lumad
Popolazioni aborigene delle Filippine non cristianizzate, né islamizzate, diffuse soprattutto nelle isole meridionali dell’arcipelago (Mindanao, Cebu e Panay). I l. sono divisi in 18 gruppi etno-linguistici che costituiscono circa il 20% della popolazione totale del Paese. All’inizio del 20° sec. gli americani tentarono di costringere molti di questi gruppi ad adottare nuove tecniche di coltivazione e ad abbandonare le loro tradizioni acquisendo un’istruzione di tipo moderno-occidentale. Ciò indusse i l. a ritirarsi gradualmente sulle montagne, anche per sfuggire alle migrazioni di altri gruppi etnici modernizzati ed economicamente dominanti, che in pochi anni mutarono drasticamente la composizione demografica di regioni prima a maggioranza lumad. Dopo la Seconda guerra mondiale numerose compagnie statunitensi avviarono un intenso programma di disboscamento ed estrazione mineraria, che continuò anche dopo la loro sostituzione a opera di aziende filippine. Il risultato fu una drastica limitazione dello spazio vitale dei l., le cui condizioni peggiorarono ulteriormente quando, dagli anni Settanta, il processo di erosione del suolo giunse a livelli preoccupanti, causando inondazioni e smottamenti. Dai primi anni Ottanta i l. costituirono diverse associazioni per la difesa del proprio habitat e della propria civiltà. Fra queste la Lumad mindanaw peoples association, fondata nel 1986 con l’obiettivo di coordinare le attività delle tribù affiliate e reclamare un’autonomia territoriale. Le rivendicazioni dei l., che ebbero sempre un carattere pacifico, vennero però a intrecciarsi con quelle di altri movimenti autonomisti violenti come il Moro islamic liberation front (MILF), i cui attentati terroristici indussero il governo filippino a dare priorità alla questione delle comunità islamiche: in conseguenza di questa politica, nel 2008 Manila siglò con il MILF un’intesa relativa alla creazione di una Bangsamoro judicial entity a Mindanao, senza coinvolgere nei negoziati i rappresentanti delle organizzazioni lumad. Il governo, d’altro canto, nel 1997 aveva varato una legge (Indigenous peoples’ rights act) atta a salvaguardare i diritti delle popolazioni indigene a vivere nei propri territori e conservare le proprie tradizioni culturali; nel 2001, inoltre, fu avviato un programma di creazione di «domini ancestrali» a esse riservati, sulla base di una «certificazione» che venne attuata con grande lentezza negli anni seguenti, ed è tuttora in fase di completamento. Nel frattempo molte delle aree rivendicate dai l. furono date in concessione ad agenzie per l’estrazione mineraria, anche in questo caso senza il preventivo assenso delle popolazioni indigene.