MAZZANTI, Lodovico
– Figlio di Giovan Antonio e di Margherita Petronilla Belli, nacque a Roma il 5 dic. 1686.
Trascorse l’infanzia a Orvieto, città d’origine dei suoi genitori, ma sin dal 1700 si trasferì a Roma per compiere l’apprendistato artistico presso la bottega di G.B. Gaulli, detto il Baciccia. La formazione del M. si inserisce pertanto nella temperie culturale del primo Settecento romano determinata dal dialettico rapporto delle poetiche barocca e classicista. Fondamentale per il pittore fu, infatti, oltre alle lezioni del Baciccia e di G. Lanfranco, quella di C. Maratti, principale esponente della corrente classicista, legata agli ambienti dell’Arcadia e dell’Accademia di S. Luca.
Il M. partecipò peraltro ai concorsi clementini (istituiti dalla stessa Accademia di S. Luca) del 1703, 1704, 1705 e 1708, vincendo in quest’ultimo il primo premio della prima classe.
Svolse, tuttavia, la sua prima attività a Orvieto, dove nel 1713 fu incaricato di restaurare e ridurre nelle dimensioni l’Incoronazione della Vergine di Lanfranco (Museo dell’Opera del duomo). Nella cittadina umbra realizzò inoltre, tra il 1713 e il 1714, il disegno per il mosaico superiore della facciata del duomo, del quale resta la stampa (Orvieto, Cassa di risparmio), e un gruppo di dipinti (Cristo addita la Carità a s. Francesco nella chiesa di S. Andrea, oltre alla Madonna con Bambino e i ss. Agostino e Monica e all’Assunzione della Vergine conservate nel Museo dell’Opera del duomo), nei quali è predominante l’influsso gaullesco.
Della Madonna con Bambino e i ss. Agostino e Monica il M. replicò il gruppo centrale nel dipinto, realizzato negli stessi anni, per la chiesa di S. Agostino a Montepulciano (Santucci).
Contemporaneamente eseguiva dipinti destinati a committenti fiorentini, tra i quali il granduca di Toscana Cosimo III, per il quale realizzò un autoritratto (Firenze, Palazzo Pitti).
Nel 1720, quando era ormai un pittore affermato, il M. realizzò gli affreschi nella cappella dell’Annunziata in S. Ignazio a Roma, prima importante commissione affidatagli dall’Ordine gesuita.
Nelle raffigurazioni con l’Assunzione della Madonna, l’Adorazione dei pastori, la Presentazione al tempio e i profeti David e Geremia sono forti i richiami agli insegnamenti di Gaulli, che si riflettono nell’impaginazione spaziale coinvolgente e nell’esuberanza inventiva.
Nuovamente per l’Ordine gesuita il pittore realizzò, tra il 1721 e il 1725, alcuni affreschi nella chiesa di S. Andrea al Quirinale: la Madonna con il Bambino e i ss. Ignazio, Francesco Borgia e Luigi, S. Stanislao placa le ferite con un panno bagnato e S. Stanislao riceve la comunione dagli angeli nei quali appaiono maggiormente determinanti gli influssi classicisti della pittura marattesca. Contemporaneamente realizzava la Vergine appare a s. Nicolò da Tolentino (Macerata, Pinacoteca) e (tra il 1720 e il 1722) partecipava alla decorazione di palazzo De Carolis a Roma, realizzando Gli Zefiri scacciano l’Inverno e la Primavera (Casale, 1984; Bacchi).
Nei dipinti, sebbene sia presente un’influenza tardobarocca, prevale una partitura compositiva limpidamente scandita, che tende a isolare la tela dagli elementi architettonici.
Tra il 1731 e il 1732 il M. era attivo a Viterbo, dove dipinse nel duomo l’Apparizione della Vergine a s. Lucia, che rivela nuovamente un accostamento alla pittura classicista di Maratti; agli stessi anni risale il Riposo durante la fuga in Egitto (Roma, collezione Angelini).
Nel 1733 il M. si stabilì per alcuni anni a Napoli, dove lavorò per varie chiese della città e dintorni. Fondamentali furono il contatto con la pittura di F. Solimena e l’approfondimento dei rapporti con l’opera di P. De Matteis, evidente soprattutto nell’adozione di una gamma cromatica chiara e luminosa.
Tra il 1733 e il 1736 dipinse per la chiesa dei Gerolamini gli Evangelisti nei peducci della cupola, Eliodoro cacciato dal tempio e Morte di Osea nelle sovrapporte laterali al portale di ingresso e i Profeti nelle lunette superiori.
Contemporaneamente eseguiva sette dipinti con Storie della vita di Maria per l’abbazia di Montevergine. Agli anni tra il 1736 e il 1739 risalgono le tele della chiesa del noviziato dei gesuiti a Pizzofalcone, nota come chiesa della Nunziatella. Il ciclo, comprendente Storie della Vergine e dell’infanzia di Gesù, S. Stanislao Kostka che riceve la comunione dagli angeli e S. Stanislao Kostka che riceve il Bambino dalle braccia della Madonna, è animato da vivacità inventiva di matrice gaullesca seppure reinterpretata alla luce della lezione marattesca. Nello stesso periodo dipinse inoltre per la collegiata di S. Maria delle Grazie a Marigliano le tele con Il sacrificio di Elia consumato dal fuoco sul monte Carmelo e il massacro dei profeti di Baal ed Eliseo indica al re Achab l’arrivo della pioggia che porrà fine alla carestia e le distrutte Storie del Vecchio Testamento (nella cupola), nonché il Martirio di s. Stanislao Kostka (Napoli, collezione Paternò).
Tra il 1740 e il 1744 il M. lavorava nuovamente a Orvieto, dove dipinse una serie di tele (Sacrificio di Ercole, Ripudio di Agar, Madonna con Bambino, Noli me tangere e due Marine) conservate nella collezione Gaddi; mentre tra il 1744 e il 1746, di nuovo a Roma, realizzava dipinti per il palazzo (Incoronazione della Vergine) e la chiesa dell’Apollinare (S. Luigi Gonzaga).
Era questo un periodo molto fortunato dell’attività del pittore, che nel 1744 veniva eletto accademico di S. Luca e pastore arcade con il nome di Oropito Teoclideo, vedendo così riconosciute pubblicamente le sue doti artistiche e intellettuali. Nel 1748 diveniva inoltre membro dell’Accademia Clementina.
Notevole era ormai la sua fama, tanto che inviò opere in altre nazioni, come per esempio il S. Francesco Saverio agonizzante (Düsseldorf, Kunstmuseum im Ehrenhof) spedito in Polonia per la chiesa dei padri gesuiti; in Francia gli è stata attribuita La Vergine e s. Teresa d’Avila della chiesa di Notre-Dame a Gray (Brejon de Lavergnée).
Successivamente lavorò a Viterbo, Perugia, Fabriano, Ancona e Città di Castello (Santucci), dove eseguì dipinti per il monastero di S. Chiara (Estasi di s. Francesco e Presentazione della Vergine a Dio Padre) e gli Evangelisti (1751) nei peducci della cupola del duomo, che si ricollegano a quelli napoletani dei Gerolamini. Nella città umbra gli vengono inoltre attribuiti un intervento in palazzo Alippi e i ritratti di G.T. Lignani e della consorte (Casale, 1990).
A Roma stipulava negli anni Cinquanta contratti con monsignor Simone Bonaccorsi e con Paolo Borghese per la realizzazione di affreschi, quadri e sovrapporte. Agli stessi anni risalgono, inoltre, alcuni interventi nel Viterbese, esito della piena maturità artistica del pittore (Casale, 1990; Lo Bianco).
Intorno al 1753 realizzò l’Assunzione della Vergine del duomo di Sutri, che evidenzia il suo stile maturo e il peso ancora determinante dell’insegnamento di Gaulli. Qualche anno dopo dipinse l’Immacolata Concezione con i ss. Pietro e Callisto per l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Civitella d’Agliano, risultato della fase più classicheggiante della sua produzione tarda, che si ricollega all’Immacolata Concezione con i ss. Gaetano e Giovanni in S. Filippo Neri ad Ancona (Lo Bianco). Per la stessa chiesa di Civitella il M. realizzò inoltre la Vergine con il Bambino e i ss. Callisto papa, Gregorio Ludovico di Tolosa e Lucia. Il dipinto, altissimo esempio di rococò romano, appare come uno dei più significativi nel repertorio del pittore per la ricchezza inventiva degli elementi compositivi e per l’armonia della realizzazione (ibid.). A Civitella sono inoltre attribuiti al M. due dipinti raffiguranti S. Bernardino da Siena e S. Nicola di Bari nell’oratorio di S. Maria delle Grazie (ibid.).
Fra le ultime opere del pittore è il S. Giuseppe da Copertino in estasi (1767), commissionatogli dalla famiglia Sinibaldi per il santuario di Osimo.
Nell’ultimo periodo della sua vita il M. fu costretto per motivi di salute a una forzata inattività. In questa fase non potendo far fronte agli impegni assunti sollecitò la collaborazione di altri pittori, come F. Naldini e P. Angeletti.
Il M. morì il 29 ag. 1775 a Viterbo, dove trascorse gli ultimi anni di vita, e dove ebbe sepoltura nella chiesa degli Agostiniani scalzi.
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