Lux Film
Società cinematografica di produzione e di distribuzione, fondata a Torino il 21 febbraio 1934 dall'imprenditore Riccardo Gualino con il nome di Compagnia italiana cinematografica Lux. Nell'atto costitutivo dell'azienda, Gualino non poté figurare perché condannato a cinque anni di confino dal 1931 e all'interdizione a ricoprire cariche pubbliche per dieci anni a causa delle sue convinzioni antifasciste. Presidente della società fu nominato dunque il cognato Ermanno Gurgo Salice, mentre come amministratore delegato fu scelto Guido Gatti, noto musicologo e personaggio di rilievo dell'ambiente di Gualino. Principale finanziatore dell'impresa, che però non compariva nel consiglio della società, fu l'industriale tessile Attilio Rivetti. Gualino aveva cominciato la sua carriera come fabbricante di piastrelle e successivamente aveva intrapreso il commercio di cemento e di legname. Uomo energico, era stato vicepresidente della Fiat, azionista di importanti industrie automobilistiche, del quotidiano "La stampa" e proprietario del settimanale "L'ambrosiano". Già nell'Italia degli anni Venti aveva intuito il valore strategico della comunicazione e dei media in ogni loro forma. Da sempre appassionato di arte, Gualino aveva deciso di investire nell'industria cinematografica, convinto che questo settore in espansione avesse enormi potenzialità, perché in esso vedeva una materializzazione concreta di alcuni degli elementi della modernità che più lo affascinavano: le nuove tecnologie e strategie di comunicazione. Nel 1934, anno di nascita della L. F., fu anche istituita dal regime fascista la Direzione generale della cinematografia, il cui scopo era sostenere e, nello stesso tempo, controllare la produzione del cinema italiano; sorsero infatti molte altre case di produzione, tra cui la Novella film di Angelo Rizzoli. Non a caso il primo film prodotto dalla L. F. nel 1935 fu Don Bosco, diretto da Goffredo Alessandrini: Gualino sperava che, dati i suoi difficili rapporti con il fascismo, l'appoggio del potente ordine dei Salesiani, fondato da Don Bosco, avrebbe potuto giovargli. Per cinque anni, tuttavia, dopo l'uscita del film, la L. F. non si occupò più di produzione per dedicarsi alla sola distribuzione, prevalentemente di film realizzati dalla RKO. La svolta decisiva avvenne nel 1939 quando Valentino Brosio, intellettuale torinese vicino a Gualino, lo convinse a produrre un secondo film, Due milioni per un sorriso di Carlo Borghesio e dell'ancora sconosciuto Mario Soldati. Anche quella data fu importante per il cinema italiano, perché venne varata la cosiddetta legge Alfieri con la quale si sostituivano gli aiuti statali con un sistema di incentivi calcolato in base agli incassi (dal 12% al 25% dei ricavi di botteghino) a patto che la società avesse un capitale di almeno 500.000 lire. L'obiettivo era quello di incoraggiare la produzione cinematografica italiana, premiando i film di successo. Nel 1940 la società di produzione si trasferì da Torino a Roma, prendendo il nome di Lux Film S.A., dapprima in via Tevere, poi in via Po 36, destinata a diventare la sua sede storica. Nel frattempo si era conclusa anche l'interdizione di Gualino a ricoprire cariche pubbliche: egli poté così figurare come presidente effettivo della sua società. A partire da quel momento cominciò una nuova fase della L. F. che per circa un ventennio rappresentò la società di produzione italiana di maggior prestigio e notorietà, anche grazie alla sua capacità di penetrare nel mercato estero, attraverso una fitta rete di agenzie e filiali in numerosissimi Paesi. Una delle caratteristiche distintive rispetto alle altre società di produzione consistette nel fatto che Gualino non volle mai acquistare teatri di posa dove realizzare i film, ma preferì noleggiarli. Si trattava di una decisione strategica in linea con la politica imprenditoriale della sua azienda. Infatti, fin dai suoi esordi, la L. F. si mosse sempre con grande prudenza e oculatezza nelle scelte da prendere e lo stesso Gualino non si lasciò mai trasportare da facili entusiasmi né da manie di grandezza. Da un punto di vista strettamente produttivo le scelte della L. F., pur nella varietà di generi realizzati, ebbero sempre una specie di marchio riconoscibile, una particolare cifra stilistica, anche nella programmazione. Un elemento importante che caratterizzò la sua produzione sin dagli inizi fu una particolare attenzione alle colonne sonore. Se forse ciò era dovuto soprattutto all'apporto di Gatti, ci furono però anche altre figure di spicco in quel settore come Nino Rota‒ che lavorò per la società per venti anni (1942-1962) ‒ e Fedele D'Amico. A loro si dovette la cura e la sensibilità che la L. F. ebbe sempre nella scelta delle colonne sonore e anche la capacità di coinvolgere alcuni dei maggiori musicisti italiani, da Ildebrando Pizzetti sino a Goffredo Petrassi e Roman Vlad. Altra caratteristica fu il forte interesse per storie tratte da testi letterari. Le tensioni del periodo bellico incoraggiarono la tendenza a ricorrere ai grandi classici della letteratura italiana. In linea con questa politica produttiva fu la realizzazione di quello che poteva essere considerato un simbolo della cultura italiana, I promessi sposi (1941) di A. Manzoni, diretto da Mario Camerini e interpretato da Dina Sassoli nella parte di Lucia. Anche le coproduzioni vennero realizzate con raffinatezza e nel rispetto del testo originale, come il kolossal La corona di ferro (1941) di Alessandro Blasetti, presentato a Venezia nello stesso anno. Si trattava di film appartenenti al cosiddetto filone calligrafico, tipico della L. F. degli anni Quaranta. Altri film appartenenti a quel filone 'colto' furono Malombra (1942) di Soldati, tratto da A. Fogazzaro, Zazà (1944) di Renato Castellani, dall'omonimo testo teatrale, e Il mulino del Po (1949) di Alberto Lattuada, tratto da R. Bacchelli. Esempio di tale linea produttiva fu nel 1947 La figlia del capitano, diretto sempre da Camerini e tratto da A.S. Puškin, la cui sceneggiatura era stata affidata da Gualino a un gruppo di giovani scrittori quali Cesare Pavese, Elio Vittorini, Vitaliano Brancati, Diego Fabbri. Nel primo dopoguerra la L. F. continuò a essere la principale società del cinema italiano, coprendo più di un quinto dell'intera produzione nazionale, anche grazie alla sua capacità di affrontare una vasta gamma di tematiche e di generi: dall'attualità sociale di Luigi Zampa, al calligrafismo di Lattuada e Soldati, alla comicità di Macario, sino ai grandi kolossal storici sull'antichità greco-romana e biblici. L'eclettismo che caratterizzò la L. F. fu determinato dalla moltitudine di personaggi appartenenti all'entourage di Gualino che per periodi più o meno lunghi collaborarono con essa. A partire dal 1945-46 fu impresso un deciso cambiamento alla strategia organizzativa e la L. F. non produsse più direttamente i film, che vennero invece affidati a produttori indipendenti. Il nuovo sistema si rivelò assai eterogeneo sia, in primo luogo, per le scelte dei vari produttori (alcuni più interessati al cinema letterario e a film in costume, altri a film commerciali e seriali), sia per la collaborazione di numerosi registi dalle diverse caratteristiche. Oltre a Soldati, Lattuada e Castellani, più legati al genere calligrafico e letterario, anche Pietro Germi, Giuseppe De Santis, Zampa, Luigi Comencini, Mario Monicelli, Valerio Zurlini e Luchino Visconti. Il primo si specializzò nel filone 'meridionalista' con film drammatici come Gioventù perduta (1948), In nome della legge (1949), Il cammino della speranza (1950), L'uomo di paglia (1958) e commedie dalla corrosiva forza satirica come Divorzio all'italiana (1961). Autore più incline alla commedia, e per questo considerato 'minore' dalla casa, fu invece Zampa che tuttavia realizzò per la L. F. alcuni grandi successi come Vivere in pace e L'onorevole Angelina, entrambi del 1947, e Campane a martello (1949). Spiccatamente neorealista, anche se di un Neorealismo lontano dai film di Roberto Rossellini e di Vittorio De Sica, fu De Santis che, tra gli altri, diresse Riso amaro (1949) e Non c'è pace tra gli ulivi (1950). Comencini girò il cortometraggio Bambini in città (1946), e più tardi, tra gli altri, La bella di Roma (1955), mentre Zurlini firmò Le ragazze di San Frediano (1954) e Monicelli I soliti ignoti (1958) e I compagni (1963). Nel 1953-54 avvenne un'ulteriore svolta nella linea produttiva della società, la quale decise di abbandonare il genere letterario e quello neorealista per affrontare film più costosi e spettacolari. Fu così che vennero realizzati con Carlo Ponti e Dino De Laurentiis film storici e leggendari quali Attila di Pietro Francisci, Teodora di Riccardo Freda, Ulisse di Camerini, e Senso di Visconti, tutti del 1954. Da quel momento, tuttavia, cominciò il lento declino della società, che dovette affrontare una dura crisi finanziaria, finché nel novembre 1955 Renato Gualino, che dopo aver ricoperto per anni la carica di vicepresidente era subentrato al padre alla presidenza della L. F., annunciò che la società avrebbe lasciato l'attività produttiva per dedicarsi alla sola distribuzione (decisione tuttavia non rispettata). Intanto la nuova partner, la Vides, aveva in maniera graduale cambiato la L. F., provocando una completa trasformazione rispetto all'impostazione delle origini. Si era passati ormai da un cinema 'colto' e letterario ai grandi kolossal, sul genere dei peplum greco-romani, ai film di fantascienza, come La morte viene dallo spazio (1958) di Paolo Heusch, o ai documentari. Nel 1959 mutò l'assetto societario e divenne amministratore delegato Ermanno Gurgo Salice, spesso in conflitto con Gatti. Malgrado alcuni successi realizzati con la Vides, all'inizio del decennio successivo la crisi divenne irreparabile e nel 1965 uscì l'ultimo film con il marchio L. F., il documentario meridionalista L'antimiracolo di Elio Piccon. L'anno precedente, quasi simbolicamente, era morto il suo fondatore. Nel 1969 la L. F. venne assorbita, insieme alla Rumianca (l'azienda chimica di Gualino), dalla Sir di N. Rovelli: rimasta non operativa per quasi un trentennio, cessò di esistere nel 1998, quando venne incorporata dalla Cristaldi Film.
Lux film, a cura di A. Farassino, Milano 2000.