investiture, lotta per le
Conflitto tra il papato e l’impero durato dall’ultimo quarto del sec. 11° sino al Concordato di Worms (1122). La controversia fu determinata dalla preminente influenza a mano a mano assunta dall’imperatore nella promozione dei chierici alle dignità ecclesiastiche, alle quali invece secondo le norme canoniche dovevano essere designati soltanto mediante libera elezione dal clero e dalla comunità dei fedeli. Con Carlomagno il potere regio aveva cominciato a intervenire nella nomina dei vescovi e degli abati; ma con la creazione della feudalità ecclesiastica, sviluppatasi soprattutto in Europa occidentale durante i regimi dei sovrani della casa di Sassonia, l’ingerenza dei laici nelle cose ecclesiastiche aumenterà ancor più mediante la pratica, connessa con il conferimento del beneficio feudale, delle i. (da cui la denominazione, appunto, di lotta per le i.): questa si mostrò fattore determinante della corruzione e della simonia ecclesiastica, che apparvero così legate istituzionalmente alla sottomissione delle cose ecclesiastiche alle compromissioni del gioco politico. Il papato, scaduto di prestigio e ridotto al rango di una forza in cui si facevano valere agenti di potere locale, dovette, il più delle volte, subire l’iniziativa dell’impero, che, talora, si rivelò di fatto moralizzatrice, pur perseguendo finalità politiche contingenti. I primi tentativi di un movimento di riforma della vita ecclesiastica presero le mosse dall’abbazia di Cluny in Borgogna, già nel sec. 10°; ma solo verso il 1050, per impulso specialmente dell’opera svolta nella cancelleria papale da Ildebrando di Soana, poi papa Gregorio VII, la lotta contro la simonia e il più generale problema delle i. divenne argomento di misure disciplinari e di decisioni canoniche. Sotto il pontificato di Niccolò II, nel Concilio lateranense del 1050, il problema della riforma della Chiesa fu posto in termini nuovi: sganciamento del papato dalla preponderante influenza dell’impero mediante l’abolizione del Privilegium Othonis, da un lato, ed eliminazione dell’ingerenza laica nelle cose ecclesiastiche, dall’altro. Mentre infatti si stabilì che il pontefice d’allora in poi fosse eletto, con esclusione di un intervento diretto imperiale, dal collegio dei cardinali, si fece aperto divieto a chiunque di ricevere una chiesa dalle mani di un laico; divieto ribadito da Alessandro II nel 1063 e, con esplicito riferimento ai vescovi, da Gregorio VII nel 1075. Con il decreto gregoriano che comminava la scomunica ai contravventori, laici ed ecclesiastici, delle norme disciplinari statuite dal Concilio lateranense del 1059, e insieme con l’affermazione, su di un piano teorico, della volontà accentratrice di Gregorio VII nel Dictatus papae, la lotta delle i. entrò nella sua fase decisiva, che fu condotta senza esclusione di armi, materiali e spirituali. Durante il lungo e drammatico contrasto tra papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV il problema dell’investitura ecclesiastica da parte del laicato divenne un aspetto di quello generale dei rapporti tra impero e papato, dei rispettivi limiti e delle loro interferenze. La lotta, proseguita anche dai successori immediati di Gregorio, Vittore III (1086-87) e Urbano II (1088-99), sempre contro l’imperatore Enrico IV, si attenuò durante il pontificato di Pasquale II (1099-1118), il quale nel 1111 a Sutri rinunciò a ogni beneficio feudale a vantaggio di vescovi e abati, in cambio di una vera libertà della Chiesa, in tal modo resa indipendente dall’ingerenza del potere imperiale: rinuncia tuttavia che restò lettera morta, per l’opposizione dei contrastanti interessi, subito insorti violentemente a impedirne l’attuazione. Il conflitto terminò invece tra le due supreme autorità nel 1122, quando il cosiddetto Concordato di Worms, convenuto tra Enrico V e Callisto II, oltre a riaffermare i deliberati del 1059 in ordine alla libertà dell’elezione papale (peraltro osservati raramente nello stesso periodo della lotta), escluse qualsiasi intervento laico dall’investitura spirituale; e se nel regno di Germania l’imperatore conservava la possibilità di influire sulle elezioni alle sedi episcopali e abbaziali, tale possibilità era esclusa invece in Italia e in Borgogna. Con la lotta per le i. il papato iniziò il processo di svincolamento dalla tutela del potere imperiale, diventando l’unico e sovrano regolatore e giudice dell’ordinamento interno della Chiesa.