COSTA (de Costis), Ludovico (Luigi)
Figlio di Giovanni di Leonino e, secondo il Manno, di Bona Provana, nacque probabilmente a Chieri presso Torino nella seconda metà del sec. XIV. La prima notizia in nostro possesso è del 27 settembre 1399, quando già adulto e "in alto stato" compare in Chieri come erede di un Gioanardo Raschieri, da cui viene definito "consanguineo carissimo": non sappiamo dunque su quali basi il Manno - che peraltro non cita le sue fonti - possa affermare che il C. lasciò "il collare di chierico" per porsi al servizio dei principi di Acaia.
La famiglia Costa è, almeno dalla metà del sec. XIII, testimoniata in Chieri - e, in particolare, nel quartiere Gialdo -, dove alcuni suoi membri praticavano il prestito su pegno, attività che continuò a costituire anche in seguito la base delle fortune del casato. Per questo periodo di tempo ricordiamo qui della famiglia un Uberto, che fu arciprete della cittadina piemontese nel 1259; ed un Bortolino, attestato come notaio fra il 1261 e il 1280. Costante appare la presenza dei Costa negli organi di governo del Comune durante il sec. XIV: il padre del C., ad esempio, fu membro del Consiglio Maggiore dal 1364 al 1393. In questo periodo essi risultano anche fra i componenti della società popolare di S. Giorgio ed in possesso del giuspatronato sulla chiesa del S. Spirito. Non è chiaro da quando dati la loro appartenenza all'"ospizio" (o "albergo") degli Albuzzani, che raccoglieva, insieme con altre famiglie, anche quella dei Raschieri; in ogni caso i Costa non rappresentano un ramo di quest'ultima casata, come invece è stato affermato nella letteratura storica.
Nel novembre del 1400 il C. appare al servizio di Amedeo di Savoia principe di Acaia come esperto di problemi economici concreti, posizione che doveva avere senza dubbio raggiunto in tempi anteriori a questa data probabilmente sia in grazie del peso che egli aveva nella vita economica e finanziaria della regione, sia in forza della grande quantità di danaro liquido di cui poteva liberamente disporre. Risulta infatti che già allora riscuoteva, per conto di Amedeo, le tasse che le Comunità sottoposte dovevano a quel principe; e sappiamo pure che egli anticipò più volte le somme che erano state preventivate - come del resto fece poi nel 1404 e nel 1406 a Moncalieri -, riservandosi di recuperare in un secondo tempo, e con congrui interessi, il denaro prestato. La ampiezza del raggio d'azione della sua attività finanziaria e la sua potenza economica sono testimoniate, ad esempio, dall'acquisto di una parte di una casana in Bruxelles, da lui compiuto nel 1401. Trasferitosi presso la corte dei principi di Acaia a Pinerolo, di cui risulta "abitatore" nel 1402, conservò a Chieri cospicui beni, che risultano regolarmente registrati in quel catasto del 1406: tra essi annovera anche una quota della torre degli Albuzzani. Nominato tesoriere dei principi di Acaia - con questo titolo compare però nelle fonti a noi note solo a partire dal 1403 - seppe impiegare abilmente il danaro lucrato investendolo in nuove sicure fonti di reddito, ma soprattutto entrando in possesso di diritti signorili in numerose località ed acquistando beni fondiari a Chieri e nei suoi dintorni. Riuscì in tal modo a porre le basi di quello che sarebbe divenuto, nel corso di un trentennio di lucrose attività, un patrimonio veramente cospicuo. Il 30 maggio 1402 si fece confermare da Ludovico di Acaia - succeduto ad Amedeo, morto il 7 di quello stesso mese - "tutti i suoi feudi", che non vengono singolarmente indicati nel documento di conferma, ma tra i quali, secondo il Manno, figurava già allora Cavallerleone; ad essi si sarebbero aggiunti nel 1407 Arignano e Cavallermaggiore. Nel catasto di Chieri del 1406 risultano numerosissimi gli acquisti di immobili da lui compiuti in quel medesimo torno di tempo: immobili che, trent'anni più tardi, vedremo in possesso dei suoi figli.
Creato consigliere e scudiero dei principe di Acaia (1406), il C. continuò a mantenere stretti rapporti col mondo politico ed economico di Chieti: proprio a partire dal 1406 e sino alla sua morte egli venne infatti eletto ogni anno tra i membri del Maggior Consiglio, anche se appare difficile che egli possa aver partecipato di persona a tutte le riunioni di quella magistratura. I suoi interessi, tuttavia, non dovevano essere rimasti circoscritti al Piemonte: il 24 ag. 1408 gli fu conferita dal doge Michele Steno la cittadinanza veneta. Ignoriamo le motivazioni specifiche che erano a monte di questo provvedimento; esso testimonia, in ogni caso, l'ampiezza e l'importanza delle relazioni del Costa. Nel 1410 venne nominato luogotenente del principe di Acaia: con tale incarico diresse nel Monregalese, di conserva con il maresciallo di Francia Jean de Boucicaut, le operazioni militari contro Teodoro II, marchese di Monferrato, e contro il marchese di Saluzzo, operazioni che si protrassero sino al 1414 e che portarono alla conquista di Fortepasso, Benevagienna, Trinità, Albano di Stura, Moncalieri e Polonghera. Nel 1411 il principe gli concedeva la signoria di Polonghera; nel 1412, in cambio di 60.000 genoini da lui anticipati, otteneva dallo stesso Benevagienna e Trinità. In quello stesso anno, per 1.500 scudi d'oro, acquistò da Percivalle Frassinello tutti i beni che questi possedeva nella contea di Hainaut. Nel 1413 appare in relazioni dirette anche con Amedeo VIII di Savoia, dal quale ottenne l'investitura del castello di Valgorrera; nel 1416 ottenne dal duca la sanzione ufficiale del possesso di Benevagienna e di Trinità. Nel 1417, sempre come luogotenente del principe di Acaia, diresse le operazioni militari contro i marchesi di Ceva, che persero l'importante centro di Carrù. Acquistata una parte di Sommariva Bosco, in quel medesimo anno gli venne affidato un nuovo, delicato incarico: avviare e condurre le trattative in vista del matrimonio di Matilde di Savoia, nipote del principe di Acaia, con Ludovico VII, conte palatino del Reno e duca di Baviera. I negoziati procedettero rapidamente, tanto che il contratto nuziale poté essere stipulato il 30 novembre successivo. Pur essendo stato inviato ambasciatore presso il concilio di Costanza, non trascurò per questo di provvedere alla esazione dei contributi dovuti dalle diverse Comunità subalpine per costituire la dote della principessa sabauda; e, quindi, ebbe il compito di recarsi in Baviera per consegnarne la prima rata. Come ricompensa per tali servigi ottenne, nel dicembre di quello stesso anno, la signoria di Carrù.
In data incerta, ma prima del 1419, coronò la sua prestigiosa carriera sposando Eleonora, sorella del marchese di Saluzzo: nel marzo del 1419 quest'ultimo testò, legandogli i suoi beni in Neive e in Asti, e nominandolo al terzo posto nei diritti di successione al marchesato. Per contro, nel dicembre successivo, il C. concesse al suocero un mutuo di 4.000 ducati d'oro. Con ogni probabilità, dunque, anche dietro il suo matrimonio, importante per i legami di parentela che esso implicava, doveva essere stata come pregiudiziale la potenza economica del Costa. Morto l'11 dic. 1418 Ludovico, ultimo dei Savoia del ramo di Acaia, il principato passò, per diritto ereditario, ad Amedeo VIII di Savoia, e, nel dicembre del 1419, il C. riconobbe dal suo nuovo signore i suoi numerosi feudi.
Il C. si trovava allora in un momento difficile. Il suo ormai vasto complesso di beni e di signorie era infatti minacciato da Ginevra di Ceva, che rivendicava, in nome dei suoi nipoti, la signoria di Carrù, e dai Provana - già signori di Polonghera -, i quali avevano occupato quel castello, che nel 1411 era stato donato al C. dal principe di Acaia. Attraverso una serie di vertenze giudiziarie, che si trascinarono per un decennio, il C. riuscì tuttavia - probabilmente grazie anche ai potenti appoggi di cui godeva - a far riconoscere i suoi diritti sulle due località.
Non diminuita appare, in questi anni, la sua attività nel mondo economico: nel 1420, ad esempio, riuscì a portare a termine una serie di proficue operazioni finanziarie, tra gli altri, con i Fregoso e con i Villa. Questa sua attività non fu tuttavia di ostacolo alla sua carriera politica: "magister officii" di Amedeo VIII sempre nel 1420, nel 1421 svolse in Chieri l'ufficio di paciere, con l'obiettivo di sedare i disordini fra i cittadini e di comporre le inimicizie tra le fazioni. Nominato nel 1426 comandante di un reparto di diciassette lance nell'esercito sabaudo nell'imminenza della guerra contro il duca di Milano, non poté partecipare alle operazioni militari. Infatti, mentre risulta dal testamento, rogato in Torino il 1º marzo 1427, che egli era agli inizi di quell'anno sano di mente ma "corpore languens", risulta dalle fonti in nostro possesso, che appena un mese dopo, il 2 aprile, era "novissime defunctus".
Lasciava cinque figli legittimi, tutti minorenni: Ludovico, Filippo Amedeo, Bongiovanni, Bona e Mattea; e, già sposate, due figlie illegittime, Antonina e Giorgina, nategli prima del suo matrimonio con Eleonora di Saluzzo. Con provvedimento ducale, subito dopo la morte del C., vennero messi sotto sequestro - per sospetto di usura - tutti i beni mobili, che erano appartenuti al defunto; essi furono restituiti ai figli solo dopo il pagamento di 2.000 ducati d'oro, e di 4.000 altri ducati di cui gli eredi si dichiararono debitori. Il 5 aprile 1421 i figli maschi del C., assistiti dallo zio e tutore Manfredo di Saluzzo, furono investiti dei feudi paterni di Carrù, Trinità, Motturone, Polonghera, Fortepasso, Arignano, Monterone, Roccapiatta, e di altri, che non vengono nominati nel documento di conferma. Su questo complesso di beni si fondò la potenza familiare dei Costa ancora per numerose generazioni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Protocolli ducali, Serie camerale, voll. 33, cc. 25r-26r; 69, cc. 25r-27; 99, cc. 103v-105; Serie di corte, coll. 69, cc. 481r-482v, 499r, 502r; 70, cc. 25v, 59v, 236r-239v; 72, cc. 572r-574v; 73, c. 339r; 74, cc. 198rv 303r-305r; Archivio di Stato di Torino, Sezioni riunite, Arch. Costa di Polonghera, mazzi 1 (contratti di matrimonio), 4 (testamenti), 6 (cariche), 25 (scritture diverse), 27 (investiture); Chieri, Arch. municipale, art. 143, par. I, vol. 31 (catasto quartiere Gialdo, a. 1406), cc. 4r-10v; vol. 37 (id., a.1437), cc. 7v-18v; art. 53, par. 1 (convocati del Maggior Consiglio), voll. II, c. 2v; 16, c. 4v; 18, c. 8v; 28, c. 7v; 32, c. 6v; 37, c. 5r; 38, c. 6r; 39, c. 5r; 41, c. 5v, 42, c. 4v; 43, c. 4v; 43bis, c. 7v; 44, c. 6v; 45, c. 7v; 46, c. 9v; 47, c. 6v; Ibid., Inventario generale, art. 6, par. 37, cartella 30, n. 16; F. Saraceno, Regesto dei principi d'Acaia, 1295-1418, tratto dai conti della tesoreria, in Miscell. di storia ital., XX(1882), pp. 196-197, 202-204; F. Gabotto, Docum. inediti sulla storia del Piemonte al tempo degli ultimi principi d'Acaia, ibid., XXIV (1896), pp. 226 s., 242 s., 251, 302, 333; Id., Inventario e regesto dell'archivio comunale di Moncalieri fino all'anno 1418, ibid., XXXVI (1900), pp. 498, 500 s., 505; F. Curlo, Il "Memoriale quadritartitum" di fra' Gabriele Bucci di Carmagnola, Pinerolo 1911, p. 268; F. Cognasso, Statuti civili del Comune di Chieri (1313), Pinerolo 1913, pp. 322, 381, 387, 389 s.; F. Gabotto-F. Guasco di Bisio, Il "Libro rosso" del Comune di Chieri, Pinerolo 1918, pp. 14, 18, 30, 39 s., 43, 56, 88, 109, 137 ss., 174, 287, 306, 312, 316; F. Gabotto, Appendice al "Libro rosso" del Comune di Chieri, Pinerolo 1924, pp. XCVIII, CXXX s., CLXVI s.; P. Brezzi, Gli ordinati del Comune di Chieri (1328-29), Torino 1937, ad Indicem;M. C. Daviso di Charvensod, I più antichi catasti del Comune di Chieri (1253), Torino 1939, ad Indicem; G. Borghezio-S. Valimberti-M. Chiaudano-C. Dolza, Statuta et capitula Societatis S. Giorgii seuPopuli Chariensis, Torino 1936-1950, I, pp. 192196; II, p. 56; III, p. 95; G. Barelli, Statuti edocum. di Carrù, Torino 1952, pp. 141-144; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino (datt.), III, 8, pp. 326 ss.; L. Costa de Beauregard, Souvenirs du règne d'Amédée VIII premierduc de Savoie, in Mémoires de l'Académie impériale de Savoie, s. 2, IV (1861), p. 135; C. Turletti, Storia di Savigliano, IV, Savigliano 1879, p. 464; C. Ciaretta, Sulle antiche società dei nobili dellarepubblica di Chieri e sul suo patriziato..., in Attidella R. Acc. Delle scienze di Torino, XX (1884-85), pp. 444-461, 569-592; F. Gabotto, Gli ultimi principi d'Acaia e la politica subalpina dal 1383 al 1407, Torino 1898, pp. 512 s., 527; Id., Asti e ilPiemonte al tempo di Carlo d'Orléans, in Riv. distoria, arte e archeol. per le prov. di Alessandria, V (1896), 14, pp. 225, 279 s.; VI (1897), 17, pp. 57, 60, 70, 74, 92 ss., 104; 20, pp. 109-112, 116 s., 132, 149, 152, 158 s.; Id., Contributo alla storiadelle relazioni fra Amedeo VIII di Savoia e Filippo Maria Visconti, in Boll. d. R. Soc. pavese distoria patria, III (1903), p. 242; B. Valimberti, Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri, I, Chieri 1929, pp. XXVIII, 261, 319, 400; F. Cognasso, Amedeo VIII, I, Torino 1930, p. 257.