GRILLO, Luigi
Nacque a Ovada, nell'Alessandrino, il 9 apr. 1811 da Domenico, libraio, e da Margherita Torrielli. Compì studi di teologia presso l'Università di Genova, poi prestò servizio militare nella 1ª compagnia fucilieri, da cui fu congedato nel 1832. Ordinato sacerdote, il 27 febbr. 1839 divenne cappellano nella Marina militare sarda, dove rimase sino al 3 apr. 1849, allorché su sua richiesta fu trasferito al 3° reggimento di fanteria della brigata "Piemonte".
Fin da giovane compilò libri per l'infanzia e la scuola venduti dal padre nel suo negozio in strada Nuovissima a Genova: operette quali L'amico dei fanciulli (Genova 1835), le Tavole sinottiche per la lingua latina e Il novelliere infantile (entrambi, ibid. 1839), un centone di racconti che il G., appena entrato nella R. Marina, dedicò al contrammiraglio L. Serra e che fino al 1852 ebbe altre sette edizioni, nelle ultime delle quali l'autore si definiva membro delle società archeologiche di Atene, Stoccolma e Copenaghen. A partire dal 1844 e per tre anni redasse un lunario tradizionale (IlPoveruomo, che nel 1846 si chiamò Il Poveruomo e la povera donna), e l'Omnibus, "almanacco ligure a benefizio delle Scuole Infantili", che si segnalava sia per un notevole sforzo di educazione religiosa e morale del popolo (da ricordare tra l'altro la campagna a favore della fondazione di una cassa di risparmio), sia per la collaborazione di diversi esponenti progressisti quali M.G. Canale, D.M. Chiossone, G. Papa, L. Pareto, L.Z. Quaglia.
Nell'annata 1845 l'almanacco conteneva al proprio interno un Giornale de' santi, ossia Guida del genovese divoto, espressione di una forte volontà catechistica, mentre l'annata successiva recava il titolo Abbozzo di un calendario storico della Liguria, testimonianza di un proposito che avrebbe accompagnato il G. per tutta la vita. "La nostra Liguria - si legge nella prefazione - fu in ogni tempo madre d'uomini chiari in ogni virtù e sapere, e feconda di gloriosi avvenimenti": si trattava di "compilare in un picciol volume i fiori più belli della nostra istoria" per educare i Liguri all'amore delle tradizioni, un programma conforme a quel patriottismo municipale che dopo il 1814 aveva animato diversi intellettuali genovesi come reazione alla perdita dell'indipendenza. Il G. intendeva compendiare le opere di quanti in passato avevano celebrato i fasti della sua piccola patria, come R. Sopranis, M. Giustiniani, A. Oldoini, e in particolare il barnabita G.B. Spotorno, da lui considerato alla stregua di un modello culturale.
La candidatura di Genova quale sede dell'ottavo Congresso degli scienziati italiani per il settembre 1846 stimolò molte energie intellettuali e diede vita a varie pubblicazioni occasionali. In questo clima il G. ebbe l'idea di ripubblicare i Ritratti di Spotorno in una veste più economica, accrescendoli di nuove voci. Videro così la luce i tre volumi degli Elogi di liguri illustri (I e II, Genova 1846; III, Torino 1846), dedicati "a s.a.s. il principe Eugenio di Savoia-Carignano comandante generale della Regia Marina" e venduti "presso Domenico Grillo libraio": una raccolta di biografie, frutto della collaborazione di molti personaggi importanti, destinata a rimanere fino ai nostri giorni - pur con molti difetti e ingenuità - uno strumento utile per lo studioso di storia genovese. Sempre in quel torno di tempo, nel 1846-47, il G. collaborò a L'Eco dei giornali, periodico di un certo rilievo - per gli argomenti trattati e per le firme che vi comparivano - nel panorama culturale e politico della città.
Ben presto però fu l'attività militare a impegnare il G., che prese parte alla guerra del 1848 con il battaglione Real Navi e fu a Goito, Pastrengo e Santa Lucia, distinguendosi tanto da meritare una medaglia d'argento e, in seguito, il titolo di cavaliere mauriziano. Nel luglio 1848 si trovò all'assedio di Peschiera, dove si segnalò nel servizio dell'ospedale e da dove, scrivendo all'amico e conterraneo D. Buffa, rilevava la disillusione dei militari di fronte alle lungaggini della guerra regia. Frattanto maturava in lui un'avversione netta verso democratici e repubblicani, che nell'ottobre lo rese protagonista di un aspro scontro con le figure più in vista del Circolo italiano di Genova - F. De Boni, O. Lazzotti, D. Pellegrini - da lui accusati di essere "anarchisti, istigatori, ingannatori dell'eccellente popolo genovese" e di "vomitare le più sozze bestemmie" contro V. Ricci, G. Durando, M. d'Azeglio, V. Salvagnoli, V. Gioberti (La polizia del Circolo italiano, pp. 4 e 8). Di quest'ultimo ("quel sommo Gioberti che ha pieno il cuore di verace e sapiente amore d'Italia") e di Carlo Alberto "campione dell'Italiana indipendenza" tessé le lodi in un pamphlet scritto nel febbraio 1849, poco prima della ripresa della guerra contro l'Austria, per attaccare da un lato gli estremisti, considerati di fatto alleati degli "austro-gesuiti", dall'altro quanti non sostenevano con entusiasmo la causa italiana: "Infamia a tutte quelle donne che trattener volessero la gagliarda gioventù dall'arruolarsi nell'esercito […]; esecrazione e sperpero ai doviziosi che non somministrano l'oro necessario alla guerra; sfratto ai sacerdoti che non benedicono ai combattenti; esterminio a quei governi d'Italia che non mandano contro l'Austria una proporzionata soldatesca" (L'armistizio Salasco, Ancona 1849, p. 11).
Negli anni seguenti, mentre diveniva sempre più marcata la sua ostilità nei confronti di mazziniani e sedicenti "italianissimi", il G. si persuase che solo da una totale adesione al cattolicesimo, specie tra le file dell'esercito, potesse venire il riscatto della patria. Per sottolineare il ruolo in tal senso dei cappellani - riguardo al quale nell'aprile 1851 aveva inviato al Parlamento subalpino un progetto di legge - pubblicò anonimo un trattatello dal titolo Pregi e difetti dei cappellani militari (Torino 1855), assai polemico nei confronti di alcune alte autorità e in particolare di A. Ferrero della Marmora: il libro era infatti dedicato "a chi nel ministero di Guerra e Marina succedendo al cav. Alfonso Ferrero della Marmora sapientemente voglia dar principio alla organizzazione d'un esercito cristiano". Da questi attacchi dipesero le successive traversie del G., il quale, accusato di essersi appropriato d'una modesta somma, il 31 maggio 1855 venne radiato dall'esercito "senza poter ottenere un giudizio regolare" e "con violazione dello Statuto" (L. Grillo, L'onore e lo stipendio appellanti al Consiglio dei ministri costituzionali contro la deliberazione ordinata ad un tribunale straordinario…, ibid. 1862, p. 85).
Cominciò da allora un periodo stentato e rancoroso della vita del G., che si ritirò a Genova, in un modesto appartamento presso l'Albergo dei poveri, guadagnando qualcosa come maestro elementare o con la celebrazione di messe, impegnandosi in un'infinità di vertenze giudiziarie e proseguendo un'attività pubblicistica che per alcuni anni ruotò intorno ai suoi casi personali e al desiderio di ottenere giustizia.
Nel 1858, sempre convinto che l'educazione cristiana fosse di gran giovamento per i militari, pubblicò a Genova I fasti cattolici del soldato, una raccolta di exempla tratti dalla Bibbia e dalla storia sacra. Qualche anno dopo, visto l'insuccesso dei ripetuti ricorsi per essere reintegrato nell'esercito, diede alle stampe alcuni scritti tra cui La proprietà del grado e dell'impiego militare rivendicata e il Rimedio per le diserzioni e pel malcontento nell'esercito italiano (entrambi Torino 1861), il già citato L'onore e lo stipendio…, L'abbozzo di un codice dell'uffiziale italiano (ibid. 1862), il Giubileo ai mercenari del settembre 1864… (ibid. 1865): opere nelle quali, accanto a una critica delle condizioni generali delle forze armate, il G. rivangava ossessivamente le sue vicende private e ripeteva gli attacchi a quanti riteneva causa della sua disgrazia. Tra costoro l'ammiraglio C. Persano, contro cui il G. all'indomani di Lissa scrisse un'aspra filippica (Petulanza dell'ammiraglio Carlo di Persano, Genova 1866) che da un lato metteva alla berlina l'incapacità di quell'alto ufficiale e l'irresponsabilità dei suoi protettori, dall'altro paragonava polemicamente l'impunità del calamitoso ammiraglio con i fulmini che senza vera colpa s'erano abbattuti sul proprio capo.
Pian piano il G. tornò a dedicarsi ad attività più costruttive. Nel 1867 e nel 1868 pubblicò un nuovo almanacco, la Strenna pei divoti e per gli antiquari dell'archidiocesi di Genova, nel quale si proponeva di realizzare con l'aiuto dei parroci un grande censimento ecclesiastico; nel contempo annunciava la preparazione di un Dizionario geografico storico statistico politico letterario scientifico industriale commerciale militare biografico bibliografico del Genovesato. Sul finire del 1867 si rivolgeva a V. Ricci, che si trovava a Torino, pregandolo di procurargli ogni sorta di pubblicazioni statistiche, che intendeva utilizzare per tale dizionario, da intitolare Liguria illustrata. Nel 1873 diede come imminente l'uscita d'un Dizionario geografico della Liguria, della Lunigiana e della Garfagnana, "opera nuovissima di Bartolomeo Campora con aggiunte del cav. Luigi Grillo" (Giornale degli studiosi, V, p. 3). Ma un'opera del genere, peraltro assai modesta e limitata, sarebbe apparsa solo nel 1878 e senza alcun contributo dell'ex cappellano.
In compenso andò in porto un altro progetto, ancora una volta ispirato alla figura del padre Spotorno e al suo Giornale ligustico: a partire dal 1869 uscì con cadenza settimanale il Giornale degli studiosi di lettere, scienze, arti e mestieri.
Dedicato alla Società ligure di storia patria, della quale il G. faceva parte sin dalla fondazione nel 1858, il Giornale riuniva un gruppo di eruditi quali F. Alizeri, L.T. Belgrano, M.G. Canale, P. Giuria, T. Luxoro, A. Neri, A. e M. Remondini e P.A. Sbertoli, tutti concordi nel proposito di celebrare le glorie del Genovesato, specie attraverso una serie di medaglioni biografici che erano la prosecuzione di quegli Elogi stampati con discreta fortuna nel 1846, e che sarebbero stati raccolti in parte in un'Appendice agli Elogi stessi apparsa nel 1873, poi in una Seconda Appendice pubblicata nel 1976 per iniziativa del Comune di Genova. A partire dalla seconda annata il periodico recò nel frontespizio la frase "il Genovesato è tuttora mancante di una descrizione de' suoi luoghi e non ne conosce i più degni figli": una lacuna che gli studiosi raccolti intorno al G. cercarono di colmare nei cinque anni in cui il Giornale sopravvisse, ottenendo risultati ancor oggi di qualche utilità, tuttavia conditi con un pesante campanilismo che spingeva il G. a perorare addirittura la beatificazione di C. Colombo, nonché con un clericalismo che lo induceva a scrivere che "le nostre pagine obbediscono solamente ai comandamenti di Dio e della sua Chiesa cattolica apostolica romana" (II, p. 337), gli suggeriva una difesa a oltranza di Pio IX all'indomani della breccia di porta Pia, tanto da provocare il sequestro del periodico.
Soffocato dalle difficoltà economiche, il Giornale degli studiosi cessò di vivere nel novembre del 1873: neppure un anno dopo, il 16 ott. 1874, anche il G. si spense nella sua casa di Genova.
Tra le opere del G. si ricordano, infine, La polizia del Circolo italiano di Genova ed i sedicenti repubblicani odierni (Genova 1848) e Malafede della democrazia italiana (Torino 1849), dalle quali, tra l'altro, si possono ricavare diverse notizie sulla sua vicenda biografica (così come da alcuni dei suoi scritti già citati: L'onore e lo stipendio…, Abbozzo di un codice dell'uffiziale italiano…, Giubileo ai mercenari del settembre 1864…; Petulanza dell'ammiraglio Carlo di Persano…).
Fonti e Bibl.: Genova, Istituto Mazziniano, Autografo, n. 2568; Difesa del Circolo italiano e risposta al prete G., Genova 1848; [L. Lomellini], Un atto di riconoscenza al rev. L. G. cappellano nella R. Marineria sarda, Genova 1848; Catalogo dei libri esistenti nella biblioteca del fu cav. sac. L. G., Genova 1875; Il Regno di Sardegna nel 1848-1849 nei carteggi di Domenico Buffa, a cura di E. Costa, Roma 1966-68, I, pp. 284 s.; II, p. 239; E. Pandiani, L'opera della Società ligure di storia patria dal 1858 al 1908, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XLIII (1909), p. 211; L. Balestreri, L. G. e il Giornale degli studiosi, Genova 1951; G. Giacchero, Genova e Liguria in età contemporanea, Genova 1970, pp. 197 s., 251; La stampa periodica a Torino e a Genova dal 1861 al 1870, a cura di L. Tamburini - G. Petti Balbi, Torino 1972, pp. 151 s.; L. Marchini, Premessa, in Seconda Appendice ai tre volumi della raccolta degli Elogi di liguri illustri, compilazione di L. Grillo, Genova 1976, pp. XVI-XXIV; L'archivio storico dell'Università di Genova, a cura di R. Savelli, Genova 1994, p. 703; R. Beccaria, I periodici genovesi dal 1473 al 1899, Genova 1994, pp. 184, 275, 277, 411, 417 s., 462, 464, 562; G. Passano, I novellieri italiani in prosa, sub voce.