Jourdan, Louis
Nome d'arte di Louis Gendre, attore cinematografico francese, nato a Marsiglia il 19 giugno 1919. Nel cinema d'oltreoceano dell'immediato dopoguerra rappresentò una raffinata variante del latin lover, raccogliendo in certa misura l'eredità di Charles Boyer. Di notevole avvenenza, elegante, spiritoso, a volte manierato, costituì l'ideale, e spesso elusivo, oggetto del desiderio di appassionate eroine, impersonate dalle maggiori dive degli anni Cinquanta. Con il trascorrere degli anni, affiorò nella sua recitazione una vena di malinconia, particolarmente evidente in ruoli di aristocratici decaduti o di uomini di mondo ormai giunti alla crisi della mezza età.
Seguì i corsi di teatro di André Simon e la recitazione sciolta e il suo aspetto attraente lo segnalarono all'attenzione dei maggiori registi del cinema francese degli anni Quaranta. Apparve così in Parade en sept nuits (1941) di Marc Allégret, che credette a tal punto nelle sue capacità da offrirgli ruoli più consistenti in L'Arlésienne (1942), La belle aventure (1942), Les petites du quai aux fleurs (1944; Rondini in volo), e quindi in Untel père et fils, diretto da Julien Duvivier nel 1940 e uscito nel 1945, Félicie Nanteuil girato nel 1942 e uscito anch'esso solo nel 1945. La sua carriera fu bruscamente interrotta dall'invasione nazista della Francia: il padre venne arrestato dalla Gestapo, e J. si unì alla Resistenza insieme a due suoi fratelli. Nel 1947, a guerra finita, fu chiamato a Hollywood dal produttore David O. Selznick che gli affidò il tragico ruolo di André Latour, destinato al suicidio, in The Paradine case (1947; Il caso Paradine) di Alfred Hitchcock, accanto a Gregory Peck e Alida Valli. Fu un debutto di prim'ordine che gli procurò un altro ruolo interessante, quello del fatuo e sfuggente Stefan Brand, musicista vanamente amato da una donna (Joan Fontaine) per un'intera vita, in Letter from an unknwn woman (1948; Lettera da una sconosciuta) di Max Ophuls, dal romanzo di S. Zweig. Rivelò anche un bizzarro senso del comico in No minor vices (1948; Tra moglie e marito) di Lewis Milestone, in cui è lo stravagante pittore Ottavio Quaglini, ma il pubblico lo preferiva in ruoli di amante fascinoso, come quello di Rodolphe Boulanger in Madame Bovary (1949) di Vincente Minnelli, tratto dal capolavoro di G. Flaubert. Da allora venne incasellato nel cliché del bell'amoroso e ciò limitò inevitabilmente le sue possibilità espressive. Affiancò Debra Paget in due film avventurosi prodotti dalla 20th Century-Fox: Bird of Paradise (1951; L'uccello del paradiso) di Delmer Daves, e Anne of the Indies (1951; La regina dei pirati) di Jacques Tourneur. Interpretò ben quattro ruoli (Boccaccio, Paganino, Giulio e Bertrando) in Decameron nights (1953; Notti del Decamerone) di Hugo Fregonese e colpì le sue ammiratrici con il ruolo del principe Dino Di Cessi in Three coins in the fountain (1954; Tre soldi nella fontana) di Jean Negulesco. Se in The swan (1956; Il cigno) di Charles Vidor è il precettore che turba i sogni di una principessa (Grace Kelly), in Gigi (1958), tratto dal libro di Colette e trasformato in un fortunato musical da Anita Loos, ancora per la regia di Minnelli, ebbe il magnifico ruolo del ricco e affascinante Gaston Lachaille. Grazie al successo del film (che vinse ben nove premi Oscar), si collocò al vertice dei favori del pubblico e affiancò Frank Sinatra e Shirley MacLaine nel musical di Cole Porter Can-can (1960) di Walter Lang. Tornato in patria interpretò brillantemente Edmond Dantès in Le Comte de Monte-Cristo (1961; Il Conte di Montecristo), ennesima versione del celebre romanzo di A. Dumas diretta da Claude Autant-Lara. In Italia, recitò il ruolo di un tormentato omosessuale in Il disordine (1962) di Franco Brusati. A Londra impersonò un gigolò ravveduto in The V.I.P.s (1963; International Hotel) diretto da Anthony Asquith, accanto a molti divi (tra cui Elizabeth Taylor, Richard Burton e Orson Welles). Apparve quindi in un godibile film di spionaggio, Peau d'espion (1966; Congiura di spie) di Édouard Molinaro. Negli anni successivi ha lavorato spesso per la televisione statunitense, recitando tra l'altro in una nuova versione di The count of Monte Christo (1974; Il conte di Montecristo) di David Greene, stavolta nel ruolo del perfido De Villefort. È riapparso a sorpresa nella famosa serie di 007, tratta da J. Fleming, in Octopussy (1983; Octopussy ‒ Operazione Piovra) di John Glen, in cui è il principe afgano Kamal, diabolico e crudele nemico dell'agente James Bond, per poi tornare alla sua attività televisiva.
R.L. Bowers, The Selznick players, New York 1976, passim.