CATILINA, Lucio Sergio (Lucius Sergius Catilina)
Derivava dalla famiglia patrizia dei Sergii, la quale era divisa in parecchi rami, tra cui i Fidenates e i Sili. Da questi ultimi e precisamente da Lucio Sergio Silo e da Belliena nacquero tre figli, fra cui Lucio Sergio Catilina. Questi nacque nel 108 e si sposò due volte; la seconda moglie fu Aurelia Orestilla, donna di notevole bellezza. Non era ricco, ma era patrizio, e, volendo vivere come tale, cominciò assai presto a indebitarsi, cosa del resto comunissima in quel ceto. Estremamente bisognoso di giungere presto ad avere lucrative ingerenze nella vita pubblica, benché giovane, fu uno dei più attivi collaboratori di Silla.
Dopo la dittatura sillana, e per reazione a essa, nel decennio dal 70 al 67 a. C., per diverse volte, tutti i posti consolari risultavano occupati da plebei: per opera dell'ordine equestre, si contrastava il potere all'oligarchia, la quale cercava di difendersi resistendo con ogni mezzo. In queste condizioni, Catilina, presentatosi al consolato nel 64 e nel 63, cadde soprattutto perché conosciuto come contrario a ogni regime di compromesso.
Questo lo fece prescegliere dagli avversarî di Pompeo e dello stato di cose che da lui dipendeva, per iniziare (63 a. C.) un tentativo di sollevazione che avrebbe dovuto rinnovare per Roma i tempi di Lepido, di Silla e di Cinna. Sconfitti da Cicerone sul terreno della grande legge agraria che avrebbe dovuto essere l'arma creata contro Pompeo, Crasso e Cesare fecero organizzare e capeggiare a Catilina quella "congiura" che, essendoci soltanto nota dalle fonti ad essa più avverse, non è generalmente conosciuta che come un audace e brigantesco colpo di mano anarchico. Le forze che potevano entrare nel giuoco di Catilina erano quelle di gran parte del patriziato più turbolento e inquieto, e delle popolazioni italiche sempre ancora in rivolta, malgrado le sanguinose repressioni e i massacri degli ultimi tempi. La mancanza di grandi forze regolari, di legioni al suo servizio, la necessità di dover tenere nell'ombra gli elementi più autorevoli e d'iniziare il movimento con poche e raccogliticce truppe e con capi discutibili e privi di prestigio, costituiva una grande debolezza del tentativo catilinario, poiché, con altri capi e in altre circostanze, la posizione del governo, data la lontananza di Pompeo, avrebbe potuto essere assai difficile. Sennonché Cicerone ebbe l'abilità di procurarsi le prove della congiura prima che l'organizzazione, difficilissima per Catilina e per i suoi patroni, fosse a buon punto, e, sapendo che si era ancora in tempo, senza nessun rischio, ad agire con la massima energia, avuti dal Senato, in base alsenatusconsulto ultimum, i pieni po-. teri, egli fece arrestare i capi del movimento che non erano riusciti a fuggire, senza naturalmente agire in nessun modo contro i veri responsabili e iniziatori. Tuttavia, in queste condizioni, le truppe che già si erano raccolte per una nuova insurrezione contro Roma restarono disorientate, e, benché avessero combattuto col valore e e con l'energia abituale nelle lotte delle popolazioni italiche contro Roma, il collega di Cicerone, il console Gaio Antonio, riuscì presto a distruggerle in una dura battaglia a Pistoia.
Il movimento fu dunque una ripetizione, in altri modi e con altre forme, dei colpi di mano avvenuti nell'età sillana; e gli avvenimenti rivelarono la figura di Catilina, il quale fece sempre la parte non simpatica di chi viene mandato avanti per saggiare una situazione difficile. Egli si trovò aiutato e spalleggiato, anzi circondato, da figure fra le più significative dell'aristocrazia romana; esse agivano sia nell'ombra, sia apertamente, ma sempre in modo risaputo da tutti, senza che ciò fosse considerato come vergognoso, dopo il precedente sillano, tanto che il governo ciceroniano, dopo aver soppresso in modo legalmente assai discutibile i fautori minori del movimento, non osò colpirne i mandanti. Se l'impresa fosse riuscita, cioè se, persa la partita sul terreno legale, si fosse vinto con la forza armata, gli onori e la gloria sarebbero toccati ai veri capi del movimento più che a Catilina.
Fonti principali: Sallustio, Coniuratio Catilinae; Cicerone, orazioni in Catilinam; Plutarco, vite di Cicerone, di Cesare, di Crasso; Appiano, Guerre civili, lib. II; Dione Cassio, lib. XXXVII.
Bibl.: John, in Jahrbücher für Philologie, suppl. VIII (1875-76); E. Schwartz, in Hermes, XXXII (1897), p. 534 segg.; E. v. Stern, Catilina und die Parteikämpfe in Rom der Jahre 66-63, Dorpat 1883; G. Boissier, La conjuration de Catilina, Parigi 1905; E. Ciaceri, Il nucleo sotrico della tradizione sulla congiura di C., Pisa 1908; id., Processi politici e relazioni internazionali, Roma 1918, p. 123 segg.; id., Cicerone e i suoi tempi, Milano 1926, p. 233 segg.; Wirtz, Beiträge zur Catilinarischen Verschwörung, Berlino 1910; E. Meyer, Caesars Monarchie und das Prinzipat des Pompeius, 3ª ed., Stoccarda 1923, pp. 16 segg.; E.G. Hardy, The Catilinarian conspiracy, Oxford 1924. Inoltre Drumann-Groebe, Geschichte Roms, V, Lipsia 1912, p. 408 segg. e T. Rice Holmes, The Roman Republic, I, Oxford 1923, p. 232 segg. 455 segg.