiti elettrici delle dinamo, possono essere sede di perdite supplementari, dovute a correnti parassite, ovvero a una disuniforme distribuzione delle correnti principali, quando queste sono soggetie a rapida variazione nel tempo, o per altra ragione varia il flusso concatenato con le diverse fibre; anche in tali casi soccorrono utilmente artifizî speciali di compensazione, e forme adatte di laminazione o frazionamento. Le perdite di carattere meccanico sono essenzialmente causate dalle resistenze di attrito, che si offrono al moto relativo del collettore di fronte alle spazzole, dei perni rispetto ai cuscinetti, e in genere dell'armatura di fronte all'aria esterna. Sulle perdite al collettore influisce proporzionalmente, oltre alla velocità, la pressione complessiva delle spazzole, la quale non può discendere sotto un certo limite senza aggravare eccessivamente la caduta locale di tensione e la perdita elettrica. La pressione specifica si suol contenere fra 100 e 150 gr. per cmq.; il coefficiente di attrito dipende essenzialmente dalla natura delle spazzole, e può variare per quelle di carbone, ormai usate in prevalenza, fra 0,10 e 0,20, laddove per le vecchie spazzole metalliche poteva elevarsi a 0,25 ÷ o,30; le densità di corrente sogliono contenersi per le prime fra 5 e 15 ampere per cmq.; per le seconde possono elevarsi a cifre doppie. Le perdite per attrito dei perni contro i cuscinetti appartengono teoricamente alla stessa categoria delle precedenti, ma in confronto di esse sono profondamente modificate dalle condizioni speciali della lubrificazione, in dipendenza del mezzo per questa impiegato, oltre che della pressione specifica, della velocità e della temperatura. Le perdite per attrito nell'aria variano approssimativamente come il cubo della velocità relativa, e si possono ragguagliare a una piccola frazione di quelle inerenti ai perni, se quella velocità è molto limitata; le possono eguagliare per velocità periferiche di 40 a 50 m. al secondo, e superare notevolmente quando la velocità sale a cifre più alte. Se la macchina è munita di un proprio sistema di ventilazione forzata, la potenza da questo assorbita si può calcolare come negl'impianti affini, in relazione al volume d'aria da smaltire nell'unità di tempo e alla differenza di pressione occorrente per vincere il complesso delle resistenze passive. Praticamente questa differenza di pressione può raggiungere 100 e 150 mm. di colonna d'acqua, e la potenza necessaria al funzionamento del ventilatore può ragguagliarsi a ⅓ o ¼ della somma di tutte le altre perdite.
Dalla somma globale di tutte le perdite con la potenza utile da sviluppare, si ottiene la potenza totale da spendere, e dal quoziente di queste due il coefficiente totale di rendimento della macchina. Al crescere del carico, questo coefficiente varia in generale, annullandosi nella marcia a vuoto, e raggiungendo un massimo per un certo carico intermedio, che potrebbe considerarsi come normale, se al raggiungimento di esso non ostassero in molti casi le difficoltà inerenti a un eccessivo riscaldamento; per carichi superiori il rendimento nuovamente si abbassa e ridiventa nullo nella condizione di corto circuito.
Nelle dinamo per tensione costante il rendimento massimo si verifica approssimativamente, quando la perdita per effetto di Joule nell'armatura eguaglia la somma di tutte le altre perdite di eccitazione, magnetiche e meccaniche. Più in generale, tracciata la curva delle perdite complessive in funzione della corrente di carico, e supposta la tensione sensibilmente costante, si ottiene il rendimento massimo per quella ascissa, alla quale corrisponde il punto di tangenza della curva predetta con una retta uscente dall'origine. Attesoché la somma delle potenze perdute per fenomeni elettrici, magnetici e meccanici deve in forma termica smaltirsi dalla superficie esterna della macchina, la quale, conservando inalterate le proporzioni, cresce in ragione del quadrato della dimensione fondamentale, laddove le perdite stesse, a parità di specifica utilizzazione, crescerebbero come il peso e il volume dei materiali, ossia come il cubo della dimensione predetta, scaturisce nelle grandi macchine una difficoltà di refrigerazione tanto maggiore, quanto più elevata ne è la potenza. Se questa difficoltà si potesse vincere conservando inalterati i parametri di utilizzazione, la potenza sviluppata crescerebbe come la quarta potenza della dimensione fondamentale, e decrescerebbe in ragione inversa di questa la perdita percentuale, e quindi la differenza fra il coefficiente di rendimento e l'unità. Anche là dove la refrigerazione non può a tal segno attivarsi, da consentire uno smaltimento specifico di calore proporzionale alla dimensione fondamentale, la perdita percentuale complessiva risulta tanto più piccola, e quindi il coefficiente globale di rendimento tanto più alto, quanto più grande è la potenza sviluppata.
Variando questa da un centinaio a parecchie migliaia di kilowatt, oltre di che non è prevedibile che si possa elevare la potenza dei generatori di corrente continua per le difficoltà dell'isolamento e della commutazione, quel coefficiente di rendimento può elevarsi da 0,90 a 0,96 circa, e superare eventualmente questa cifra nei generatori di corrente alternata, i quali consentono per la mancanza della commutazione maggiori velocità periferiche, e possono quindi raggiungere potenze più cospicue.
Nella fig. 17 è riprodotta una delle dinamo moderne di maggior potenza, costruite dal Tecnomasio Italiano per modesta velocità angolare, e nella fig. 18 l'armatura di una turbodinamo della stessa casa per la velocità di 1000 giri al minuto e la potenza di 1500 kilowatt.
Generatrici sincrone di corrente alternata.
Principali forme d'indotto e d'induttore. Generatori monofasi e polifasi. Calcolo della forza elettromotrice. - L'indotto e l'induttore delle macchine sincrone a corrente alternata non differiscono per la loro forma sostanzialmente da quelli delle macchine a corrente continua, se non in quanto concerne la mancanza del commutatore; la posizione rispettiva è nella maggior parte dei casi invertita. Come in queste, anche in quelle hanno perduto gradualmente la primitiva importanza gli avvolgimenti ad anello, per la scarsa utilizzazione dei conduttori, e quelli a disco per l'insufficiente rigidità delle armature e lo spessore eccessivo dell'interferro, onde la maggioranza degli alternatori sincroni moderni, siano essi generatori o motori, possiede un indotto a tamburo cavo e un induttore a stella di poli, girevole nell'interno; con ciò si ottiene il vantaggio di mantenere fisse le parti, entro alle quali si manifestano le tensioni più elevate, e di addurre al rotore mediante semplici anelli le correnti di eccitazione. Non è esclusa naturalmente la possibilità d'invertire la condizione dell'indotto e dell'induttore, mantenendo in moto il primo, in forma di tamburo cilindrico come nelle dinamo a corrente continua, e il secondo stazionario in forma di corona di poli esterna, a cui la corrente di eccitazione può allora condursi mediante organi fissi di collegamento. In tal caso però occorre derivare dall'indotto le correnti mediante organi striscianti, soggetti a tensioni elevate, di cui diventa più difficile l'isolamento e complicata la costruzione nelle dimensioni occorrenti per le macchine di grande potenza. È anche possibile costruire macchine a corrente alternata di cui restino fissi tutti gli avvolgimenti, induttori e indotti, disponendoli sopra una stessa ossatura, in presenza della quale si muova una semplice membratura a nuclei sporgenti, atti a produrre nelle spirali indotte, mediante la variazione periodica del flusso, le volute forze elettromotrici. Si trae soprattutto partito da questa disposizione omopolare per macchine a nuclei molto numerosi, destinate a produrre correnti di frequenza elevata, malgrado l'inconveniente a essa inerente, d'una forte dispersione.
La distinzione delle macchine bipolari e multipolari ha anche in questo caso, come nelle generatrici di corrente continua, un'importanza di forma più che di sostanza, attesoché la frequenza, che è elemento caratteristico nella produzione e utilizzazione delle correnti alternate, ha per fattore, oltre al numero di coppie polari, la velocità angolare; con l'aumento graduale che questa ha subito nelle macchine moderne, il numero dei poli si è venuto pertanto inversamente riducendo, fino a raggiungere il minimo di una sola o di pochissime coppie anche nelle unità di maggiore potenza. La scelta della frequenza è d'altronde nella maggior parte dei casi subordinata alle circostanze locali, e all'indole del servizio che la macchina deve disimpegnare. Una tendenza razionale si manifesta verso la sua unificazione, dopo che nei primordî della tecnica delle correnti alternate essa fu molte volte subordinata a circostanze puramente occasionali; nell'Europa continentale tende a prevalere la frequenza di 50 periodi per secondo nelle ordinarie distribuzioni di luce e forza motrice, e di 15 a 17 periodi nelle applicazioni elettroferroviarie, laddove in America si è generalizzata la frequenza di 60 periodi per l'illuminazione e quella di 25 per le distribuzioni di forza motrice.
Se si considera frazionato l'avvolgimento continuo d'una dinamo ordinaria bipolare in m gruppi di spire, ognuno dei quali occupi un intervallo angolare 2 π/m, movendosi in un campo uniforme ogni gruppo diventa sede di una f. e. m., uguale a quella che si produrrebbe nella sua spira mediana, se essa possedesse un'area eguale alla somma delle proiezioni di tutte le spire sul suo medesimo piano. Ognuna di tali f. e. m. differisce adunque in fase da quelle dei gruppi contigui dell'angolo corrispondente alla rispettiva distanza angolare, ma le eguaglia in grandezza efficace, e si ragguaglia alla f. e. m. continua, che la stessa macchina potrebbe fornire attraverso un opportuno commutatore, moltiplicata per un fattore di riduzione, che dipende unicamente dal numero dei gruppi o delle fasi utilizzate. Tale fattore si ottiene facilmente calcolando il flusso massimo concatenato col gruppo, e diventa eguale a 1/√2•sen π/m, per cui la f. e. m. efficace d'ogni fase nelle ipotesi ricordate assume, con le notazioni già introdotte per le dinamo a corrente continua, il valore:
Se la macchina ha p coppie di poli, la frequenza diventa f = np, e l'espressione della f. e. m. si modifica in corrispondenza.
Delle generatrici moderne la grande maggioranza è in realtà predisposta per la produzione di correnti trifasi, e la loro economia non risulta sostanzialmente inferiore a quella delle macchine a corrente continua della stessa potenza, se si tien conto della maggiore semplicità costruttiva, e in molti casi della maggiore velocità angolare e periferica. Le macchine a 4 fasi (bifasi del linguaggio comune) sono relativamente meno frequenti; quelle a 6 fasi si usano esclusivamente nelle convertitrici, e quelle a numero di fasi superiore costituiscono casi d'eccezione.
Le macchine reali, non uniformandosi a tutte le ipotesi teoriche per ciò che riguarda la distribuzione degli avvolgimenti e la legge di variazione dei flussi, forniscono in genere valori efficaci di f. e. m. leggermente diversi da quelli teorici. Il fattore numerico nell'espressione di questa si modifica e può calcolarsi in ogni caso tenendo conto della distribuzione del campo nella regione di interferro e di quella delle spire alla superficie dell'indotto.
Fenomeni di reazione. Diagrammi e curve caratteristiche. - I fenomeni di reazione assumono nelle macchine a corrente alternata un andamento più complicato di quello delle dinamo a corrente continua, sia per il carattere periodico delle correnti, sia per le differenze di fase che nella maggior parte dei casi intercedono fra le correnti stesse e le f. e. m. onde esse traggono origine. Intendendo con tale denominazione tutti i fenomeni elettromagnetici che scaturiscono dalla presenza delle correnti di armature, è chiaro che essi devono comprendere nel significato più generale tutte le modificazioni del campo d'induzione, sotto la cui influenza si producono le forze elettromotrici. Praticamente giova tuttavia, per quanto la cosa possa sembrare artificiosa, distinguere due ordini di fenomeni di carattere reattivo; quelli che sono puramente inerenti alla variazione periodica delle correnti nei circuiti di armatura, e non hanno effetto apprezzabile sopra il flusso concatenato con le spirali dell'induttore; e quelli per effetto dei quali si modifica questo flusso in grandezza e distribuzione. A questi ultimi si riserva per solito il nome di reazione, mentre ai primi si attribuisce quello generico di autoinduzione, per analogia di ciò che si fa nei circuiti di corrente variabile, alimentati da sorgenti esterne di f. e. m. La determinazione degli uni e degli altri è ridotta a un problema generale di elettromagnetismo, il quale in questo caso si complica per la simultanea variazione dei due elementi, che caratterizzano le forze magnetomotrici di reazione: l'intensità di corrente nel tempo e la posizione reciproca dei circuiti nello spazio.
Le correnti d'armatura, in quanto hanno carattere alternativo, lascerebbero inalterato il flusso medio induttore, se i loro circuiti conservassero posizione fissa; per la variazione sincrona di questa, a seconda della loro fase, esse possono peraltro trovarsi di fronte all'induttore in condizione tale, da modificare semplicemente la distribuzione del campo, deformando il diagramma della f. e. m., ovvero da alterare più o meno profondamente il flusso e il valore efficace di questa. Il primo fatto si manifesta quando le correnti indotte hanno la stessa fase delle f. e. m., attesoché l'intensità massima si raggiunge negl'istanti in cui la posizione dei conduttori è simmetrica di fronte alla mezzeria dei poli, e il campo di reazione assume un andamento trasversale a quello dell'induttore; la intensità risultante è perciò accresciuta in questo istante sotto una e diminuita sotto l'altra metà delle facce polari, e nel quarto di periodo antecedente e in quello seguente prevale bensì di volta in volta, per la diversa estensione della superficie coperta dalle spire, la variazione positiva ovvero quella negativa del flusso, ma, per ragioni di simmetria, la grandezza media di esso e quella della f. e. m. risultano ancora sensibilmente inalterate.
Se invece le correnti d'armatura posseggono fasi diverse da quelle delle f. e. m., a seconda che esse si trovino di fronte a queste in anticipo ovvero in ritardo, la reazione media si manifesta in senso favorevole ovvero in senso antagonista all'azione dei poli, e il massimo di essa ha luogo quando la differenza di fase è di 90°; in ogni condizione intermedia si può ritenere la forza magnetomotrice corrispondente proporzionale al seno dello spostamento di fase. Propriamente si può ritenere esatta questa proporzionalità, quando l'armatura porta un avvolgimento polifase simmetricamente caricato. Se anche l'ossatura magnetica dell'induttore è a ferro continuo, ossia a interferro costante, può ritenersi senz'altro che l'intensità media del campo di reazione dipenda unicamente dall'intensità delle correnti, e la sua posizione dall'angolo di fase. La componente in asse col flusso induttore assume in tal caso il carattere d'un campo di reazione, a questo favorevole o contrario a seconda del segno dello spostamento di fase, e si può ritenere senz'altro proporzionale al seno di quell'angolo; la componente in quadratura ha invece i caratteri d'un campo di reazione trasversa, e si può ritenere proporzionale al coseno del medesimo angolo. Gli effetti che entrambi questi campi producono nella grandezza e distribuzione del flusso risultante, sono naturalmente subordinati, oltre che alla loro intensità e posizione, alla riluttanza del circuito magnetico, e sotto questo riguardo lo studio della reazione delle macchine a corrente alternata non si può scompagnare dalla conoscenza della loro caratteristica di eccitazione, oltre che delle condizioni del circuito esterno. Nelle macchine a nuclei sporgenti entrambe le componenti del campo di reazione si modificano ancora in dipendenza della larghezza della faccia polare e della particolare distribuzione dei conduttori entro l'ampiezza del passo polare, pure conservando il rispettivo fattore trigonometrico per quanto si attiene alla loro dipendenza dall'angolo di fase.
Volendo considerare nel modo più semplice l'influenza dei fenomeni di reazione sopra il comportamento d'una generatrice di corrente alternata, si può immaginare che alla f. e. m. nominale, che essa svilupperebbe a vuoto sotto l'azione del solo campo induttore, se ne sovrappongano due altre: una dovuta alla reazione antagonista, intesa nel significato più largo della parola, per cui la direzione è supposta coincidente con quella della f. e. m. principale, ma il segno può essere positivo o negativo, a seconda che si tratti di correnti in anticipo o in ritardo; l'altra dovuta alla reazione trasversa, la cui direzione è normale a quella della f. e. m. principale. Le grandezze di entrambe possono dedursi dalla caratteristica magnetica della macchina in relazione alle rispettive forze magnetomotrici. Per ottenere la f. e. m. reale e risultante della macchina, è ancora necessario comporre con quella nominale, oltre alle due f. e. m. di reazione predette, anche quella di autoinduzione, che nasce dalla variazione del flusso proprio d'armatura senza collidere col flusso medio dei nuclei polari, e deve intendersi in ritardo di 90° di fronte alla corrente.
Il diagramma polare secondo la costruzione di Arnold assume dunque la configurazione riportata nella fig. 19, dove OE misura la f. e. m. nominale, originata dal flusso induttore Φ; Es2 quella antagonista dovuta al flusso Φs2; Es3 quella trasversa dovuta a Φs3; Es1 i quella di autoinduzione dovuta al flusso Φs1. Sottraendo la caduta ohmica IRa, si ottiene la differenza di potenziale V ai morsetti del circuito esterno, la quale precede la corrente dell'angolo ϕ laddove la f. e. m. nominale ha una precedenza ψ.
Se si ripete sistematicamente la stessa costruzione per angoli diversi di fase della f. e. m. nominale rispetto all'intensità di corrente, deducendo in ogni caso i valori corrispondenti delle f. e. m. di reazione dalla caratteristica magnetica, supposta costante in grandezza l'eccitazione, si ottiene il luogo geometrico dei punti, a cui terminano i vettori della tensione esterna a parità di corrente; questo costituisce il diagramma rettificato di Arnold e Blondel (fig. 20), e sostituisce quello circolare di Kapp, tracciato originariamente astraendo dalla reazione trasversa.
In questo l'effetto della reazione antagonista poteva considerarsi nel suo massimo valore vettoriale sommato direttamente con quello dell'autoinduzione, onde si rendeva possibile la considerazione del circuito interno affetto da una semplice resistenza ohmica Ri e da un'induttanza equivalente Li, supposte teoricamente costanti, o per lo meno unicamente subordinate alla frequenza; queste perciò, e l'impedenza che ne risultava Zi, ebbero da Steinmetz il nome di reattanza e impedenza sincrone.
Attribuendo simboli analoghi agli elementi del circuito esterno, si otteneva allora per il circuito completo l'equazione semplicissima:
Sviluppando i quadrati, e raggruppando i termini relativi all'una e all'altra parte del circuito con le notazioni:
con facili trasformazioni si ricavava:
Questa si può considerare, subordinatamente alle ipotesi semplificative introdotte, come l'equazione delle caratteristiche esterne dell'alternatore, in quanto stabilisce la relazione fra gli elementi del circuito di utilizzazione I, V e cos ϕe; supponendo questo parametro costante, quella relazione assume i caratteri di un'equazione di 2° ordine in I e V, e individua come caratteristiche esterne altrettante ellissi, quanti sono i valori diversi di ϕe, aventi tutte in comune i punti d'intersezione con gli assi coordinati: uno di ordinata E = V per I = 0; l'altro di ascisse Ik = E/Zi per V = 0. Il primo corrisponde alla condizione di marcia a vuoto, il secondo a quella di corto circuito.
Una famiglia di queste ellissi, corrispondenti ad altrettanti valori costanti del fattore di potenza, è riprodotta nella fig. 21.
Per un fattore di potenza esterno uguale all'unità, l'ellisse nei punti d'incontro con gli assi assume di fronte a questi un'inclinazione prossima a 90°; per ϕe = ϕ; essa si trasforma in una retta; per ϕe negativo, ossia per correnti anticipate di fase, quei due angoli d'inclinazione diventano ottusi, e la macchina produce nel primo intervallo tensioni crescenti fino a un massimo, che può superare considerevolmente la f. e. m. nominale. In corrispondenza anche le intensità di corrente possono eccedere notevolmente quella di corto circuito. Se il fattore di potenza per questi angoli negativi si riducesse a zero, l'ellisse assumerebbe l'andamento di una coppia di rette parallele, estese fino all'infinito.
La potenza utile si può ricavare dagli elementi della caratteristica considerata, tenendo conto del rispettivo fattore di potenza. Il valor massimo di essa corrisponde al punto di tangenza di questa con l'estrema iperbole equilatera di potenza costante; essa si ottiene in generale quando l'impedenza esterna è uguale a quella interna.
Eccitazione e regolazione degli alternatori. - Il calcolo della forza magnetomotrice necessaria per l'eccitazione d'un alternatore, quando è prestabilito il flusso e nota la riluttanza del circuito magnetico, non differisce in sostanza da quello delle macchine a corrente continua; salvoché, mentre queste sono generalmente autoeccitatrici, la maggior parte delle macchine alternative riceve la corrente di campo da sorgenti esterne, e assume i caratteri della eccitazione indipendente. Molti alternatori portano direttamente sull'asse la loro eccitatrice, la quale in qualche caso assume un peso considerevole in rapporto alla potenza, a causa della limitata velocità angolare, e in genere ha l'inconveniente di subire le stesse variazioni di velocità inerenti alla macchina principale, per cui si rende più complicata la regolazione; per contro è qui possibile agire sul campo dell'eccitatrice, di cui conviene che sia poco saturo il circuito magnetico, ottenendo un vantaggio economico nella costruzione dei reostati. Se la corrente magnetizzante si vuol derivare da una sorgente separata, si ha il vantaggio di poter provvedere con una dinamo sola all'eccitazione di parecchi alternatori, ed eventualmente ad altri servizî accessorî; la tensione relativa si deve peraltro mantenere costante, e quindi la regolazione si deve effettuare mediante reostati di forte portata. Apparecchi simili si fanno talora intervenire anche là dove all'eccitazione d'ogni gruppo sopperisce una macchina apposita, se la regolazione deve effettuarsi entro limiti estesi, per evitare la parte inferiore della caratteristica, a cui sono inerenti i fenomeni d'instabilità.
Può anche provvedersi all'eccitazione degli alternatori mediante corrente continua, ottenuta dalla conversione o dal raddrizzamento di corrente alternativa da essi stessi generata, con che si ottiene il beneficio, non tanto di poter rinunziare a una macchina ausiliaria, quanto di poter incorporare nell'eccitazione gli artifizî per la regolazione, rendendo la macchina principale completamente autonoma. Tali forme, al pari di quelle appoggiate all'uso di eccitatrici speciali a reazione ovvero a campo rotante, generato dalle correnti stesse polifasi dell'alternatore, non hanno peraltro avuto in pratica notevole diffusione.
I sistemi moderni più perfezionati e rapidi di regolazione riposano in generale sull'uso di speciali apparecchi di soccorso o relais elettromagnetici, sensibili alle variazioni dell'elemento che vuol essere sottoposto alla regolazione; differenza di potenziale, intensità di corrente, fattore di potenza, ecc., e capaci di azionare gli apparecchi regolatori propriamente detti, presidiati da sorgenti locali di energia.
Uno dei tipi più in voga è stato ideato dal Tirrill, e mantiene in vibrazione continua una coppia di leve, per il contatto momentaneo delle quali viene messa in corto circuito una resistenza inclusa nel circuito di eccitazione della macchina eccitatrice (fig. 22). Provvedono alla riapertura del contatto due relais elettromagnetici, che vincono il contrasto di apposite molle e contrappesi, e ricevono la propria sollecitazione da due correnti derivate, una dai morsetti dell'alternatore e l'altra da quelli dell'eccitatrice. La durata relativa dei periodi di chiusura e di apertura viene subordinata in tal modo al valore relativo delle due tensioni. Nel sistema Thury un motorino mantiene in continua oscillazione un settore, a cui son legati due nottolini; questi possono impigliarsi a vicenda in una ruota dentata, che aziona il regolatore, imprimendole a ogni oscillazione un piccolo spostamento angolare nell'uno o nell'altro senso; l'innesto dell'uno o dell'altro nottolino è determinato dal relais elettromagnetico, che obbedisce alle variazioni del potenziale. Nel sistema Guttinger un tamburo d'alluminio è sollecitato a girare da un campo rotante, la cui intensità è subordinata alla grandezza dell'elemento che si vuol regolare, e la sua posizione è vincolata dall'azione di una molla antagonista. Il tamburo comanda un settore metallico, il quale mediante un piccolo spostamento si adagia contro le lamette d'un collettore cavo, rilegate ai punti intermedî d'un reostato che fa parte del circuito di campo dell'eccitatrice; l'azione è perciò rapidissima, essendo il sistema affetto da una piccolissima inerzia (fig. 23).
Sistemi di eccitazione più complicati a carattere composto o differenziale si possono adottare, presidiandoli con opportuni relais, quando si vuol provocare una molto rapida variazione del campo nell'atto della formazione di guasti interni o di corti circuiti esterni, allo scopo di proteggere la macchina; ovvero quando il flusso principale debba fortemente ridursi sotto il valore normale per ovviare alle sopraelevazioni di potenziale, che tenderebbero a manifestarsi per reazione ove l'alternatore dovesse alimentare a vuoto le reti esterne di condutture, affette da considerevole capacità.
Accoppiamento degli alternatori. Limiti di stabilità. - Come nelle centrali a corrente continua, anche in quelle a corrente alternata è generalmente necessario di frazionare la produzione fra parecchie unità, quando una sola non basta a sviluppare tutta la potenza richiesta, ovvero quando si vuol proporzionare la produzione alla domanda variabile nel tempo, e finalmente quando non si vuole immobilizzare un macchinario ingente per la riserva. È da escludersi a priori la convenienza d'un accoppiamento in serie di macchine a corrente alternata, a fine d'ottenere tensioni particolarmente elevate, attesoché la mancanza della commutazione permette di raggiungere con una sola unità forze elettromotrici notevolmente più alte di quelle delle generatrici di corrente continua; la trasformazione delle correnti alternate con un rapporto qualsiasi di tensione si rende d'altronde possibile mediante apparecchi statici di costruzione molto semplice e di alto rendimento. La forma indicata di raggruppamento sarebbe oltre a ciò instabile in tutti i casi in cui le correnti erogate presentano un ritardo di fase rispetto alle f. e. m., attesoché la macchina, la quale per una causa accidentale si trovasse angolarmente in ritardo col suo rotore di fronte alle altre, si troverebbe aggravata d'una potenza superiore alla normale, e non potrebbe in alcun caso riprendere da sé la condizione primitiva, essendo escluso l'intervento d'un singolo regolatore d'ammissione, quando tutte le macchine sono elettricamente vincolate a una medesima velocità di sincronismo. Nell'accoppiamento in parallelo si verifica il fenomeno contrario, poiché la macchina, che subisce un ritardo angolare di fronte alle altre, si trova per ciò stesso sgravata d'una parte della potenza, e tende a riaccelerare, mentre le altre hanno tendenza a rallentare, così che il raggruppamento assume caratteri di perfetta stabilità.
L'operazione dell'accoppiamento deve eseguirsi per gli alternatori con speciali precauzioni, attesoché, per la regolarità di essa, occorre che la nuova macchina possegga una velocità per quanto è possibile prossima a quella delle altre, se è uguale il numero dei poli; sviluppi una f. e. m. prossima o uguale alla tensione delle altre; e all'istante del collegamento quella f. e. m. si trovi con questa tensione in opposizione, per evitare che si produca una momentanea corrente d'intensità pericolosa.
L'apparecchio o dispositivo, atto a verificare la concomitanza delle predette condizioni, prende il nome di sincronizzatore, e consiste generalmente in un aggregato di lampade a incandescenza, o in un voltometro termico o elettrodinamico, capace di sopportare la somma delle tensioni sviluppate dalle due sorgenti, e di segnalarne l'andamento nel tempo. Riferendoci p. es. a un secondo alternatore monofase, da collegare in parallelo con un primo già in funzione come indica la fig. 24, dopo averne avviato il motore e portato il secondo gruppo a tale velocità ed eccitazione, da fornire una frequenza e una tensione molto prossima a quelle del primo, stabilita la comunicazione di due poli corrispondenti attraverso una valvola di sicurezza S, e degli altri attraverso un gruppo di lampade a incandescenza ovvero un voltometro, la tensione a questo applicata risulta dalla composizione di quelle delle due sorgenti, e varia ritmicamente fra zero e il doppio d'ognuna di esse in ogni intervallo di tempo, durante il quale i numeri di periodi rispettivi differiscono di un'unità. Si produce in sostanza il fenomeno noto in musica col nome di battimento, il quale ha luogo tutte le volte che si lasciano interferire due oscillazioni della medesima natura e di periodo poco diverso, e acquista per sé stesso una frequenza corrispondente alla differenza delle due, con l'andamento generale indicato per due condizioni relative diverse nella fig. 25. Poiché lampade e voltometri assumono pressoché istantaneamente il grado d'incandescenza o di deviazione, corrispondente alla tensione loro applicata, le variazioni di luminosità o di posizione dell'indice permettono di seguire con molta esattezza gli spostamenti relativi di fase delle due tensioni, e di cogliere per la chiusura dell'interruttore precisamente un istante di loro perfetta concordanza.
È possibile eseguire la connessione mediante un apparecchio automatico, il quale risponda all'azione di due correnti derivate, quando la velocità del secondo alternatore è prossima al sincronismo, e la sua f. e. m. concorda con la tensione delle sbarre. La casa Westinghouse adopera all'uopo speciali elettromagneti a eccitazione differenziale, separatamente alimentati dalle due macchine e agenti a un tempo sulla medesima leva, che riceve uno spostamento adeguato alla chiusura del circuito solo quando le due correnti conservano per un certo tempo la concordanza di fase. La Brown Boveri adopera un relais a campo rotante, ove il disco d'alluminio è sollecitato a girare da elettrocalamite, eccitate dai due alternatori; la chiusura del comando eletromagnetico è differita dalla interposizione d'una fune di rimando che si avvolge sull'asse, vincendo la tensione d'una molla antagonista, solamente quando le azioni delle due elettrocalamite concordano fra loro per un tempo prestabilito (figura 26).
È anche possibile affidare a un sistema elettromagnetico l'ufficio di regolare automaticamente la velocità del nuovo alternatore, prima di effettuarne l'accoppiamento con quelli che già si trovano in funzione. Possono utilizzarsi all'uopo piccoli motori a vibrazione, i quali, sotto l'azione delle correnti derivate dalle due macchine, agiscono sopra un rotismo differenziale, spostandone la ruota centrale in un senso o nell'altro a seconda della velocità prevalente, e così modificano la condizione del regolatore di velocità. Raggiunto il sincronismo, un altro apparecchio effettua il collegamento.
La condizione relativa degli alternatori sincroni, accoppiati in parallelo, si prospetta assai bene mediante il diagramma polare suggerito da G. Kapp e riprodotto nella fig. 27. La macchina o le macchine già in funzione sono in esso concepite di tale potenza, da non subire alcuna modificazione di velocità o di tensione per azione della nuova macchina con esse accoppiata. Restano pertanto invariati i luoghi geometrici degli estremi dei vettori uscenti dall'origine, e caratterizzanti la rispettiva tensione e f. e. m.; essendo questa funzione unicamente dell'eccitazione e della velocità, entrambi i luoghi assumono la figura di cerchi concentrici, aventi per raggi i valori rispettivi di V e di E. Supponendo derivata dalla nuova macchina una corrente I, la cui fase sia in figura individuata dalla direzione orizzontale, coinciderà con questa la direzione del vettore OA, che misura la caduta ohmica interna RiI, e la precederà di 90° il vettore AB che misura la tensione interna di reattanza ωLiI, intesa nel significato più generale come risultante di quella dovuta all'autoinduzione e di quella di reazione. Centro in B con raggio V tracciando un arco di cerchio, esso interseca il cerchio delle E in un punto M, che, unito con B e con l'origine, fornisce i due vettori della tensione e della forza elettromotrice nella loro grandezza e posizione relativa. Assumendo il vettore OC come misura dell'intensità di corrente, a cui per costruzione è proporzionale, si ritrovano nella figura come misura della potenza elettrica totale EI cos δ, di quella utile VI cos ϕ, e di quella perduta RI2, le aree OCDF, ABDF ed OABC, e come misura del rendimento elettrico il rapporto dei segmenti:
All'atto pratico l'alternatore in esame sarà azionato da un motore la cui velocità non si può modificare, in quanto è subordinata alla condizione di sincronismo, e di cui, se non la si varia ad arte, resterà costante la potenza motrice e quindi anche la potenza elettrica totale, se si astrae da piccole variazioni eventuali delle perdite magnetiche. Il luogo geometrico del vertice D è perciò rappresentato dall'iperbole equilatera corrispondente alla potenza predetta, e l'intensità di corrente si stabilisce a quel valore, per cui la risultante della V applicata e della E prodotta corrisponda alla caduta interna OB. Se si modifica l'eccitazione, e quindi la E, cambia in conseguenza anche la I a parità di potenza motrice, e, mentre il vertice D percorre l'iperbole equilatera, il punto M descrive a sua volta una curva polare di potenza costante (fig. 28); essa, trasformata in coordinate cartesiane E e I, assume un andamento a V indicato dal Weekes (fig. 29) per le due potenze contemplate nella figura precedente.
Questo mostra esistere per ogni potenza e per eguale intensità di corrente due possibili valori della f. e. m., ai quali corrispondono due valori diversi del fattore di potenza. Per un valore caratteristico della f. e. m. le due intensità si confondono in una sola, che è la minima per quella determinata potenza, e corrisponde al fattore di potenza unitario. Per eccitazioni più basse la corrente precede in fase la f. e. m.; per eccitazioni più alte ritarda rispetto a questa. La modifica dell'eccitazione vale adunque in generale a modificare il fattore di potenza della nuova macchina in parallelo con le altre; per modificarne la potenza è indispensabile agire sul regolatore, in modo da consentire, a parità di velocità, un'ammissione più grande o più piccola di fluido motore; dal punto di vista economico si avrebbe la massima convenienza di far lavorare la macchina per ogni potenza con la minima intensità di corrente, che corrisponde alle minime perdite e al massimo rendimento; praticamente però la condizione migliore è subordinata alla considerazione delle perdite totali interne ed esterne e del rendimento complessivo di tutto l'impianto.
Le curve di Weekes si sviluppano entro intervalli perfettamente determinati di f. e. m. e di eccitazione, per cui la nuova macchina può funzionare in parallelo con le altre, producendo una determinata potenza, solamente quando la sua f. e. m. supera un certo valore, e inversamente con una determinata eccitazione non può sviluppare una potenza superiore a un certo limite, ossia essa possiede un determinato intervallo di stabilità, oltre il quale è soggetta a perdere il passo. Teoricamente si dimostra essere il contributo di potenza, fornito dalla macchina in esame al circuito esterno, proporzionale al seno dell'angolo di cui la sua f. e. m. precede in fase la differenza di potenziale mantenuta alle sbarre. Se quell'angolo diventa negativo, la macchina assorbe potenza elettrica e funziona da motore.
L'intervallo completo di stabilità della macchina sincrona, funzionante come generatore e come motore, si estende teoricamente a un'escursione di 180° del vettore della E di fronte a quello della V, e precisamente a 90° di anticipo per il generatore e altrettanti di ritardo per il motore. Questi vanno intesi come limiti elettrici, con riferimento all'ampiezza di 360° per il periodo intero; trigonometricamente essi vanno ridotti come limiti di divergenza angolare nella posizione relativa dei rotori in ragione inversa del numero di coppie polari, e pertanto possono in complesso abbracciare un intervallo di pochi gradi se il numero dei poli è molto grande, come nelle vecchie macchine a piccola velocità angolare. In valore assoluto il limite di potenza risulta subordinato, oltre che allo spostamento massimo di fase tra la V e la E, anche alla reattanza sincrona della macchina, che limita la corrente interna Ik di corto circuito, e precisamente, secondo la teoria semplificata di G. Kapp, esso può rappresentarsi col prodotto di quella tensione per questa corrente, e in ogni condizione intermedia la potenza sviluppata si può commisurare al prodotto VIk sen ψ.
Quando parecchie macchine a corrente alternata lavorano in parallelo, la potenza che ognuna fornisce al circuito esterno dipende unicamente dalla coppia motrice impressa all'asse, e si può modificare agendo sul regolatore rispettivo. Il fattore di potenza dipende invece essenzialmente dall'eccitazione, ogni aumento della quale tende a ritardare la fase della corrente rispetto alla f. e. m. e quindi aumenta il contributo della macchina alla produzione delle correnti in quadratura richieste dai circuiti induttivi esterni, laddove ogni diminuzione tende ad anticipare la fase della corrente. Con l'aumento dell'eccitazione si verifica anche quello della corrente di corto circuito, onde consegue l'aumento sensibilmente proporzionale della potenza massima che l'alternatore è in grado di sviluppare.
Modificandosi il carico complessivo del gruppo di macchine funzionanti in parallelo, si manifesta una variazione corrispondente della loro velocità, subordinata alla sensibilità media degli apparecchi di regolazione. Se questi non hanno la stessa sensibilità, le variazioni di carico si ripercuotono più intensamente sulle macchine il cui regolatore è più sensibile, onde per esse può verificarsi il pericolo di sovraccarico eccessivo, se la differenza di sensibilità oltrepassi un determinato limite. Sotto questo riguardo non si può dire che ogni aumento di sensibilità corrisponda a un perfezionamento del sistema di regolazione, quando si tratta di motrici destinate ad azionare alternatori sincroni in parallelo, e l'esperienza ne indica per ogni tipo il grado più conveniente.
Coppie sincronizzanti. Oscillazioni pendolari. - Il funzionamento ideale degli alternatori in parallelo con fase identica delle rispettive f. e. m. non può in pratica conservarsi indefinitamente, a cagione delle piccole irregolarità che riescono inevitabili nella distribuzione del lavoro motore. Si fa luogo pertanto a considerare ciò che accade quando uno dei rotori, per una causa accidentale, subisca di fronte agli altri un piccolo spostamento. Considerando per es. due sole macchine monofasi identiche, ugualmente eccitate, e supponendo che una di esse momentaneamente rallenti di fronte all'altra di un angolo α, questo si manifesterà come ritardo di fase nella rispettiva f. e. m., la quale perciò non verrà più esattamente bilanciata dall'altra nel corto circuito delle due armature, ma si comporrà con essa dando luogo a una f. e. m. risultante:
Se l'angolo è molto piccolo, può sostituirsi sen α a 2 sen α/2; se la macchina ha p coppie di poli, l'angolo di fase diventa pα, e il fattore trigonometrico per approssimazione può co1ifondersi con p sen α. Nel corto circuito delle due armature, a prescindere dalle correnti inviate al circuito esterno, nasce adunque una corrente supplementare d'intensità:
la cui fase è ritardata di fronte alla Er, dell'angolo:
Se α è molto piccolo, questa corrente assume rispetto alla f. e. m. della prima macchina uno spostamento di fase prossimo a 90° = ϕi, e rispetto a quella della seconda macchina uno spostamento prossimo a 90° + ϕi, per cui la prima macchina si trova aggravata e la 2a alleggerita della potenza supplementare:
Lo scambio di questa potenza fra le due macchine ha per effetto una coppia ritardatrice della prima e acceleratrice della seconda, il cui effetto nei riguardi della posizione relativa corrisponde a una coppia motrice doppia; il momento di rotazione da questa esercitato si desume senz'altro dal rapporto fra la potenza scambiata e la velocità angolare, e assume in chilogrammetri il valore:
Variando wLi tale coppia diventerebbe massima, quando questo prodotto, ossia la reattanza totale interna, uguagliasse la resistenza, e ciò può accadere se le macchine si trovano a una notevole distanza, collegate in parallelo attraverso una linea di notevole resistenza. In ogni altro caso Ri, suol essere notevolmente più piccolo di wLi, per cui una diminuzione della reattanza gioverebbe alla stabilità dell'accoppiamento; ma non si può spingere oltre un certo limite in quanto, al diminuire dell'impedenza, si accresce in ragione inversa la corrente di corto circuito, contro l'eccesso della quale la reattanza sincrona offre la protezione più efficace nella condizione stazionaria, e la reattanza di dispersione costituisce l'unica difesa nella condizione transitoria.
Sotto l'azione della coppia sincronizzante l'alternatore, che per una causa accidentale si è allontanato dalla condizione d'equilibrio con gli altri senza oltrepassare i limiti di stabilità, al cessare di essa tende a ritornarvi, e per effetto della sua inerzia è condotto in generale a oltrepassare la posizione normale, con che la coppia si inverte e il fenomeno si svolge in modo simmetrico al precedente. Salvo il caso di smorzamenti eccezionali, i quali per avventura rendano il fenomeno aperiodico, la parte rotante dell'alternatore compie adunque intorno alla posizione d'equilibrio dinamico una serie di oscillazioni, d'ampiezza generalmente decrescente, e di durata isocrona; questa si deduce facilmente, come in ogni movimento pendolare, dal rapporto del momento d'inerzia al valore massimo della coppia, nella quale si può introdurre per semplicità la corrente di corto circuito:
Sostituendo al momento d'inerzia quello di girazione, ordinariamente definito in relazione al peso della girante G e al diametro di girazione D dall'espressione:
e ricordando che sen ϕ è sempre prossimo all'unità, si ottiene:
Il fenomeno delle oscillazioni pendolari diventa particolarmente pericoloso quando cause interne, inerenti alla reazione delle correnti indotte, agiscono in senso favorevole, ovvero quando il momento motore conferito all'asse assume una periodica oscillazione inerente al tipo di macchina adoperato, tanto più se la durata di essa si approssima a quella delle oscillazioni naturali dovute alla semplice coppia sincronizzante. In questa condizione le oscillazioni della macchina si possono infatti amplificare progressivamente per le successive sollecitazioni impresse all'asse e, se le cause smorzanti non assorbono in ogni periodo l'eccesso di lavoro conferito da quelle perturbatrici, le deviazioni angolari dalla posizione di equilibrio possono aumentare a segno da oltrepassare i limiti di stabilità, con che la macchina perde il passo definitivamente. La teoria svolta permette di prevedere e fino a un certo segno di prevenire il pericolo di risonanza, in quanto essa fornisce un valore abbastanza approssimato della durata d'oscillazione naturale in funzione degli elementi meccanici ed elettromagnetici della macchina, e ne rende possibile il paragone col periodo d'oscillazione del momento motore; questo dipende a sua volta dal tipo e dalla velocità angolare della motrice, e si può, ove occorra, modificare con l'applicazione d'opportune masse volanti.
Giovano a limitare le oscillazioni pendolari gli smorzatori elettromagnetici, costituiti da circuiti di piccola resistenza annegati nelle scarpe polari, ovvero sovrapposti ai nuclei magnetici. In casi speciali essi possono anche collocarsi all'esterno delle macchine accoppiate, interponendo fra i loro circuiti di collegamemo opportuni trasformatori. Quando oscilla la velocità del rotore di fronte a quella normale, varia attraverso ai circuiti predetti il flusso di reazione, e induce una corrente la quale, in base alla legge di Lenz, reagisce contro il movimento che l'ha prodotta. La presenza di tali smorzatori non implica d'altronde alcuna perdita di potenza in rapporto al flusso principale, di fronte al quale essi conservano posizione invariata; la loro funzione si compie bensì a spese d'uno scambio periodico d'energia fra la macchina e il circuito esterno, che potrebbe assumere proporzioni pericolose, qualora la motrice possedesse un grado d'irregolarità relativamente elevato; in questi casi si rende necessaria una correzione del grado predetto, mediante l'aggiunta di masse volanti. L'azione dei circuiti smorzatori, essenzialmente subordinata alla presenza del campo di reazione, viene meno al cessare del carico dell'alternatore, e nella marcia a vuoto la resistenza interna dell'armatura può inversamente occasionare un'azione negativa, contribuendo a esaltare le oscillazioni, se di fronte alla reattanza essa non sia convenientemente limitata, soprattutto quando la macchina è fortemente eccitata e funziona a bassa frequenza.
Considerazioni accessorie sugli alternatori sincroni. Macchine di tipo speciale. - Non solo le proprietà generali del circuito magnetico e il calcolo dell'eccitazione, ma anche tutte le considerazioni sulle dissipazioni d'energia e sul conseguente sovrariscaldamento, e quelle sul coefficiente totale di rendimento delle macchine sincrone a corrente alternata, non si differenziano sostanzialmente da quelle relative alle macchine a corrente continua.
Le perdite elettriche possono tuttavia assumere uno speciale incremento, quando conduttori di grande sezione sono attraversati da correnti di forte intensità e di frequenza non molto bassa, attesoché la reattanza dovuta al flusso interno tende a esaltare la densità di corrente negli strati periferici, occasionando un aumento della resistenza equivalente e della quantità di calore sviluppata. La determinazione esatta di tali perdite supplementari è particolarmente complicata dalla presenza delle nervature magnetiche, fra le quali i conduttori si trovano allogati entro alle scanalature, e dalle quali viene profondamente modificata la distribuzione dei flussi d'induzione. L'entità delle perdite si può peraltro temperare e ricondure approssimativamente al limite che corrisponde alla densità uniforme, frazionando opportunamente i conduttori in parti elementari, che conservino rispetto alle altre un sufficiente isolamento, e si spostino rispetto a esse e alle nervature magnetiche nei tratti successivi in modo da concatenarsi col medesimo flusso e assumere la medesima reattanza.
Per ciò che concerne le massime potenze che si possono sviluppare da una sola generatrice a corrente alternata, esse eccedono notevolmente quelle ricordate per le macchine a corrente continua, sia per la mancanza della commutazione, sia per la possibilità di mantenere in movimento l'induttore, che può forgiarsi in acciaio massiccio, e sostenere velocità periferiche considerevolmente più elevate. Un limite assoluto di potenza non si può pertanto fissare in generale, giacché i progressi continui della meccanica e della metallurgia lasciano prevedere la possibilità di ulteriori incrementi nelle diverse sollecitazioni specifiche; già oggi si trovano in funzione unità capaci di sviluppare potenze superiori a centomila kilowatt, e nulla vieta di credere che in un prossimo avvenire queste si possano raddoppiare o triplicare. Gl'impianti di ventilazione per macchine simili assumono proporzioni grandiose, e nella maggior parte dei casi funzionano in ciclo chiuso e in taluno con fluidi speciali, diversi dall'aria atmosferica. Le perdite complessive in relazione alla potenza sviluppata discendono a valori piccolissimi, non eccedenti alcune unità per cento, e i coefficienti di rendimento totale si elevano perciò a cifre dell'ordine di 0,96 ÷ 0,98. Diminuisce in correlazione anche il peso riferito all'unità di potenza, e lo spazio proporzionalmente occupato, e ciò basta a spiegare la tendenza moderna a limiti di potenza e di sfruttamento, che ancora pochi anni fa non si sarebbe osato concepire.
Come esempio di grandi alternatori moderni a piccola velocità ne è riprodotto nella fig. 30 uno a 16 poli e 315 giri della fabbrica di Oerlikon, per la frequenza di 42 periodi al 1″; nelle figure 31 e 32 sono separatamente rappresentati lo statore e il rotore di un turboalternatore della Brown Boveri a 1500 giri per 50 periodi al 1″.
Nelle categorie delle macchine di tipo speciale rientrano gli alternatori ad alta frequenza e quelli asincroni polifasi. I primi trovano impiego quasi esclusivamente nel campo delle radiocomunicazioni (v.); i secondi hanno in comune coi motori a campo rotante le proprietà fondamentali, e perciò verranno esaminati con questi nella categoria delle macchine asincrone a induzione.
Motori a corrente continua.
Proprietà generali. Calcolo della coppia e della velocità. Metodi di regolazione. - La funzione d'una macchina dinamoelettrica in tanto è riversibile, in quanto un medesimo sistema di forze si manifesta sopra tutti i conduttori i quali, in presenza d'un campo magnetico, sono attraversati da corrente; nelle macchine generatrici s'adoperano forze meccaniche a vincere quelle magnetoelettriche, producendo un lavoro elettrico; nelle motrici le forze del campo si utilizzano a vincere le resistenze esterne, compiendo la trasformazione inversa. In entrambi i casi, per la rotazione dei conduttori nel campo, si sviluppa un medesimo sistema di forze elettromotrici, concorde con le correnti nelle generatrici, e atto a mantenerle; il contrario è nelle motrici, dove per vincerle occorre applicare una differenza di potenziale adeguata.
Astraendo dalle perdite accessorie, elettriche, magnetiche e meccaniche, la potenza elettrica trasformata corrisponde in ogni caso al prodotto della forza elettromotrice per l'intensità della corrente, e quella meccanica al prodotto della coppia motrice per la velocità angolare; per il principio dell'equivalenza si ha:
Questa permette senz'altro di calcolare la coppia d'un motore a corrente continua, a cui si fornisce da una sorgente esterna la corrente d'armatura i vincendo la controforza elettromotrice E mentre essa compie n giri nell'unità di tempo; siccome è nota la espressione di quella forza elettromotrice in funzione del numero di fili utili e di quello di linee d'induzione tagliate davanti a ogni polo, se ne ricava il valore della coppia in joule:
Le coppie motrici, in quanto risultano dal prodotto d'una forza per un braccio di leva, si misurano in verità nelle stesse unità del lavoro meccanico; si possono trasformare in kilogrammetri dividendo per 9,81. A vincere la controforza elettromotrice è d'altronde necessario applicare al motore una differenza di potenziale la quale compensi, oltre alla E, la caduta ohmica interna Ri, onde scaturisce la velocità dal rapporto:
e in queste due equazioni si può ritenere contenuta sostanzialmente la teoria dei motori elettrici a corrente continua. Per scopi speciali può giovare la trasformazione delle caratteristiche, con riferimento della coppia alla velocità, o altrimenti.
Si possono ora istituire sopra il funzionamento e le modalità costruttive dei motori a corrente continua osservazioni analoghe a quelle già svolte per le dinamo generatrici. A cominciare dall'eccitazione, essa può essere indipendente, in serie, in derivazione, a seconda che la corrente destinata alla produzione del campo si attinge a una sorgente separata, s'identifica con la corrente d'indotto, ovvero si deriva parallelamente a questa da una medesima sorgente e sotto la medesima tensione; possono anche associarsi le due ultime forme d'eccitazione, attribuendo loro verso concorde ovvero discorde, come nelle generatrici a eccitazione composta e in quelle a eccitazione differenziale. Con la forma diversa dell'eccitazione si modifica il funzionamento della macchina, nei riguardi del verso di rotazione, e delle variazioni caratteristiche di coppia e di velocità, subordinatamente al modo di alimentazione.
Per quanto concerne il verso di rotazione, supposto il campo diretto nello stesso senso di quello della dinamo generatrice, nella motrice a eccitazione indipendente si potrà inviare la corrente d'armatura ancora nello stesso senso ovvero in senso contrario, e in conseguenza il verso di rotazione risulterà contrario nel primo e concorde nel secondo con quello della dinamo. Nel motore in serie il verso di rotazione risulta caratteristicamente opposto a quello della generatrice, a parità di collegamenti, e senza riguardo alla direzione della corrente, con l'inversione della quale s'invertono a un tempo i due fattori della coppia Φ e i, ond'essa conserva segno inalterato. Nel motore in derivazione il verso caratteristico di rotazione è conforme a quello della dinamo, poiché la corrente di armatura e quella di campo sono derivate fra le spazzole nel medesimo senso, a differenza di ciò che accadeva nella dinamo, ove convergevano ai nodi quella di campo e quella esterna. Nelle motrici a eccitazione composta prevale in genere, come nelle generatrici, la forza magnetomotrice delle spirali derivate su quella delle spirali in serie, e il verso caratteristico di rotazione è perciò conforme a quello delle generatrici, né si altera per l'inversione eventuale della corrente complessiva inviata dall'esterno, perché, con l'invertirsi dei due fattori, la coppia conserva il medesimo segno. Una inversione di movimento si può in ogni caso ottenere, invertendo una sola delle correnti somministrate alla dinamo composta o in derivazione, ovvero rovesciando in quella in serie il collegamento dell'armatura col circuito d'eccitazione.
A parità di campo induttore e di corrente nell'indotto, il campo trasverso, dovuto alla reazione di questa, resta del pari inalterato, onde le spazzole devono conservare la stessa posizione, se mancano i poli di commutazione; l'angolo di spostamento rispetto alla zona neutra assume perciò segno contrario a quello delle dinamo generatrici, ossia rappresenta un regresso anziché una precessione di fronte a quella zona, con riferimento al verso di rotazione. Il gruppo di spire, compreso fra il piano di commutazione e il suo simmetrico, continua a reagire in senso contrario al campo principale; in generale si ha perciò una diminuzione del flusso risultante, e quindi, a parità di tensione applicata, un aumento di velocità.
Nei riguardi dell'alimentazione, essa può normalmente avvenire nelle due condizioni tipiche delle distribuzioni industriali; in serie con corrente costante, ovvero in derivazione sotto potenziale costante, e in dipendenza di essa, e della forma d'eccitazione, cambia il comportamento caratteristico del motore. La macchina in serie e quella a eccitazione indipendente, alimentate con corrente costante, sviluppano una coppia costante, e la potenza cresce proporzionalmente alla velocità; esse pertanto non si possono praticamente utilizzare, se non intervenga un regolatore adatto a modificare la corrente d'eccitazione ovvero la posizione delle spazzole, in quei casi ove si debbono vincere a determinata velocità coppie variabili; si possono bensì adoperare senza regolazione in quelli, ove la coppia resistente è essa stessa funzione della velocità, come nei ventilatori e nelle pompe centrifughe, poiché questa assume automaticamente quel valore, per cui la coppia resistente fa equilibrio a quella applicata. Nella fig. 33 è riprodotto a titolo di esempio un motore in serie per corrente costante del sistema Thury per la tensione massima di 3400 volta, con regolatore a forza centrifuga che mantiene la velocità costante spostando le spazzole.
I motori in derivazione non trovano applicazione nei circuiti di corrente costante, attesoché non si possono senza speciali artifizî eccitare quando sono fermi, per l'esiguità della tensione assorbita fra le spazzole in assenza della controforza elettromotrice; anche se l'avviamento avvenga mediante inclusione di resistenze nel circuito d'armatura o altrimenti, il funzionamento non è stabile, in quanto al crescere della coppia resistente il motore tende a rallentare e la tensione alle spazzole diminuisce con che diminuisce proporzionalmente l'eccitazione, laddove la corrente d'armatura non può subire variazione considerevole, essendo quella totale costante e quella di campo piccolissima. La forma più comune di alimentazione, così dei motori in serie come di quelli a eccitazione indipendente, in derivazione e composta, è adunque quella a tensione costante, sotto la quale le macchine in derivazione si comportano identicamente a quelle con eccitazione separata.
In entrambe queste categorie, considerando il flusso costante, risulta la coppia motrice semplicemente proporzionale alla corrente d'armatura, e in funzione di questa la caratteristica corrispondente assume l'andamento d'una retta uscente dall'origine; se la macchina è affetta da reazione antagonista, la caratteristica si incurva, e si abbassa gradualmente di fronte alla sua tangente nell'origine. La caratteristica di velocità assume a sua volta, in assenza della reazione, l'andamento di una retta convergente verso l'asse delle ascisse, la cui pendenza è caratterizzata dalla resistenza d'armatura; in una scala adatta essa si può confondere con la retta che ha per ordinate V − Raia, con la quale ha in ogni caso comune il punto d'intersezione sull'asse delle ascisse.
Se interviene la reazione di armatura in senso antagonista, la caratteristica di velocità diminuisce la propria inclinazione, e, se la variazione percentuale del flusso uguaglia la caduta interna di tensione dovuta alla resistenza, quella caratteristica si mantiene sensibilmente orizzontale, ovvero può assumere pendenza inversa, se la reazione prevale sulla caduta ohmica. Nei motori che hanno i poli di commutazione la reazione sensibilmente si annulla, se le spazzole si collocano esattamente nella zona neutra, ma può diventare antagonista o favorevole per piccoli spostamenti delle spazzole a ritroso o in avanzo rispetto al senso di rotazione; questo semplice artificio basta perciò a ottenere entro limiti ristretti la regolazione di velocità, laddove per variazioni più ampie, non volendo modificare la tensione applicata, è indispensabile variare l'eccitazione, e propriamente diminuirla per ottenere aumenti della velocità. Si può ottenere l'effetto corrispondente se si dispone sopra i nuclei polari un secondo avvolgimento, percorso dalla corrente principale in direzione opposta alla corrente derivata; per ciò i collegamenti si devono effettuare come nella generatrice a eccitazione composta, ma il motore assume i caratteri dell'eccitazione differenziale.
In ogni caso, all'atto della inserzione, la macchina è priva di controforza elettromotrice, e per limitare l'intensità della corrente è indispensabile l'inclusione d'una resistenza adeguata nel circuito d'armatura; spesso s'include una resistenza adatta anche nel circuito di campo, per attenuare gli effetti dell'autoinduzione nell'operazione inversa di apertura. Volendo associare nello stesso apparecchio anche la resistenza per la regolazione della velocità, si ottiene un dispositivo del tipo indicato nella fig. 34, ove uno dei fili di linea s'immagina collegato direttamente a una spazzola, a cui fanno capo i due circuiti interni, e l'altro al morsetto centrale AB del reostato. Il braccio di questo riposa nella posizione I sopra una tacca isolante, e procedendo verso la II chiude il circuito d'eccitazione D attraverso una resistenza, che si va per gradi escludendo. Lo stesso braccio, procedendo dalla posizione II alla III, chiude ora il circuito di armatura C attraverso a resistenze per forte corrente, le quali del pari si vanno per gradi escludendo, sì che nella posizione IV lo stesso braccio mantiene invariato il collegamento di armatura, ma include nuovamente in quello di eccitazione una resistenza adatta alla regolazione della velocità.
Volendo ora considerare i motori eccitati in serie e alimentati con tensione costante, entrambe le caratteristiche di coppia e di velocità sono strettamente subordinate alla caratteristica magnetica (fig. 35), la quale ha con esse in comune l'asse delle ascisse, e s'intende già tracciata tenendo conto dell'eventuale reazione. Nel primo tratto, ove il flusso cresce proporzionalmente alla corrente, risulta la coppia proporzionale al quadrato di questa, e la caratteristica corrispondente assume perciò, uscendo dall'origine, l'andamento di una parabola di 20 ordine. A mano a mano che si satura il circuito magnetico, la linea del flusso si abbassa rispetto alla tangente iniziale, e di altrettanto si abbassa la curva della coppia al disotto della parabola, e assume un flesso in corrispondenza del ginocchio della prima; essa tende ulteriormente a una retta uscente dall'origine, a cui si avvicina quasi asintoticamente a mano a mano che la curva del flusso si avvicina a una retta orizzontale. Nell'intervallo in cui la macchina viene praticamente utilizzata, poco oltre il ginocchio della linea di flusso, la caratteristica di coppia conserva approssimativamente un andamento rettilineo, a somiglianza di quella della macchina in derivazione; a differenza di questa, che passa per l'origine, la prima ha peraltro un gradiente più alto, il quale costituisce uno dei privilegi di questo motore, e lo rende particolarmente atto a sviluppare nell'avviamento coppie energiche, quali si rendono necessarie nella trazione elettrica e negli impianti di sollevamento, senza assorbire correnti eccessive.
Per ricavare la curva della velocità, occorre dividere i valori della controforza elettromotrice (ossia le ordinate della retta V − RI, ove R comprende la resistenza d'armatura e quella d'eccitazione) per la grandezza del flusso, che nel primo tratto varia proporzionalmente all'ascissa, e nell'ultimo tende quasi asintoticamente a una costante. La caratteristica della velocità si confonde perciò nel primo tratto sensibilmente con un'iperbole equilatera, e, nel progredire della saturazione magnetica, si mantiene più alta di essa, e al limite si confonderebbe con una retta di pendenza R, se Φ diventasse praticamente costante.
Questa forma di caratteristica, che nel primo tratto rapidamente si abbassa al crescere della coppia motrice, costituisce un privilegio del motore in serie, che, unitamente al forte gradiente della coppia, lo rende particolarmente adatto a quelle applicazioni, in cui le coppie resistenti variano entro vasti limiti, e l'esercizio con velocità costante implicherebbe un'eccessiva oscillazione della potenza motrice.
Contro il pericolo che il motore, avviato a vuoto, o mantenuto sotto carichi molto bassi, elevi in misura eccessiva la sua velocità, si può trovare rimedio aggiungendo al circuito magnetico un'eccitazione supplementare in derivazione o indipendente, concorde con quella in serie, la quale trasferisce per modo di dire la caratteristica del flusso Φ′ a sinistra, come è indicato nella fig. 35, e abbassa in conseguenza tutta la linea della velocità.
Per la regolazione del motore in serie entro limiti relativamente ristretti è possibile ricorrere, come per quelli a eccitazione separata o in derivazione, a una modificazione del flusso, distraendo una parte della corrente dal circuito d'eccitazione mediante una resistenza laterale. L'uso di reostati in serie con l'armatura, per questa come per le categorie precedenti, non è consigliabile nelle regolazioni di carattere permanente, attesoché essi dovrebbero consumare una potenza sensibilmente proporzionale alla variazione desiderata di velocità, diminuendo correlativamente il rendimento; oltre a ciò la tensione assorbita per il reostato, variando in ragione della corrente, quando la macchina lavora sotto coppie variabili ne renderebbe continuamente variabile la velocità. Si può ottenere una modificazione stabile della velocità, così nelle macchine eccitate in derivazione o indipendentemente, come in quelle in serie, se si dispone d'una rete di distribuzione a più fili, o di altre sorgenti a potenziale diverso. Per le macchine in derivazione giova in tal caso mantenere il circuito di campo sotto potenziale costante, se si vuol conferire al circuito magnetico una saturazione conveniente, poiché sotto il ginocchio della caratteristica varierebbero la tensione e il flusso nella stessa proporzione, e la velocità tenderebbe a conservarsi costante.
Ove non siano disponibili sorgenti di tensione diversa, è possibile frazionare quella della rete di distribuzione se si dispone di due o più motori uguali, che si possano rendere meccanicamente solidali, e collegare in serie tra loro, in modo che ognuno resti soggetto a una parte aliquota della tensione totale. Un raggruppamento simile si fa di rado per le macchine eccitate in derivazione, i cui circuiti di campo, per le fatte osservazioni, dovrebbero in ogni caso mantenersi sotto la tensione normale; esso è invece frequentissimo per le macchine in serie, e costituisce il sistema caratteristico di regolazione in serie parallelo, che la compagnia americana Thomson Houston brevettò in origine, ma oggi è caduto in dominio comune, e viene universalmente applicato negli esercizî di trazione. I reostati sono in questi utilizzati unicamente all'avviamento e nei passaggi graduali dall'una all'altra velocità di regime, quando si apparecchia la modificazione del raggruppamento dei motori, ma vengono sistematicamente esclusi nelle condizioni normali di marcia, economizzando nella loro costruzione e nel rendimento. Il numero delle velocità normali è uguale a quello dei raggruppamenti possibili delle macchine.
Vantaggi analoghi si possono avere per un motore unico, se sono frazionati e diversamente raggruppabili le spirali di eccitazione ovvero i circuiti di armatura, che in tali casi devono possedere separati collettori, ed eventualmente si possono anche predisporre con numeri diversi di spire, e utilizzare separatamente oppure in serie opposta o concorde. Se l'induttore ha parecchie coppie di poli, è anche possibile variare il raggruppamento delle spirali magnetizzanti, in modo da conferire ai nuclei contigui opposta polarità, ovvero da rendere comune quella d'un certo numero di essi; l'avvolgimento indotto deve allora adattarsi ai diversi passi polari, come quello ad anello, e il numero di spazzole modificarsi in relazione a quello delle linee di commutazione.
È possibile realizzare tensioni diverse d'alimentazione in presenza d'una rete a potenziale unico, se s'interpone fra essa e il motore che si vuole utilizzare a velocità diverse, una macchina ausiliaria, azionata da un motore separato, e capace di funzionare come survoltrice o devoltrice a seconda del verso e dell'intensità della sua corrente di eccitazione. Il rapporto di potenza fra la macchina ausiliaria e quella principale si commisura direttamente a quello di regolazione del potenziale e della velocità. Dove la regolazione è richiesta fra limiti molto estesi, è preferibile il sistema Léonard, nel quale il motore a velocità variabile è costruito come una macchina normale a eccitazione separata, e l'alimentazione è fatta mediante una generatrice a sua volta eccitata in modo indipendente, e comandata da un motore separato a velocità costante. Questo può essere anche sincrono o asincrono a corrente alternata, se la distribuzione principale è fatta da una rete monofase o polifase, ovvero un motore a corrente continua eccitato in derivazione o in modo composto. La dinamo che funziona da generatrice può regolarsi per tensioni qualunque, positive o negative, mentre l'indotto resta invariabilmente connesso con quello del motore, con che la velocità di questo si può variare nel modo più graduale fra zero e il massimo e invertire a piacimento. All'eccitazione di esso e della generatrice provvede una dinamo ausiliaria, azionata dal motore a velocità costante.
Il sistema ha trovato larga diffusione negl'impianti di sollevamento e nel comando dei laminatoi, ove le inversioni e variazioni di velocità sono frequentissime. Le brusche variazioni di carico, che in tali casi assumono un'importanza eccezionale, si possono vantaggiosamente bilanciare mediante l'azione ugualizzatrice di un volano, applicato all'asse del motore di servizio, il quale cede negl'intervalli di maggiore richiesta una parte della forza viva accumulata, abbassando in corrispondenza la sua velocità; a questo scopo il motore può ricevere un'eccitazione supplementare in serie. A sua volta il gruppo motore generatore si può munire di un volano, il quale attenua le oscillazioni della potenza derivata dalla rete tanto più efficacemente, quanto più forte è la variazione della sua velocità, onde anche per esso conviene conferire al motore un'eccitazione supplementare in serie, ovvero adottare un motore asincrono a corrente alternata, di cui si accresce ad arte lo scorrimento mediante automatica inclusione di resistenza nel rotore o con altro artificio (sistema Ilgner).
Frenatura dei motori a corrente continua. Ricupero parziale dell'energia. - Il problema della frenatura dei motori elettrici si può trattare matematicamente, portando in equazione la coppia supplementare che essi sono in grado di sviluppare in senso contrario al moto nella fase di decelerazione. Per questo è possibile far funzionare semplicemente la macchina come generatrice sopra un adatto sistema di resistenze elettriche, con che si ha l'inconveniente che la potenza dissipata va decrescendo come il quadrato della forza elettromotrice, onde la coppia frenante rapidamente si abbassa al diminuire della velocità; oppure si può utilizzare la corrente prodotta a eccitare un freno elettromagnetico a rotazione o a scorrimento, provocando lo strofinamento di dischi coassiali o di pattini contro le rotaie negl'impianti di trazione; o finalmente si può provocare un'energica coppia negativa, mantenendo eccitato il campo induttore, e inviando nell'armatura una corrente invertita, di cui si regoli l'intensità mediante reostati opportuni. A quest'ultima forma di frenatura, la quale può avere in casi di emergenza la massima efficacia, si ricorre di rado per l'eccesso della coppia deceleratrice, e perché essa può fallire completamente in caso d'interruzione della tensione in linea. Nella prima e seconda forma, se le macchine sono eccitate in serie, occorre rovesciare le connessioni dell'armatura con le spirali di campo perché la funzione si possa invertire, da motore a generatore, conservando la stessa direzione di marcia, laddove le macchine eccitate in parallelo possono conservare lo stesso collegamento, ma diventano instabili se la velocità o la resistenza esterna discendono sotto un valore critico.
L'operazione di frenatura si rende in molti casi necessaria negli impianti di trazione e in quelli di sollevamento per ottenere, anziché la decelerazione e l'arresto delle macchine, la semplice moderazione della loro velocità, quando le cause esterne sollecitano le masse ad accelerare, e potrebbero in mancanza di freni conferire loro velocità esagerate. Il motore in derivazione sotto potenziale costante è fra tutti privilegiato sotto questo riguardo, giacché la sua forza elettromotrice per una certa velocità dipende solo dall'eccitazione, e correlativamente per una data eccitazione è proporzionale alla velocità; nella marcia normale la velocità si stabilisce a quel valore, per cui la controforza elettromotrice bilancia la tensione applicata, a meno della caduta ohmica interna. Se ora resta fissa l'eccitazione, ma la velocità si eleva in una proporzione superiore alla caduta ohmica interna, ovvero se si vuol mantenere inalterata la velocità, ma si accresce la grandezza del flusso, la f. e. m. supera la tensione applicata, e la corrente si rovescia nell'armatura; s'inverte con ciò la coppia, e la macchina diventa generatrice, e provvede automaticamente al ricupero dell'energia, che le forze acceleratrici mettono a disposizione, e che si deve spendere per superare i medesimi dislivelli in salita. Tale operazione non si rende possibile con una macchina unica, se non in un certo intervallo di velocità, ma questo può allargarsi o moltiplicarsi se si dispone di varie macchine uguali, da collegare fra loro in serie o in parallelo. Si può ottenere lo stesso scopo anche con una macchina unica, se fra essa e la rete è interposto un gruppo di regolazione invertibile, come nel sistema Léonard, o anche un semplice divisore di tensione, costituito di varie dinamo in serie separatamente eccitate, e marcianti come motori sotto la tensione della rete esterna. Il sistema è stato utilizzato nella propulsione tranviaria e ferroviaria dagl'ingegneri Somaini e Della Riccia.
Quando i motori sono eccitati in serie, come accade più frequentemente negl'impianti di trazione, si può ancora effettuare il ricupero dell'energia nelle discese, mediante la preliminare inversione dei collegamenti e rieccitazione su adatte resistenze; è peraltro indispensabile che le macchine sviluppino ai capi di queste resistenze una tensione superiore a quella della linea di alimentazione, prima che con questa si possano ricollegare, e ciò può teoricamente avvenire anche con un numero variato di macchine in serie, moltiplicando gl'intervalli di frenatura. In complesso però l'operazione è sempre complicata, e fino a un certo segno aleatoria, quando gli organi striscianti di collegamento possono dar luogo a interruzioni momentanee, che diseccitano le macchine e producono colpi di corrente al riattacco. Per queste ragioni le macchine in serie sono raramente utilizzate come ricuperatrici dell'energia, a meno che, disponendo di un certo numero di esse, se ne possa distrarre una parte per generare la corrente di campo, ovvero si possa altrimenti provvedere all'eccitazione separata.
Considerazioni accessorie sui motori a corrente continua. - In base al principio enunciato della riversibilità, ogni macchina dinamoelettrica a corrente continua può egualmente funzionare da generatrice e da motrice. Per questo tutte le proprietà fondamentali costruttive e di funzionamento dellc macchinc generatrici si possono estendere genericamente anche alle motrici. In particolare valgono anche per queste tutte le considerazioni già svolte relativamente alle perdite interne di energia e al conseguente sovrariscaldamento della macchina, ai limiti della potenza e ai coefficienti di rendimento.
Volendo stabilire un confronto fra gli elementi economici di una generatrice e di un motore a corrente continua, è da osservare che, a parità di dimensioni e di utilizzazione specifica, le perdite di energia devono risultare le stesse, quando la potenza elettrica messa in giuoco è identica. Non perciò risultano necessariamente identiche le potenze meccaniche e i coefficienti di rendimento, attesoché, della generatrice, la potenza utile si ricava sottraendo da quella elettrica totale le perdite elettriche inerenti al suo funzionamento, e del motore sottraendo le perdite magnetiche e meccaniche; la potenza totale della prima equivale alla somma di quella elettrica sviluppata e di quella magnetica e meccanica perduta; del secondo alla somma di quella elettrica trasformata e di quella elettrica perduta. In pratica la somma delle perdite elettriche non suol essere molto diversa da quella delle perdite magnetiche e meccaniche, e i due coefficienti di rendimento per la stessa macchina, funzionante come generatrice e come motrice, non presentano quasi mai differenze considerevoli.
Questa proprietà è sotto certi riguardi preziosa, in quanto consente di dedurre per una stessa macchina il coefficiente di rendimento, facendola lavorare in quella condizione nella quale la misura sperimentale è più semplice; ancora più semplicemente essa permette di dedurre con grande precisione il coefficiente medio di rendimento mediante sole misure di potenza elettrica, quando si dispone di due macchine identiche, facendone funzionare una come motrice e l'altra come generatrice, da essa azionata, e determinando la potenza resa da questa e quella assorbita dalla prima, il cui rapporto fornisce il rendimento globale, ossia il prodotto dei due rendimenti elementari. Il metodo in questa forma semplicissima non trova applicazioni frequenti per le macchine di grande potenza, data la difficoltà di attingere a sorgenti separate le ingenti quantità di energia occorrenti al motore, e di assorbire quelle sviluppate dalla generatrice. In qualche caso però esso si può rendere più economico e razionale, riadducendo l'energia svolta dalla seconda macchina ad alimentare in parte la prima, con che tutto il gruppo si può azionare mediante una somministrazione supplementare della sola energia adeguata a compensare le perdite interne. Il metodo viene perciò caratterizzato col nome di circolazione o ritorno di energia.
Nella gmnde maggioranza dei casi pratici le misure di rendimento s'istituiscono determinando separatamente o calcolando le singole perdite più importanti, e le prove sotto carico si riservano per le verifiche meccaniche e per quelle di sovrariscaldamento. In quanto non tutte le perdite inerenti al funzionamento sono accessibili a una misura diretta ovvero a un calcolo rigoroso, si rende in genere necessario di apportare alla somma di quelle così determinate un adeguato supplemento, e il coefficiente che se ne deduce assume i caratteri di un rendimento convenzionale.
Circa la variazione sistematica del coefficiente di rendimento al variare della potenza, valgono per i motori le stesse considerazioni già svolte per le macchine generatrici. Il rendimento è sempre nullo nella marcia a vuoto, e ridiventerebbe tale anche per la macchina ferma in corto circuito. Esso passa adunque per un massimo in una condizione di carico intermedia, la quale varia con la natura del motore e con la forma di alimentazione. La ricerca teorica del massimo non è agevole, poiché si devono esprimere le singole perdite in funzione degli elementi variabili, tensione, corrente e velocità. Se uno di questi elementi si mantiene costante, e in genere soddisfa a questa condizione la V negl'impianti in derivazione e la I in quelli in serie, quella ricerca si può effettuare graficamente, disegnando la curva delle perdite di potenza in funzione dell'elemento variabile, I nel primo caso e V nel secondo, e tirando a essa la tangente dell'origine; nel punto di contatto fra essa e la curva diventa minimo il rapporto delle perdite complessive alla potenza totale, e massimo il rendimento.
Nella fig. 36 è riprodotto un bell'esempio di motore moderno a corrente continua per tensione costante e alta velocità, della Casa Brown Boveri.
Motori sincroni a corrente alternata.
Se attraverso all'indotto di un alternatore, il campo del quale è eccitato da corrente continua e conserva intensità e direzione costante, si fa passare una corrente o un sistema di correnti alternate di determinata frequenza, la coppia esercitata in ogni istante si può calcolare, come nei motori a corrente continua, in relazione all'intensità delle correnti che attraversano le spire, e ai flussi concatenati. Siccome questi variano nel tempo in relazione alla velocità della macchina, il momento medio di rotazione si annulla per ogni valore della velocità, che non conferisce alle forze elettromotrici la stessa frequenza delle correnti addotte, attesoché il prodotto medio di grandezze alternative di frequenza diversa si annulla. La macchina perciò non può funzionare, in tali condizioni, da motore, se non venga prima portata alla velocità di sincronismo; a questa poi essa si mantiene, e può sviluppare una potenza meccanica corrispondente a quella elettrica che le viene conferita, fino a che non si oltrepassi il limite di stabilità già ricordato nella discussione delle generatrici sincrone, il quale corrisponde a un ritardo angolare di 90° della forza elettromotrice di fronte alla differenza di potenziale impressa. La potenza elettrica convertita in potenza meccanica comprende come fattori i valori efficaci della corrente e della controforza elettromotrice, oltre al coseno dell'angolo che misura lo spostamento di fase relativo, e che nel funzionamento di motore può variare fra 90° e 270°. Alle macchine sincrone funzionanti da motori monofasi o polifasi si applicano pertanto in massima parte le considerazioni e le proprietà di quelle generatrici, e in particolare il diagramma polare di Kapp; questo permette d'individuare nel modo più semplice le relazioni di grandezza e di fase delle diverse tensioni e f. e. m. interne, a vincere le quali s'adopera la differenza di potenziale applicata dall'esterno.
Il diagramma è riprodotto nella fig. 37 per il caso in cui la controforza elettromotrice è minore della differenza di potenziale applicata, raffigurandosi ancora in OA = RiI la caduta interna di tensione per la resistenza ohmica, e in AB = ωLiI la tensione di reattanza, nel quale caso le aree OABC, AGHB e OGHC misurano ancora, come per la macchina generatrice, la potenza elettrica perduta RiI2, quella trasformata in potenza meccanica EI cos δ, e quella totale assorbita VI cos ϕ. Se la tensione impressa alle sbarre di alimentazione è costante, e si mantiene inalterata la coppia resistente, modificando l'eccitazione e la controforza elettromotrice si modifica sostanzialmente il fattore di potenza, e quando la forza controelettromotrice eccede la tensione applicata, l'angolo ϕ diventa negativo, ossia l'intensità di corrente risulta anticipata di fase rispetto alla tensione (fig. 38); in questa condizione la macchina, mediante la componente della sua corrente in quadratura col potenziale, è atta a compensare le componenti in ritardo assorbite da altri motori o apparecchi affetti da reattanza induttiva, a somiglianza di ciò che farebbe un condensatore elettrostatico. Gli Americani indicano compendiosamente questa proprietà dei motori sincroni sovraeccitati, in quanto s'adoperano a migliorare il fattore di potenza negl'impianti di trasmissione dell'energia, col nome di condensatori rotanti.
Se resta costante la coppia resistente, e quindi la potenza meccanica sviluppata, il punto N′ della fig. 38 scorre lungo un'iperbole equilatera; per ogni intensità di corrente, a cui è proporzionale O′B′, con centro B′ e raggio V, s'interseca la verticale di N′ in due punti, uno dei quali corrisponde come F′ a una corrente avanzata di fase, e l'altro, non segnato in figura, a una corrente ritardata di fronte al potenziale. In coordinate cartesiane, assumendo come ordinate le correnti e come ascisse le forze elettromotrici, si ha ancora per ogni valore della potenza una curva a V, simile a quella di Weekes delle macchine generatrici, la quale permette di rilevare immediatamente la condizione più favorevole, per cui l'intensità si riduce al minimo e il rendimento al massimo. Nella fig. 39 è riprodotto un fascio di queste curve corrispondenti a frazioni equidifferenti del carico normale, da 0 a 100%; come ascisse sono state assunte le correnti di eccitazione, riferite a quella che realizza il fattore di potenza unitario col carico normale. La curva III è il luogo geometrico dei punti per cui tale fattore di potenza si conserva eguale a uno per i diversi carichi; la IV è il luogo di quelli in cui il motore per difetto di eccitazione perde la stabilità. La curva I corrisponde alla marcia a vuoto, e permette di dedurre in ogni condizione la componente in quadratura della corrente, avanzata in fase nella regione a destra della III, e ritardata a sinistra, e fornisce perciò tutti gli elementi per il calcolo della regolazione che la macchina stessa può esercitare nella funzione di condensatore sincrono.
Il campo induttore dei motori sincroni deve eccitarsi con corrente continua, e questa, insieme con la necessità di provvedere all'avviamento e alla sincronizzazione preliminare, costituisce una difficoltà, che nelle piccole installazioni può sconsigliare l'impiego di macchine di questa natura. Molti motori moderni portano per altro l'eccitatrice direttamente montata sull'asse, o compenetrata nella loro stessa ossatura, e, se sono alimentati da una rete polifase, provvedono automaticamente al loro avviamento a somiglianza dei motori asincroni a induzione; dopo di ciò si può introdurre, operando a mano o automaticamente, la corrente d'eccitazione, riunendo in tal modo i vantaggi di entrambe le categorie di macchine.
Se un motore sincrono aziona un meccanismo, il quale opponga una coppia resistente periodicamente variabile, esso assume intorno alla velocità di regime delle oscillazioni periodiche, la cui ampiezza non deve eccedere i limiti di stabilità. Queste diventano pericolose, se la loro durata coincide o si approssima a quella delle oscillazioni pendolari, che nei motori, come nelle macchine generatrici, si manifestano per effetto delle correnti interne e delle coppie di sincronizzazione; al pericolo si può ovviare mediante gli avvolgimenti smorzatori ovvero con adatta proporzione delle masse giranti, per la quale i periodi d'oscillazione impressa e di quella naturale risultino convenientemente lontani l'uno dall'altro.
Ove motori sincroni si vogliano usare per scopi ai quali sono indispensabili talune modificazioni di velocità, come nel comando delle eliche dei bastimenti, si può provvedere a esse mediante avvolgimenti multipli, che permettano di realizzare, come nei motori asincroni, numeri diversi di poli, ovvero variando la velocità dei generatori e la frequenza delle correnti di alimentazione. Se la marcia sincrona è destinata solo a scopo di esperienze, come nel collaudo di alternatori, uno dei quali si voglia staccare dal suo motore per determinarne separatamente le perdite di energia, ovvero se tale marcia si debba conferire a un unico motore azionato a distanza, essa si può ottenere mantenendo collegati gli indotti, mentre si provvede all'avviamento della generatrice, e i due induttori sono eccitati contemporaneamente.
Una macchina sincrona, oltreché da ricuperatrice di energia sotto l'azione di coppie acceleratrici e di tensione costante nella marcia normale, può funzionare da freno a velocità variabile, se si conserva inalterata l'eccitazione, e la macchina si converte in generatrice, separandola dalla rete e connettendola a opportune resistenze. Funzionando come motrice, la macchina sincrona ha un limite di stabilità tanto più elevato, quanto più forte è la sua eccitazione, e grande la forza elettromotrice e la corrente di corto circuito. Per piccole potenze può anche funzionare senza eccitazione se ha i poli sporgenti, attesoché le correnti assorbite con ritardo di fase rispetto alla tensione bastano a eccitare il campo mediante la loro reazione. A potenze elevate giova in generale, per accrescere la stabilità, aumentare l'eccitazione oltre quella che permetterebbe di realizzare il massimo fattore di potenza, e far lavorare il motore con correnti anticipate di fase rispetto alla tensione.
Motori e generatori asincroni a induzione.
Macchine polifasi a induzione. - Vengono così denominati i motori e generatori a corrente alternata, nella cui armatura le correnti sono provocate per fenomeno d'induzione, anziché addotte per conduzione da una sorgente esterna, e non sono soggette a commutazione. La loro categoria più importante è costituita dai motori polifasi a induzione, ove le correnti alternate dell'induttore, affette dalla stessa frequenza, ma da fasi diverse, producono nello spazio d'armatura un campo d'intensità costante e di direzione continuamente variabile, onde essi prendono il nome di motori a campo rotante, ovvero, in omaggio al loro inventore, a campo Ferraris. Il principio su cui si appoggia la produzione di questo è semplice; sovrapponendo in una regione dello spazio campi alternativi di eguale ampiezza e frequenza, la cui fase differisce di angoli corrispondenti alle loro inclinazioni rispettive (due campi ortogonali la cui fase differisca di 90°, tre inclinati fra loro e differenti di fase di 120°, ecc.) il campo che ne risulta conserva intensità costante, e la sua direzione si sposta angolarmente con velocità uniforme, compiendo un giro in ogni periodo dei campi componenti.
La proprietà è evidente per due soli campi alternativi in quadratura di fase e di posizione, per la nota relazione:
essa però si può dimostrare con eguale facilità per un numero qualunque di campi sinusoidali equispaziati ed equidifferenti di fase, in quanto le somme delle loro componenti secondo un asse delle ascisse, parallelo al campo di fase nulla, e secondo un asse delle ordinate a questo ortogonale, risultano rispettivamente proporzionali a sen ωt e a cos ωt e assumono la medesima ampiezza, onde il campo totale risulta a sua volta costante in intensità e ruota con la velocità angolare ω. Quella intensità si ragguaglia in ogni caso all'ampiezza d'ognuno dei campi componenti, moltiplicata per la metà del numero di questi; la velocità si può ridurre a una frazione aliquota della precedente, se si compongono altrettanti gruppi di campi alternativi, equidifferenti di fase, ed equispaziati della corrispondente aliquota della periferia, con che l'induttore assume i caratteri delle comuni macchine multipolari.
L' eccitazione dei campi singoli viene effettuata mediante correnti alternate di eguale ampiezza e frequenza, fra loro differenti in fase degli angoli corrispondenti; per evitare perturbazioni giova che le correnti abbiano forma sinusoidale, e che l'ossatura magnetica non ecceda nella magnetizzazione quei limiti, entro ai quali la riluttanza del circuito magnetico si può considerare approssimativamente costante. Le armoniche superiori originano invero altrettanti campi componenti, la cui risultante può in taluni casi annullarsi, come accade di quelli armonici di 3° ordine nei sistemi trifasi, ma in generale corrisponde a un nuovo campo rotante con velocità multipla di quella fondamentale, e affetto dallo stesso verso di rotazione o da verso opposto, a seconda dell'ordine rispettivo. In pratica un gruppo di tre correnti primarie e di tre campi di eguale ampiezza e frequenza, differenti in fase di 120°, costituisce il sistema simmetrico più semplice, attesoché le correnti si possono addurre attraverso a tre soli conduttori, e i flussi chiudere attraverso a tre nuclei e regioni polari, avendo somma algebrica nulla; il sistema simmetrico di due correnti in quadratura abbisogna invece di quattro conduttori, e il campo di quattro regioni polari, ond'esso matematicamente equivale a un sistema di quattro correnti e di altrettanti campi, differenti in fase di 90°, per cui più razionalmente si dovrebbe denominare sistema tetrafase.
Il sistema trifase si è per questo maggiormente diffuso nella costruzione delle macchine polifasi, motrici e generatrici, e per riflesso nelle grandi linee di trasmissione e nelle reti di distribuzione. Se ora nel campo rotante d'induzione, che per semplicità supponiamo a distribuzione bipolare e rotante con la velocità di f giri al secondo, si trova un sistema di spire a loro volta uguali in grandezza ed equispaziate, due ortogonali, tre a 120° ecc., sempreché la loro velocità angolare ± ωi non coincida con quella ω del campo, ognuna di esse viene attraversata da un flusso variabile nel tempo, e diventa sede d'una forza elettromotrice e d'una corrente alternata della frequenza differenziale uguale in ampiezza a quella delle altre spire, ma differente in fase dell'angolo corrispondente alla posizione rispettiva. Tale sistema di correnti conferisce all'indotto un momento magnetico di grandezza costante, ma di direzione variabile, la quale ruota rispetto alle spire con la velocità corrispondente alla frequeriza delle correnti ω ± ωi, e, poiché il verso di rotazione coincide con quello del campo induttore, tale velocità si compone con quella delle spire, e fornisce per la velocità assoluta di rotazione dell'asse magnetico dell'indotto la stessa velocità del campo; quell'asse conserva dunque rispetto alla direzione del campo induttore una posizione invariabile, in relazione a cui si possono facilmente calcolare la reazione del campo indotto su quello induttore e la coppia di rotazione che sollecita l'armatura.
Il verso di questa coppia s'individua in base alla legge di Lenz, per la quale sopra un sistema di correnti, indotte per moto relativo di un campo rispetto a un sistema di conduttori, quello reagisce su questi in senso contrario al moto. Se perciò le spire indotte sono ferme, o girano comunque con velocità inferiore a quella del campo principale, la coppia è motrice, e sollecita le spire ad aumentare la loro velocità fino a raggiungere idealmente quella del campo; se le spire girano più veloci del campo, la coppia si esercita in senso contrario, e diventa frenante, ossia sollecita le spire a rallentare fino a raggiungere idealmente ancora la velocità di prima. In ogni caso l'indotto ha dunque la tendenza a conservare la stessa velocità del campo, e la machina è atta a funzionare come motore a tutte le velocità inferiori, e come generatrice a tutte quelle superiori; poiché al sincronismo corrisponde una coppia nulla, la macchina ha essenzialmente i caratteri di motore o di generatore asincrono, e si può convertire in sincrono se, quando la velocità è prossima al sincronismo, e le correnti indotte assumono una piccolissima frequenza, ad esse si sostituisce una corrente continua, atta a conferire all'indotto un momento magnetico costante.
Restando nell'ambito delle macchine asincrone, l'intensità di corrente indotta in ogni spira si calcola senza difficoltà in relazione alla variazione periodica del flusso, con essa concatenato, e alla impedenza che la spira offre in virtù della sua resistenza ohmica r e della sua induttanza L alle correnti di frequenza f − f1; la coppia esercitata dal campo induttore si ottiene moltiplicando l'intensità del campo per la superficie della spira, per l'intensità di corrente e per il seno dell'angolo di cui l'asse della spira è inclinato rispetto alla direzione del campo. Sommando tutte le coppie analoghe, e tenendo il debito conto del campo di reazione, per effetto del quale la reattanza di ogni spira appare aumentata nella ragione del numero totale di coppie di spire, se la loro distribuzione è simmetrica rispetto all'asse, detto N il numero totale di fili utili e p quello delle coppie polari, la coppia risultante in unità assolute assume l'espressione semplicissima seguente in relazione alla velocità differenziale e al flusso massimo:
Assumendo la velocità differenziale come ascissa e la coppia come ordinata, l'andamento di questa è caratterizzato da una curva passante per l'origine delle coordinate, e asintotica all'asse delle ascisse, come è indicato nella fig. 40. La curva è simmetrica rispetto all'origine, e vale così per il motore (1° quadrante fra gli assi positivi) come per il generatore (3° quadrante fra gli assi negativi). I valori massimi dell'ordinata si ottengono derivando l'espressione della coppia rispetto alla variabile indipendente e ponendo la derivata eguale a zero; essi corrispondono alle velocità differenziali:
nella quale condizione le correnti indotte risultano spostate in fase di 45° rispetto alle forze elettromotrici. Il valore massimo della coppia risulta indipendente dalla resistenza delle spire:
La pendenza della linea nell'origine, ossia il gradiente della coppia in relazione alla velocità differenziale, risulta per contro inversamente proporzionale alla resistenza, al pari dell'ascissa corrispondente alla coppia massima:
Ad armatura ferma si annulla ω1 e la velocità differenziale eguaglia quella assoluta del campo. L'ordinata della curva misura la coppia di avviamento, e se la resistenza delle spire è piccola di fronte alla reattanza, può ritenersi per approssimazione:
In tali condizioni la coppia d'avviamento risulta proporzionale alla resistenza interna, e può accrescersi includendo adatte resistenze nei circuiti indotti. Essa raggiunge esattamente il valore della coppia massima se si rende:
Si ricorre a questo artificio nei grandi motori per correggere la coppia d'avviamento, quando essa risulterebbe inadeguata a vincere quella resistente, con che si ottiene anche il beneficio di limitare l'intensità della corrente assorbita.
La macchina ha funzionamento stabile entro all'intervallo della caratteristica compreso fra le due ordinate massime, attesoché in esso la coppia motrice cresce col rallentare e quella frenante con l'accelerare della macchina; oltrepassando i limiti predetti, questa perderebbe il passo, arrestandosi nel primo caso, e accelerando indefinitamente nel secondo. Praticamente il funzionamento della macchina si suole circoscrivere in entrambi i casi in una parte molto limitata di quell'intervallo, entro cui le variazioni positive e negative della velocità risultano proporzionali alla coppia e tanto più piccole quanto minore è la resistenza interna; la velocità differenziale assume perciò i caratteri di un lento scorrimento del campo rispetto alle spire, o di queste rispetto a quello, e viene ordinariamente caratterizzata con questo nome (fr. glissement; sp. deslizamiento; ted. Schlüpfung; ingl. slip). Spesso s'indica la velocità di scorrimento in frazione percentuale di quella assoluta del campo:
In pratica interessa che lo scorrimento sia il più piccolo possibile, nei riguardi non tanto della costanza approssimativa della velocità, quanto dell'economia del funzionamento, attesoché la potenza consumata per l'effetto di Joule nelle resistenze interne si ragguaglia al prodotto della potenza meccanica sviluppata per lo scorrimento percentuale.
Nelle piccole macchine, destinate a funzionare come motori asincroni polifasi, la possibilità d'introdurre nei circuiti indotti resistenze supplementari per ottenere le massime coppie all'avviamento implica una complicazione eccessiva di costruzione e di manovra, per cui si suole rinunziare a essa, adottando per gli avvolgimenti, con opportuno compromesso, resistenze adeguate a conferire le coppie necessarie alla messa in marcia, senza abbassare esageratamente la velocità normale e il coefficiente di rendimento. L'avvolgimento indotto si mantiene pertanto in corto circuito, frazionandolo in un gran numero di conduttori singoli, annegati entro il nucleo di ferro, e riuniti all'estremità da due anelli di rame a guisa delle gabbie di scoiattolo; ovvero costituendo un numero esiguo di spirali destinate a portare le correnti indotte di fase diversa, e collegandone a loro volta gli estremi in due punti di nodo.
Ove le resistenze supplementari si debbano intercalare, si fa sempre luogo al raggruppamento delle spire indotte in poche spirali, generalmente tre, unite a un estremo in un punto nodale, e all'altro raccordate con altrettanti anelli metallici isolati dall'asse, sui quali s'appoggiano le spazzole destinate a stabilire la comunicazione con le resistenze di regolazione esterne (fig. 41). Non è esclusa la possibilità di costituire l'avvolgimento indotto mediante conduttori di tipo speciale, atti a presentare, in virtù dell'effetto pellicolare o delle momentanee variazioni di temperatura, resistenze più elevate per le correnti di grande intensità e di frequenza normale, indotte all'avviamento, e minori per quelle di piccola frequenza inerenti al funzionamento normale; ovvero di munire l'indotto di due avvolgimenti, allogati a profondità diverse nelle scanalature, e affetti da diverse resistenze e reattanze, ognuno dei quali sviluppa mediante le proprie correnti una coppia caratteristica; si conferisce in tal modo a quella risultante un andamento poco variabile entro un intervallo considerevole di velocità, e un valore sufficientemente elevato anche nell'avviamento.
Le macchine polifasi a induzione come generatrici asincrone sono adoperate essenzialmente nei casi in cui interessa soprattutto la semplicità della costruzione e delle manovre, come nelle piccole stazioni, destinate a utilizzare la potenza idraulica di sorgenti lontane dai centri principali di produzione, e affidate a un personale scarso e poco capace, e ancora più nelle centrali automatiche ovvero azionate a distanza. Più importante è tuttavia il loro uso come motori nelle distribuzioni di forza motrice, soprattutto nei casi in cui si possano rovesciare le coppie applicate dall'esterno, come negl'impianti di trazione e di sollevamento, per cui si rende preziosa la loro proprietà di potere anche funzionare come freni elettromagnetici e come ricuperatori d'energia con velocità di poco superiori al sincronismo.
Resta in entrambi i casi l'inconveniente di dover derivare dalla linea, a cui le macchine sono allacciate, una notevole corrente in quadratura per l'eccitazione del campo, onde il fattore di potenza non suol essere molto elevato, e può sotto carichi bassi discendere a valori molto esigui. Per talune applicazioni pi manifesta anche poco conveniente la poca variabilità della velocità, onde è necessario provvedere alla regolazione mediante opportuni artifizî.
Metodi dî compensazione e regolazione. - La correzione del fattore potenza si può ottenere adducendo all'indotto dall'esterno le correnti di bassa frequenza, necessarie all'eccitazione del campo, derivate dalla rete d'alimentazione per il tramite di un adatto commutatore (Heyland) o fornite da apposita eccitatrice (G. Kapp, Walker, Scherbius, Leblanc, ecc.); ovvero inserendo in parallelo altre macchine o apparecchi (motori sincroni sopraeccitati, o condensatori elettrostatici o elettrolitici), capaci di assorbire correnti in anticipo di fase; o finalmente convertendo durante il funzionamento normale le macchine asincrone in sincrone mediante eccitazione con corrente continua. Tale conversione si può fare automaticamente a opera di un opportuno regolatore a forza centrifuga o di altro sistema analogo, il quale intervenga quando la velocità si sia convenientemente approssimata a quella di sincronismo, e ha il vantaggio che, se la macchina perde momentaneamente il passo sotto l'azione di coppie resistenti anormali, essa può continuare a funzionare in regime asincrono, e riprendere la velocità di sincronismo appena le condizioni normali siano ristabilite. Un esempio di motore trifase compensato del Tecnomasio Italiano è riprodotto nella fig. 42.
Per regolare la velocità dei motori asincroni fra limiti relativamente vasti, non giova ricorrere a modificazioni del potenziale d'alimentazione o della resistenza dell'indotto, poiché, all'abbassarsi del primo, rapidamente diminuisce la coppia massima che la macchina è in grado di sviluppare, e al crescere della seconda aumenta in proporzione la perdita interna per l'effetto di Joule e diminuisce il rendimento.
Nelle prime applicazioni dei motori asincroni alla trazione, eseguite in Italia sulle ferrovie della Valtellina, la Casa Ganz ottenne, oltre alla velocità di regime conferita con l'alimentazione normale e con gl'indotti chiusi in corto circuito, una velocità ridotta accoppiando due motori in cascata, ossia alimentando il primo motore dalla linea e adducendo le sue correnti indotte all'induttore della seconda macchina, il cui indotto rimaneva in corto circuito. Essendo entrambe le macchine dotate dello stesso numero di poli e vincolate alla stessa velocità per il moto simultaneo degli assi, e alimentandosi la seconda con la frequenza di scorrimento della prima, la velocità comune tendeva alla metà di quella di sincronismo, e rispetto a questa subiva piccole diminuzioni in ragione dello scorrimento risultante, come se si fosse sostituito all'aggregato dei due un motore solo col numero doppio di poli. Tale sistema ha l'inconveniente di dover attribuire al rotore della prima macchina tensioni elevate per l'alimentazione della seconda; esso realizza oltre a ciò un modesto rendimento, a causa della doppia trasformazione che subisce l'energia addotta alla seconda macchina, e possiede basso fattore di potenza a causa dei fenomeni raddoppiati di reattanza. Negl'impianti moderni la regolazione della velocità viene pertanto ottenuta di preferenza mediante la variazione del numero dei poli dell'induttore, il quale all'uopo è munito di avvolgimento opportunamente commutabile. Ove occorra realizzare un maggior numero di velocità caratteristiche, si può naturalmente ricorrere al doppio artificio dell'accoppiamento di due motori in cascata e della variazione del numero dei poli. Se i motori raggruppabili in cascata hanno numeri diversi di poli, e possono anche separatamente alimentarsi dalla stessa rete, essi permettono con ciò di realizzare tre velocità distinte: una con l'inserzione semplice del primo, una con quella del secondo motore e una mediante il collegamento descritto. Nella fig. 43 è riprodotto uno dei motori applicati dalla Brown Boveri alle locomotive italiane gruppo 331, predisposti per quattro velocità mediante il raggruppamento in cascata e la permutazione del numero dei poli.
Ove occorra regolare la velocità di un motore asincrono in modo continuo, si può ricorrere a un raggruppamento in cascata, nel quale la seconda macchina abbia i caratteri di un asincrono a commutazione. Questo in verità, come sara chiarito più avanti, può assorbire un sistema polifase di correnti di frequenza qualunque, sviluppando una coppia, che dipende dalla tensione applicata e dalla posizione delle spazzole, oltre che dalla velocità relativa del rotore di fronte al campo. Se si conferisce alle spazzole una posizione tale, che la coppia risulti positiva nel senso del movimento, la macchina a commutazione funziona da motore, assorbendo energia elettrica dal rotore di quella a induzione, e questa viene rallentata; se si conferisce alla prima energia meccanica, e si dispongono le spazzole in modo che la coppia risulti contrapposta al moto, essa restituisce alla seconda dell'energia elettrica, sviluppando un sistema di forze elettromotrici concordi con le correnti, e può elevarne la velocità al disopra del sincronismo. Attribuendo alle forze elettromotrici supplementari una fase conveniente, si possono anche compensare gli effetti della reattanza interna della macchina principale, e correggere il fattore di potenza.
Un risultato analogo si può del pari conseguire se le correnti indotte della macchina predetta si convertono mediante apposita commutatrice in continue, e come tali s'adoperano ad alimentare un motore calettato sull'asse della macchina stessa, cui viene in tal modo restituita in forma meccanica parte dell'energia, che in forma elettrica ne era stata derivata. Quelle correnti si annullerebbero se il rotore assumesse la velocità di sincronismo, onde l'aggregato non può servire alla regolazione fino o oltre questa velocità; per suo mezzo può invece correggersi il fattore di potenza, imprimendo alla commutatrice un'eccitazione conveniente.
Le proprietà principali delle macchine asincrone polifasi, così nella funzione di motori come in quella di generatori, si possono graficamente compendiare in un diagramma, che presenta notevole analogia con quello dei trasformatori statici affetti da dispersione magnetica; nella forma più semplice esso venne originariamente concepito da Heyland, astraendo dalle resistenze ohmiche degli avvolgimenti, e successivamente fu perfezionato da lui e da altri autori (Ossanna, Grob, B. J. Arnold, ecc.). Elemento fondamentale del diagramma è un cerchio, nei diversi punti del quale vanno a finire i vettori uscenti da un'origine comune, e caratterizzanti in intensità e in fase la corrente primaria quando la macchina è alimentata con tensione costante; il diametro del cerchio si determina in relazione all'intensità della corrente ideale che corrisponde alla marcia sincrona, e ai coefficienti primarî e secondarî di dispersione, e la posizione del centro può essere immediatamente individuata, se si conoscono le intensità e le fasi delle correnti assorbite a vuoto e in corto circuito. Il diagramma è completato da una coppia di rette, facili a tracciarsi in base ai dati teorici ovvero ai risultati delle esperienze, e di fronte alle quali le distanze dei punti del cerchio delle correnti individuano rispettivamente le coppie e le potenze che la macchina è in grado di sviluppare nelle diverse condizioni di funzionamento; altre scale lineari permettono di determinare i rispettivi scorrimenti e i coefficienti di rendimento. La costruzione dei diagrammi si può anche estendere alle macchine asincrone compensate mediante l'aggiunta di apposite eccitatrici, ma in ogni caso essa esorbita per la sua complessità dai limiti della presente trattazione, onde per essa si fa riferimento ai trattati speciali della materia.
Macchine monofasi a induzione. - Oltre alle macchine polifasi a campo rotante, rientrano nella categoria di quelle asincrone a induzione anche le macchine monofasi, il cui induttore è alimentato con una semplice corrente alternativa, e il cui indotto è munito di avvolgimento in corto circuito. Le correnti in questo vengono ancora provocate, come nelle macchine asincrone polifasi, dalla periodica variazione del flusso concatenato, ma assumono una legge di variazione più complicata quando l'indotto è in movimento.
Per un teorema ben noto, enunciato da G. Ferraris, il campo alternativo, generato dalla corrente primaria monofase, equivale in verità all'aggregato di due campi di metà ampiezza, rotanti in senso contrario con velocità di sincronismo. Ognuno di questi esercita sull'indotto la propria azione media indipendente da quella dell'altro, e il sistema di forze elettromotrici, correnti e coppie che ne conseguono, si può calcolare in relazione all'intensità dei campi, alla loro velocità relativa di fronte all'indotto, e agli elementi interni dell'avvolgimento. A macchina ferma, i due campi hanno di fronte all'armatura la stessa velocità, e vi inducono perciò forze elettromotrici e correnti eguali, le quali in ogni istante si compongono a dare lo stesso effetto risultante che si avrebbe in un trasformatore statico; le due coppie componenti sono in questo caso eguali, ma rivolte in senso contrario, onde la coppia risultante è nulla, e la macchina non può avviarsi da sé. Se per altro un momento di rotazione le viene impresso meccanicamente o in altro modo, sì che essa si avvii in una direzione qualunque, la coppia motrice, dovuta al campo rotante in quella stessa direzione, prevale sulla coppia dovuta al campo rotante in direzione contraria; se essa è sufficiente a vincere la somma di questa e della coppia resistente esterna, imprime al rotore un'ulteriore accelerazione, facendogli in generale superare la velocità di coppia massima, e conducendolo a funzionare nel tratto rettilineo della caratteristica, contiguo all'origine, entro il quale la macchina assume i caratteri della stabilità, giacché ogni diminuzione di velocità contribuisce ad aumentare la coppia motrice e permette di equilibrare le variazioni di quella resistente.
La caratteristica della coppia media risultante è facile a ottenersi da quella del motore a campo rotante, se se ne ribalta intorno all'ordinata dell'avviamento la parte che corrisponde alle velocità negative, e se ne detraggono le ordinate da quelle del tratto che corrisponde alle ordinate positive come mostra la fig. 44. La curva nuova taglia l'asse delle ascisse in corrispondenza di una velocità leggermente inferiore a quella di sincronismo, oltrepassando la quale la coppia media diventa negativa, e la macchina assume le funzioni di generatrice a somiglianza di quelle polifasi. La coppia istantanea ha naturalmente un andamento più complicato, per la reazione che si esercita da ognuno dei campi rotanti sopra le correnti indotte dall'altro, e necessariamente si annulla negl'istanti in cui la corrente primaria passa per lo zero. La potenza meccanica si ottiene moltiplicando la coppia motrice media per la velocità angolare; le perdite elettriche e quelle magnetiche si calcolano in relazione al doppio sistema di correnti e alla doppia magnetizzazione del rotore, tenendo conto delle due frequenze e velocità di scorrimento. Nello statore la corrente e la magnetizzazione hanno carattere semplicemente alternativo.
Macchine simili sono state unicamente adoperate come motori nelle prime reti di distribuzione monofasi, provvedendo al loro avviamento mediante speciali artifizî, atti a fornire momentaneamente una 2ª corrente di fase diversa, e a produrre per il tramite di essa e della corrente principale un campo rotante. Presentemente esse sono cadute in disuso.
Motori a commutazione per corrente alternata.
Si possono costruire in molti modi motori a corrente alternata, suscettibili di avviarsi da sé e di camminare a velocità differenti, se con artifizio adatto si mantengono nell'armatura correnti di tale direzione, che le forze su esse esercitate dal campo conservino un momento di direzione costante. L'artifizio comunemente usato per questo scopo consiste nell'adozione di un'armatura con avvolgimento continuo, munita d'un collettore ordinario del tipo Pacinotti, mediante il quale si possono commutare a momento opportuno le correnti indotte, ovvero quelle inviate dall'esterno attraverso uno o più sistemi di spazzole. Il campo principale può essere mantenuto da un induttore a poli sporgenti, o a ferro continuo come nei motori asincroni, ed essere eccitato da più correnti alternate, ovvero da una sola in direzione costante. Il piano delle spazzole può in questo caso fare con la direzione media del campo un angolo diverso, a seconda delle proprietà caratteristiche che si vogliono conferire al motore.
Consideriamo per semplicità un'armatura ad anello, mobile entro un campo alternativo orizzontale d'intensità H (figura 45). Il piano delle spazzole faccia con la verticale l'angolo α e si trovino le spazzole unite fra loro da un conduttore di piccola resistenza, ovvero collegate a una sorgente esterna di f. e. m. alternativa della medesima frequenza del campo. Consideriamo anche il piano inclinato, rispetto a quello neutro dell'angolo − α, e distinguiamo le spire dell'avvolgimento nei due gruppi che sono compresi entro gli angoli diedri di ampiezza 2α e π − 2α. A un istante qualunque le spire d'armatura si trovano soggette per due cause a una variazione periodica di flusso e diventano perciò sede di due f. e. m. alternative. Primieramente varia il flusso mantenuto dal campo induttore, in quanto questo è alternativo di frequenza f, indipendentemente dal movimento. Le f. e. m., dovute a questa variazione, sono simmetricamente distribuite rispetto al piano medio del campo, e per la posizione assegnata alle spazzole, si elidono due a due quelle competenti alle spire che si trovano fuori dell'angolo 2α.
Se le spazzole sono fra loro collegate in un circuito di resistenza finita, le correnti prodotte da quelle f. e. m. sono rispetto a esse più o meno spostate di fase, a seconda della maggiore o minore reattanza del circuito, e producono nel nucleo secondo la direzione del piano di commutazione una magnetizzazione alternata, di frequenza pari a quella del campo induttore, e di fase corrispondente a quella della corrente indotta. Per la rotazione dell'armatura, indipendentemente dalla variazione periodica del campo principale, varia inoltre di fronte a esso la posizione di ogni spira, e le f. e. m. indotte hanno una distribuzione simmetrica rispetto al piano neutro; di esse si elidono due a due, come nelle armature di macchine a corrente continua, quelle competenti alle spire che si trovano nell'angolo 2α. Siccome il campo è alternativo, la f. e. m. risultante è pure tale, e le correnti prodotte da questa reagiscono sul campo con un sistema di forze che, secondo la legge di Lenz, deve contrastare al movimento. Le f. e. m. del secondo sistema sono nulle quando l'armatura è ferma, e crescono proporzionalmente alla velocità di questa; la fase loro coincide con la fase del campo induttore. La fase della corrente, che ne deriva, di nuovo strettamente subordinata al rapporto fra la reattanza e la resistenza del circuito, e da essa direttamente dipende la fase della magnetizzazione, che tale corrente conferisce nella direzione delle spazzole al nucleo di armatura. Così la f. e. m. e la corrente risultante sono per questo lato funzioni a un tempo delle variazioni del flusso di origine statica e dinamica, e dipendono perciò direttamente dall'eccitazione del campo esterno e dalla velocità dell'armatura. Se con esse si compongono ancora una f. e. m. e una corrente impresse da una sorgente esterna, la f. e. m. e le correnti totali possono dipendere in modo estremamente complesso da tutti gli elementi della macchina, e in relazione con questi si può modificare fra i limiti più vasti il momento motore che per azione elettrodinamica si sviluppa da parte dell'induttore sull'indotto. Sotto questo riguardo la macchina per corrente alternata a collettore offre una molteplicità di forme e di applicazioni assai maggiore di quella a corrente continua.
Nei riguardi della commutazione s'incontrano peraltro difficoltà maggiori di quelle inerenti alle macchine a corrente continua, occorrendo per la regolarità di essa che la corrente di corto circuito, alla fine del periodo di commutazione, eguagli con sufficiente approssimazione non solo in intensità ma anche in fase la corrente normale che si deve ristabilire nel ramo corrispondente dell'avvolgimento. In verità, oltre a quelle dovute all'autoinduzione dei gruppi elementari, nei quali deve invertirsi la corrente, si presentano in essi f. e. m. statiche, dovute alla periodica variazione del flusso concatenato, a vincere le quali dovrebbe del pari crearsi nei gruppi una controforza e. m. adeguata; ma siccome tale f. e. m. dinamica dipende direttamente dalla velocità, mentre quella statica dipende unicamente dalla frequenza delle correnti impiegate, la commutazione non si potrà fare in modo perfetto, se non in condizioni speciali di carico, a meno che non si provveda a modificare con opportuni artifizî l'intensità del campo a essa agsegnato in relazione alla velocità, nonché all'intensità della corrente primaria e di quella da commutare, e non si paralizzino altrimenti gli effetti delle f. e. m. statiche interne.
Per tale molteplicità di tipi e di fenomeni, la teoria dei motori a corrente alternata con commutazione diventa notevolmente più complicata di quella delle macchine a corrente continua. Tuttavia essi hanno acquistato in pratica grande importanza, perché di fronte ai motori a corrente continua presentano il vantaggio che possono essere alimentati con correnti staticamente trasformate; di fronte a quelli polifasi a induzione hanno il vantaggio di una più larga regolazione della velocità, e di fronte a quelli a induzione monofasi sono suscettibili di più facile avviamento e d'inversione egualmente facile di marcia.
Motori a repulsione. - La prima categoria di motori monofasi a commutazione utilizza il principio delle repulsioni elettrodinamiche, scoperto da Elihu Thomson. Il loro modo di funzionare si chiarisce facilmente mediante il dispositivo riprodotto nella fig. 45. Finché le spazzole restano aperte, il sistema delle f. e. m. indotte staticamente in tutto l'avvolgimento è perfettamente equilibrato, e non nasce nell'interno alcuna corrente, né si manifesta alcuna coppia motrice. Se però si chiudono le spazzole in corto circuito, nascono correnti dovute alle f. e. m. statiche, indotte nei due gruppi di spire che occupano l'angolo 2α, simmetricamente nella metà superiore e in quella inferiore dell'avvolgimento; esse per il ritardo di fase, dovuto alla reattanza del circuito, originano nel nucleo secondo il piano di contatto delle spazzole una magnetizzazione alternata, di frequenza pari a quella dei nuclei induttori, e di fase tale che i poli contigui a quelli dell'induttore conservano per la maggior parte del tempo la stessa polarità di questi, e vengono da essi respinti. Per la rotazione dell'armatura, indipendentemente dalla variazione periodica del campo principale, varia ora la posizione di ogni spira di fronte a questo, e le f. e. m. indotte hanno una distribuzione simmetrica rispetto al piano neutro; di esse si elidono due a due quelle competenti alle spire che si trovano nell'angolo 2α, e le rimanenti agiscono in ogni metà dell'avvolgimento in senso concorde; le correnti corrispondenti reagiscono sul campo con un sistema di forze che contrasta al movimento. Le f. e. m. del secondo sistema sono nulle, quando l'armatura è ferma e la coppia motrice è massima perciò all'avviamento, essendo dovuta esclusivamente alle correnti originate dalle f. e. m. statiche del primo sistema. Essa si può calcolare considerando l'armatura come un magnete, che abbia l'asse disposto secondo le linee delle spazzole, e un momento sensibilmente proporzionale all'intensità di corrente primaria e a quella che attraversa le spire secondarie.
Se alcun campo di reazione non si originasse da parte delle spire secondarie, e quello delle primarie fosse uniformemente distribuito, il momento sollecitante apparirebbe proporzionale al quadrato dell'intensità del campo principale, e al prodotto sen α × cos α, e assumerebbe il suo valore massimo per l'angolo α = 45°; in tal caso esso si ridurrebbe sensibilmente alla metà di quello prodotto da un motore analogo a corrente continua. Praticamente il comportamento della macchina è peraltro più complicato, perché da una parte il campo creato dall'induttore non è uniforme, e la reazione delle correnti indotte ne altera l'intensità e la distribuzione in misura variabile col carico; dall'altra la magnetizzazione, conferita al rotore dalle correnti indotte, varia per la variabile permeabilità del ferro e per la diversa riluttanza offerta alle linee d'induzione, in dipendenza della diversa inclinazione delle spazzole; si verifica perciò il massimo della coppia motrice per una posizione di spazzole, assai meno divergente dalla media direzione del campo induttore, onde le spazzole sogliono spostarsi di 70° a 80° dal piano neutro.
Avviandosi il motore, la f. e. m. dinamica, dovuta al movimento, contrasta in parte quella statica, dovuta alla variazione del campo primario, e le intensità della corrente secondaria e primaria vanno entrambe lentamente diminuendo. Varia contemporaneamente anche la fase della corrente secondaria di fronte a quella primaria, e per un valore caratteristico della velocità le due correnti si vengono a trovare in quadratura, e il momento motore si annulla. Il motore a ripulsione ha dunque un momento rapidamente decrescente al crescere della velocità; esso possiede una velocità limite, verso la quale tenderebbe per la diminuzione indefinita delle resistenze opposte al movimento. Per un valore caratteristico della velocità esso sviluppa la massima potenza. Il motore può camminare nei due sensi, se si spostano le spazzole a destra e a sinistra del piano neutro; variando la posizione delle spazzole varia il momento e quindi la velocità. In particolare esso può camminare anche alla velocità di sincronismo, e la teoria e l'esperienza dimostrano che per essa la commutazione si fa nel modo più perfetto, poiché le f. e. m. indotte nei gruppi elementari che stanno in corto circuito, per le variazioni statiche e per quelle dinamiche di flusso, si compensano perfettamente. Il momento motore in questa condizione è notevolmente basso rispetto a quello massimo di avviamento.
Motori monofasi in serie e in derivazione. - Sviluppando la teoria dei motori a corrente continua, si è visto che tanto le macchine dinamoelettriche con eccitazione in serie quanto quelle eccitate in parallelo posseggono come motori un verso rispettivo di rotazione, il quale non muta per l'inversione della corrente mandata dall'esterno; per questa difatti s'inverte a un tempo la direzione del campo e quella della corrente d'armatura, e l'espressione del momento conserva segno inalterato. Con ciò è implicitamente dimostrata la possibilità di far funzionare macchine dell'uno e dell'altro tipo come motori a corrente alternata, purché, oltre al nucleo d'armatura, anche quello dell'induttore venga convenientemente laminato, allo scopo di limitare la produzione delle correnti parassite.
È però facile vedere che i due tipi di macchina, nel funzionamento con corrente alternata, si comportano in modo assai diverso, e che l'eccitazione in parallelo, nella forma ordinariamente realizzata per le macchine a corrente continua, non può senza cautele speciali essere per questo scopo praticamente utilizzata. Le spirali d'eccitazione, da alimentare sotto potenziale normale, devono infatti possedere un gran numero di spire e una grande autoinduzione, per cui la corrente che le attraversa assume un forte ritardo di fase di fronte al potenziale. Nel circuito d'armatura la limitazione della corrente è invece dovuta essenzialmente alla controforza elettromotrice, e la fase deve essere di poco ritardata di fronte al potenziale, affinché la macchina possegga un fattore di potenza elevato. In tali condizioni uno spostamento di fase considerevole si manifesta tra il campo induttore e le correnti d'armatura, e il momento motore risulta notevolmente diminuito. Per evitare tale inconveniente è necessario derivare la corrente d'eccitazione attraverso un adatto trasformatore, che permetta di ridurre notevolmente la reattanza del circuito equivalente.
Da questo punto di vista la macchina in serie si trova in condizioni assai migliori, poiché la corrente nel circuito d'armatura e in quello d'eccitazione ha necessariamente la medesima fase, e, per l'intensità considerevole di essa, il numero delle spire magnetizzanti può essere grandemente ridotto. È però chiaro che una macchina, costruita con i criterî comuni di quelle in serie per corrente continua, pure avendo l'induttore laminato, funzionerebbe del pari assai male come motore a corrente alternata, se non s'introducessero disposizioni adatte ad aumentare il fattore di potenza e il coefficiente di rendimento, e a migliorare le condizioni della commutazione.
Accade infatti, nelle macchine a corrente continua, che i gruppi elementari siano chiusi in corto circuito dalle spazzole quando attraversano una regione di campo assai debole, e quando la f. e. m. in essi sviluppata è appena sufficiente ai bisogni della commutazione. Nei motori a corrente alternata però la f. e. m. statica, sviluppata in questa posizione dalle periodiche variazioni del flusso, raggiunge il suo massimo, e la corrente che ne scaturisce nel circuito interno, può dar luogo a una considerevole dissipazione di energia, a un fenomeno energico di reazione elettromagnetica e a uno scintillamento pericoloso al collettore. Una compensazione perfetta di questa f. e. m. non si può ottenere senza cautele speciali con avvolgimenti in serie, perché la f. e. m. dinamica risulta in fase con la corrente e varia eminentemente con la velocità. Anche la compensazione mediante un campo costante (eccitato p. es. in derivazione) non può farsi in modo perfetto, se non per una velocità determinata della macchina. Il campo di reazione trasversale, variando attraverso alle spire d'armatura, produce a sua volta una f. e. m. di autoinduzione, la quale, unitamente a quella indotta nelle spirali magnetizzanti, sposta la fase della corrente, e diminusce il fattore di potenza. Si possono contenere le correnti di corto circuito nei gruppi in commutazione fra limiti tollerabili, adoperando spazzole convenientemente strette, per le quali si abbrevii la durata del corto circuito, e si diminuisca il numero dei gruppi simultaneamente in commutazione. Giova allo stesso scopo includere resistenze supplementari, non già nell'avvolgimento propriamente detto, con che si aumenterebbero notevolmente le perdite interne, e si diminuirebbe il rendimento; ma nei conduttori d'unione, interposti fra i gruppi elementari e i segmenti del collettore corrispondenti, dei quali uno solo o pochi in parallelo si trovano a un tempo attraversati dalla corrente che viene dalle spazzole. Si potrebbero pure introdurre in questi tratti di connessione piccole bobine di autoinduzione, per accrescere l'impedenza; ma esse aumentano anche la reattanza offerta alle correnti principali, con che diminuisce il fattore di potenza della macchina, e accrescono l'autoinduzione dei gruppi elementari, con che si peggiora la commutazione; a questo rimedio perciò si ricorre solo quando alle esigenze della commutazione si provvede con poli ausiliarî.
Si può compensare il campo trasverso, dovuto alle correnti d'armatura, mediaute un campo uguale e di direzione contraria, generato da un avvolgimento fisso, allogato sull'induttore, non altrimenti da quello che accade nelle macchine a corrente continua. In questo caso è addirittura possibile separare metallicamente questo avvolgimento dal circuito della corrente principale, tenendolo semplicemente chiuso in corto circuito, poiché le correnti compensanti vi si possono suscitare per le variazioni del flusso concatenato, come nell'avvolgimento secondario d'un trasformatore; la perdita d'energia, inerente alla presenza di questo avvolgimento supplementare, risulta sempre la stessa, a parità di corrente e di resistenza ma con questa disposizione è facilitato l'isolamento. L'effetto di tali circuiti compensatori è qui però in parte diminuito dalla dispersione e verrebbe completamente a mancare, se la macchina si dovesse promiscuamente usare con corrente continua e alternata.
Alla creazione della f. e. m. necessaria per la commutazione si può direttamente provvedere mediante l'aggiunta di poli supplementari, come quelli che hanno trovato largo uso nelle macchine a corrente continua. Affinché la f. e. m. dinamica, indotta dai poli di commutazione, potesse compensare in massima parte quella dovuta alla variazione statica del flusso concatenato, occorrerebbe spostare la fase del campo relativo di 90°; se peraltro si vuole nello stesso tempo compensare buona parte della f. e. m. di autoinduzione dei gruppi in commutazione, la fase del campo relativo deve subire uno spostamento minore. L'autoinduzione delle spirali di campo viene contenuta tra limiti ristretti, assegnando loro un piccolo numero di spire, con che si rende necessario l'impiego di piccoli interferi. Gli effetti totali della reattanza interna nella macchina possono in generale essere limitati alimentando i motori con correnti alternate di frequenza relativamente bassa.
La caratteristica di coppia e quella di velocità dei motori in serie e di quelli in derivazione a corrente alternata sono perfettamente analoghe a quelle dei motori analoghi a corrente continua.
La regolazione di velocità per una determinata coppia resistente può essere effettuata mediante l'aggiunta di resistenze ohmiche o di resistenze induttive, ovvero, con vantaggio economico, mediante l'impiego di trasformatori a rapporto variabile, i quali permettono di alimentare il motore a potenziali diversi, senza nessuna dissipazione supplementare d'energia. In queste condizioni il motore in serie si adatta egregiamente alle principali esigenze dei servizî elettrici di trazione, dove l'impiego delle correnti alternate di alto potenziale permette di realizzare una grande economia nelle linee di trasmissione, e i trasformatori statici rendono possibile il cambiamento delle tensionì di distribuzione in qualsiasi rapporto a quella primaria. Si aggiunga la proprietà, che nessun'altra categoria di macchine possiede, all'infuori del motore in serie a ferro laminato e a reazione compensata, di potersi indifferentemente usare nei circuiti di corrente continua e di corrente alternata, con che si rende possibile, nelle diverse porzioni d'una rete, l'utilizzazione promiscua delle due forme di energia, ognuna delle quali presenta per talune applicazioni speciali vantaggi.
Il dott. Behn Eschenburg ha ideato una speciale disposizione di circuito d'alimentazione, mediante la quale il motore in serie a corrente alternata può trasformarsi in motore in derivazione, e sviluppare a velocità comunque ridotta un'energica coppia frenante somministrando energia elettrica alla linea esterna, con che esso si adatta particolarmente bene al ricupero nei servizî di trazione.
È possibile conferire a una macchina monofase a commutazione le proprietà e i vantaggi dell'uno e dell'altro sistema, associando le due forme d'eccitazione, in serie e in derivazione, ovvero le due forme d'avvolgimento e d'alimentazione, a induzione e in serie. Ove il motore possegga, per il tipo fondamentale di eccitazione in derivazione ovvero a induzione, una velocità limite, quando esso è sollecitato a oltrepassarla oppone una coppia resistente, per la quale può funzionare da moderatore di velocità, e servire eventualmente al ricupero dell'energia. L'uso delle macchine alternatrici a commutazione come freni, a velocità comunque inferiori a quella caratteristica predetta, si può anche ottenere rovesciando la corrente nel circuito di armatura per quelle in serie, e per quelle a ripulsione spostando in senso opportuno le spazzole sì da invertire la coppia sviluppata. Le macchine in serie possono anche funzionare come generatrici di corrente continua sopra apposite resistenze.
Motori polifasi a commutazione. - Fin dalle prime applicazioni del motore asincrono trifase, fu avvertito lo svantaggio della regolazione della sua velocità per mezzo di resistenze inserite nel rotore. Con l'estendersi del suo campo d'azione andò sempre più accentuandosi il bisogno d'avere un motore trifase, la cui velocità si potesse economicamente variare come quella dei motori a corrente continua, senza grande perdita di energia nelle resistenze. Alla soluzione di questo problema si addivenne per due vie: una diretta, con la costruzione di motori polifasi a collettore; l'altra indiretta, collegando il motore ordinario trifase in cascata con una macchina ausiliaria a velocità regolabile. La macchina trifase a collettore è stata applicata come motore in derivazione e come motore in serie.
Nel motore in derivazione, come in un ordinario motore asincrono trifase, il campo dello statore induce nei singoli elementi dell'avvolgimento rotante forze elettromotrici, la cui frequenza varia in ragione diretta dello scorrimento. Il collettore trasforma la frequenza delle correnti indotte nell'avvolgimento, che in un dato istante fan capo alle spazzole, in frequenza del campo dello statore. Grazie al collettore, si ha perciò possibilità di collegare il rotore con la rete, e d'imprimere alle spazzole una f. e. m. esterna, regolabile per mezzo di un trasformatore. A ogni valore di questa fa equilibrio una eguale f. e. m. interna, indotta nell'avvolgimento del rotore, alla quale corrisponde un determinato scorrimento. Basta dunque variare la f. e. m. esterna per regolare la velocità del motore. Teoricamente, prescindendo dalle cadute ohmiche di potenziale dovute alla resistenza interna, se la tensione applicata a ogni spira di armatura è nulla, questa deve rotare con la velocità di sincronismo; essa dovrebbe arrestarsi quando quella tensione uguaglia quella applicata a ogni spira dello statore; assumere velocità uguale alla metà di quella di sincronismo, quando quella tensione è la metà di questa. Invertendo il senso della prima tensione rispetto alla seconda, il motore a collettore raggiunge velocità superiori a quella del sincronismo. In ogni condizione il momento sviluppato è funzione della posizione relativa delle spazzole, e a parità di flusso diventa massimo per la posizione per cui l'asse magnetico del rotore risulta ortogonale al campo induttore.
Nel motore in serie le tre fasi dello statore fanno direttamente, o attraverso un interposto trasformatore, capo alle tre spazzole spostabili sul collettore. Le correnti che circolano nel rotore generano in esso un campo rotante con la stessa velocità di quello dello statore, la cui posizione nello spazio, relativa a quella del campo nello statore, dipende dalla posizione delle spazzole. Quando queste sono disposte in modo che la direzione dell'asse magnetico del rotore coincida con quella del campo dello statore, e i due campi si trovino in opposizione, il campo risultante a parità di corrente è minimo, e la coppia torcente è nulla; essa è anche uguale a 0 quando le spazzole si trovano spostate di 180° rispetto alla posizione precedente, nel qual caso si sommano le due forze magnetomotrici. Per ogni altra posizione delle spazzole la coppia torcente è diversa da 0, e diventa massima quando il campo dello statore e l'asse magnetico dell'armatura sono a 90°.
Il motore compound, oltre ai due avvolgimenti in serie dello statore e del rotore, comprende un terzo circuito, posto in derivazione rispetto al rotore, per la presenza del quale può assumere in parte le proprietà dell'uno e in parte quelle dell'altro motore precedente, e in conseguenza può essere facilmente regolato per coppia e velocità variabili. Conviene all'uopo in questo terzo circuito far agire una f. e. m. costante, e includere un'impedenza variabile; se difatti questa si rende infinita, si torna al caso tipico del motore in serie; se essa si annulla, si ritrovano caratteristiche simili a quelle delle macchine in derivazione.
Rüdenberg ha dato per il motore polifase in serie un diagramma molto semplice, da cui è possibile dedurre in ogni condizione di funzionamento la relazione fra i potenziali dello statore e del rotore. In base alla sua teoria il vettore della corrente modifica la propria fase rispetto a quello del potenziale con la velocità. Detto α lo spostamento delle spazzole dalla posizione di corto circuito, a sincronismo la corrente rispetto al potenziale risultante è semplicemente spostata dall'angolo α/2 e il fattore di potenza è dato da cos α/2 − cos ϕ0, ove il rotore cammini nella direzione del campo. Perciò conviene nei motori polifasi in serie lavorare sempre con un piccolo spostamento delle spazzole. Con α = 30° si ha cos ϕ0 = 0,97; per α = 60° cos ϕ0 = 0,87. Crescendo la velocità sopra quella di sincronismo, il fattore di potenza migliora, e a velocità doppia di quella di sincronismo risulterebbe teoricamente eguale all'unità, indipendentemente dallo spostamento delle spazzole. Per ulteriori accrescimenti di velocità, la corrente assorbita precederebbe in fase il potenziale applicato. Camminando invece la macchina in direzione contraria al campo, il fattore di potenza risulterebbe in ogni caso molto basso. Per il fatto che la macchina polifase in serie, con egual numero di spire nello statore e nel rotore, a velocità doppia di quella di sincronismo è perfettamente compensata, essa provvede da sola alla propria corrente di eccitazione. Se perciò la si chiude sopra sé stessa, ovvero sopra un circuito esterno, contenente resistenze o autoinduzioni, e se le si comunica energia meccanica, essa può funzionare come generatrice e come freno, producendo in ogni caso correnti polifasi di frequenza pari alla metà di quella che corrisponde alla velocità acquisita. L'azione frenante può essere regolata fra vasti limiti spostando le spazzole. La relazione fra i potenziali del rotore e dello statore e quello totale assume l'espressione:
Tenendo conto della velocità relativa, con la quale le linee di campo vengono intersecate dai fili dello statore e del rotore, si ha la relazione:
dove s misura lo scorrimento percentuale in una forma simile a quella delle macchine a induzione. Si ottiene cosi:
e quindi il momento motore diventa:
Il momento, a parità di altri elementi, è proporzionale al quadrato della tensione, come nelle macchine polifasi a induzione; ma varia in modo complicato al variare della velocità e dello spostamento delle spazzole.
Le condizioni della commutazione nel motore polifase in serie sono particolarmente buone alla velocità di sincronismo, per cui la frequenza delle correnti nelle spire del rotore si annulla. Trattandosi qui di motori, che appunto si adoperano per ottenere una velocità variabile tra limiti estesi, conviene provvedere alla regolarità della commutazione con gli stessi artifizî già indicati per altre macchine congeneri: limitando convenientemente la tensione fra le lamine del collettore; scegliendo opportunamente la natura e le dimensioni delle spazzole; interponendo eventualmente fra i gruppi interni e le lamine del collettore adatte resistenze; e finalmente applicando alla macchina appositi poli di commutazione. Affinché questi compiano perfettamente la loro funzione, debbono produrre nei gruppi in corto circuito una f. e. m. capace di compensare quella di reattanza, e una capace d'equilibrare quella di origine statica, dovuta all'oscillazione periodica del flusso induttore, con quei gruppi concatenato. Conviene all'uopo dotare i poli ausiliarî d'una doppia eccitazione: una in serie, come nelle macchine a corrente continua, e una derivata fra le spazzole. La fase della corrente così derivata si può eventualmente modificare con l'inclusione di un'adatta spirale di autoinduzione.
I motori trifasi a collettore sono stati introdotti nella pratica per il comando di macchine utensili, ventilatori, macchine per filature, ecc. Per le macchine a carta, desiderandosi generalmente una regolazione di velocità tra limiti molto estesi da 1:5 sino a 1:13, il motore a collettore non può rivaleggiare con le migliori disposizioni a corrente continua.
Macchine convertitrici.
Considerazioni generali e rapporti di conversione. - In molte applicazioni industriali è desiderata una corrente di forma o frequenza diversa da quella che forniscono sul luogo le macchine generatrici o le reti di distribuzione. È necessario allora trasformare l'energia elettrica, convertendo la corrente mediante macchine dotate di organi in movimento, le quali vengono perciò denominate trasformatori rotanti o macchine convertitrici. Il caso più ovvio è quello in cui un vero e proprio motore elettrico a corrente continua o alternativa venga alimentato con l'energia tolta alla linea, e comandi una macchina dinamoelettrica separata, capace di restituire la massima parte di quell'energia in forma di correnti continue o alternate della tensione e frequenza desiderate. Se le due macchine non sono destinate ad altro ufficio, esse devono avere potenza poco differente, e possono facilmente progettarsi per una medesima velocità angolare. Le due armature possono allora calettarsi direttamente sul medesimo albero, o almeno i due alberi disporsi secondo la medesima linea di asse, e accoppiarsi con un giunto rigido o elastico, in modo da evitare ogni altro organo intermedio di trasmissione, e ogni perdita supplementare di energia. Si trovano nell'industria molte installazioni di questo genere, di cui un esemplare è riprodotto nella fig. 46, soprattutto là dove interessa di utilizzare quantità di energia trasmesse mediante correnti alternative di tensione elevata, per cui il motore dev'essere costruito con un forte isolamento e sorvegliato con cura. È però chiaro che, sommandosi tutte le perdite meccaniche, elettriche e magnetiche inerenti al funzionamento di entramhe le macchine, come se queste fossero del tutto separate, il rendimento totale della trasformazione dev'essere molto più basso di quello che competerebbe a una macchina capace di sviluppare semplicemente la stessa potenza.
Possiamo attribuire a motori elettrici e generatori di potenza ragguardevole un coefficiente medio di rendimento dell'ordine di 0,92 a 0,95. Un aggregato di due macchine, quale l'accennato, potrebbe adunque avere un rendimento dell'ordine di 0,85 a 0,90, mentre un convertitore ad armatura unica può avere un rendimento dell'ordine di 0,93 a 0,96. Se anche per adattare la tensione alternata a quella continua desiderata occorre abbassare la prima mediante un trasformatore statico del tipo comune, potendo questo avere un rendimento normale di 0,97 a 0,98, il rendimento complessivo potrà ancora mantenersi fra 0,90 e 0,94. Le condizioni della convertitrice a una sola armatura di fronte al gruppo motore generatore si migliorano ancora, se si tien conto delle perdite a vuoto, che nel secondo sono circa doppie.
La possibilità della più semplice costruzione è primieramente chiarita dal fatto che un medesimo nucleo d'armatura può in ogni caso ricevere più avvolgimenti distinti, e ogni avvolgimento può essere predisposto per correnti d'intensità e potenziale prestabiliti. Se si hanno due avvolgimenti, costruiti con filo di sezione diversa e con numero diverso di spire, rotando l'armatura in un campo induttore, le f. e. m. indotte in ogni filo saranno identiche, e alla tensione continua dell'uno, che si può utilizzare mediante un collettore ordinario a commutazione, e a quella efficace alternativa, che si può ricavare fra punti convenientemente scelti dell'altro, si potrà assegnare un rapporto numerico qualunque. A parità di potenza, cambieranno nel rapporto inverso le intensità di corrente, e le potenze dissipate nei due avvolgimenti potranno contenersi fra limiti comunque ristretti, assegnando ai conduttori sezioni convenienti. Per contro il campo induttore, essendo unico, richiederà l'impiego di una sola ossatura magnetica, e una quantità di energia, uguale o pochissimo superiore a quella di una macchina sola, si spenderà nelle resistenze elettriche di eccitazione, nonché per le perdite magnetiche e per quelle meccaniche. Ad aumentare il rendimento concorre ancora una diminuzione sostanziale dei fenomeni di reazione secondaria, per la qual cosa è possibile mantenere pressoché inalterata l'eccitazione per ogni carico; le perdite stesse d'armatura possono radicalmente diminuirsi, riunendo in un solo i due avvolgimenti, quando lo permette il rapporto delle due tensioni che si vogliono ricavare. In queste condizioni il rendimento del convertitore può addirittura elevarsi al disopra di quello di una generatrice normale della medesima potenza.
Questa forma, più semplice fra tutte, di macchina convertitrice, può concepirsi adunque con un unico induttore e indotto, ognuno dei quali è da progettare con criterî non dissimili da quelli che presiedono al calcolo dei semplici generatori o dei motori ordinarî. Solamente l'avvolgimento mobile dell'indotto differirà da quello di una macchina ordinaria, in quanto possiederà due collettori, adatti rispettivamente alle due forme di corrente che si vogliono utilizzare nella macchina. Un avvolgimento ordinario ad anello di Gramme o a tamburo si presta bene soprattutto a una conversione di questa natura, poiché può essere a una delle fronti munito di un collettore ordinario a molti segmenti isolati, per ricevere e somministrare corrente continua, mentre alla fronte opposta può avere due o più punti equidistanti, connessi invariabilmente con altrettanti anelli di un collettore ordinario per corrente alternata monofase o polifase.
In un indotto cosi fatto è interessante ricercare il rapporto fra tensioni che si mantengono ai morsetti della corrente continua, e alternativa. Prescindendo dalle cadute interne di potenziale, dovute alle resistenze ohmiche e ai fenomeni di reazione, quel rapporto risulta eguale per approssimazione a quello delle f. e. m. generate nei gruppi compresi fra i punti di derivazione. Riportiamo i valori numerici dei rapporti fra le tensioni concatenate nella macchina polifase, nonché fra le intensità efficaci delle correnti polifasi d'armatura, e rispettivamente la tensione e l'intensità totale di corrente continua; la tensione E0 di ogni morsetto di entrata rispetto al neutro risulta in ogni caso eguale alla metà di quella concatenata della macchina monofase, ossia 0,354 Ec.
Se la macchina riceve correnti alternate e produce corrente continua, essa funziona come un motore sincrono ordinario, e può eccitarsi mediante corrente continua ricavata dallo stesso collettore, o da una sorgente indipendente di f. e. m. Se la corrente primaria ha frequenza invariabile, la velocità della macchina è perfettamente costante. Se invece la corrente primaria è continua, la velocità può modificarsi col carico, con che si ha l'inconveniente di cambiare anche la frequenza delle correnti alternate secondarie, a meno che non si trovi la macchina collegata in parallelo a un gruppo di generatrici sincrone di costante velocità. La convertitrice, adoperata come motore sincrono, presenta anche il vantaggio di poter annullare, con eccitazione conveniente, la differenza di fase fra la corrente e il potenziale, raggiungendo così le condizioni del maggior rendimento, ed eventualmente può assorbire correnti alternative anticipate in fase di fronte al potenziale se l'eccitazione viene ulteriormente accresciuta. Un bell'esemplare di convertitrice moderna della potenza di 5000 kilowatt è riprodotta nella fig. 47.
Si presentano particolarmente interessanti i fenomeni dovuti alla sovrapposizione delle due correnti nel medesimo avvolgimento d'armatura, poiché da essi dipende l'intensità efficace della corrente di ogni filo o spira, e la quantità di energia dissipata per effetto di Joule. Originandosi il moto della convertitrice dalle azioni elettromagnetiche del campo sopra le correnti primarie, queste devono avere, come in un motore, fase opposta alle f. e. m. indotte, in concordanza con le quali vengono invece generate le correnti secondarie. Le due correnti in un filo assumono adunque, nella condizione media, direzione contraria, e l'intensità risultante si deve ricavare per differenza delle due componenti.
Per quanto riguarda la corrente continua, essa in ogni spirale elementare dell'avvolgimento conserva la medesima intensità e direzione durante ogni mezzo periodo, e precisamente cambia di segno negl'istanti in cui la spirale viene commutata, passando sotto le spazzole. La corrente alternata segue invece in tutte le spire di un medesimo gruppo (fase) la medesima variazione, e quindi assume, rispetto alle inversioni di quella continua, fasi diverse in tutte le spire, che hanno diversa distanza dai punti di derivazione; per ognuna di queste si ha dunque un diverso diagramma della corrente risultante, e quindi una diversa dissipazione di energia, da calcolarsi in relazione al quadrato della rispettiva intensità efficace. La potenza elettrica totale dissipata risulta proporzionale alla media di quei quadrati, e impone il limite della potenza utile.
Steinmetz ha calcolato con questo criterio il rapporto fra l'energia dissipata nelle resistenze d'armatura in un convertitore a m fasi, e quella che si dissiperebbe nella stessa macchina, adoperata come generatrice di semplice corrente continua. I valori sono riportati nella seguente tabella sotto l'indicazione del simbolo Γ:
La seconda linea contiene i rapporti 1/√Γ in proporzione dei quali può accrescersi l'intensità efficace di corrente, e quindi anche la potenza elettrica dell'armatura, subordinatamente alle medesime dissipazioni di energia nelle resistenze. Se si vuol limitare la potenza del convertitore in relazione a quella del generatore di corrente continua, subordinandola all'uguaglianza delle perdite totali di energia interna, anziché a quella delle sole perdite elettriche, i coefficienti si modificheranno in parte, dovendosi portare in conto anche le perdite meccaniche e magnetiche, per compensare le quali viene assorbita una corrente indipendente da quella trasformata. Lo Steinmetz ha calcolato a quest'uopo i coefficienti 1/√Γ0 supponendo che quelle perdite siano dell'ordine di 4% della energia totale, e che, per le esigenze del servizio, si voglia mantenere fra le f. e. m. e le correnti di alimentazione una differenza di fase di 30°.
Siccome con il crescere del numero di fasi cresce considerevolmente la potenza, converrebbe teoricamente realizzare il numero di esse più elevato. In pratica le reti di correnti alternate sono generalmente trifasi; è facile però, quando la macchina si alimenta con un trasformatore situato nell'immediata vicinanza, assegnare a questo tre avvolgimenti secondarî distinti, ognuno dei quali si colleghi a due punti diametralmente opposti dell'armatura della convertitrice; in tali condizioni questa risulta effettivamente alimentata da corrente di 6 fasi diverse.
Avviamento e regolazione delle convertitrici. - Macchine convertitrici di corrente polifase in continua possono avviarsi, ricorrendo ai medesimi artifizî che servono per i motori sincroni; in particolare impiegando motori asincroni ausiliarî, ovvero alimentando l'armatura con correnti alternate di tensione ridotta, mentre i nuclei polari sono distaccati e le spirali di campo chiuse in corto circuito. La connessione alla linea deve nel 1° caso effettuarsi con l'aiuto di un ordinario apparecchio di sincronizzazione; nel 20 quando la velocità si è convenientemente approssimata a quella di sincronismo, e un voltometro a corrente continua, incluso fra le spazzole, indica che la macchina possiede la polarità dovuta. Una difficoltà speciale nasce in queste forme di avviamento dalla presenza delle spazzole, le quali chiudono a volta a volta in corto circuito i gruppi elementari, sottoposti alle variazioni statiche di flusso, dando luogo a correnti parassite energiche. A evitarla si usa in qualche caso effettuare l'avviamento a spazzole alzate.
In alcuni casi si presenta conveniente l'artifizio di utilizzare per la messa in marcia l'energia fornita da una sorgente ausiliaria di corrente continua, ovvero della rete medesima che la convertitrice è destinata ad alimentare. Se questa distribuisce energia per scopo di trazione, le oscillazioni di tensione possono tuttavia essere così forti, da rendere assai precaria l'uguaglianza della f. e. m. di macchina e della tensione applicata, in difetto di che si avrebbe all'atto dell'inserzione un colpo di corrente pericoloso. Si può ovviare all'inconveniente aprendo momentaneamente l'interruttore della corrente continua nell'istante in cui si chiude quello di corrente alternata. Se le convertitrici da avviare in una medesima sottostazione sono parecchie, può giovare l'impianto di una generatrice apposita di corrente continua, azionata da un motore asincrono separato. In complesso però questa forma di avviamento, la quale dal punto di vista teorico appare forse la più semplice fra tutte, offre praticamente le maggiori di icoltà ed è usata di rado. Le convertitrici per alta tensione, in quanto siano dotate di un'eccitatrice calettata su lo stesso asse, possono ancora avviarsi col sussidio di questa, funzionante momentaneamente da motore.
Se la convertitrice è alimentata come motore sincrono a corrente alternata, possono intervenire, per variazioni improvvise o periodiche del momento motore o resistente, delle oscillazioni pendolari, le quali, anche se non raggiungono ampiezza tale da far uscire la macchina dal passo, creano però una grave perturbazione nel funzionamento, e possono occasionare uno scintillamento pernicioso al collettore. Il rimedio più efficace si ottiene anche qui con l'aggiunta di circuiti metallici smorzatori del tipo Leblanc.
Quando in una macchina convertitrice le correnti alternate, che l'alimentano come motore, o quelle da essa ricavate come generatore, sono per qualsiasi causa spostate di fase rispetto alla f. e. m., esse reagiscono dissimmetricamente sull'induttore nelle diverse porzioni del periodo, producendo una variazione periodica di flusso tanto più grande, quanto meno è saturo il ferro; questa induce nel circuito di corrente continua una f. e. m. pulsativa. Altre pulsazioni consimili possono originarsi dalle armoniche superiori della corrente primaria, quando questa non segue una legge di variazione puramente sinusoidale. Per l'esercizio delle convertitrici il fenomeno ha una grande importanza, poiché, soprattutto quando in parallelo con esse si trovano inserite batterie di accumulatori, ovvero altre macchine, la cui f. e. m. costante controbilancia in gran parte quella della macchina considerata, le armoniche della f. e. m. differenziale assumono una grandezza rilevante rispetto alla differenza dei valori medî, e in proporzione con esse va pulsando la corrente del circuito. Questa assorbe perciò un'intensità continuamente variabile, e negl'istanti di massimo può eccedere notevolmente la densità prevista alle spazzole, e dar luogo a uno scintillamento pericoloso.
Il problema di gran lunga più interessante nella tecnica delle macchine convertitrici è quello della loro regolazione. Lo Steinmetz ha dimostrato, con un calcolo diretto della forza magnetomotrice dovuta alle correnti di armatura, che essa si annulla quando la conversione è fatta da corrente continua in trifase, o viceversa, se si mantengono le spazzole in contatto con il collettore di corrente continua nel piano neutrale, e se la corrente altermata è in fase con la sua f. e. m. Con ciò la tensione, utilizzata fra le spazzole della corrente continua, evidentemente non varia, se non in quanto varii la caduta ohmica di potenziale nelle resistenze, e questa proprietà può in molti casi essere vantaggiosa in quanto i convertitori, sottoposti a costante tensione alternativa, mantengono anche quella continua approssimativamente invariata. Per variare la tensione continua si rende pertanto necessario cambiare la tensione alternata, e questo può effettuarsi mediante regolatori di tensione o trasformatori a rapporto variabile, oppure utilizzando fenomeni secondarî di reazione, prodotti da correnti spostate di fase.
Se s'inserisce nella conduttura primaria di corrente alternata una spirale di piccola resistenza e notevole autoinduzione, l'energia in essa dissipata è piccola, e il rendimento del sistema peggiora di poco. Quando le correnti addotte al convertitore sono in fase col potenziale primario, la spirale crea una f. e. m. di autoinduzione, ritardata di 90° rispetto alla corrente, e perciò anticipata di 90° di fronte alla controforza elettromotrice della macchina, con che la tensione risultante viene pochissimo modificata. Se ora però si diminuisce l'eccitazione del campo induttore, si crea nelle correnti alternate un ritardo di fase, e la f. e. m. dovuta alla autoinduzione della spirale, essendo ritardata di 90° rispetto alla corrente, acquista una componente opposta alla tensione primaria, e mette la macchina in condizione di funzionare sotto una tensione alternativa minore, e quindi di fornire una tensione continua più bassa. Il contrario accadrebbe aumentando l'eccitazione.
Ove si tratti di effettuare la regolazione del potenziale continuo fra limiti più vasti, ovvero non s'intenda adottare il ripiego della reattanza supplementare, si può ricorrere all'uso di trasformatori a rapporto variabile, e in casi eccezionali di regolatori a induzione, ovvero e più comunemente di macchine survoltrici. Queste in verità si presentano qui particolarmente acconce, poiché non influiscono sul fattore di potenza, e si possono includere come generatrici sincrone supplementari nel circuito delle correnti alternate, evitando qualunque complicazione inerente alle macchine a commutazione, e mantenendo fissi gli avvolgimenti indotti in modo da renderne facile e sicuro l'isolamento. In tal caso la parte rotante è costituita da una semplice stella di poli, calettati sullo stesso asse, il cui numero eguaglia quello della macchina convertitrice; l'eccitazione è fatta con corrente continua derîvata dalla convertitrice medesima, e opportunamente regolata.
Se si vuol conferire a questa macchina la caratteristica compound, come ordinariamente si richiede per gl'impianti di trazione, l'eccitazione della survoltrice può farsi in serie dalla corrente che va al circuito esterno, e la f. e. m. supplementare cresce in ragione diretta di questa, se il circuito magnetico ha piccola saturazione. L'eccitazione della convertitrice può essere allora subordinata esclusivamente alla fase che si vuol conferire alle correnti alternate; e regolata in modo da far lavorare il motore sincrono con fattore di potenza eguale all'unità, ovvero con correnti anticipate di fase rispetto al potenziale. Se si tratta invece di una convertitrice per circuiti d'illuminazione, l'eccitazione della survoltrice può farsi in derivazione, e regolarsi a mano o con uno dei soliti apparecchi automatici che obbediscono alle variazioni del potenziale. E se si trattasse di una macchina destinata a funzionare in parallelo con una batteria a ripulsione, la caratteristica di potenziale esterno si potrebbe rendere più o meno rapidamente discendente, includendo alcune spire eccitanti in serie in opposizione a quelle derivate, ovvero predisponendo la macchina ausiliaria come devoltrice; qualche volta la survoltrice stessa porta due sistemi di spire eccitanti, uno in serie e uno in derivazione fra loro in opposizione. Nella marcia a vuoto agisce solamente il secondo, e crea un campo tale da produrre una f. e. m. negativa, uguale alla metà circa della massima variazione totale desiderata; a metà carico le due forze magnetomotrici si compensano, e l'aggregato assume la tensione normale della convertitrice sola; a pieno carico prevale l'azione della spirale in serie, e produce un aumento di potenziale dello stesso ordine della diminuzione precedente. Per rendere l'azione della survoltrice più pronta, conviene laminarne tutta l'ossatura magnetica. Nella fig. 48 è riprodotto un gruppo americano, che comprende il convertitore sincrono con la survoltrice a corrente alternata, l'eccitatrice e il motore di avviamento.
È possibile effettuare la regolazione anche mediante survoltrici incluse nel circuito della corrente continua, le quali in qualche caso vengono pure utilizzate come motori ausiliarî all'atto dell'avviamento; ovvero mediante convertitrici supplementari, alimentate con tensioni alternate crescenti al crescere del carico, e ricavate all'uopo da opportuni trasformatori ausiliarî. Ognuno di questi sistemi ha peraltro l'inconveniente d'introdurre nuovi meccanismi a collettore, i quali sono per sé stessi delicati. L'impiego loro si limita perciò ordinariamente ai casi in cui una sola macchina supplementare debba accoppiarsi con parecchie principali, come può essere opportuno nel caso in cui la sovraelevazione di potenziale si renda esclusivamente necessaria per la carica di accumulatori o per altre applicazioni particolari. Una difficoltà speciale nasce nelle macchine convertitrici, sussidiate per la regolazione da survoltrici a corrente continua, in quanto l'intensità di questa non è più in relazione semplice con quella delle correnti alternative, onde vien meno l'equilibrio delle reazioni interne, e i poli di commutazione abbisognano di un'eccitazione supplementare, messa ad arte in relazione con la potenza sviluppata dalle survoltrici.
Convertitrici di tipo speciale. - R. Pohl ha ideato un tipo di macchine convertitrici suscettibile di un'ampia regolazione. All'uopo egli ha dotato l'armatura di un doppio avvolgimento, e l'incastellatura magnetica di un sistema di poli ausiliarî, intercalati fra quelli principali, e muniti di un'eccitazione regolabile. Al variare di questa, si può in un largo intervallo modificare la grandezza del flusso risultante, utilizzato a produrre la f. e. m. nell'avvolgimento di corrente alternata. Le f. e. m. nell'avvolgimento di corrente continua possono per parte loro modificarsi in misura diversa, se le spazzole relative si appoggiano sul collettore secondo una generatrice, collocata a destra o a sinistra del polo ausiliario, ovvero se, tenendo fissa la posizione delle spazzole, si modifica in grandezza ed eventualmente in direzione l'eccitazione del polo ausiliario. Macchine di questo tipo possono bene impiegarsi anche a trasformare corrente continua di una determinata tensione in corrente continua di altra tensione, di che si palesa sovente il bisogno negl'impianti di trazione per provvedere all'illuminazione delle vetture; esse allora posseggono due avvolgimenti e due collettori distinti, sopra i quali le spazzole possono disporsi ad angoli diversi. Se, per es., si allogano le spazzole del motore da una parte, e quelle della dinamo dall'altra del polo ausiliario, la f. e. m. indotta in uno degli avvolgimenti è proporzionale alla somma, quella indotta nell'altro alla differenza dei due flussi, per cui il rapporto fra le tensioni rispettive può variarsi in un grande intervallo. Se nel motore si utilizza la differenza e nella dinamo la somma dei flussi, e se l'eccitazione del polo ausiliario si lascia crescere col carico, disponendovi per es., alcune spire in serie, si potrà ottenere che col carico cresca la velocità, e per doppia ragione la f. e. m. della macchina generatrice.
Le convertitrici in cascata rappresentano il tipo più importante di macchine adatte alla trasformazione delle correnti, dopo le convertitrici a una sola armatura, e gli aggregati di motore e generatore indipendenti. Esse vennero ideate da Bragstad e La Cour, i quali ne diedero fin dall'origine la teoria unitamente ad Arnold. La disposizione è simile a quella del gruppo di motori sincrono e asincrono in cascata; stanno cioè sul medesimo albero l'armatura di un motore asincrono e quella di un convertitore ordinario, atto a funzionare come motore sincrono. Le correnti secondarie, indotte nella prima per la presenza del campo rotante, vengono condotte all'avvolgimento della seconda armatura. Questa, munita di un collettore a corrente continua, il quale fornisce contemporaneamente l'eccitazione alla seconda macchina e la corrente al circuito esterno, assume, come nel gruppo in cascata predetto, la sua velocità di sincronismo rispetto alle correnti secondarie, la quale è uguale alla metà di quella che competerebbe alla frequenza primaria, se la macchina sincrona e quella asincrona posseggono lo stesso numero di poli. Il nuovo gruppo ha dunque il vantaggio di potersi avviare da sé, come un motore asincrono ordinario; non ha tendenza ad assumere oscillazioni pendolari, ed è di gran lunga meno sensibile alle perturbazioni di campo, dovute alle armoniche superiori nella curva delle correnti. Per correnti alternate di frequenza relativamente alta esso si adatta meglio dei convertitori ordinarî, perché, scegliendo convenientemente il numero dei poli delle due macchine, si può abbassare quanto è desiderabile la velocità della dinamo a corrente continua.
Lo schema completo di un convertitore in cascata è riportato nella fig. 49, nella quale la linea trifase alimenta direttamente il motore asincrono; il rotore di questo ha un avvolgimento a stella a 9 fasi, con gli estremi raccordati ad altrettanti punti dell'avvolgimento di armatura della dinamo. Tre fasi del rotore, a distanza di 120°, si possono all'avviamento staccare dal punto nodale, e mediante un collettore a 3 anelli collegare con altrettante resistenze esterne, le quali vengono gradualmente diminuite, fino a portare la velocità al valore desiderato. La dinamo, essendo eccitata in derivazione, aumenta durante questa operazione gradualmente la sua tensione, e, quando l'armatura ha raggiunto la velocità di sincronismo, il che si riconosce dall'azzeramento di un voltometro incluso fra due fasi, con una manovra dell'interruttore si chiudono in corto circuito le tre fasi, e tutte le altre vengono contemporaneamente riunite nel punto nodale. Le reazioni elettromagnetiche delle correnti alternate, addotte all'armatura, bastano oramai a mantenere questa al passo come un motore sincrono ordinario, e i morsetti delle spazzole possono colleearsi alla linea esterna. Nel caso della figura, questa è a tre fili, e il neutro è collegato in permanenza col neutro dell'avvolgimento polifase, con che si assicura un equilibrio completo dei potenziali fra i due ponti, anche nel caso di carico squilibrato, a meno delle piccole cadute interne alla macchina.
Mediante questo raggruppamento la metà dell'energia elettrica data al motore asincrono viene direttamente convertita in forma di corrente continua, come nelle convertitrici ordinarie, e metà viene trasformata in energia meccanica, che serve ad azionare la dinamo generatrice. Ne consegue che il rendimento del convertitore in cascata è minore di quello del convertitore ordinario, ma superiore a quello del gruppo motore generatore di eguale potenza, ove tutta l'energia subisce la doppia trasformazione; il prezzo è anche intermedio fra quelli dei due sistemi, ma in parecchi casi prezzo e rendimento si avvicinano assai più a quelli del convertitore semplice, che non a quelli dell'aggregato motore generatore.
Per ciò che riflette la regolazione, il convertitore in cascata non presenta l'elasticità del gruppo di due macchine a potenziali indipendenti, ma si trova tuttavia in condizioni migliori del convertitore ordinario. Infatti è sempre possibile in questo caso eccitare i poli della dinamo a segno da stabilire l'uguaglianza di fase fra le correnti alternate primarie e i potenziali, con che il fattore di potenza si eleva a 1; in tali condizioni però le variazioni dell'eccitazione hanno piccolissima influenza sulla tensione delle correnti continue trasformate. Per rendere questa suscettibile di regolazione, occorrerebbe, come nelle convertitrici ordinarie, intercalare nei circuiti di alimentazione a correnti alternate una notevole reattanza, nel qual caso però la macchina non sarebbe suscettibile di sopportare un notevole sovraccarico. Proporzionando l'eccitazione convenientemente, è possibile ottenere che il nuovo gruppo assorba, come un motore sincrono ordinario, correnti anticipate di fase rispetto al potenziale, allo scopo di migliorare il fattore di potenza nella rimanente parte dell'impianto.
Uno dei vantaggi essenziali di questo gruppo, di fronte al convertitore semplice, è che all'avvolgimento della dinamo si adducono esclusivamente le correnti indotte nel rotore del motore asincrono, il quale perciò può avere lo statore alimentato direttamente ad alto potenziale, senza alcun legame necessario con la tensione desiderata delle correnti continue. Ove perciò la tensione delle correnti polifasi non sia eccessivamente elevata, si può evitare la trasformazione intermedia, che è quasi sempre necessaria coi convertitori ordinarî, e il prezzo e il rendimento dei due sistemi vengono perciò a differire assai poco tra loro. Per quanto riguarda la commutazione, essa si può fare anche qui vantaggiosamente mediante i poli supplementari, nel buon proporzionamento dei quali le difficoltà segnalate per i convertitori sono di gran lunga minori.
Da pochi anni ha richiamato sopra di sé l'attenzione dei tecnici la categoria delle macchine trasvertitrici, mediante le quali è possihile convertire correnti polifasi di media tensione in correnti continue, raggiungendo eventualmente con queste tensioni molto elevate. Il tipo più importante è stato ideato da Highfield e Calverley, e presentato per la prima volta all'esposizione di Wembley nel 1924. La parte fondamentale è costituita da un aggregato di trasformatori trifasi, i cui avvolgimenti primarî sono collegati col generatore, e i secondarî con l'apparecchio di commutazione. Affinché questa si possa effettuare regolarrmente, è necessario che le sezioni successive vengano alimentate con f. e. m. eguali e di fasi equidifferenti, come in una macchina ordinaria a corrente continua, ove le spirali indotte durante la rotazione vengono successivamente ad abbracciare lo stesso flusso. In verità potrebbero tali sezioni anche qui costituirsi, come nelle eccitatrici Leblanc, mediante le spirali di un avvolgimento continuo, in presenza del quale le correnti primarie polifasi mantenessero un campo rotante; le dimensioni dell'apparecchio diverrebbero peraltro più ingombranti, e più difficile l'isolamento, laddove i trasformatori preaccennati si possono disporre in forma compatta, e tenere immersi nell'olio per adeguare l'isolamento a tensioni comunque elevate.
Per una distribuzione regolare di f. e. m. non bastano le tre fasi secondarie di un trasformatore unico, o le sei che si possono ottenere sdoppiando gli avvolgimenti di ogni nucleo in due sezioni distinte, da collegare in senso contrario. L'artificio adottato dai due inventori è stato di sopperirvi mediante i secondarî di parecchi trasformatori, magneticamente identici, ma aventi su ogni nucleo due spirali primarie percorse da correnti di fase diversa, tratte dal primo aggruppamento esafase, e proporzionate in modo da provocare un flusso intermedio, spostato della quantità voluta rispetto alle forze magnetomotrici componenti. Mediante 6 trasformatori trifasi è stato possibile ottenere così 18 flussi alternati con fasi equidifferenti, e sopra i nuclei disporre gli avvolgimenti secondarî, suddivisi in 2 sezioni indipendenti, da collegare in senso opposto per ottenere una successione di 36 f. e. m. di eguale ampiezza, e di fasi equidifferenti di 100 in 100. Queste sezioni sono state mediante cavi opportuni rilegate ad altrettante coppie di segmenti di un collettore fisso, nella loro naturale progressione, a somiglianza delle spirali di un comune avvolgimento di Gramme; mantenendo in contatto con questo collettore una coppia di spazzole diametralmente opposte e rotanti a velocità di sincronismo con tale calettamento sull'asge da seguire in ogni tempo lo spostamento delle linee neutre, la commutazione ha luogo come nella macchina a corrente continua. Ora, peraltro, è possibile disporre sopra i 18 nuclei dei trasformatori quanti si vogliano gruppi di spirali secondarie, ogni coppia delle quali può rilegarsi con un diverso collettore; le spazzole di ognuno di questi a loro volta possono rilegarsi in serie con quelle degli altri, in modo da sommare tutte le f. e. m. continue, e da raggiungere il valore risultante che si desidera.
Nell'aggregato di Wembley gli avvolgimenti primarî dei trasformatori erano predisposti per l'alimentazione con corrente trifase alla tensione di 6000 volta e alla frequenza di 50 periodi; i collettori erano 10, e gli avvolgimenti secondarî calcolati in modo da fornire tra le spazzole di ogni collettore la tensione continua di 10.000 volta, e in complesso quella di 100.000 volta. A questa tensione poteva ottenersi la corrente di 20 ampere, e così in totale la potenza di 2000 kW. La fig. 50 mostra l'apparecchio Highfield durante il montaggio, e la fig. 51 uno dei trasformatori esafasi. Per diminuire a 1000 giri la velocità delle spazzole, sorrette da un albero unico per tutto l'aggregato, e mosse da un motore sincrono di pochi kW, questo era munito di 6 poli; il numero dei segmenti di ogni collettore era ulteriormente raddoppiato, e portato a 72 per passo polare, riducendo la tensione media fra ogni coppia a 138.5 volta.
Per gli scambî di energia fra reti industriali, alimentate a frequenza diversa, interessa il problema della conversione di frequenza. La soluzione più spontanea è anche in questo caso offerta dai gruppi motori-generatori, dove entrambe le macchine sono destinate a funzionare alla velocità rispettiva di sincronismo, e debbono possedere in corrispondenza un numero di poli diverso. A essi sono inerenti però gli stessi inconvenienti, già ricordati per i gruppi convertitori di correnti alternate in continue o viceversa, sia per ciò che riguarda il prezzo d'acquisto e lo spazio occupato, sia per il rendimento. Un'aggravante s'incontra anche qui per la difficoltà di effettuare l'avviamento senza l'aiuto di correnti continue, al che si provvede in genere con le disposizioni di auto-sincronizzazione, elencate per i motori sincroni, ovvero con apposito motore asincrono di potenza pari a 10--20% di quella del gruppo, che giova poter alimentare dall'una e dall'altra rete, se la differenza delle frequenze non eccede il 20%. Un'altra difficoltà s'incontra nel contemporaneo accoppiamento delle due macchine sincrone con le linee rispettive, il quale non è generalmente possibile, se non per talune posizioni relative delle due stelle polari, che appositi relais possono automaticamente segnalare, e con opportuni dispositivi di protezione per evitare il colpo di corrente all'atto dell'inserzione. Ad eliminare l'inconveniente venne provveduto, in alcuni casi, dotando una delle macchine di uno statore mobile, al quale, dopo che è stato effettuato l'accoppiamento della motrice, può imprimersi uno spostamento angolare, in modo da realizzare anche la coincidenza delle fasi delle f. e. m. generate rispetto alle tensioni della rete da servire. Tale spostamento può del pari utilizzarsi allo scopo di equilibrare i carichi fra due o più trasformatori di frequenza lavoranti in parallelo.
Lo Steinmetz ha suggerito, per evitare ogni complicazione all'avviamento, di sostituire a una delle due macchine sincrone una asincrona; questa però non può utilizzarsi come generatrice, se non quando sia destinata a funzionare in parallelo permanente con altrc generatrici sincrone, che ne mantengano invariata la frequenza. Usando la macchina asincrona come motrice, quella sincrona può con essa accoppiarsi meccanicamente a costituire un vero gruppo motore-generatore come i precedenti, subordinatamente a una grandezza adeguata dello scorrimento; oppure l'accoppiamento può effettuarsi elettricamente, collegando in cascata l'armatura della 2ª col rotore della 1ª, e ricavando dall'aggreato delle due, come da un particolare convertitore, le correnti di bassa frequenza. Nel 1° caso tutta l'energia elettrica è primieramente trasformata in meccanica, e si rende difficile la regolazione del carico, che è subordinata alla variazione dello scorrimento del motore; nel secondo si trasforma in meccanica solamente l'energia di scorrimento, e l'altra parte è convertita direttamente a frequenza ridotta, per la qual cosa anche la potenza elettrica della macchina sincrona può limitarsi in proporzione. Modificando l'eccitazione della macchina sincrona, si può variare a piacere il fattore di potenza di quella asincrona, con che si varia simultaneamente la caduta interna di potenziale, e quindi la tensione secondaria. Sovraeccitando la macchina sincrona, sì da far assorbire a quella asincrona correnti anticipate di fase rispetto al potenziale, si può diminuire o annullare la caduta interna di potenziale, e ottenere un rapporto di trasformazione delle tensioni pari a quello che intercede fra i numeri di spire primarie e secondarie moltiplicati per le frequenze rispettive.
È anche possibile usare per la conversione di frequenza un aggregato di due macchine asincrone, i cui rotori siano montati sul medesimo asse, purché gli statori siano avvolti in modo da adattarsi, per il numero di poli e per le tensioni, alle condizioni della rete rispettiva. Propriamente la macchina che funziona da motore dovrà assumere una velocità leggermente inferiore (di quanto è lo scorrimento) a quella che corrisponderebbe al sincronismo per la 1ª frequenza, e quella che funziona da generatore assumere una velocità di altrettanto superiore a quella di sincronismo per la 2ª frequenza. In tal caso l'avviamento non offre naturalmente alcuna difficoltà, e non si richiede alcuna sorgente ausiliaria di f. e. m. per l'eccitazione; ma si perde il vantaggio di poter correggere, mediante opportuna eccitazione, il fattore di potenza delle reti di distribuzione. Per regolare lo scambio dell'energia occorre inserire nel rotore della macchina motrice una resistenza tale da aumentare lo scorrimento, quando si vuol diminuire l'energia erogata dalla generatrice e viceversa. Se lo scambio dell'energia fra le due reti non può essere subordinato a una variazione relativa delle frequenze, conviene per esso ricorrere a una trasformazione intermedia delle correnti alternate in continue mediante due gruppi convertitori ordinarî fra loro distinti, collegati attraverso alle spazzole della dinamo rispettiva, ovvero mediante due convertitori in cascata. In entrambi i casi la funzione di motore e di generatore può essere regolata per ognuna delle macchine mediante opportuna eccitazione, onde il gruppo può adattarsi a tutte le esigenze imposte dalle condizioni locali.
La Siemens ha fornito gruppi così fatti alla Società dell'Adamello per il servizio delle acciaierie di Dalmine; ma la grave spesa d'impianto rende nella maggior parte dei casi una soluzione consimile troppo onerosa. La soluzione si semplifica utilizzando una o due macchine asincrone munite di eccitazione nell'indotto, e suscettibili di variare la propria velocità.
Il Ferraris e l'Arnò hanno per i primi nel 1897 proposto un sistema di distribuzione elettrica dell'energia mediante correnti alternate, fondato sull'impiego dei convertitori di fase. Questi erano essenzialmente motori monofasi a induzione, al cui avviamento si provvedeva con gli artifizî ordinarî, e sul cui statore, oltre al sistema di spire primarie, erano distribuiti altri sistemi secondarî, spostati rispetto al primo e l'uno rispetto all'altro di angoli determinati. In tali condizioni le correnti d'armatura inducono nei gruppi secondarî forze elettromotrici, differenti in fase di angoli corrispondenti. Quando i circuiti medesimi sono chiusi sopra resistenze esterne, si ricavano da essi correnti di fase differente dalla primaria, e ai morsetti tensioni le quali stanno alla primaria in un rapporto di grandezza e di fase, che dipende dal numero di spire e dalla posizione rispettiva. La trasformazione di fase non si compiva peraltro in modo perfetto, e a causa delle perdite meccaniche e magnetiche elevate, il rendimento dell'apparecchio era assai modesto, sicché esso non apparve suscettibile di larga applicazione ove occorreva fornire in permanenza correnti di fase diversa ai circuiti di varî motori polifasi. Per questo Alexanderson ha raggruppato in serie le spirali principali e quelle ausiliarie dell'apparecchio convertitore con quelle del motore, e impresso una f. e. m. supplementare con un autotrasformatore incluso nella linea esterna, conseguendo nei due circuiti correnti eguali e fasi spostate esattamente di 90° (fig. 52).
Nella tecnica dei moderni impianti di distribuzione ha assunto un'importanza notevole il problema inverso, di conversione dell'energia dal sistema polifase al monofase; si tratta invero molte volte di allacciare alle reti di distribuzione polifasi apparecchi di consumo monofasi, destinati ad assorbire quantità rilevanti di energia, la cui alimentazione non può farsi da una sola fase del sistema bifase, ovvero da una o due fasi concatenate del trifase. Gl'inconvenienti della derivazione diretta di carichi monofasi, ovvero di carichi polifasi squilibrati, sono notoriamente di doppia natura: per una parte la reazione delle correnti negli alternatori assume un carattere pulsativo, come nei generatori monofasi, con frequenza doppia di quella delle correnti derivate, dando origine a correnti parassite, e perdite per isteresi nell'ossatura magnetica; per l'altra risultano, in conseguenza delle cadute ohmiche e reattive, più o meno fortemente squilibrate le tensioni delle diverse fasi. Al primo inconveniente si può in parte rimediare mediante l'applicazione di grossi circuiti smorzatori attorno ai nuclei polari, poiché le periodiche oscillazioni di flusso, dovute al campo di reazione monofase o polifase squilibrato, inducono in essi intense correnti parassite, le quali hanno per effetto di attenuare le variazioni medesime. Affinché l'attenuazione risultasse veramente efficace, occorrerebbe però adoperare nella costruzione degli smorzatori una grande quantità di rame, dello stesso ordine di quello di cui è costituito l'avvolgimento di armatura, onde la soluzione diventa poco economica.
Al secondo inconveniente si può anche ovviare in parte, inserendo in derivazione sulla rete un convertitore di fase, simile a quelli descritti in precedenza, e cioè un motore polifase sincrono ovvero asincrono, mantenuto in rotazione a vuoto, il quale, mediante le f. e. m. indotte nei diversi avvolgimenti dello statore per la rotazione della stella polare (sincrono), ovvero del rotore a gabbia di scoiattolo (asincrono), tende a equilibrare le differenze di potenziale delle diverse fasi. Un simile sistema però non assorbirebbe dalle fasi scariche della rete che la piccola quantità di energia necessaria a vincere le proprie resistenze, e lascerebbe sussistere fra le correnti della linea e della macchina lo squilibrio dovuto alla derivazione monofase. Per eliminare questo è da osservare che una corrente alternata monofase può immaginarsi risultante di un doppio sistema di correnti polifasi, a cui competano versi opposti di rotazione. Il sistema componente, che ruota nel senso dei vettori di tensione polifasi, costituisce per la linea un carico equilibrato; all'altro sistema si può sopperire mediante un generatore sincrono trifase, che funziona appunto da equilibratore E, e che può mantenersi in rotazione solidariamente al convertitore C predetto, con gli avvolgimenti collegati in senso contrario tra loro, in serie con quelli del convertitore come mostra lo schema della fig. 53. Per poter variare a piacere la fase delle f. e. m. indotte in esso, il campo induttore riceve una doppia eccitazione da due spirali ad assi fra loro ortogonali, la cui intensità di corrente si regola separatamente per imprimere al campo la direzione voluta. Sistemi analoghi di conversione possono anche avere un avvolgimento in serie con l'apparecchio di utilizzazione. Ove si tratti di compensare semplicemente l'effetto di carichi polifasi squilibrati, dovuto alle diverse componenti delle correnti in quadratura, che incombono sulle singole fasi, si può naturalmente ricorrere all'impiego di opportune reattanze d'induzione o di capacità. Per compensare gli squilibrî delle componenti in fase sono invece indispensabili macchine rotanti, che eventualmente si possono sussidiare mediante trasformatori survoltori-devoltori, presidiati da opportuni regolatori automatici.
Bibl.: La teoria e la descrizione delle macchine dinamoelettriche, sia come generatrici, sia come motori per corrente continua e per corrente alternata, rientrano oramai fra le conoscenze acquisite della cultura generale e sono ampiamente sviluppate in tutte le opere classiche di elettrotecnica, per cui non sembra necessario elencarne tutte le fonti originali. Alcune tuttavia sembrano meritevoli di citazione per la loro importanza storica. La prima dinamo ad anello con avvolgimento continuo venne costruita nel 1860 e descritta in Nuovo cimento, giugno 1864, da A. Pacinotti, il quale nello stesso giornale suggerì 10 anni dopo di modificarne l'indotto nella forma a tamburo, adottata successivamente da Hefner Alteneck. La macchina magnetoelettrica di Z. Gramme fu presentata all'Accademia delle scienze di Parigi nel luglio 1871, e descritta nei Comptes Rendus. I primi modelli vennero illustrati da G. Ferraris in una nota pubblicata in Ingegneria civile, 1876, e in varie altre successive (G. Ferraris, Opere, Milano 1902-4, II). T. A. Edison presentò le prime sue macchine a corrente continua di grande modello all'Esposizione internazionale di elettricità di Parigi nel 1881. Nel 1883 I. Hopkinson ne suggerì le modificazioni, che condussero a una forma più razionale del circuito magnetico, e G. Kapp ne sviluppò la teoria in The Electrician, 1884 e 1885. All'Esposizione universale del 1889 a Parigi figuravano i tipi nuovi di Edison, J. Hopkinson, W. v. Siemens, C. E. L. Brown, M. Deprez, con indotti ad anello e a tamburo; quello di Thomson Houston a circuiti aperti; quello di Desroziers a disco, e a fianco di essi le macchine a corrente alternata di Ganz, Ferranti, Thomson Houston, e i motori a ripulsione di E. Thomson, descritti da G. Ferraris nella sua relazione (l. cit.).
Il principio dei motori sincroni venne esposto da J. Hopkinson nel 1883, e realizzato da Ganz con commutatori sincroni di eccitazione. Il principio del campo rotante venne scoperto da G. Ferraris nel 1885, ed esposto in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, 1888. In occasione dell'Esposizione internazionale di elettricità a Francoforte sul M. figurarono nel 1891 i primi grandi motori a induzione, costruiti dalla Allgemeine Elektricitäts Ges. e azionati da un alternatore polifase della casa di Oerlikon, situato a Lauffen alla distanza di 170 km. Motori fondati sullo stesso principio erano stati brevettati da N. Tesla nel 1888, e costruiti in America dalla casa Westhinghouse. I primi tentativi per la costruzione di macchine unipolari a corrente continua ad opera della casa Siemens in Germania datano dal 1880, e di Forbes in Inghilterra dal 1884; le prime macchine americane di grande potenza del tipo Noeggerath figurarono all'Esposizione mondiale di Saint-Louis nel 1904. La teoria classica della commutazione delle macchine a corrente continua venne sviluppata da E. Arnold nella 1ª ed. del suo trattato Die Gleichstrommaschine, Berlino 1902 e successivamente perfezionata da I. L. La Cour nella 2ª e 3ª edizione del 1907 e 1919. Il primo trattato di costruzioni elettromeccaniche con numerosi esempî di calcoli di macchine dinamoeletriche venne pubblicato da G. Kapp nel 1898, e seguito da quelli più ampî di E. Arnold, E. Kittler e Richter in Germania, del De Pistoye in Francia, di E. Morelli in Italia. La teoria della doppia reazione nelle macchine sincrone a corrente alternata venne sviluppata da Blondel nel 1899, e successivamente perfezionata in numerosi lavori da lui stesso pubblicati nelle riviste francesi; quella delle oscillazioni pendolari venne esposta da Boucherot in Lumière Électrique, 1913, e da A. Dina, in Elettrotecnica, 1917-18.
La teoria delle perdite supplementari negli avvolgimenti indotti degli alternatori venne sviluppata in modo rigoroso da A. B. Field in Proceed. Amer. Instit. Electr. Eng., 1905, e completata da F. Emde, Rogowski e molti altri. Le prime macchine per alta frequenza vennero costruite da N. Tesla trent'anni fa, e descritte in Annalen der Elektrot., 1906; quelle successive omopolari da Schmidt in Elektrot. Zeitschr., 1921. Le macchine di Alexanderson furono descritte in Proceed. Amer. Inst. Electr. Eng., 1909, e in Elektrot. Zeitschr., 1911; quelle di Goldschmidt in Elektrot. Zeitschr., 1911; quelle della Telefunken nella A. E. G. Revue, 1912. I tipi moderni di turboalternatori di grande potenza si trovano sporadicamente descritti nelle principali riviste.
Il diagramma circolare delle macchine asincrone polifasi venne proposto da A. Heyland in Elektrot. Zeitschr., 1896, e successivamente emendato in Eine Methode zu experimentellen Untersuchungen an Induktionsmotoren, Stoccarda 1900. Il diagramma esatto venne descritto da Ossanna, in Zeitschrift für Elektrotechnik, 1899, e successivamente semplificato da Grob in Elektrot. Zeitschr., 1904, da E. Arnold, in Wechselstromtechnik, V, i, Berlino 1909, e da altri autori. Le macchine polifasi a induzione come motori e come generatori vennero comparativamente discusse, oltre che da Arnold nell'opera citata, da Steinmetz, Bragstad, C. Feldmann, e da parecchi altri autori; una trattazione esauriente ne ha fatto J. Heubach, in Drehstrommotoren, 2ª ed., Berlino 1923. Gli artifizî principali per la compensazione del fattore di potenza vennero ideati da Walker (Journ. Inst. Electr. Engin., 1909-13); Scherbius (Elektrot. Zeitschr., 1912-15); G. Kapp (Elektrot. Zeitschr., 1912-13; Journ. Inst. Electr. Eng., 1923).
La teoria delle macchine a collettore per correnti monofasi e polifasi fu ampiamente svolta da Arnold, La Cour e Fraenkel, in Wechselstromtechnik, V, ii, 1912-1923; dei problemi relativi alla loro commutazione trattarono R. Vallauri in Elettrotecnica, 1915, M. La Tour, in Proceed. Am. Inst. Electr. Eng., 1918 e Dreyfus, in Archiv für Elektrot, XII. Al perfezionamento dei motori monofasi in serie hanno particolarmente contribuito Lamme e Steinmetz in America, Finzi in Italia, Richter in Germania e Behn Eschenburg in Svizzera; Heubach ne ha dato il diagramma circolare in Wechselstromserienmotor, 1903; Rüdenberg diede quello del motore in serie polifase in Elektrot. Zeitschr., 1910-1911-13. Dei raggruppamenti in cascata con macchine polifasi a commutazione trattarono primieramente Heyland e Kraemer, in Elektrot. Zeitschr., 1908, Fleischmann, ibid., 1910, Scherbius, ibid., 1911, e successivamente altri autori nelle principali riviste di elettrotecnica.
Il primo studio sistematico delle macchine convertitrici a un solo avvolgimento d'armatura è stato pubblicato da Steinmetz, Der rotierende Umformer, Stoccarda 1899. Una trattazione esauriente ne è fatta da Arnold e La Cour in Wechselstromtechnik, IV, 1913 e da Steinmetz, in Electric Apparatus. Le disposizioni principali per migliorare la commutazione ed effettuare la regolazione furono volta a volta descritte nelle riviste italiane e straniere di elettrotecnica, e nelle pubblicazioni speciali delle case costruttrici, Westinghouse, General Electric Co., Siemens-Schuckert, Allgemeine Elektricitäts Ges., Brown Boveri. Le convertitrici a poli spaccati vennero ideate da Pohl (Elektrot. Zeitschr., 1911) e sistematicamente discusse da Adams e da Woodbridge, in Proceed. Amer. Inst. Electr. Engin., XXVII e XXVIII. Quelle in cascata vennero ideate da Bragstad e La Cour e discusse da E. Arnold in Kaskaden Umformer, Stoccarda 1904 e da H. S. Hallo, in Arbeiten des Elektrot. Instit. Karlsruhe, II. Il trasvertitore di Highfield e Calverley venne descritto per la prima volta in Engineering, 2 maggio 1924 e negli atti della prima World Power Confernce. Dei convertitori di frequenza trattano due comunicazioni all'A.E.I. degl'ingegneri Vannotti e Sarli, in Elettrotecnica, 1921-1925.
La teoria del convertitore di fase Ferraris e Arnò fu esposta da L. Lombardi in Mem. della R. Acc. dei Lincei, 1897; quello di Alexanderson in Elektrot. Zeitschrift, 1911, 1913, 1914 e 1924. Il convertitore per passare dal sistema trifase al monofase fu descritto in Proceed. Amer. Inst. of Electr. Engin., ottobre 1916 e in Gen. Electr. Rev., dic. 1916 e giugno 1917.