LUZZATTI, Luigi
Uomo politico, economista e scrittore, nato a Venezia il i° marzo 1841, morto a Roma il 29 marzo 1931. Frequentò nel 1857 il liceo Santa Caterina, ov'ebbe a maestro di filosofia Giorgio Politeo, e l'anno dopo andò a Padova per frequentarvi i corsi di legge. Laureatosi nell'agosto del 1863, attese a studî economici e sociali e fin d'allora, attratto dal desiderio di contribuire al miglioramento delle classi povere, insieme con altri, ebbe in animo di fondare una società di mutuo soccorso per gli operai del Veneto, ma il proposito fu avversato dalla polizia austriaca. Pubblicò in quell'anno uno studio su La diffusione del credito e le banche popolari (Padova 1863). Lasciato il Veneto col proposito di dedicarsi all'insegnamento presso il governo d'Italia, andò a Milano dove vinse per concorso la cattedra di statistica commerciale e di economia pubblica in quell'istituto tecnico (11 novembre 1863). Rimase a Milano fino al 1867, nonostante l'anno innanzi avesse vinto il concorso per la cattedra di diritto costituzionale all'università di Padova, che occupò dopo una missione avuta dal Minghetti di rappresentare le società cooperative italiane all'esposizione di Parigi. Rimase a Padova due anni, e nel maggio del 1869 fu chiamato a Firenze dal Minghetti, col quale aveva stretto relazione nel 1866, e da lui nominato segretario generale al Ministero di agricoltura, industria e commercio. Ebbe lo stesso incarico dal Sella, succeduto al Minghetti. Eletto deputato per il collegio di Oderzo, gli fu annullata l'elezione (14 dicembre 1870), per non avere raggiunta l'età voluta, e la stessa sorte ebbe quella del 18 gennaio 1871. Candidato per la terza volta, fu alfine convalidato (12 marzo 1871), e da allora in poi sedette ininterrottamente alla camera fino a quando fu nominato senatore (10 aprile 1921). Devoto al Minghetti, fu suo efficace consigliere nelle questioni di finanza, fino a quando cadde la destra (marzo 1876). Il L. parve seguire le sorti di quello storico partito politico, perché solamente nel 1891 egli tornò a partecipare al governo come ministro delle Finanze nel gabinetto Rudinì. Nel 1903 fu ministro del Tesoro nel gabinetto Giolitti, e nel 1909 tenne il portafoglio dell'Agricoltura in quello del Sonnino. L'anno dopo (31 marzo) fu presidente del consiglio dei ministri, durando in carica fino al 29 marzo dell'anno successivo, quando gli succedette una nuova incarnazione Giolitti.
Versatissimo nelle discipline economiche e finanziarie, rifuggiva dal puro dogmatismo, e cercò sempre di costruire, di promuovere organismi economici che valessero a rendere più indipendenti, meno disagiate, più sollecite del loro avvenire e dei loro progressi, le classi sociali in condizioni economiche meno buone. Può dirsi ch'egli fu tra i primi assertori e fautori di quella politica sociale che ha avuto poi in Italia, in Germania e altrove, i suoi propugnatori più attivi e autorevoli. Come economista il L. si schierò con coloro che non pensavano dovesse lo stato rimanere agnostico di fronte ai mali sociali, ai dissidî e alle lotte tra capitale e lavoro, ai pericoli che presentava, dal punto di vista dell'interesse generale, lo sviluppo incessante dell'industrialismo. Pertanto, come promosse gl'istituti cooperativi, specie nel campo del credito e del consumo, per combattere l'usura e aiutare le classi lavoratrici e i ceti medî, così si fece anch'egli fautore della legislazione a tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, e per promuovere e sviluppare la previdenza che dapprima pensò dovesse essere libera, e in seguito, per gli scarsi risultati ch'essa diede, riconobbe la necessità che in taluni casi fosse obbligatoria. Conoscitore come pochi delle condizioni delle industrie italiane e delle difficoltà ch'esse avevano da superare, fu un negoziatore autorevole e sagace di numerosi trattati e convenzioni commerciali, e a lui si deve in special modo l'accordo con la Francia, che pose fine alla guerra di tariffe iniziata nel 1888 e contribuì a ristabilire relazioni amichevoli con quel paese. Nel campo del credito ebbe il merito, fra gli altri, di salvare il Banco di Napoli. Promosse la fondazione delle banche popolari e di altre istituzioni di credito a vantaggio del commercio, della piccola industria e dell'agricoltura. Durante la guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, il L. si fece tenace assertore della necessità della pace monetaria, e presentò proposte per creare un organismo internazionale che servisse alla compensazione del dare e dell'avere tra i varî paesi, e rendesse meno difficile il ritorno a un normale regime monetario internazionale.
Il L. fu eloquente oratore e abilissimo parlamentare. Oltre che di materia finanziaria, scrisse di filosofia, di scienza delle religioni, di ordinamenti corporativi, di questioni politiche. Sono specialmente da citare di lui: L'inchiesta industriale e i trattati di commercio (Roma 1878); Le rivelazioni della previdenza all'esposizione nazionale di Milano (Milano 1882); Le odierne controversie economiche nelle loro attinenze colla protezione e col socialismo (Roma 1894); La libertà di coscienza e di scienza (Milano 1909); Scienza e patria (Firenze 1916). Notevoli sono pure le sue commemorazioni del Minghetti (Roma 1887), del Bonfadini (ivi 1900), di re Umberto (Treviso 1901), del Politeo (Venezia 1900). Nel 1924 fu iniziata a Bologna una raccolta completa delle sue opere con un volume intitolato: Grandi italiani, grandi sacrifici per la patria. Per la sua biografia sono da consultare le sue Memorie, delle quali è stato pubblicato un volume (Bologna 1931), che va dal 1841 al '76.