TATTI, Luigi
Nacque a Como il 2 settembre 1808 da Paolo (1781-1845) e da Marta Martinez. Il padre, un agiato commerciante, fu podestà di Como dal 1831 al 1843; il fratello Carlo (1809-1870) compì studi di medicina e fu medico provinciale di Verona. La madre morì nel 1818, e nel 1822 mancò anche la seconda moglie del padre, Luigia Guaita, vedova Peregrini.
Luigi compì presso il collegio Gallio di Como gli studi ginnasiali, concludendoli presso il locale liceo. Nel 1826 si immatricolò a Pavia, dove nel 1829 acquisì con lode il titolo di dottore in ingegneria e architettura. Seguì il tirocinio presso l’ingegner Giuseppe Perego di Milano, fino al superamento degli esami di pratica professionale nel 1833. In quegli anni eseguiva anche i primi progetti autonomi.
Negli ultimi mesi del 1833 e per tutto l’anno successivo compì un viaggio di studio attraverso l’Italia, fermandosi lungamente a Roma, per rilevare e studiare i monumenti antichi.
Rientrato a Milano nel 1835, operò per un triennio sia come professionista autonomo sia come collaboratore dell’architetto Giacomo Tazzini, ispettore dei fabbricati della corte asburgica e operoso in altri cantieri di prestigio.
Tra le opere di architettura autonomamente condotte in questi primi anni si segnalano la facciata della chiesa di Capiago (Como), e soprattutto l’avvio del cimitero di Como, i cui successivi ampliamenti occuparono Tatti per diversi anni. Tra le collaborazioni per opere di ingegneria, accanto alla sistemazione delle strade e della rete fognaria di Vigevano, spicca quella con Giovanni Milani al tracciamento del tratto da Chiari a S. Eufemia di Brescia della linea ferroviaria Ferdinandea, tra le primissime in Italia. Del resto, nel 1837 Tatti aveva curato l’edizione italiana del manuale di costruzioni ferroviarie di Édouard Biot.
Nel 1838 sposò la nobile comasca Giuditta Peregrini, dalla quale avrebbe avuto quattro figli: Paolo (1838-1913), ingegnere, Giacomo, Adelaide e Vittoria.
Lo stesso anno venne assunto quale ingegnere di seconda classe presso la sede di Milano della Direzione delle pubbliche costruzioni del Regno Lombardo-Veneto. In quegli anni ebbe modo di pubblicare scritti di una certa rilevanza su vari temi tecnici, architettonici e storici, intervenendo sulle principali riviste tecniche e stringendo relazioni con personaggi come Carlo Cattaneo e Cesare Cantù. Le sue sintesi sulla storia dell’architettura lombarda e i suoi tempestivi interventi sulla questione dello stile rimangono come testimonianze di grande interesse. Si citano in particolare il testo sulla storia dell’architettura milanese edito nel 1844 nel volume Milano e il suo territorio curato da Cantù (un testo analogo era stato preparato per le Notizie naturali e civili sulla Lombardia curate da Cattaneo, ma è rimasto inedito fino al 1989), e il saggio Dello stile gotico e delle questioni sulla sua applicabilità alle costruzioni moderne, pubblicato nel febbraio 1847 nella Rivista europea diretta da Carlo Tenca.
Tatti ebbe modo altresì di essere apprezzato come progettista da una qualificata clientela: risalgono a quegli anni la sala d’argento nel palazzo della Società del giardino (1842) e i palazzi Beretta (1840-45) e Mondolfo (1840-41) a Milano, numerose case borghesi, e la villa Mondolfo a Monza (1844). Nel 1847 ebbe l’incarico di rinnovare gli interni del palazzo arcivescovile di Milano.
Tenne l’incarico di funzionario pubblico fino ai fatti del 1848: rimasto al servizio del Governo provvisorio, collaborò alla difesa di Milano, quindi riparò in Piemonte, per poi raggiungere la famiglia in Svizzera. Di qui negli ultimi mesi del 1848 viaggiò per l’Europa, visitando la Svizzera, la regione del Reno, il Belgio, l’Inghilterra e la Francia, e documentandosi sui progressi tecnici e sugli ordinamenti dei vari Paesi. Nei primi mesi del 1849 rientrò a Milano, dove aveva perso il posto, e rimase per un decennio sospetto agli occhi della polizia austriaca. Fu quindi costretto a intensificare l’attività professionale, potendo peraltro contare su solide conoscenze nell’ambiente dei costruttori edili, tra cui i capimastri Fortunato Realini e Pietro Gonzales, oltre che su una buona propensione imprenditoriale, che lo portò nel 1852 a fondare una società per sviluppare l’attività dello scultore Andrea Boni nel campo delle terrecotte decorative, tornate di moda nell’architettura eclettica e patriottica.
Risalgono a questo periodo, tra numerosissimi altri interventi, la villa Castiglioni a Como (1850-51), la villa Argenti a Cantù (1852), che si distingue per il carattere bramantesco degli ornati e per interni di gusto romantico, l’ampliamento della villa Odescalchi di Alzate Brianza per conto del capomastro Realini (1853), il sopralzo della navata della basilica del Crocefisso a Como (1850-53).
Fu Pietro Gonzales, già suo committente per una villa a Tavernola sul lago di Como nel 1851, a convincere Tatti nel 1855 a lasciare Milano per trasferirsi in Trentino per lavorare al tratto della ferrovia tirolese da Ala a Trento. In quest’ambito Tatti eseguì studi fondativi su quella che sarebbe stata la ferrovia del Brennero, e non perse occasione per disegnare alcuni progetti d’architettura, tra cui la cantoria della chiesa di S. Pietro e una casa di ricovero annessa all’ospedale in borgo S. Croce a Trento, quali occasioni di buone relazioni con la città che lo ospitava. Nel frattempo seguiva per corrispondenza alcuni dei suoi progetti maggiori, ma la sua partenza da Milano segnò una vera e propria svolta nei suoi interessi professionali.
Esauriti i lavori in Trentino nel 1858, Gonzales e Tatti si trasferirono a Gorizia per i lavori della linea Casarsa-Nebresina, comprendente un importante viadotto sull’Isonzo, rientrando a Milano solo nell’agosto 1860. Qui negli anni precedenti (1856) Tatti era stato proposto come socio d’arte dell’Accademia di Brera e membro effettivo dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, ma i suoi trascorsi di patriota ed esule bloccarono questa nomina, ratificata solo dal governo sabaudo nel settembre 1860.
Immediatamente inserito come figura di grande prestigio nella vita cittadina, Tatti fu relatore nel 1860 della prima e nel 1863 della terza commissione giudicatrice del concorso internazionale per la piazza del Duomo, che vide infine vincitore il progetto di Giuseppe Mengoni.
L’occupazione principale di Tatti erano ormai le infrastrutture. Profuse grandi energie nello studio del passaggio delle Alpi centrali, entrando in polemica con Pietro Paleocapa nell’alternativa tra il passaggio attraverso lo Spluga e il Lucomagno. Dopo che gli svizzeri scelsero invece il Gottardo, Tatti rivolse pragmaticamente i suoi studi alla definizione di una rete nazionale che si raccordasse con quella internazionale, tenendo conto degli interessi nazionali più che di quelli locali contrapposti.
Nel 1861 costituì una società per la costruzione della ferrovia litoranea da San Benedetto del Tronto a Vasto e del porto di Ortona: ma le difficoltà operative previste lo spinsero dopo pochi mesi a chiedere e ottenere il recesso dal proprio ruolo e la liquidazione dei crediti.
Tra il 1863 e il 1865 fu direttore dei lavori per la costruzione del canale Cavour, dal Po al Ticino, per l’irrigazione dell’alta pianura piemontese.
Risale al 1864 l’acquisto di una vasta proprietà agricola attorno a Turbigo, lungo il Ticino. Il figlio Paolo sarebbe divenuto nel 1866, e fino al 1913, sindaco di Turbigo, mentre Tatti fu eletto consigliere provinciale per il mandamento di Cuggiono, carica che avrebbe tenuto sino alla morte. Divenne nel contempo consigliere comunale di Milano: e tenne anche questa carica per tutta la vita, con una breve parentesi anche come assessore, carica alla quale subito rinunciò per i troppi impegni professionali e imprenditoriali.
Dal 1865 al 1870 s’impegnò nei lavori per Firenze capitale, appaltando l’esecuzione di parte dei viali progettati da Giuseppe Poggi e del nuovo quartiere della Mattonaia, e poi anche di un grande albergo sul lungarno. In seguito cercò di inserirsi anche nelle opere per Roma capitale, offrendosi nel 1872 come progettista e appaltatore per la sede del ministero delle Finanze: gli fu preferito il progetto di Raffaele Canevari, e l’esecuzione andò ad altri. La proposta, comunque, s’inquadrava in una serie di studi di Tatti, che spaziarono dal regime idraulico del Tevere all’ipotesi di nuovi quartieri basati su varie e aggiornate tipologie edilizie.
Il nome di Tatti rimane legato a un numero notevole di studi per tracciati ferroviari, facendone un protagonista dell’infrastrutturazione dell’Italia unita: dal Veneto alla Sardegna, dalla Valtellina alla Valsugana, con particolari meriti in Umbria, dove i molti studi e le realizzazioni gli valsero speciali onorificenze dalla città di Perugia. Investì capitali e competenze anche nelle ferrovie turche e spagnole.
Tra le opere idrauliche va altresì menzionato il contributo di Tatti agli studi per l’irrigazione della pianura friulana, per cui nel 1876 venne costituito il Consorzio Ledra-Tagliamento.
Nel 1868 Tatti promosse la costituzione del Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, richiamandone la continuità con le più antiche corporazioni professionali. Ne fu anche il primo presidente.
Negli ultimi anni di vita, accanto alla partecipazione a numerose commissioni tecniche, si segnala un ritrovato impegno sul versante dell’architettura, con la partecipazione alla tutela nella provincia di Como. In quest’attività, affrontata più per passione e impegno civile che a titolo professionale, la competenza tecnica si univa al prestigio sociale. Tatti fu direttamente impegnato, tra il 1872 e il 1881, nella tormentata vicenda del restauro della basilica romanica di S. Carpoforo fuori Como, limitando peraltro il proprio ruolo alle questioni strutturali, mentre 'in linea d’arte' accettò i consigli di Serafino Balestra e Vincenzo Barelli, i due sacerdoti che con la loro passione per l’arte sacra e il Medioevo stavano fondando la tutela e il restauro in provincia. Non trascurabile contributo di Tatti in questo settore fu l’incoraggiamento alla documentazione dei monumenti con il mezzo fotografico.
Colpito da paresi cerebrale nel 1880, Tatti si ritirò nella sua villa di Lucinasco, dichiarando che nella convalescenza si sarebbe occupato dell’elenco degli edifici monumentali della provincia di Como. Ma un nuovo attacco della malattia lo portò alla morte il 14 ottobre 1881.
Como, Biblioteca comunale, Fondo Tatti; Milano, Biblioteca Comunale, Disegni (K-Atla-19).F. Sebregondi, Cav. L. T. ingegnere architetto, in Atti dell’Accademia di Brera, 1881, pp. 43-62; A. Garovaglio, Necrologia, in Rivista archeologica comense, XXI (1882), pp. 41-45; A. Pestalozza, Cenni biografici sull’ingegnere L. T., in Il Politecnico, XIV (1882), 1-2, pp. 96-104; C. Clericetti, L. T., in Rendiconti del R. Istituto Lombardo, s. 2, XVI (1883), 3, pp. 142-177; M. Soresina, Il fondo L. T. presso la Biblioteca civica di Como, in Storia in Lombardia, 1987, n. 2, pp. 148 s.; S. Della Torre, Architetto e ingegnere: L. T. (1808-1881), Milano, 1989; M. Malatesta, Il Collegio nel periodo postunitario, in Il Collegio degli ingegneri e architetti di Milano. Gli archivi e la storia, a cura di G. Bigatti - M. Canella, Milano 2008, pp. 97-102; G. Bigatti, Cultura tecnica, pratica professionale, aperture internazionali: il fondo Elia Lombardini, in Pagine politecniche. La biblioteca Leo Finzi del Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, a cura di G. Bigatti - M. Canella, Milano 2014, pp. 31-86; G. Guarisco, Romanico. Uno stile per il restauro. L’attività di tutela a Como (1860-1915), Firenze 2014, pp. 234-236.