LORENZO de' Medici, duca d'Urbino
Nato a Firenze il 12 settembre 1492, da Piero di Lorenzo e da Alfonsina Orsini, fu, dopo la catastrofe medicea, allevato a Roma dalla madre, piuttosto come principe che come cittadino; studiò lettere classiche con Favorino Camerte; ma fu più incline a cacce e a feste che agli studî o alle cure della politica. Accettò a malincuore il governo di Firenze datogli dallo zio Leone X (agosto 1513); ridusse in sua mano con una riforma costituzionale i poteri tenuti già dall'avo Lorenzo e richiamò in vita l'Ordinanza del Machiavelli per la fanteria (maggio 1514); ma lasciò decidere a Roma gli affari di maggior conto. Sollecitato dalla madre e da cortigiani, tentò invano di avere, per mezzo del pontefice, Piombino; si fece creare dai Fiorentini capitano generale della repubblica per quattro anni (6 giugno 1515), contro il parere del papa che lo giudicava "senz'esperienza alchuna"; e diede allora sospetto di voler prendere anche le apparenze esterne della signoria. Ebbe anche l'ufficio di capitano generale della Chiesa (8 agosto); ma "buttato per terra", rimase inoperoso di fronte all'impresa di Francesco I. Dopo la vittoria di Marignano si strinse al re e, spinto sempre dalla madre, sfruttò la nuova amicizia fra quello e il pontefice per ottenere il ducato d'Urbino, che fu dal papa assegnato a lui con Pesaro e Senigallia (18 agosto 1516) e tolto con poca fatica a Francesco Maria della Rovere, ma subito perduto, e ripreso con lunga guerra dispendiosa (1517). Alla guerra Lorenzo, militarmente incapace, fu pressoché estraneo e lasciò poi il governo a Roberto Boschetti. Sposò ad Amboise il 28 gennaio 1518 Maddalena de la Tour d'Auvergne, imparentata per via di madre con la casa regnante di Francia, e fu principalissimo sostenitore della tendenza francofila nella duplice politica di Leone X. Morì a Firenze, il 4 maggio 1519. Pochi giorni innanzi gli era nata una figliuola, la celebre Caterina, poi regina di Francia.
Bello d'aspetto, cavalcatore e cacciatore, non privo di abilità e di astuzia, fu, per difetto di energia e di coraggio, inferiore alla sua fama, non degno che a lui il Machiavelli dedicasse Il Principe e che Michelangelo ne idealizzasse la figura nel "Pensieroso" delle tombe medicee.
Bibl.: A. Giorgetti, L. d. M. d. d'U. e Jacopo V d'Appiano, in Arch. stor. ital., s. 4ª, VIII (1881); id., L. d. M. capitano generale della repubblica fiorentina, ibid., XI (1883); A. Verdi, Gli ultimi anni di L. d. M., Este 1888; cfr. anche F. Nitti, Leone X e la sua politica, Firenze 1892; e L. Pastor, Storia dei papi, IV, Roma 1921, passim.