locale/globale
– L’uso e la riflessione sulla coppia di termini l./g. ha avuto un largo successo nelle analisi di studiosi delle più diverse afferenze disciplinari. Nella ricomposizione del rapporto l./g. si apre la questione politica dell’incapacità dello Stato-nazione di regolare i flussi economici al suo interno, rendendo impossibile, come fatto notare da Jürgen Habermas, la coincidenza tra legittimità politica e scelte economiche. L’accordo politico si è ritrovato a dimensioni più ridotte, dove il diffondersi della globalizzazione ha incontrato un serio ostacolo nelle resistenze locali di culture, popoli e partiti alla resa omologante. Secondo Giuseppe Dematteis non sempre la globalizzazione porta all’omologazione, dato che il sistema economico mondiale si compone di reti e di nodi, e questi ultimi hanno sempre un aspetto locale, determinato da quei luoghi che offrono migliori esternalità. La perdita di identità avviene in quelle realtà che non si connettono a livello globale, ossia che non riescono a dare una propria risposta alla globalizzazione tramite l’autorganizzazione. David Harvey, Edward Soja, Erik Swyngedouw e Manuel Castells, tra gli altri, hanno messo invece al centro dell’attenzione dei loro studi i modi in cui il locale assume nuove forme nell’epoca della globalizzazione. La realtà contemporanea è descritta all’interno di un sistema dualista, che vede le forze locali distinguersi e contrapporsi a quelle globali in una dimensione transcalare. Questo significa che le differenze tra connessi e disconnessi non rispecchiano più quella tra mondo avanzato e in via di sviluppo, ma che all’interno di ogni regione o città si creano aree più sviluppate e altre che lo sono meno. I flussi transnazionali di capitali e merci rappresentano l’aspetto più visibile della globalizzazione, che si compone di nodi e assicura flussi di ricchezza e sviluppo; chi vive in una dimensione locale invece, estromessa dalla globalizzazione, non ha a disposizione tutti quegli strumenti di valorizzazione sociale ed economica che invece si riscontrano nell’altra parte, con una tendenziale cronicità che crea aree di sottosviluppo. La riterritorializzazione è il frutto dei flussi di capitali e merci, che riescono ad allocarsi con maggiore rapidità rispetto al passato e quindi a superare i tradizionali confini nazionali. Secondo Castells, in particolare, la gente vive nei luoghi mentre il potere nei flussi. Tutto questo si riflette nell’organizzazione dello spazio urbano, con uno spazio legato all’economia globale e abitato dalle élite, e uno spazio, invece, fatto di frammentazione ed esclusione, che costruisce comunità difensive in lotta tra di loro per mantenere la base territoriale delle proprie relazioni sociali (unica risorsa di cui dispongono), che vede dominare l’economia informale ed è abitato dai marginali. Soja ha tentato di superare il dualismo l./g. con il concetto di ‘terzo spazio’, momento dell’azione individuale e collettiva in costante transizione verso una metaforma in grado di riassorbire in composizioni continuamente mutevoli sia i luoghi sia i flussi, ibridazione irriducibile agli uni e agli altri.