BOLMIDA, Luigi
Nato nel 1811 da Giuseppe, titolare della "Bolmida e C." ed esponente di quella schiera di banchieri privati che in Piemonte univano all'attività bancaria il negozio delle sete, assunse insieme col fratello Vincenzo la direzione dell'azienda ("Fratelli Bolmida e C. di Torino"), che attraversò una difficile congiuntura "par les folies" di Vincenzo nella conduzione dell'industria serica esercitata nel rinomato filatoio di Perosa (Cavour a E. de la Rüe, 15 ott. 1846, in Nouvelles lettres inédites, p. 76). Il riassetto economico e finanziario dell'impresa permetteva già nel 1845 al B. di unirsi in società col Cavour, che lo considerava "homme de beaucoup d'esprit et de moyens" (ibid.), nel progetto della Compagnia per la costruzione della ferrovia Torino-Savigliano. Successivamente, nel 1847, il B. si impegnava nell'azione diretta a promuovere la fondazione della Banca di Torino differenziandosi così dal gruppo di banchieri privati che, a difesa di interessi sezionali privilegiati, frapponevano ostacoli all'attuazione del piano cavouriano di ammodernamento creditizio.
Tra i firmatari dello Statuto del nuovo istituto, il B. fece parte della commissione che trattò col governo per ottenere il privilegio accordato in materia di emissione alla Banca di Genova, e, dopo l'approvazione regia dell'ottobre 1847, entrò nel primo consiglio di reggenza della banca piemontese. In questa veste, nel novembre 1848, venne incaricato di "interpellare confidenzialmente" la direzione della consorella genovese (L. Marchetti, Cavour e laBanca di Torino, p. 19) intorno ad una proposta di fusione delle due banche. L'iniziativa, dopo una laboriosa trattativa, fu condotta in porto, mediante il contratto sanzionato col decreto del 14 dic. 1849, che segnava l'atto di nascita della Banca nazionale degli Stati sardi.
A partire dagli anni '49-50 il B. fu chiamato a svolgere un delicato ruolo di mediazione tra il mondo della finanza e gli ambienti responsabili della politica piemontese che, per superare prima la crisi aperta dalle vicende economiche e finanziarie della prima guerra d'indipendenza e sostenere poi lo sforzo della politica di sviluppo nel decennio successivo, si apprestavano a contrattare anticipazioni su prestiti e finanziamenti con l'alta banca europea.
I suoi legami d'affari, ed in particolare l'incarico di corrispondente della "Rothschild Frères" di Parigi, facevano del B. un naturale tramite tra le esigenze e le richieste dei governanti piemontesi e i piani di James Rothschild, che mirava ad estendere la propria influenza e penetrazione nell'area italiana. In tale funzione il B., pur cooperando col Cavour nelle operazioni di collocamento della rendita pubblica sabauda sul mercato finanziario parigino dominato dai Rothschild, si mostrò tuttavia molto cauto, dal momento che il Cavour decideva di allargare la manovra al mercato europeo dei capitali per sottrarre la finanza piemontese alla legge del "grand baron" (Cavour a E. de la Rüe, 24 dic. 1850, in Nouvelles lettres inédites, p. 27) e riacquistare potere contrattuale nei confronti del medesimo. Questa manovra, che si sviluppava con il prestito contrattato a Londra nel 1851 con Hambro, con le trattative intavolate nel 1853 col Crédit mobilier sui 2.000.000 di rendita residuati sullo stesso prestito, e con i contatti personali stabiliti dal Cavour sul finire del 1855 coi Péreire per attivare in Piemonte un istituto modellato sul credito mobiliare, non poteva non suscitare le esitazioni del B. "par suite des liens qui l'attachent à Rothschild" (Cavour a E. de la Rüe, 17 dic. 1855, ibid., p. 503).
Fin dal 1853 il B. si era adoperato per rimuovere le perplessità manifestate nei confronti del credito mobiliare da J. Rothschild ed in parte dal Cavour, convinto, per conto suo, che se l'istituzione doveva sorgere in Piemonte, come indicava la ventilata iniziativa di un gruppo di banchieri ginevrini, "il vaut mieux que cette institution se trouve en nos mains" (L. Bolmida a J. Rothschild, 8 luglio 1853, in B. Gille, Les capitaux français auPiémont, p. 15). La creazione del credito mobiliare, avvenuta nell'aprile 1856, con la trasformazione della torinese Cassa di commercio e dell'industria, fondata nel 1852 dal B., si collocò ad un punto d'incontro tra i piani espansivi di J. Rothschild - in lotta per la supremazia finanziaria coi Péreire e deciso a fare della rinnovata Cassa "une affaire italienne" operante come base di lancio per l'attuazione di un vasto programma di investimenti negli Stati italiani (J. Rothschild a L. Bolmida, 21 e 26 febbr. 1856, ibid., p. 9), e la volontà del Cavour di adoperare questo organismo creditizio come "un mezzo d'influenza sulla penisola" (Cavour a G. Lanza, 12 marzo 1856, in Lettere edite ed inedite, II, p. 202) istituzionalmente vincolato alle direttive e ai compiti della finanza pubblica, come si statuì di fatto per la Cassa del commercio e dell'industria - Credito mobiliare, di cui il B. fu il primo presidente.
Nella Camera subalpina il B. sedette per la IV e V legislatura in rappresentanza del collegio di Varallo e Torino, quale esponente autorevole degli ambienti finanziari più legati agli indirizzi innovatori della politica economica cavouriana, particolarmente nel punto in cui questi si saldavano con gli interessi dell'alta banca. Al tempo stesso il B., con la sua attività privata e pubblica, espresse le resistenze degli stessi ambienti verso la linea di azione del Cavour rivolta, in vista di più generali fini economici e politici, a rafforzare le funzioni operative dello Stato nel governo della moneta e del credito.
A fianco del Cavour nella discussione sulla legge bancaria del 1850, sanzionante il privilegio dell'emissione alla Banca nazionale, come in quella da cui derivò, nel 1851, l'abolizione del corso forzoso e il ripristino del cambio libero dei biglietti a corso legale, il B. appoggiò, nel 1853, il disegno di legge sull'affidamento del servizio di tesoreria alla Banca nazionale, respingendone però la proposta collegata di creare un nuovo istituto di emissione in Sardegna. Dall'angolo visuale privatistico del banchiere, che gli attirò la forte critica di Francesco Ferrara, egli fu, in sede legislativa, un fautore convinto del potenziamento della Banca nazionale, attuato attraverso aumenti di capitale e l'apertura di succursali. Per la stessa ragione avversò decisamente le iniziative in concorrenza con l'istituto unico di emissione, come avvenne nel 1852 di fronte al progetto del gruppo finanziario ligure-piemontese sorto attorno alla Banca sarda. In diverse occasioni egli mostrò infine di disapprovare i mezzi apprestati dal Cavour per rafforzare e manovrare il credito pubblico nel quadro della politica di incremento degli investimenti produttivi statali.
Il B. morì il 29 dic. 1856.
Fonti e Bibl.: Sull'attività del B. in qualità di membro del consiglio di reggenza della Banca di Torino e della Banca nazionale, vedi la serie dei verbali dei consigli in Arch. stor. della Banca d'Italia: Banca di Genova (1843-49), II-IV; Banca diTorino (1847-49), I; Banca Nazionale (1849-61), II-VII. La corrispondenza tra il B. e la Casa Rothschild, conservata nell'Archivio Rothschild di Parigi, è utilizzata negli studi di B. Gille, Les Capitaux français au Piémont (1849-1859), in Histoire des Entreprises, III (1959), pp. 3 ss.; Id., Histoire de la MaisonRothschild, Genève 1965, II (1848-1870), pp. 141 ss. Particolarmente importanti per l'attività del B. in campo bancario sono i carteggi cavouriani e segnatamente: Lettere edite ed inedite, a cura di L. Chiala, Torino 1883-87, I, pp. 185-299; II, pp. 8-9, 375-389; Nouvelles lettres inédites, a cura di A. Bert, Torino 1889, passim; Nuove lettere inedite, a cura di E. Mayor, Torino 1895, pp. 86, 274, 293; Carteggi di C. Cavour, I-XV, Bologna 1926-1954, ad Indices (Bologna 1961). Sulla storia bancaria e industriale del periodo, con riferimento anche al B., sono da vedere: G. Prato, Risparmio e credito in Piemonte nell'avventodell'economia moderna, in La Cassa di Risparmio di Torino nelsuo primo centenario, Torino 1927, pp. 183-185; R. Bachi, L'economia e la finanza delle prime guerre per l'Indipendenza, Roma 1930, pp. 83 ss.; Id., La formazione e l'opera della Banca di emissione nelregno di Sardegna dalla Restaurazione al 1859, in Rivista bancaria, XIV (1933), pp. 905 ss.; L. Marchetti, Cavour e la Banca diTorino(1847-1850), Milano 1952, pp. 14 ss.; F. Arese, Cavour ele strade ferrate, Milano 1953, pp. 139, 174-176; G. Rendi, La politica bancaria di Cavour, in Moneta e credito, settembre 1960, p. 9; V. Pautassi, Gli istituti di credito e assicurativie la Borsa inPiemontedal 1831 al 1861, Torino 1961, pp. 320 s., 358, 371; M. Da Pozzo -G. Felloni, La Borsa Valori di Genova nel sec. XIX, Torino 1964, pp. 244 ss.; L. Bulferetti-R. Luraghi, Agricoltura,industria e commercio in Piemontedal 1814 al 1848, Torino 1966, p. 167; F. Ferrara, Articoli su giornali e scritti politici, II (1850-1856), a cura di F. Sirugo, Roma 1969, pp. 522 ss. Per gli interventi e i dibattiti in sede parlamentare, vedi Banche,governo e parlamento negli Stati sardi. Fonti documentarie (1843-1861), a cura di E. Rossi e G. P. Nitti, Torino 1968, passim; cui si rimanda anche - specie Introduzione, I, pp. XI-XCVI - per la storia bancaria del periodo.