ROGNONI, Luigi
ROGNONI, Luigi. – Nacque a Milano il 27 agosto 1913 da Italo, commerciante pavese, e da Luigia Arbib Clément, pianista e poi cantante lirica (in arte Franca Luisa Clementi).
Iniziò lo studio del pianoforte con la madre, proseguendo poi da autodidatta. Frequentò il liceo Manzoni, ma il suo precoce antifascismo gli precluse il compimento istituzionale degli studi: arrestato a 17 anni, fu ‘ammonito’ e cacciato da tutti i licei italiani. Nel 1933 iniziò a seguire da uditore le lezioni di Antonio Banfi all’Università di Milano.
Da tale scuola filosofica, e dalla frequentazione di Luciano Anceschi, Remo Cantoni ed Enzo Paci, derivarono la libertà di pensiero e l’impegno militante per il rinnovamento intellettuale e morale del Paese, oltre all’attitudine alla riflessione sulla musica. Fu infine Banfi ad additargli, in polemica con l’estetica crociana imperante, una metodologia critica d’indirizzo fenomenologico.
Nello stesso periodo, per approfondire gli studi musicali prese saltuarie lezioni da Alfredo Casella, musicista di formazione cosmopolita impegnato nel far conoscere al pubblico italiano musiche d’avanguardia invise agli organi ufficiali della cultura fascista. Rognoni si orientò quindi risolutamente verso un programma di sprovincializzazione della cultura italiana e in favore dell’apertura alle esperienze europee più moderne. Dal 1934 al 1938 collaborò alla pagina musicale del quotidiano milanese L’Ambrosiano, pubblicando articoli su Casella, Igor′ F. Stravinskij, Francis Poulenc, Ernst Křenek, Albert Roussel, Erik Satie, Maurice Ravel e finanche Arnold Schönberg (mentre in Germania infuriava la campagna contro l’‘arte degenerata’). Nel gennaio del 1935, ventunenne, assunse la direzione del Bollettino mensile di vita e cultura musicale, trasformandolo da semplice foglio di informazioni concertistiche in rivista culturale ‘di punta’ e coinvolgendo collaboratori come Gianandrea Gavazzeni, Anceschi, Casella, Raffaele De Grada, Luigi Dallapiccola, Fausto Torrefranca, Massimo Mila; ma dopo dieci mesi l’esperienza si concluse per via dell’incompatibilità con le direttive musicali del regime. A quegli anni risale anche la prima esperienza radiofonica, un ciclo di otto trasmissioni dal titolo Aspetti della musica contemporanea, in onda dall’aprile al settembre del 1937 dai microfoni luganesi di Radio Monteceneri.
La guerra sopraggiunse nel momento in cui metteva su famiglia (il 16 gennaio 1939 aveva sposato Eva Nibbi Randi, il 12 giugno 1940 nacque Enzo). Esaurita ogni collaborazione con giornali e riviste, per sbarcare il lunario si impiegò presso l’editore Bompiani. Caduto Mussolini, prese parte attiva alla lotta partigiana. La conclusione del conflitto gli permise di riannodare le fila del suo discorso culturale e di riprendere con rinnovato slancio una poliedrica attività. Fra il 1945 e il 1950 fondò e diresse la casa editrice Alessandro Minuziano, specializzata in estetica. La passione per il cinema, coltivata fin dagli anni Trenta in parallelo alla musica, sfociò nella fondazione della Cineteca italiana (in collaborazione con Luigi Comencini, Luciano Emmer, Mario Ferrari e Alberto Lattuada), di cui fu conservatore dal 1945 al 1956.
Negli anni della Cineteca poté incontrare diverse personalità del cinema e dello spettacolo: nel 1952 e nel 1953 fu membro della giuria della Mostra del cinema di Venezia e godette di una certa notorietà come storico e critico del cinema grazie al volume Cinema muto: dalle origini al 1930 (Roma 1952).
Per la RAI dedicò al cinema le sue prime trasmissioni nel dopoguerra e i primi di tanti articoli che dalla primavera del 1946 fino all’inizio degli anni Sessanta apparvero sul Radiocorriere. La collaborazione con la RAI fu intensissima: dapprima presso le stazioni di Radio Milano e Rete Azzurra, indi, dall’ottobre del 1950, per il Terzo Programma che, con l’amico Alberto Mantelli, contribuì a fondare. Sfruttando le risorse del mezzo radiofonico proseguì l’apostolato a favore della musica contemporanea più avanzata (Schönberg e la sua scuola, ma anche Paul Hindemith, Kurt Weill, Arthur Honegger, Darius Milhaud e altri ancora) e di autori come Dallapiccola che ancora incontravano resistenze nel pubblico.
Non tralasciò però la tradizione sette-ottocentesca, di cui diede spesso una rinnovata lettura. Ai cicli sull’espressionismo ne affiancò altri su Gioachino Rossini; pose così le basi dei suoi due maggiori contributi musicologici, il saggio Espressionismo e dodecafonia (Torino 1954; poi rimaneggiato e ampliato in La Scuola musicale di Vienna, Torino 1966, tradotto anche in inglese e in polacco) e la monografia Rossini (Parma 1956; edizioni ampliate 1968 e 1977).
Energico fautore della conoscenza in Italia di Schönberg, Alban Berg e Anton Webern, seppe nel contempo reinterpretare il comico rossiniano alla luce della filosofia di Henri Bergson, riscoprire il Rossini serio e rivalutare i Péchés de vieillesse, che egli accostò allo spirito mordace di Satie. Dall’impegno a favore della Scuola di Vienna scaturirono, in quegli anni, i contatti con René Leibowitz, Joseph Rufer, Rudolf e Gertrud Kolisch (cognato e moglie di Schönberg), nonché con i compositori italiani e stranieri che nella scia della dodecafonia schönberghiana e weberniana trovarono la loro strada: dallo stesso Dallapiccola, amico fraterno fin dagli anni delle battaglie giovanili, a Vladimir Vogel, fino alla nuova generazione italiana del dopoguerra (Bruno Maderna, Luciano Berio, Luigi Nono, Giacomo Manzoni, Aldo Clementi, Camillo Togni).
Nel 1953 Dallapiccola compose le musiche per il documentario che Rognoni dedicò al Cenacolo di Leonardo in S. Maria delle Grazie, scampato ai bombardamenti e restaurato di fresco. Nel 1955 Rognoni realizzò poi, in collaborazione con l’archeologo Antonio Frova, il documentario Etruria viva, presentato con successo alla Mostra del cinema di Venezia. Nello stesso arco di tempo si colloca un capitolo importante dell’attività presso la RAI di Milano: Rognoni partecipò alla creazione dello Studio di fonologia musicale, legato ai nomi di Berio e Maderna e alle loro sperimentazioni nel campo della musica elettronica.Nel 1955 e nel 1956 fu invitato ai corsi estivi di Darmstadt; e sulla musica elettronica tenne in quegli anni diverse conferenze.
Vincitore, con Luigi Ronga, del primo concorso a cattedre di storia della musica nell’università italiana, fu chiamato a Palermo, dove insegnò dall’anno accademico 1957-58 al 1970. Vi fondò e diresse l’Istituto di storia della musica (nella odierna sezione musicale del Dipartimento di scienze umanistiche si conserva il suo ricchissimo archivio personale), lasciandovi una fiorente scuola di studi musicologici e segnando una stagione culturalmente assai feconda. In quegli anni stabilì assidui rapporti con Theodor W. Adorno (curò tra l’altro per Einaudi, rispettivamente nel 1959 e nel 1971, le prime edizioni italiane della Filosofia della musica moderna e dell’Introduzione alla sociologia della musica), mentre le sue scelte filosofiche e culturali approdavano a una dura critica – documentata nei saggi raccolti in Fenomenologia della musica radicale (Bari 1966, indi Milano 1974) – dei fenomeni contemporanei di ‘alienazione’ musicale individuati nello strutturalismo postweberniano e nelle pratiche aleatorie e gestuali allora in voga.
Nel 1964 curò per il Maggio musicale fiorentino la prima regia filologicamente fondata dell’opera di Schönberg Die glückliche Hand, poi ripresa all’Opera di Roma (1965), alla Scala (1967) e al Massimo di Palermo (1969).
L’impegno per la divulgazione dell’espressionismo musicale si concretizzò, inoltre, in cospicue imprese editoriali riguardanti ancora Schönberg: l’edizione italiana del Manuale di armonia (Milano 1963), dei Testi poetici e drammatici (Milano 1967), delle Funzioni strutturali dell’armonia (Milano 1967) e infine delle Lettere (Firenze 1969).
Ciò non gli impedì di coltivare altri interessi. Revisionò libretto e partitura dell’Étoile di Emmanuel Chabrier e ne progettò la ‘prima’ italiana al Massimo di Palermo, con la sua regia. Pochi giorni avanti la première, fissata il 30 aprile 1970, la moglie Eva si suicidò in una camera d’albergo: la messinscena dell’Étoile venne quindi a coincidere con l’esaurirsi, fra tragiche vicissitudini personali, dell’esperienza accademica palermitana. Risposatosi con Anna Schillaci (che nel 1974 diede alla luce la piccola Bettina), proseguì il magistero universitario a Bologna, nel corso di laurea in discipline delle arti, della musica e dello spettacolo appena istituito: vi insegnò dal 1971 fino al pensionamento nel 1983, diresse l’Istituto di discipline della musica, fondò il Dipartimento di musica e spettacolo e costituì un altro gruppo di agguerriti musicologi. Negli anni Settanta la sua militanza culturale si concentrò sulla regia operistica, puntando alla riscoperta di opere dimenticate. Memorabili gli allestimenti, al Regio di Torino, dell’opera comica di Carl Maria von Weber Die drei Pintos (1975), orchestrata da Gustav Mahler, e dell’opera Der Corregidor (1978) di Hugo Wolf.
Morì a Milano il 24 giugno 1986.
A Rognoni è dedicata la miscellanea Sette variazioni: a Luigi Rognoni musiche e studi dei discepoli palermitani (Palermo 1985).
Fonti e Bibl.: Università di Palermo, Dipartimento di scienze umanistiche, Fondo Rognoni; A. Vigorelli, L. R. (1913-1986). Bibliografia, Milano 1992, pp. 130-155; P. Misuraca, «Nel ginepraio del mio archivio». Documenti di L. R. a Palermo, in Rivista italiana di musicologia, XXXVIII (2003), pp. 139-153; C. Favata, «Lieber Herr Doktor» - «Liebe Frau Helene». Il carteggio L. R. - Helene Berg (1952-1976), tesi di laurea, Università di Palermo, a.a. 2004-05; M. Musacchia, L’archivio di L. R.: conferenze edite e inedite, tesi di laurea, Università di Palermo, a.a. 2004-05; P. Misuraca, L. R. e Alfredo Casella. Il carteggio (1934-1946) e gli scritti di R. su Casella (1935-1958), Lucca 2005; V. Di Bono, L. R. critico musicale alla RAI, tesi di laurea, Università di Palermo, a.a. 2007-08; P. Misuraca, L. R. intellettuale europeo. Documenti e testimonianze, I-III, Palermo 2010; E. Ragusa, L. R. e Luigi Dallapiccola. Il carteggio (1935-1974), diss., Università di Ferrara, 2012; P. Misuraca, Schönberg e l’Italia: il contributo di L. R., in Musica/Realtà, XXXVII (2016), 109, pp. 37-62.