ANGIÒ, Ludovico d'
Appartenente al ramo di Durazzo, figlio di Giovanni conte di Gravina e di Agnese di Périgord, ancora bambino, il 4 nov. 1330, assisteva col padre e i fratelli Roberto e Carlo, in Castel Nuovo di Napoli, alla proclamazione di Giovanna a erede del trono; tre anni dopo, il 26 settembre 1333, egli partecipava alle feste per le nozze di Giovanna con Andrea d'Ungheria.
Quando il fratello maggiore Carlo fu costretto a rientrare dall'Albania in Italia, l'A. fu posto a capo della flotta che nel 1336 doveva partire per Durazzo per combattere e contenere le tendenze espansionistiche di Stefano Duèan: partito da Napoli il 4 novembre, pochi mesi dopo, il 18 luglio 1337, stipulava una convenzione col despota d'Albania, con cui si impegnava a nome di Carlo a fissare la residenza a Durazzo ed a difendere tutta la zona dalle incursioni esteme, non appena fosse stata ultimata la conquista del territorio albanese in genere e del ducato di Durazzo in particolare.
Creato cavaliere da re Roberto l'8 maggio 1339, fu nel 1345 a capo dell'ambasceria, che, grazie anche all'abilità di Pietro di Cadeneto, reggente la corte della Vicaria, doveva sforzarsi d'impedire l'incoronazione di Andrea, facendo intervenire il card. Talleyrand de Pérígord, suo zio materno.
Durante le tragiche vicende dell'uccisione di Andrea d'Ungheria e i torbidi che la seguirono, l'A. si tenne in disparte. Ma quando Luigi, re d'Ungheria, venne nell'Italia meridionale per vendicare il fratello, fu fatto prigioniero e tradotto poi in Ungheria, ove rimase cinque anni, riottenendo la libertà solo per interessamento di Clemente VI.
Ritornato nel Mezzogiorno d'Italia, cercò invano di ottenere dalla regina Giovanna e da suo marito, Luigi di Taranto, la riconferma della sua situazione feudale e patrimoniale, con la tutela delle nipoti orfane di suo fratello Carlo. Postosi allora all'opposizione, tentò d'impedire, con l'appoggio che presso il nuovo pontefice Innocenzo VI riceveva da parte dello zio cardinale Talleyrand de Périgord, le nozze tra il rivale Filippo di Taranto e la sorella ed erede di Giovanna, Maria d'Angiò, vedova appunto di Carlo di Durazzo, senza però riuscire nell'intento. Si rifugiò allora nella parte più sicura dei suoi domini aviti, nell' "Onore di Monte Sant'Angelo", donde organizzò una rivolta contro Giovanna e Luigi di Taranto, appoggiato dal papa (che nel gennaio 1355 aveva lanciato contro di loro lar scomunica) e, in Provenza, dal fratello Roberto.
In tal modo l'A., che aveva ottenuto l'appoggio della famosa "Grande Compagnia", riuscì ad allargare la ribellione, che fu arrestata solo dal fatto che i mercenari comprati dall'oro della corte, abbandonarono il principe durazzesco, al quale s'era anche opposto, con tutta la sua abilità, Niccolò Acciaiuoli.
Dopo altri torbidi minori - nella primavera del 1360 aveva dovuto dare come ostaggio suo figlio Carlo - Ludovico, approfittando della presenza nel Regno di mercenari malcontenti, come la compagnia d'Annecchino e la "Grande Compagnia Ungherese" li attirò al suo servizio.
Scoppiata di nuovo la rivolta e mosso contro di lui l'Acciaiuoli, Ludovico si asserragliò sul Gargano mentre l'Annecchino si stabiliva ad Atella. Quando però l'Acciaiuoli riuscì a trarre dalla sua parte gli Ungheresi, Ludovico fu costretto ad arrendersi e a far sottomissione, il 6 febbr. 1362, a Napoli.
Imprigionato in Castel dell'Ovo, processato per motivi politici e insieme per motivi religiosi, quale protettore di fraticelli eretici, morì il 26 giugno 1364, non senza sospetto di veleno.
Aveva sposato Margherita Sanseverino, da cui ebbe Carlo, poi re Carlo III di Durazzo. Nel contratto di nozze tra l'A. e Margherita, questa aveva avuto in dote 32.000 fiorini sulle terre di Acerenza, Aliano, Castelgrande e Rapone in Basilicata, Contursi in Principato Citra, Gricignano in Terra di Lavoro, oltre alle terre di Corneto e Perticara per fiorini 7336.
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