DOMIZIO Enobarbo, Lucio (L. Domitius Cn. f. Ahenobarbus)
Console nel 54 a. C. È una delle figure del partito oligarchico che mostra quanto fosse profonda la corruzione della vita politica romana. Partecipò fin dalla giovinezza, con entusiasmo e coraggio, alla lotta contro i democratici. Edile curule per il 61, diede giuochi che restarono celebri per la loro magnificenza. D'accordo con il cognato Catone tentò d'impedire l'elezione a console di L. Afranio, legato di Pompeo, e nel 58, eletto pretore, sostenne energicamente, ma vanamente, l'illegittimità delle leggi cesariane del 59. Nel 55, unico tra i candidati consolari, incoraggiato da Catone, non abbandonò la lotta contro Pompeo e Crasso, mettendo in pericolo la propria vita. Nel 54 raggiunse il consolato, ma si mostrò indegno della carica ottenuta, concludendo, egli evidentemente ricco, uno scandaloso contratto con i candidati consolari Cn. Domizio Calvino (v.) e C. Memmio. Ebbe una parte importante nelle discussioni che precedettero la guerra civile, e fu anzi scelto a successore di Cesare nel governo della Gallia. Scoppiata la guerra civile, occupò Corfinio con circa tre legioni, e nonostante gli ordini di Pompeo si lasciò assediare da Cesare. Quando comprese che la partita era perduta avrebbe voluto fuggire con i suoi fidi; fu invece consegnato dai soldati al vincitore. Lasciato libero, lo ritroviamo non molto tempo dopo al comando della difesa di Marsiglia. Fuggito al sopraggiungere di Cesare, prima che la città si arrendesse, raggiunse l'esercito di Pompeo, distinguendosi per la violenza dei propositi. A Farsalo comandava l'ala sinistra dei pompeiani, e trovò la morte nella fuga.
Bibl.: F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 1334 seg.; W. Drumann e P. Groebe, Gesch. Roms, III, Lipsia 1906, p. 18 segg.; Th. Mommsen, Römische Geschichte, 8ª ed., III, Berlino 1899, pp. 386, 387, 395.