GULLÌ, Luigi Gaetano
Nacque a Scilla, presso Reggio di Calabria, ultimo di nove figli, il 16 giugno 1859 (Macrì, p. 83; l'11 giugno, secondo repertori e dizionari) da Giuseppe e Annunziata Delfino.
Il padre era avvocato e cultore di musica, seguito in questo anche dal figlio maggiore Domenico, che divenne in seguito insegnante, compositore e direttore della locale banda musicale. Anche la madre contribuì a stimolare nel piccolo G. la sensibilità musicale, tanto da farne un enfant prodige; appena appresa dal padre la tecnica pianistica, egli fu in grado, a soli sette anni, di esibirsi a Reggio Calabria, in un applauditissimo concerto.
In seguito al consenso riscosso in quell'occasione, il G. fu inviato a studiare a Napoli, presso il conservatorio di S. Pietro a Majella, con sussidio deliberato dal Consiglio provinciale. Compiuti gli studi musicali sotto la guida di B. Cesi, a diciannove anni si recò a Roma, dove completò la sua formazione, acquisendo una vasta cultura e la padronanza di ben cinque lingue straniere. E a Roma, dopo un periodo di due anni trascorso a Parigi, il G. si stabilì.
Il panorama musicale romano di quegli anni contava numerose personalità di rilievo, da F.P. Tosti a G. Sgambati, da T. Monachesi a G. Mancinelli, e il G. non tardò a farsi notare per la signorile semplicità del suo tocco e per capacità interpretative. Ne offre testimonianza diretta, fra gli altri, G. D'Annunzio, la cui penna di cronista culturale e mondano nella Roma di fine Ottocento fu spesa - com'è noto ampiamente - per varie testate giornalistiche (Cronaca bizantina, Fanfulla della domenica, il primo Capitan Fracassa e, in particolare La Tribuna del principe Maffeo Sciarra). In una corrispondenza del 12 genn. 1888, apparsa nella Tribuna con la firma di Duca Minimo, infatti si legge: "Il concerto che diedero ieri sera nella Sala Palestrina Luigi Gullì ed Ernesto Consolo - col concorso di Vico Ridolfi - fu veramente di una severità degna di vecchi e grandi maestri. Non fu fatta nessuna concessione alla moltitudine: non moti perpetui, né Carnevali di Pest, né trascrizioni, né rapsodie, né altro simile ciarpame da dilettanti. Il programma si componeva di due concerti di Bach, di una suonata di Mozart e d'una improvvisata del Reinecke sopra una gavotta del Gluck. E fu eseguito da cima a fondo, con due o tre clavicembali e con compagnia di quartetti, mirabilmente". Se del "pianista si fa più volte menzione nelle cronache della Tribuna" (D'Annunzio, I, p. 1166 n.), il nome del G. ricorre ancora nel romanzo Il piacere (1889) che suggellava la prima solare parentesi romana dello scrittore abruzzese: "Luigi Gullì, un giovine maestro venuto dalle natali Calabrie in cerca di fortuna, nero e crespo come un arabo, eseguiva con molta anima la Sonata in do diesis minore di Ludovico Beethoven. La marchesa d'Ateleta, che era una sua proteggitrice, stava in piedi accanto al pianoforte, guardando la tastiera. A poco a poco la musica grave e soave prendeva tutti que' leggeri spiriti ne' suoi cerchi, come un gorgo tardo ma profondo" (D'Annunzio, I, p. 60).
L'arte del G. si attestò su posizioni aristocratiche, rifuggendo tanto da concessioni a un gusto più facile, quanto da un'altrettanto facile popolarità; egli si rivolse sempre a un esigente pubblico internazionale di veri intenditori. Fra i musicisti che ebbe occasione di frequentare, quello che riscosse la sua simpatia e che, forse per sensibilità musicale, gli fu più vicino fu E. Grieg, cui fu legato da profonda amicizia.
All'apice della fama il G. suonò anche al cospetto dei reali, e ne ebbe in dono una pipa con lo stemma di casa Savoia e una spilla con brillanti a forma di M regalatagli dalla regina Margherita. Pur essendo estremamente schivo e riluttante, fu insignito anche di diverse onorificenze: membro onorario della R. Accademia di S. Cecilia fu iscritto, cosa assai rara per uno straniero, nell'albo d'oro della Norvegia dove, nel 1896, eseguì un giro di applauditissimi concerti. L'anno successivo formò il Quintetto Gullì, con cui diede numerosi concerti in Italia e all'estero; gli altri componenti del quintetto erano R. Fattorini (primo violino), R. Zampetti (secondo violino), E. Marengo (viola), mentre al violoncello fu infine chiamato T. Rosati.
Pare che il G. sia stato anche notevole compositore di moltissime pagine musicali che, tuttavia, "non volle mai pubblicare e che distrusse prima di partire per l'America. Ciò fece perché l'ideale dell'arte della musica era da lui considerato così alto, quasi irraggiungibile, da ritenerne molto lontana la sua ricca produzione" (Macrì, p. 85).
Presso la Biblioteca del Conservatorio di S. Cecilia a Roma si conservano comunque due pubblicazioni del G. che s'inseriscono in quella che era la moda del pezzo "de salon" e "de genre", spesso ispirata alla tradizione germanizzante tardottocentesca: Vier Klavierstücke (Albumblatt, Im Walzertakt, Novellette, Valse brillante, editi da Breitkopf & Haertl, Leipzig 1894), e Sfumature, fogli d'album per pianoforte (Dedica, Alla mazurka, Capriccio, Canto d'amore, Tarantella, Tempo di valzer, ibid. s.d.).
Nel 1912, forse stanco della faticosa vita di concertista, decise di accettare l'offerta della scuola di musica di Sherman (Texas) assumendone la direzione. Non vi si fermò a lungo: dopo qualche tempo si trasferì a Chicago, dove ebbe una scuola assai frequentata e si produsse in brillanti concerti. Tuttavia l'aggravarsi delle sue condizioni di salute lo convinse a ritornare in patria.
Il 5 marzo 1918 s'imbarcò sul piroscafo "Dante Alighieri" ma, "al settimo giorno di navigazione, un mortale attacco di uremia mise fine alla sua esistenza. Erano le ore sette del mattino del 12 marzo 1918" (Macrì, p. 86; repertori e dizionari riportano come data di morte il 12 aprile). Fu sepolto in mare alla mezzanotte di quello stesso giorno.
Secondo Martinotti la personalità del G. "si colloca nel quadro della tradizione e della poetica del pianismo italiano ottocentesco che si esaurisce nei primi anni del secolo nuovo, indipendentemente dalle novità espressive portate da Busoni e Casella". La figura del pianista calabrese scomparso nell'Oceano Atlantico rimane quindi solidamente ancorata alla sua formazione ottocentesca di cui porta nel nuovo secolo tanto la decisa individuazione stilistica, quanto una nota di costume tardoromantico.
Fonti e Bibl.: G. D'Annunzio, Il piacere (1889), in Prose di romanzi, I, a cura di A. Andreoli con introd. di E. Raimondi, Milano 1998, pp. 60 e 1166 n.; P. Macrì, Scilla. Note ed appunti, Reggio Calabria 1924, pp. 83-86; S. Martinotti, Ottocento strumentale italiano, Bologna 1972, p. 482; C. De Franco Brevi biografie di scillesi da ricordare, Villa San Giovanni 1983, pp. 126 s.; G.E. Schiavo, Italian-American history, I, New York 1947, p. 262; A. De Angelis, Diz. univ. dei musicisti, Roma 1928, p. 262; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 681; The New Grove Dict. of music and musicians, VII, p. 845; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Appendice, p. 348.