ZANAZZO, Luigi (Antonio Gioacchino)
Primo di numerosi fratelli, nacque a Roma, in via dei Delfini 5, il 31 gennaio 1860. Il padre Carlo, proveniente dal Novarese ma di famiglia veneta, esercitava il commercio di vini e gestiva un’osteria nel quartiere Testaccio. La madre, Anna Bianchi, era una casalinga d'origine romana.
Assecondando il volere paterno, compì studi di ragioneria presso il collegio Poli dei Fratelli delle Scuole cristiane. Durante questo periodo compose i primi versi romaneschi, che vennero apprezzati da Alfredo Baccelli, conosciuto frequentando il Caffè Valle.
La raccolta d’esordio, Vox populi, firmata – come avrebbe fatto d’ora in avanti – Giggi Zanazzo, includeva cinquanta sonetti e uscì a Roma per i tipi della Tipografia Sinimberghi nel 1880. Il titolo, l’esergo (un endecasillabo romanesco da una lettera di Giuseppe Gioachino Belli a Jacopo Ferretti) e la dedica all’amico antropologo Giovanni Livi suggerivano le intenzioni sottese alla precoce operazione editoriale: riprodurre la voce e documentare la vita del popolo di Roma, continuando sì la tradizione poetica romanesca (come faceva pensare la citazione belliana e il ricorso al sonetto) ma con un occhio alle coeve poetiche realiste, come sottolineato da Gellio Romano il quale, nell’introduzione (Roba da chiodi), paragonava l’inclinazione zanazziana alla riproduzione del vero nientemeno che alla narrativa di Zola.
A un gusto realista, cui non era però estraneo il bozzettismo di certa letteratura dialettale, si richiamava anche la successiva plaquette romanesca A la mi’ regazza (Velletri 1881): al sonetto Zanazzo affiancava altri metri, come in Tarantella, che si rifaceva al “costume popolare”, Aritornelli, che adattava il genere dello stornello, fino ad arrivare a La sera de la Befana, che adottava il metro della sestina.
Nel 1882, anno in cui morì il padre (la madre era scomparsa sei anni prima), Zanazzo rivelò il suo interesse per il folclore romano con il volumetto di racconti tradizionali Streghe, stregoni e fattucchieri. Sestine, accompagnato da appunti linguistici di Francesco Sabatini e stampato dalla tipografia dei Fratelli Capaccini (Roma 1882). Si cimentò inoltre con il teatro dialettale, divenendo assieme a Filippo “Pippo” Tamburri fra i principali animatori della Compagnia Romanesca per la quale realizzò l’operetta Li Maganzesi a Roma, su musica di Giovanni Mascetti, che – andata in scena il 30 settembre al teatro Rossini – fu replicata per oltre cento giorni. Sempre nell’82 aveva dato avvio a una proficua collaborazione con il tipografo torinese Edoardo Perino, figura di spicco nel milieu culturale della Roma umbertina, che stampò il volumetto Quattro bbojerie romanesche, con una nota linguistica di Sabatini.
Oltre a testi poetici risalenti a qualche anno prima (come La guardia nazionale, in sestine, dell’11 marzo 1877), vi si trovavano riscritture di episodi biblici, memori di analoghe rivisitazioni belliane. Di un certo rilievo Un’infornata ar Teatro Nazionale (21 febbraio 1882), in sestine, riproposta da Perino l’anno dopo (Roma 1883), che intrecciava la vicenda della Chanson de Roland, messa in scena in un teatro popolare, con le voci e i commenti degli spettatori. Sempre a Perino Zanazzo affidò poi le «Tradizioni e scenette originali romanesche» dal titolo La Pasqua a Roma e Er Natale a Roma, edite rispettivamente nel 1883 e 1884.
Alternando gli studi etnografici alla vocazione popolaresca, allestì la silloge Smorfie. Stuzzichini pe’ le donne, comprendente ritratti femminili a cominciare dalla Fornarina raffaellesca (Roma 1884).
Nella dedica ai lettori, Zanazzo chiariva che la nuova opera differiva dalle precedenti, sia per il modo di concepire il popolo, descritto con l’auspicio che potesse emanciparsi dai suoi modi più rozzi e violenti, sia per il distanziamento da Belli, demandato all’uso sempre più frequente della sestina.
Su segnalazione del ministro Guido Baccelli, padre di Alfredo, aveva nel frattempo cominciato a lavorare presso la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II di Roma. Assunto come sottobibliotecario nel 1884, vi rimase dieci anni prima di essere trasferito alla biblioteca del ministero della Pubblica Istruzione.
Gli anni fra il 1885 e l’87 furono particolarmente significativi dal punto di vista umano e letterario. Unitosi in matrimonio con Palmira Barberi, da cui ebbe Alfredo, futuro avvocato, compilò una raccolta di nuove bbojerie, Ah! Sente ch’è dorce…, contenente ulteriori riscritture veterotestamentarie, nonché le scenette popolari di Un mortorio a Roma (25 settembre 1884) e L’ammmazzacani pe’ Roma (7 ottobre 1884).
Seguirono, poi, un piccolo canzoniere amoroso per una bella tresteverina, Fiori d’acanto, le scenette di Le ’minente ar Divin’Amore e soprattutto un tomo di Proverbi romaneschi dedicato al sindaco di Roma Leopoldo Torlonia, frutto di un quinquennale lavoro di trascrizione dalla viva voce del popolo. Tutti e quattro i volumi furono stampati da Perino fra il 1885 e l’86. Il successo della sua Compagnia Romanesca lo portò a realizzare l’operetta comica in tre atti Pippetto ha fatto sega, musicata da Cesare Pascucci (1887).
Certo all’amore per il folclore romano dovette ricondursi anche l’esperienza del Rugantino, il periodico che, nato nel 1848, aveva avuto vita breve. Zanazzo assieme all’amico Sabatini (che si firmava Padron Checco), chiese e ottenne presso Perino la rinascita della testata. Era l’agosto del 1887: poco dopo, il 18 settembre, a tre giorni dalla morte della moglie Palmira, uscì il primo numero del nuovo Rugantino, che ottenne immediatamente il plauso dei lettori. Il 30 ottobre, su indicazione di Zanazzo, il periodico promosse l’esordio del sedicenne Carlo Alberto Salustri il quale, con lo pseudonimo di Trilussa, vi pubblicava il sonetto L’invenzione della stampa.
Dopo la raccolta Anticaje, pietrelle e bboccaje pe’ li lumi, con dedica romanesca a Guido Baccelli, nata a margine di un dialogo in osteria sulla grandezza di Roma antica e stampata dalla tipografia di Cerroni e Solaro (Roma 1887), Zanazzo si dedicò a comporre alcuni versi d’occasione: fra questi la Poesia romanesca per il genetliaco di s.m. Margherita di Savoia, libriccino periniano di 15 pagine (Roma 1891), omaggio alla sovrana che aveva apprezzato gli spettacoli della Compagnia Romanesca al teatro Rossini, per la quale scrisse poi, sempre per Perino, Margherita la perla di Savoia prima regina d’Italia. Appunti storici (ibid. 1893). Seguirono l’antologia periniana di Prose e poesie scelte, con illustrazioni di Camuar (ibid. 1895), e la fondazione nel 1897 del periodico Casandrino, destinato a fondersi con il Rugantino. Fu quindi la volta di Bellaggio. Sonetti romaneschi, di quella sorta di Roma in mignatura descritta nelle sestine di L’Ospizio de li Bbocci e del gustoso dialogo fra serve di Sensala appatentata de balie e mette in del servizio côche, serve e cammeriere: i tre volumetti segnarono il passaggio alla tipografia di via Marghera (Roma 1897-98). Infine, con la pubblicazione delle sestine di Lugrezzia Romana e Attijo Règolo, già apparse sul Rugantino e Casandrino e ristampate dalla Tipografia della Minerva (Roma 1899), celebrò a modo suo le virtù dei personaggi di Roma antica.
Sullo scorcio del nuovo secolo Zanazzo svolse incarichi amministrativi presso il ministero della Pubblica Istruzione, unendosi in matrimonio, nel 1904, con l’attrice Agnese Bianchini, da cui ebbe quattro figli. Fu, quello, un periodo di progressivo allontanamento dalla scrittura poetica a favore del teatro (avendo continuato negli anni a scrivere e rappresentare lavori teatrali in musica e in prosa) e soprattutto delle ricerche folcloriche, come testimoniato dai volumi Novelle, favole e leggende romanesche e Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma, affidati alla Società Tipografico-Editrice nazionale (Torino 1907 e 1908).
Il secondo, in particolare, uscito nell’anno in cui Zanazzo venne promosso primo segretario del ministero della Pubblica Istruzione, era suddiviso in sezioni tematiche e quasi cinquecento brevi capitoli in romanesco, che spaziavano dai rimedi simpatichi della medicina popolare (quei rimedi empirici di comari e contadini, che nello stesso periodo suscitavano l’interesse del Capuana spiritista, preoccupato delle angustie in cui versava la scienza ufficiale) alle leggende e ai personaggi di Roma; dai giochi e dagli indovinarelli dei fanciulli alle voci dei venditori ambulanti romani (anticagliari, tripparoli, scacciaragnari, carnacciari, mosciarellari, giuncatai, acquavitai e cicoriari, per citarne alcuni). In chiusura del volume un lemmario riuniva i gerghi dei birbi, dei merciai e parole dell’ebraico romanesco (vale la pena ricordare che proprio nel 1908 Crescenzo Del Monte dava alle stampe i suoi Sonetti giudaico-romaneschi).
Collocato a riposo nel febbraio 1911, a séguito della «epurazione della Minerva», soffrì di depressione negli ultimi mesi di vita. Morì a Roma, il 13 dicembre successivo, per un’emorragia bulbare e fu sepolto presso il cimitero del Verano.
Un settimanale in dialetto romanesco che recava il suo nome, edito dal figlio Alfredo, vide la luce nel 1926 e durò due anni. Un suo busto di bronzo, opera dello scultore Amleto Cataldi (1929), fu collocato sul muro esterno della casa natale di via dei Delfini.
V. da ultimo: G. Zanazzo, Teatro, a cura di L. Biancini - P. Paesano, Napoli 2013; Teatro e poesia di G. Z., a cura P. Procaccini, Roma 2016.
Il Fondo Zanazzo, conservato presso la Biblioteca Angelica di Roma e comprendente manoscritti (ms. 2410 - ms. 2420) e testi a stampa dell’autore, fu acquistato nel 1948 per volontà di Francesco Barberi, all’epoca direttore della biblioteca.
Si vedano almeno: T. Gnoli, G. Z. e le sue opere edite ed inedite alla Biblioteca Angelica, in Studi di bibliografia e di argomento romano in memoria di L. De Gregori, Roma 1949, pp. 183-191; E. Colombi. G. Z. bibliotecario alla Vittorio Emanuele, in Almanacco dei bibliotecari italiani 1960, Roma 1959, pp. 53-62; P. Paesano, Il Fondo Zanazzo della Biblioteca Angelica..., in Accademie & Biblioteche d’Italia, n.s., V (2010), 3-4, pp. 33-40; G. Vaccaro, Nun c’è lingua come la romana..., presentaz. di C. Costa, Roma 2010; Le voci di Roma. Omaggio a G. Z., Atti del convegno… 2010, a cura di F. Onorati - G. Scalessa, Roma 2011.