GRASSI, Luigi
Quarto di cinque figli, il G. nacque a Roma il 18 apr. 1913 da Giuseppe, antiquario e restauratore, e da Edvige Bartoli. Dopo gli studi classici al liceo Mamiani frequentò la facoltà di lettere e filosofia presso l'Università di Roma, discutendo con Pietro Toesca, del quale sarebbe stato in seguito assistente, una tesi su "Velázquez in Italia" (1937).
Dal 1941 fu professore al liceo Mamiani; nel 1948 conseguì la libera docenza in storia dell'arte, del cui insegnamento nei licei fu tra i promotori. Alla questione dedicò un appassionato intervento pubblico (Insegnamento della storia dell'arte nei licei, in Atti del Primo Convegno internazionale per le arti figurative, Firenze 1948, pp. 201-203). Nel 1949 ottenne l'incarico di storia dell'arte medievale e moderna presso la facoltà di magistero dell'Università di Roma, succedendo a Valerio Mariani. Divenuto professore ordinario (1959), quando dalla cattedra di storia dell'arte medievale e moderna fu scorporato il settore medievistico (affidato a Italo Faldi) assunse l'insegnamento di storia dell'arte moderna che avrebbe tenuto fino al 1983, dirigendo nel contempo l'istituto di storia dell'arte medievale e moderna, da lui fondato nel 1961. A conclusione del suo lungo e prestigioso curriculum accademico ottenne nel 1988 il titolo di emerito; in precedenza (1979) era stato insignito della medaglia d'oro per i benemeriti della cultura e dell'arte.
Lo zio paterno Luigi (morto nel 1937), del quale il G. portava il nome, era antiquario e collezionista, marchand-amateur specializzato in disegni e in bronzetti del Rinascimento: possedeva, per esempio, il bellissimo foglio della Lussuria del Pisanello, oggi nel Gabinetto di grafica dell'Accademia Albertina a Vienna (G. de Nicola - P. Toesca, Italian art: the collection of professor Luigi Grassi; furniture, textiles, sculptures and jewelry, New York 1927). Lo stesso G. fu collezionista; la sua raccolta - oggi in parte dispersa - ne rispecchiava prevalentemente gli interessi di studioso e di conoscitore di disegni (Funghini), ma conservava oggetti provenienti dall'ambito familiare, improntati all'attività e ai gusti paterni.
Sposato nel 1969 con Luciana Ferrara (direttrice della Galleria Borghese e in seguito soprintendente a Bologna), imparentato con il pittore Giuseppe Capogrossi (Francesco Capogrossi Guarna, fratello dell'artista, sposò una delle sorelle del G., Marina), compagno di studi e di militanza intellettuale e amico di protagonisti della "costruzione" delle moderne metodologie, il G. rivestì un ruolo di avanguardia nei campi della storia della critica d'arte e del disegno, cui anche grazie al suo impegno fu riconosciuta un'autonomia disciplinare che si sarebbe tradotta, nel concreto, nell'istituzione di specifiche cattedre universitarie. Infatti, nonostante non gli fosse stato estraneo l'esercizio della connoisseurship - documentato da contributi basilari sull'arte del Quattrocento e del Cinquecento (Tutta la pittura di Gentile da Fabriano, Milano 1953; Tutta la scultura di Donatello, ibid. 1958 e, in 2a ed., ibid. 1963; Piero di Cosimo e il problema della conversione al Cinquecento nella pittura fiorentina ed emiliana, Roma 1963) e dell'età barocca (Bernini pittore, ibid. 1945), su "eccentrici" (Ingegno di Altobello Meloni, in Proporzioni, III [1950], pp. 143-163; Ipotesi sulla formazione di Niccolò Alunno, in Colloqui del Sodalizio, II [1951-54], pp. 28-33; Considerazioni e novità su Amico Aspertini e Jacopo Ripanda, in Arte antica e moderna, 1964, n. 25, pp. 47-65) e sull'attività grafica di numerosi artisti, dal Trecento al Settecento - la ricerca del G. fu rivolta non meno alle teorie artistiche che alle opere e alla loro storia.
"È suo merito - osservava a tal proposito G. Briganti (Presentazione a Studi in onore di L. G., p. 5) - aver saputo mantenere ben distinti i due campi, quello della conoscenza e quello della riflessione sull'arte, evitando cioè quella lettura astrattiva delle opere d'arte, quel procedere in loro assenza che è proprio di chi per la storia dell'estetica e della storiografia artistica ha abbandonato, appunto, la storia delle opere".
Il suo interesse per i disegni, evidente fin dagli inizi del suo percorso di storico dell'arte - il suo primo contributo in questo campo, dedicato all'attività grafica di Gaudenzio Ferrari, è del 1941 (Gaudenzio Ferrari e i suoi disegni, in L'Arte, XLIV [1941], pp. 182-205) - era ispirato, più che agli allora saltuari studi italiani, a quelli più consistenti di area germanica e anglosassone. Forlani Tempesti e Prosperi Valenti Rodinò sottolineano tuttavia come gli studi del mae-stro del G., Pietro Toesca, sulle miniature e sulla loro preparazione lineare potessero aver fornito una suggestione, se non uno stimolo, per indirizzarlo precocemente in questo campo. Le motivazioni critiche della scelta di un tale ambito di studi sono dichiarate nel citato saggio del 1941 su Gaudenzio: il G. osservava come lo studio dei disegni dell'artista fornisse la chiave per comprenderne più a fondo le peculiarità stilistiche, e applicò questo particolare strumento di ricerca sia nell'indagine su personalità allora poco note (i già citati studi su Meloni, Aspertini e Ripanda) sia in studi dedicati agli artisti "maggiori" e più frequentati dalla critica (Appunti sul Pontormo e i suoi disegni, in Emporium, CIII [1946], pp. 29-46; Per un disegno di Lorenzo Lotto, in Paragone, V [1954], 49, pp. 54-57; Due disegni di Pellegrino Tibaldi, ibid., VI [1955], 61, pp. 47-50), specialmente Gian Lorenzo Bernini.
Discorso a parte merita infatti l'attenzione rivolta dal G. all'opera di Bernini, affrontata fin dalla sua prima attività di studioso, a partire cioè dal lavoro sui Disegni del Bernini (Bergamo 1944), nel quale individuò la radice bolognese e carraccesca dell'arte del grande scultore. Contributi fondamentali sono anche il già citato saggio su Bernini pittore (1945) e l'articolo sui Disegni inediti del Bernini e la decorazione di ponte S. Angelo, in Arti figurative, II (1946), pp. 186-199, cui si devono affiancare anche i saggi successivi, Bernini: two unpublished drawings and related problems, in The Burlington Magazine, CVI (1964), pp. 170-178; Gian Lorenzo Bernini e Fréart de Chantelou, Salvator Rosa e Nicolò Simonelli: due accademie e una caricatura, in Scritti di storia dell'arte in onore di Federico Zeri, Milano 1984, pp. 630-639: studi di raggio più circoscritto ma che toccano rilevanti questioni, come la genesi dell'idea berniniana e il rapporto dell'artista con committenti e teorici.
Il ruolo del G. nel campo degli studi sul disegno andò ben oltre l'acquisizione di inediti al corpus di questo o di quell'artista. Già nel 1947 intervenne innovativamente affrontando la storia del concetto critico di disegno (definizioni, giudizi e teorie dall'antico a oggi) con il volume Storia del disegno. Svolgimento di un pensiero critico e un catalogo (Roma 1947).
Nella premessa insisteva sulla "necessità teoretica di considerare il disegno come facoltà spirituale autonoma e per sé stante dell'arte figurativa" (p. 4) e in quella a Il disegno italiano dal Trecento al Seicento (ibid. 1956) ribadì la convinzione che si potesse scrivere una storia dell'attività disegnativa come una storia dell'arte. Nella nuova edizione di questo secondo volume, stampata nel 1993 a Roma, aggiornata e ampliata con la collaborazione di M. Pepe, il G. riaffermò con vigore (p. 9) la sua riflessione critica in proposito e dichiarò di individuare la ragione dello studio del disegno nel "tema del Disegno in se stesso, delle relative definizioni e considerazioni quali si leggono presso teorici, trattatisti e critici d'arte" (p. 5). In quest'ottica si colloca la collana da lui ideata e diretta, dedicata al Disegno italiano: nove volumi apparsi tra il 1959 e il 1982 (Venezia-Treviso), dedicati a "scuole" e ambiti cronologici, dal Trecento all'Ottocento, affidati a specialisti. Di ciascun volume coordinò e sorvegliò l'impianto scientifico, riservando per sé il tomo sui Disegni italiani del Trecento e Quattrocento. Scuole fiorentina, senese, marchigiana, umbra (Venezia 1961).
Anche il collezionismo di opere grafiche fu oggetto della sua ricerca, a partire dal contributo su Sebastiano Resta (Ricerche intorno al padre Resta e al suo codice di disegni all'Ambrosiana, in Rivista del R. Istituto d'archeologia e storia dell'arte, VIII [1941], pp. 151-188) fino ai successivi interventi su Pierre-Jean Mariette e Frits Lugt; l'argomento è inoltre presente nelle numerose voci di dizionari ed enciclopedie da lui curate.
Con la scoperta di inediti disegni di Simone del Pollaiolo (Disegni inediti di Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, in Palladio, VII [1943], pp. 14-22), prese avvio il suo ricorrente interesse per i disegni di architettura, teoreticamente motivato nel 1951 nel saggio Disegno e architettura (L'Arte, LI [1948-51], pp. 51-55).
Proprio nell'interesse per la grafica e le teorie che la sottendono si devono individuare i fondamenti dell'aspetto forse maggiormente noto dell'attività del G., quello di storico della critica d'arte.
La pubblicazione all'inizio degli anni Cinquanta del saggio Genesi e paternità della critica d'arte (Roma 1951), i cui concetti sarebbero poi stati rielaborati e ampliati nel successivo Costruzione della critica d'arte (ibid. 1955), metteva a fuoco quello che avrebbe costituito da quel momento in poi l'altro settore privilegiato, oltre a quello dedicato al disegno, della sua ricerca e del suo magistero accademico. Nei tre volumi editi a Roma di Teorici e storia della critica d'arte (I, Dall'antichità a tutto il Cinquecento con due saggi introduttivi, 1970; II, L'età moderna: il Seicento, 1973; III, Il Settecento in Italia, 1979: la morte interruppe il progetto di una sintesi aggiornata dell'opera in un unico tomo, che avrebbe dovuto completare il percorso fino al Novecento) il G. tracciava una "rievocazione storica dei momenti, figure e aspetti salienti della riflessione del pensiero critico sulle arti visive" (prefazione al volume I, p. 7). Non formulava quindi una propria teoria sull'arte, né si schierava in favore di una specifica scuola di pensiero; ma, pur riconoscendo il proprio debito verso i "molti studiosi italiani e stranieri […] della teoria, metodologia e storia della critica d'arte" (Costruzione della critica d'arte, p. 6), aspirava a "uno sforzo di sintesi".
Fu inoltre ben presente nella sua produzione la riflessione sul pensiero critico contemporaneo (Storia recente del problema di "arte" e "cultura" nella critica figurativa, in Archivio della cultura italiana, III [1941], 4, pp. 291-300; Walter Pater e il Rinascimento, in Emporium, CVII [1948], pp. 11-14; Dommatismo di un discorso estetico, in Paragone, II [1951], 21, pp. 56-64; Benedetto Croce e la critica d'arte, in Rivista dell'Istituto nazionale d'archeologia e storia dell'arte, I [1952], pp. 328-335), anche sotto forma di recensione (come quella dedicata al "dialogo" di Cesare Brandi Carmine o della Pittura comparsa in Nuova Antologia, luglio 1946, p. 303) o di omaggio al proprio maestro (Ricordo di Pietro Toesca, in Rivista dell'Istituto nazionale d'archeologia e storia dell'arte, XI-XII [1963], pp. 5-8).
La volontà di rendere accessibile la sua lunga riflessione su tali problematiche lo condusse a pubblicare il Dizionario della critica d'arte (I-II, Torino 1978, in collaborazione con M. Pepe), il Dizionario dei termini artistici (ancora con Pepe, ibid. 1994), "inteso a individuare e definire storicamente i mutamenti di significato dei termini e delle espressioni […], a ricondurre entro i confini naturali da un lato voci e discipline di ordine prevalentemente "antropologico", dall'altro quelle propriamente di ordine storico-artistico" (Introduzione, p. IX), e infine il Dizionario di arte (sempre con Pepe, ibid. 1995). Il Dizionario di antiquariato (il cui sottotitolo recita Dizionario storico-critico di arte e antiquariato dall'antichità all'inizio del Novecento), stampato in quattro volumi nel 1989 a Torino e seguito a breve da un'edizione economica aggiornata (Milano 1992, con Pepe e Giancarlo Sestieri), ebbe come riferimento costante il problema del collezionismo, presente nell'orizzonte degli interessi del G. fin dai primi studi sul disegno.
Il suo diretto contributo al riesame, quando non alla scoperta, delle fonti per la storiografia artistica si concretizzò, oltre che nella edizione commentata delle Vite di Giorgio Vasari (Milano 1962), nella creazione di una collana di "Fonti per la storia dell'arte", undici volumi pubblicati dalle edizioni Canova di Treviso tra il 1973 e il 1982, cui chiamò a collaborare studiosi di diversa formazione e dove furono rappresentati testi di periegetica, trattati teorici o scritti biografici. Altra collana nella quale storia della critica e storia dell'arte convergono, riflettendo la molteplicità degli approcci critici possibili, è quella di monografie (Club del libro, Novara 1961-69) dedicate ad artisti - da Policleto a Delacroix, dal "Maestro del Cremlino" a Poussin - e da lui diretta insieme con Paola Della Pergola.
L'ultima sua sintesi storico-critica, anch'essa condotta con la collaborazione di Pepe (Cultura e teoria artistica nella prima metà del Settecento a Roma, in Giovanni V del Portogallo [1707-1750] e la cultura romana del suo tempo, a cura di S. Vasco Rocca - G. Borghini, Roma 1995, pp. 467-474), vide la luce postuma.
Il G. morì a Roma il 4 genn. 1995.
I più di duemila volumi - fonti antiche in edizione originale, rari cataloghi, testi in prevalenza di storia della critica d'arte e del disegno - e le annate di riviste storiche della sua biblioteca costituiscono oggi il Fondo Luigi Grassi nella sezione della Biblioteca delle arti presso il Dipartimento di studi storico-artistici, archeologici e sulla conservazione dell'Università di Roma Tre, a lui intitolata dal 1996.
Fonti e Bibl.: Oltre agli scritti citati nel testo, si rimanda alla bibliografia del G. curata dalla moglie all'interno dei volumi pubblicati in suo onore, Studi in onore di L. G., numero speciale di Prospettiva (1983-84, nn. 33-36, pp. 7-9), e in Per L. G.: disegno e disegni, a cura di A. Forlani Tempesti - S. Prosperi Valenti Rodinò, Rimini 1998, pp. 19-23.
Per il resto si veda M.L.Gatti Perer, Ricordo di L. G., in Arte lombarda, 1995, nn. 113-115, p. 180; P. Scarpellini, Ricordo di L. G., in Per L. G., cit., pp. 15-18; M.C. Funghini, Su alcuni fogli della collezione Grassi, ibid., pp. 257-265; M. Causa Picone, Nel segno di G.: pensiero infinito, pittura finita, ibid., pp. 528-535; Verso una biblioteca delle arti. Il fondo L. G. (catal.), a cura di G. Sapori, Roma 2000; L. Barroero, in Diz. della pittura e dei pittori, II, Torino 1990, p. 688.