TROTTI BENTIVOGLIO, Lodovico
TROTTI BENTIVOGLIO, Lodovico. – Nacque a Milano il 26 gennaio 1829, da Antonio e da Giacomina Faà di Bruno.
Marchese di Fresonara, conte di Castelnovo Calcea, signore di Vinzaglio, appartenne alla nobiltà liberale lombarda di antico lignaggio, originaria del Piemonte, nell’Alessandrino. Il padre Antonio (1798-1879) fu vicino ai patrioti lombardi e nella sua villa di San Giovanni di Bellagio, sul lago di Como, ebbe come ospiti Pietro Borsieri, Gaetano de Castillia, Filippo Ugoni, Giovanni Berchet, Giovita Scalvini; per tale sua compromissione politica, fu a lungo tenuto sotto osservazione dalle autorità austriache.
Trotti Bentivoglio ebbe per zie paterne Costanza, moglie del patriota Giuseppe Arconati – condannato a morte in contumacia perché compromesso nei moti del 1821 ed esule nel castello di Gaasbeek in Belgio, nel quale furono accolti un gran numero di fuorusciti italiani – e Margherita, moglie del grande amico del padre, Giacinto Provana di Collegno, altro esule per aver partecipato ai moti in Piemonte (su Costanza e Margherita Trotti Bentivoglio v. la voce in questo Dizionario).
Lo splendido palazzo milanese di famiglia, in via dei Bossi, fu punto di ritrovo della nobiltà liberale e della borghesia patriottica milanese. Qui, non ancora ventenne, Trotti Bentivoglio contribuì alla preparazione dell’insurrezione milanese del 1848, trascorrendo le notti a raccogliervi armi e a fabbricare cartucce insieme a quel gruppo di giovani, tra cui i fratelli d’Adda, i fratelli Prinetti, Alessandro Porro, soliti riunirsi al caffè della Cecchina (Bonfadini, 1886, pp. 266 s.).
Durante le Cinque giornate – mentre il padre Antonio, recatosi il 18 marzo 1848 al Palazzo del Broletto per iscriversi alla guardia civica, cadde in mano agli austriaci e fu rinchiuso per quattro giorni nelle prigioni del Castello sforzesco – Trotti Bentivoglio combatté sulle barricate a fianco di Emilio Dandolo, guadagnandosi i complimenti dell’intera famiglia. Il 27 marzo 1848 scriveva infatti Costanza Arconati al fratello Antonio: «E Lodovichino bravissimo, son superba di poter dire che è mio nipote!». Due giorni dopo le faceva eco la sorella Margherita: «il sangue di casa Trotti non ha mentito neppure questa volta, i due Lodovichi hanno fatto il loro dovere da prodi!» (Malvezzi, 1924, pp. 255-257). Il riferimento era a un altro Lodovico Trotti Bentivoglio (1805-1856), fratello minore di Antonio, Costanza e Margherita, e genero di Alessandro Manzoni, avendone sposato la figlia Sofia nel 1838; il quale nella campagna del 1848 militò in uno dei corpi volontari lombardi, come maggiore dei Disertori doganieri nel Corpo d’osservazione del Tirolo.
Spesso confuso con l’omonimo zio (così, ad esempio, Angelo Ottolini), il nostro Trotti Bentivoglio, dopo aver accolto insieme al padre nella propria casa l’esule Berchet ritornato a Milano, partecipò successivamente, come ufficiale dell’artiglieria lombarda, alla campagna militare del 1848 e a quella del 1849. Di quell’esperienza rimase traccia in un bel ritratto del pittore casalese Eliseo Sala (Marchese Lodovico Trotti Bentivoglio in uniforme di tenente dell’artiglieria lombarda, 1848-1849) che forse contribuì al successivo arresto del giovane. Scriveva infatti la zia Margherita al fratello Antonio il 2 settembre 1850: «Qual è il reato, il demerito di quel ritratto di Lodovico che gli valse la cattura da parte della polizia di Milano? Forse la divisa che porta? Povera gente, che buon tempo!» (Malvezzi, 1924, p. 455).
Presente all’infausta giornata di Novara del 23 marzo 1849, il 2 aprile, da Voghera, Trotti Bentivoglio scriveva al padre Antonio: «Della Divisione lombarda pochi battaglioni e pochi pezzi si sono provati col nemico [...]. Io sono stato tra i fortunati, perché coi miei pezzi ho fatto del danno al nemico ed i miei cannonieri stavano in mezzo alle palle con grande indifferenza e sangue freddo ammirabile» (p. 393). Da lì a una settimana la batteria di artiglieria da lui comandata si sciolse definitivamente.
Anche per questo egli accettò di buon grado l’invito rivoltogli dallo zio Giacinto Provana di Collegno di accompagnarlo, insieme alla moglie e al senatore Luigi Cibrario, a Oporto, in Portogallo, in missione ufficiale per portare a Carlo Alberto, esule dopo Novara, l’indirizzo votatogli dal Senato del Regno, proposto all’assemblea e redatto dallo stesso Collegno. Alla metà di maggio Trotti Bentivoglio si unì a Cadice al resto della missione, imbarcatasi il 14 aprile a Marsiglia e costretta a numerose tappe. Essa giunse a Oporto il 29 maggio e due giorni dopo fu data lettura all’ex re dell’indirizzo del Senato. Trotti Bentivoglio si trattenne a Oporto con gli zii per tutto il mese di giugno; poco dopo il loro ritorno, allo zio Collegno sarebbe toccato il mesto compito di scortare il feretro dell’ex re, giunto a Genova via mare, sino alle tombe reali della basilica di Superga.
Dopo le peripezie politiche del biennio 1848-49, Trotti Bentivoglio decise con Dandolo di allontanarsi dal Paese e intraprendere un lungo viaggio in Africa e in Medio Oriente, fino a Gerusalemme e Damasco. Ottenuti da Massimo d’Azeglio i necessari lasciapassare, il 20 ottobre 1850 i due partirono alla volta di Egitto e Sudan, spingendosi fino a Kartum e alla prima cateratta del Nilo Azzurro. Sul lago Nasser, a Dongola (Dandolo, 1854, p. 507; e non a Wadi Halfa, come erroneamente riportato da Malvezzi, 1924, p. 455), i due viaggiatori piantarono il tricolore italiano. Su una roccia a Wadi Halfa, e poi su una colonna del grande tempio di Luxor, lasciarono invece incisi i propri nomi.
Tornato in patria il 13 agosto 1851 via Costantinopoli, Trotti Bentivoglio trascorse un periodo di tempo a Parigi con gli zii Collegno (Giacinto era in quel momento ministro plenipotenziario in Francia) e di lì compì anche un viaggio in Inghilterra. Il 21 dicembre 1853 sposò in prime nozze la contessa Elena Elisa Lucini Passalacqua, morta il 24 dicembre 1856, undici giorni dopo aver messo al mondo la figlia Beatrice (poi andata sposa al marchese, deputato e senatore Emanuele d’Adda). Dalla moglie, Trotti Bentivoglio aveva avuto altre due figlie, Giacomina e Costanza, quest’ultima moglie del senatore Nerio Malvezzi de’ Medici, il cui figlio Aldobrandino fu curatore di diverse memorie dei Trotti Bentivoglio.
Trotti Bentivoglio rimase a Milano fino al febbraio del 1859, quando fu costretto a nuovo esilio insieme all’amico fraterno Emilio Visconti Venosta per aver partecipato ai funerali di Dandolo.
La scomparsa di un simbolo delle lotte per l’indipendenza ebbe un’eco vastissima e coinvolse l’intera cittadinanza, destando profonda preoccupazione nelle autorità austriache che, pur non riuscendo con norme precauzionali e divieti a evitare l’enorme partecipazione popolare al corteo funebre (forse cinquantamila persone), intervennero nei giorni seguenti con mandati d’arresto per numerosi patrioti.
Trotti Bentivoglio riparò allora a Torino e prese nuovamente servizio nell’esercito sardo. Come tenente nel reggimento di cavalleria Piemonte Reale (1ª divisione) prese parte alla seconda guerra d’indipendenza del 1859 e il 9 giugno fu nominato ufficiale d’ordinanza di Vittorio Emanuele II, ruolo nel quale avrebbe assunto missioni delicate in Valtellina. Si distinse quindi nelle battaglie di Solferino e San Martino e il 9 settembre fu promosso capitano.
Nel 1861 sposò in seconde nozze l’unica figlia della principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Maria, da cui ebbe due figlie, Cristina e Antonietta.
Il rapporto con la celebre patriota fu alquanto stretto e la principessa Belgiojoso trascorse gli ultimi anni della vita proprio nella dimora milanese del genero, ricevendovi personaggi illustri come Manzoni e d’Azeglio, e lì si spense il 5 luglio 1871.
Trotti Bentivoglio partecipò alla vita amministrativa del Comune di Milano e fu assessore nella prima giunta presieduta da Antonio Beretta (sindaco dal 1860 al 1867). In tale ruolo si impegnò ad abbellire la città con giardini, alberi e fiori, essendo egli un vero esperto nell’arte del giardinaggio. Anima della Pro montibus, l’associazione per la protezione delle piante e per favorire il rimboschimento, attuò infatti nei suoi possedimenti di Guello, sopra Bellagio, dove pure fu amministratore dalla metà degli anni Sessanta alla morte, un esemplare rimboschimento, lasciandone traccia documentaria nella pubblicazione La selvicultura nei monti sopra Bellagio (1899).
Egli prese ancora parte alla campagna militare del 1866, segnalandosi a Custoza. A Milano fu presidente dell’Associazione costituzionale e dal 30 dicembre 1884 fino alla morte tenne la presidenza della Società Lariana per la navigazione a vapore sul lago di Como. Il 20 novembre 1891 fu nominato senatore e il 2 maggio 1909 commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
Morì il 25 dicembre 1914 nella villa d’Adda ad Arcore (Milano), nella casa del genero scomparso tre anni prima, e fu sepolto a Guello, nella tomba di famiglia.
Fonti e Bibl.: Carteggi familiari riguardanti Trotti Bentivoglio sono conservati nell’Archivio storico civico e nella Biblioteca Trivulziana di Milano, Fondo Malvezzi.
L. Cibrario, Ricordi d’una missione in Portogallo al re Carlo Alberto, Torino 1850, p. 5; E. Dandolo, Viaggio in Egitto..., Milano 1854; C. Casati, Nuove rivelazioni sui fatti di Milano nel 1847-1848, II, Milano 1885, p. 104; R. Bonfadini, Mezzo secolo di patriottismo, Milano 1886, pp. 266 s., 405 s.; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù. Cose vedute o sapute 1847-1860, Milano 1904, pp. 76-78, 470 s., 578-593; Necrologio, in Illustrazione italiana, gennaio 1915, p. 21; Atti parlamentari della Camera dei senatori. Discussioni. Tornate dal 3 dicembre 1914 al 5 luglio 1916, Roma 1916, p. 1332; A. Ottolini, Gli ultimi anni di Emilio Dandolo, in Rassegna storica del Risorgimento, 1917, n. 1, p. 177; A. Malvezzi, Il Risorgimento italiano in un carteggio di patrioti lombardi 1821-1860, Milano 1924, passim; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, VI, Milano 1932, pp. 729-732; Sul crinale. La battaglia di Solferino e San Martino vissuta dagli italiani, a cura di C. Cipolla - M. Bertaiola, Milano 2009, pp. 203 s.